The Project Gutenberg eBook of Il piccolo focolare: Ricette di cucina per la massaia economa

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Title: Il piccolo focolare: Ricette di cucina per la massaia economa

Author: Giulia Lazzari-Turco

Release date: April 27, 2021 [eBook #65179]
Most recently updated: October 18, 2024

Language: Italian

Credits: Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images made available by The Internet Archive)

*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK IL PICCOLO FOCOLARE: RICETTE DI CUCINA PER LA MASSAIA ECONOMA ***

IL PICCOLO FOCOLARE


IL PICCOLO
FOCOLARE

RICETTE DI CUCINA
per la massaia economa
di Giulia Lazzari-Turco
autrice del Manuale
Ecco il tuo libro di Cucina

II EDIZIONE

Trento 1921
Tipografia-Libreria Editrice
G. B. MONAUNI


PROPRIETÀ LETTERARIA

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Premiata Tipografia-Libreria Emiliana — Venezia



INDICE ALFABETICO

INDICE DELLE MATERIE


PREFAZIONE ALLA I EDIZIONE

Quando uscì il Manuale gastronomico intitolato: «Ecco il tuo libro di cucina» un giornale che difende la causa del popolo, pur encomiando con gentile intendimento il lavoro, deplorò che non si pensasse a pubblicare una raccolta di ricette a uso dell’operaio, le cui spose uscite il più delle volte dalle fabbriche o dalle filande non possono avere alcuna familiarità coi piccoli segreti del domestico focolare.

L’idea mi piacque e promisi a me stessa di ascoltare il buon consiglio. L’intento mi sembrava facile: messami all’opera m’accorsi invece ch’esso era irto di difficoltà.

Se la lista del povero si limita pur troppo, per forza, a uno scarsissimo numero di cibi, la gente del popolo ancorchè non costretta a lottare col bisogno è sempre misoneista in fatto di cucina. Il popolo ripudia, per principio, il piatto nuovo, la verdura che non conosce, la salsa che non ha mai sentito a nominare: ligio alle poche vivande che sono in uso nella sua regione, esso ignora quanti salubri coefficienti la Natura offrirebbe alla sua mensa, non solo, ma quali fonti d’economia troverebbe in certi elementi gastronomici a lui sconosciuti. Non è cosa agevole il lottare contro un pregiudizio, specie mediante un libro: una ragazza incolta che ha dovuto guadagnarsi sino dall’infanzia coi più umili mezzi il pane giornaliero, andando sposa non si prenderà certamente la cura di consultare un manualetto di cucina, per modesto che sia, prima di fare la spesa della giornata, chè per quanto ci si studii di scrivere chiaro, certi termini della lingua, specie nelle provincie ove predominano i dialetti, riescono incomprensibili anche a una cuoca di professione.

È con questo dubbio ch’io dico al povero libriccino presso ad escire alla luce: va con coraggio egualmente, e se potrai servire a qualche operaio, che l’ingegno, l’attività e l’onestà della vita hanno messo nella condizione di provvedere senza sforzo al cibo quotidiano, e le cui fatiche la compagna affettuosa e intelligente ama di compensare e sostenere ammannendo vivande variate, sane e corroboranti, se potrai essere utile all’uno o all’altro di quei contadini che hanno ogni ben di Dio al sole ma, fedeli al paiolo tradizionale della polenta, non sanno nemmeno come si allestisca un po’ di brodo per un ammalato, all’una o all’altra delle fanciulle, che destinate a servire abbisognano nell’aspro tirocinio della loro professione d’un primo rudimento d’arte culinaria, io mi stimerò anche troppo contenta e chiamerò te fortunato assai.

L’Autrice.


[1]

CAPITOLO PRIMO. IL PANE.

Si deve mangiare per vivere, non vivere per mangiare.

Il pane è un elemento di prima necessità, gustoso, salubre e che mai non stanca. Occorre tuttavia ch’esso sia fatto con una qualità di farina pura e cotto a dovere. Il pane si può cuocere anche nelle tegghie sulla brace, ma questo non è che un sistema di ripiego. Chi possiede un forno apposito, come certi contadini di montagna, viventi in paesi isolati, ve lo allestisce con vantaggio, specie nella stagione del raccolto del fieno, anche tutto in una volta per il soggiorno alpestre. Per chi invece tiene a disposizione oltre il tempo necessario un focolare col forno, arnese comune nell’alta Italia, il cuocere il pane in casa può essere un’abitudine proficua di tutti i giorni. L’economia vi troverebbe anch’essa il suo vantaggio, qualora al piccolo ma continuo risparmio di spesa si aggiungesse la cura costante di misurare la quantità del pane come quando lo si compera dal fornaio. In ogni caso è sempre saggio consiglio che una buona massaia impari e si eserciti a preparare il pane ella stessa. È un’abilità che qualche volta potrà tornarle più che utile, necessaria. Ecco pertanto alcune buone ricette.

A pane di quindici giorni fame di tre settimane.

1. Pane lungo di frumento. — Per ogni chilogrammo di farina prendete 10 gr. di lievito di birra (di Vienna), mezzo litro d’acqua e 20-25 gr. di sale.

[2]

In tempo d’inverno l’acqua dev’essere calda ma non tanto che non vi reggano le mani; col migliorare della temperatura la prenderete di mano in mano più tiepida.

Sciogliete con poc’acqua il lievito che dev’essere freschissimo, diluitelo con tutta l’acqua occorrente, poi versate il liquido nella farina che avrete posta sulla spianatoia, aggiungendovi il sale sciolto anch’esso in un cucchiaio d’acqua. Maneggiate fortemente il composto colle mani ora aperte, ora serrate in pugno, mettetelo quindi in una catinella fonda, coprite questa con un tovagliolo di bucato un po’ infarinato e con un tagliere e chiudetela entro un armadio lasciandovela per alcune ore, p. e. dalla sera alla mattina. Trascorso questo tempo, il pastone, fermentando, si sarà aumentato circa il triplo del suo primitivo volume e apparirà spugnoso e leggero. A questo punto lo collocherete di nuovo sulla spianatoia e lo lavorerete lungamente, come prima, senz’aggiungervi nemmeno una briciola di farina, lo sbatterete contro l’asse, lo straccerete a pezzi e lo tornerete a ricomporre riducendolo alla fine come una bella palla elastica e liscia. Dopo questo lavoro, che esige circa 20 minuti di tempo, non vi resta che a spianare i pani, cioè a dividere la pasta in pezzi regolari e cilindrici. Con un chilogrammo di farina ne farete due della lunghezza di due palmi scarsi. Questi pani si dispongono nelle tegghie o sulle lamiere unte di burro e infarinate quando s’intenda metterli sulla brace o nei piccoli forni dei focolari; sulle assi, quando si abbia il destro di cuocerli nei forni appositi dove s’introducono mediante una pala. Tuttavia, prima di passare alla cottura, farete sempre fermentare i pani, ben coperti, ancora una volta in una camera molto calda o accanto a qualche fornello finchè sono abbondantemente raddoppiati di volume. La fermentazione esige qualche cura: se il calore è troppo scarso essa procede lenta e stentata, se eccessivo la pasta rischia di guastarsi e non si solleva regolarmente. Conviene anche evitare che i pani, lievitando, piglino aria, nel qual caso si rivestono d’una crosta inopportuna. Il forno dev’essere piuttosto ardito. Prima d’infornarli e appena sfornati (il tempo della cottura varia secondo la grossezza del pane e i gradi del calore fra 40 e 60 minuti) bagnateli con acqua fredda a ciò prendano un po’ di lucido. La crosta di questo pane dev’essere sottile e la midolla spugnosa e leggera.

Se intendeste fare del pane in abbondanza e giornalmente, vi [3] converrebbe procurarvi la madia per intridere la farina, cioè una cassa di legno su quattro piedi robusti. Siate cauti nell’acquisto della farina che però non occorre sia sempre di primo velo. Il pane bianco non è il più saporito.

Pan di un giorno, vin di un anno.

2. Pane intrecciato. — Fate il fermento la mattina per tempo con 30 gr. di lievito di birra, 285 gr. di farina e l’acqua necessaria per allestire un pastone di media consistenza che lavorerete con le mani entro una catinella e collocherete, ben coperto, in un armadio. In tempo d’inverno è preferibile che la stanza sia calda o per lo meno temperata. Se avete fretta, mettetelo addirittura in vicinanza del fornello.

Quando il composto, fermentando, si sarà triplicato di volume, unitevi 750 gr. di farina, il sale necessario e l’acqua che occorre per formarne sulla spianatoia una pasta piuttosto soda. Ben lavorata che sia, la farete lievitare la seconda volta in una catinella infarinata e ben coperta, tenendola in vicinanza del focolare e voltando di tratto in tratto il recipiente. Quando sarà raddoppiata di volume impastatela sulla spianatoia senza null’altro aggiungere, riducetela in forma di grossi cordoni della lunghezza di due palmi circa, rivolgete ciascun cordone intorno a se stesso in modo che le punte si tocchino, fate lievitare l’ultima volta i pani (ben coperti e in luogo caldo) sulla lamiera unta e infarinata e, quando sono raddoppiati nuovamente di volume, cuoceteli a forno ardito, bagnandoli poi mentre sono ancora caldi con l’acqua fresca. Se non v’aggrada il pane intrecciato potete fare qualche piccia, cioè una fila di 4-6 pani uniti l’uno all’altro per il lungo. Le piccie si preparano anche in questo modo:

Fate un fermento la sera con 20 gr. di lievito di birra, 750 gr. di farina, alcuni cucchiai di latte, 15-20 gr. di sale, e l’acqua che necessita per ottenere un pastone di media consistenza che lavorerete fortemente colle mani entro una catinella e nella stessa lascerete giacere ben coperto tutta la notte. Alla mattina, quando è triplicato di volume, vi si aggiungono gr. 250 di farina o poco più e dopo averlo bene maneggiato sulla spianatoia si formano le piccie di 4-6 pani, si lasciano lievitare convenientemente e si cuociono al forno bagnandole prima e dopo la cottura coll’acqua, col latte, o coll’albume d’ovo.

[4]

Pane di grano, saltami in mano.

Metti i pani spessi dove son le barbe rade.

3. Pane di segale. — Procuratevi dal fornaio un pignattino di lievito di pane forte, rammollitelo con un buon quartuccio d’acqua tiepida, dimenandolo in modo che non vi restino bozzoli, e versatelo su 2 chilogrammi di farina di segale, che avrete un pochino riscaldata accanto al focolare in una catinella e in mezzo alla quale avrete praticato una specie di fossetta. Amalgamate col cucchiaio tanta farina al lievito quanta ne occorre per farne una pasta densa ma abbastanza molle.

Di tutta questa operazione vi occuperete la sera mettendo anche la catinella ben coperta entro un armadio. La mattina seguente, quando il fermento sarà triplicato di volume, lo incorporerete colla rimanente farina aggiungendovi il sale necessario (circa gr. 30), una manatina scarsa di anici di Puglia, ben puliti entro un tovagliolo, e l’acqua che necessita per ottenere un pastone piuttosto duro che lavorerete con gran forza entro la catinella, coi pugni chiusi, finchè è molto liscio ed elastico e si stacca dalle mani. Allora lo farete lievitare per la seconda volta finch’è raddoppiato di volume, e messolo sulla spianatoia lo tornerete a maneggiare con forza per formare poi i pani lunghi o rotondi a vostro piacere. Prima di cuocerli conviene che li lasciate lievitare la terza volta sulla lamiera. I tedeschi usano mettere i pani in appositi panierini foderati di tela infarinata. Quando sono fermentati li rovesciano su una piastra d’ardesia previamente riscaldata al forno bagnandoli con acqua tiepida da tutte e due le parti, e collocano l’ardesia sulla lamiera onde cuocerli nel medesimo forno.

Se farete con questa pasta un panino e, impastatolo con un po’ di farina asciutta, lo ridurrete in tanti bozzoletti da asciugarsi all’aria, questi bozzoletti sciolti poi con gran cura entro un po’ d’acqua tiepida vi forniranno il lievito per la volta seguente. Potete fare un pane simile col lievito di birra, calcolandone 12 gr. per ogni chilogrammo di farina di segale.

Badate che l’impasto sia molto sodo e asciutto senza perdere la sua elasticità.

Il forno deve avere un calore più forte di sotto che di sopra.

Invece di 2 chilogrammi di farina di segale potete prenderne uno di segale e uno di frumento.

[5]

Il pane di casa è sempre buono.

Pane caldo e acqua fredda non furon mai buon pasto.

4. Pane di patate. — Cuocete le patate nella cenere, mondatele e schiacciatele fra un tovagliolo in modo che non vi restino bozzoli, pesatene 500 gr., unitevi 500 gr. di farina di frumento, il sale necessario e 20 gr. di buon lievito di birra sciolto in mezzo litro d’acqua tiepida. Maneggiate la pasta in una catinella, unendovi, se occorresse, un po’ di farina per darle una certa consistenza. Lasciatela lievitare tutta la notte nella catinella coperta, entro un armadio, procedete quindi come indica la ricetta N.º 1.

Pane, noci e fichi secchi, ne mangerei parecchi.

5. Pane di farina di granturco. — Sciogliete 50 gr. di buon lievito di birra con un quartuccio d’acqua tiepida, incorporatevi tanta farina di frumento mista colla farina di granturco da farne una densa pappa, che lascierete lievitare dopo avervi aggiunto il sale necessario. Versate questa pappa bene lievitata sulla spianatoia dove avrete disposto dell’altra farina bianca e gialla in parti eguali, aggiungendo ancora un quartuccio d’acqua e un altro po’ di sale, e formate un pastone sodo e ben maneggiato, che dividerete in due parti e foggerete in forma di pani cilindrici. Messi i pani sulla lamiera unta e infarinata, lasciateli fermentare in luogo tiepido e debitamente coperti, cuoceteli poi a forno arditino, bagnandoli con acqua fredda o con l’albume un momento prima di sfornarli.

Un pezzo di pane è un buon sigillo allo stomaco.

6. Pane di latte. — Sciogliete 40 gr. di lievito di birra con un piccolo bicchiere di latte crudo aggiungendovi 250 gr. di farina. Fatelo fermentare in una pentola presso al focolare, e quando è raddoppiato abbondantemente di volume, unitevi sulla spianatoia 750 gr. di farina tiepida, due tre pizzichi di sale, due tre cucchiai di zucchero e un cucchiaio d’anici di Puglia ben puliti, con quella quantità di latte crudo ma intiepidito che vi occorre per formare un pastone piuttosto sodo, che lavorerete a lungo e sbatterete fortemente col matterello finch’è molto elastico e liscio. Formate quindi un bel pane lungo e cilindrico; se avete un paniere della stessa forma foderatelo con un tovagliolo infarinato, involgete il pane in questo tovagliolo per farvelo lievitare in luogo caldo e rovesciarlo [6] poi sulla lamiera unta e infarinata. Se non disponete del paniere, collocate il pane direttamente sulla lamiera. Quando è raddoppiato di volume, prima d’infornarlo, sfioratelo con una penna intinta nel latte caldo.

Pane e pace val più della torta.

Pane a piacere, vino con misura.

7. Pane di burro. — Fate un fermento, la sera presso il fornello, con 40 gr. di lievito di birra, 6 cucchiai di farina e poc’acqua tiepida. Quando è abbondantemente raddoppiato di volume, unitevi un chilogrammo di farina e un quartuccio d’acqua, in cui avrete sciolto 40 gr. di burro e che sarà pure tiepida, più il sale necessario. Lavorate il composto con le mani nella catinella finchè si stacca dalle dita, poi lasciatelo riposare tutta la notte ben coperto entro un armadio. La mattina, quando ha fermentato di bel nuovo, versatelo sulla spianatoia e senza null’altro aggiungervi maneggiatelo con forza, riducetelo in forma di pani di eguale dimensione, collocate questi sulla lamiera unta e infarinata, e quando sono lievitati, cioè gonfi e leggeri, cuoceteli a forno ardito, bagnandoli a metà cottura col latte.

[7]

CAPITOLO SECONDO. IL BRODO E LE MINESTRE IN BRODO.

Sezione I. IL BRODO.

Zuppa fredda, guerra aperta.

1. Maniera di fare il brodo colla carne. — Se volete che il brodo diventi buono dovete mettere al fuoco la carne nell’acqua fredda. Se gradite invece che resti più saporita la carne, date la preferenza all’acqua bollente.

Ricordatevi di lavare sempre bene la carne ma di non lasciarla mai giacere nell’acqua. Mezzo chilogrammo di manzo (compresi gli ossi) vi basterà per fare 3 litri di brodo tanto più se vi aggiungerete delle verdure, come due cipolle, una carota (rapa gialla), una piccola radice di sedano, un pezzo di porro, un po’ di prezzemolo. Siccome il composto deve bollire circa ore 2 — 2 1⁄2 abbonderete coll’acqua calcolando la quantità che evapora, cioè un po’ meno del doppio (per avere 3 litri di brodo 5 litri d’acqua), e durante la cottura lo schiumerete con diligenza. Se invece d’adoperarlo subito riporrete il brodo in luogo fresco, dopo qualche ora vi si formerà sopra una crostina di grasso che potrà benissimo servirvi per arrostire patate, polenta o altre cose.

Se il manzo che avete comperato contiene molto grasso, leverete via una parte di questo per metterlo in un tegamino e, dopo averlo coperto di latte, ve lo lascierete sciogliere adagio onde servirvene poi per l’uso indicato sopra.

[8]

Le parti migliori per fare il brodo sono il filetto, la costa e la coscia di manzo; quest’ultima è la più conveniente. Gli ossi migliori per il brodo sono quelli del filetto. Potete fare il brodo anche col castrato e col petto di vitello; col primo riesce ordinario, col secondo più delicato. Il brodo di vitello si adopera in genere per gli ammalati. Allo stesso scopo serve una vecchia gallina o un paio di vecchi piccioni. Il brodo va salato al momento di adoperarlo.

In massima occorre mezzo litro di brodo per ogni persona.

Iddio manda i cibi e i cuochi li manda il diavolo.

2. Maniera di fare il brodo coll’estratto Liebig. — L’estratto Liebig, che è sugo di manzo condensato e che si compera in tutte le drogherie, può fornire un ottimo brodo e sostituire efficacemente quello del lesso. Questo genere di brodo si prepara in pochi minuti, vantaggio anch’esso da non disprezzarsi. Mettete dunque al fuoco (per una persona) mezzo litro d’acqua con un pezzetto di burro della grossezza d’una piccola noce e quanto sta sulla punta di un coltello d’estratto Liebig, salate e lasciate bollire 10 minuti il composto prima di cuocervi il riso, il semolino, le paste, ecc. ecc. Se vi aggiungerete un battutino di verdure (carote, cipolle, sedano, porri, prezzemolo ecc. ecc.) soffritto in un po’ di burro o di strutto bollenti, diluito con acqua fredda, e dopo breve bollitura passato da un colino, il brodo diverrà eccellente.

All’estratto Liebig potete sostituire un cucchiaio o due di estratto Maggi o altro, purchè vi assicuriate che sia buono.

3. Brodo scuro fatto col fegato di manzo. — Pestate bene con un coltello 100 gr. di fegato di manzo finch’è ridotto come una pappina e fatelo rosolare adagio in una piccola tegghia con un poco di burro o di strutto o di grasso proveniente da altro brodo (Vedi N.º 1), mezza cipolla pestata, mezza carota e un pezzo di radice di sedano tagliati a fette, un po’ di prezzemolo, se ne avete a disposizione. Quando il fegato ha preso colore, attaccandosi sul fondo della tegghia, versatevi dell’acqua, prima in piccola quantità, poi tanta da riempirne il recipiente, cioè mezzo litro circa. Fate bollire il composto un paio d’ore a lento fuoco, rifondendo il liquido. Questo brodo serve a dar colore e sapore a quello del lesso quando è debole.

[9]

Come la cuochina tale la cucina.

4. Brodo per ammalati e convalescenti. — Fate bollire con 2 litri d’acqua due buone manate d’orzo macinato; dopo due ore di cottura circa, passate il liquido (che all’occorrenza avrete in parte rifuso) dal colino, unitevi un bicchiere di latte, un bicchierino di marsala, mezzo cucchiaino di estratto Liebig, e, quando avrà bollito ancora una trentina di minuti, uno o due rossi d’ovo. Servitevene subito.

Il buon consiglio non ha prezzo.

5. Brodo in bottiglia per ammalati gravi. — Procuratevi 1⁄2 chilogrammo di manzo molto magro, levatene via gli ossi, le pelletiche e ogni più lieve particella di grasso.

Mettete al fuoco gli ossi e le pelletiche con un bicchiere d’acqua procurandovi con un’oretta di bollitura qualche cucchiaio di brodo. Tagliate intanto la carne in minuti dadolini, e mettete poi questi in una bottiglia bianca da mezzo litro aggiungendovi 2-3 cucchiai del brodo ottenuto prima e che avrete passato da un pannolino bagnato per levargli il grasso. Chiudete la bottiglia con un tappo di sughero, e collocatela in una padella piena d’acqua fredda. Ponete la padella al fuoco, lasciate gorgogliare l’acqua poi mantenetela a lieve bollore durante ore 2 1⁄2 circa. Il sugo escirà dalla carne e la coprirà. Levate allora la bottiglia dalla padella, lasciatela un po’ freddare, versatene fuori il sugo, comprimete la carne, che rimarrà insapore, entro un tovagliolo bagnato, e unite il liquido che ne esce al sugo di prima versandovi anche un paio di cucchiai di vino bianco di bottiglia sincero. Mettete al fresco il poco brodo raccolto, e levatevi poi via con una penna il sottile strato di grasso che vi troverete sopra. Di questo brodo, agli ammalati gravi si può darne un cucchiaino da caffè ogni 20 minuti.

6. Brodo di patate. — Mondate un chilogrammo di patate e tagliatele a dadolini. Fate soffriggere dello strutto in una pentola, unendovi, quand’è fumante, una cipolla tritata e 2 cucchiai di prezzemolo pesto. Appena queste verdure sono rosolate, aggiungete le patate con un bicchiere d’acqua fredda, rimestate bene e versatevi poi subito 2 litri d’acqua bollente. Lasciate cuocere il composto un paio d’ore, e, salato e passato che sia, servitevene per fare una [10] zuppa di pane, o per cuocervi dei vermicelli o altre paste, questo dopo averlo sbattuto alcuni minuti col fuscello.

7. Brodo d’erbe. — Fate sciogliere in una pentola un pezzetto di strutto; quand’è bollente unitevi un pezzetto di burro e, quando questo è pure rosolato, le verdure trite fine, cioè una cipolla, un pezzo di porro, un po’ di carota (rapa gialla) e di sedano, e un paio di patate crude e tagliate a dadolini. Soffriggete queste verdure, bagnatele quindi con un bicchiere d’acqua fredda; trascorsi 30 minuti circa unitevi dell’altra acqua, quanta ve ne occorre per il brodo.

Se fosse la stagione dei pomidori ne unireste pure due tre al composto insieme all’acqua. Lasciate cuocere ogni cosa un’ora circa, poi colate il liquido da uno staccio o da una salvietta, salatelo e servitevene come del precedente brodo di patate.

L’acqua e il fuoco sono buoni servitori e cattivi padroni.

8. Brodo di farina abbrustolita. — Fate riscaldare in una padella un pezzo di strutto come un piccolo uovo e, appena fuma, unitevi un pezzetto di burro della grossezza d’una noce. Quando è bene sciolto versatevi 200 gr. di farina bianca (un quartuccio misurato con un bicchiere che si colma) e rimestate bene colla paletta finchè la farina è tostata, cioè finchè ha preso un grato odore. Bagnatela allora con 2 litri d’acqua fredda, salatela, e sbattendo il composto col fuscello di vimini fatelo bollire adagio, finchè avrete ottenuto una specie di brodo denso e scuretto. Se occorre, rifondete un po’ d’acqua. Dopo mezz’ora servitevene per la zuppa di pane.

L’olio e la verità finiscono per venire a galla.

9. Brodo di rane. — Fate soffriggere un paio di cipolle con 40 gr. di burro sciolto, unitevi due dozzine di rane ben lavate e purgate nell’acqua; quando hanno preso un bel colore spolverizzatele di farina, e, rosolata che sia anche questa insieme al composto, pestate ogni cosa nel mortaio. Quando avrete ottenuto una fina poltiglia mettete le rane al fuoco con 2 litri d’acqua fredda e lasciatele cuocere circa 2 ore adagio rifondendo all’occorrenza il liquido. Passate allora il brodo da una salvietta bagnata, aggiungete un po’ di pepe, se vi piace, e servitevene per cuocere il riso o la pasta.

[11]

10. Brodo di pesce. — Sciogliete in una pentola un bel pezzetto di strutto, fatevi soffriggere un battutino composto di 3 cipolle, una carota, una radice di sedano, un mazzetto di prezzemolo. Quando questi erbaggi hanno preso colore, aggiungetevi il pesce di cui disponete (la varietà delle specie val meglio in questo caso della qualità fina) che avrete lavato, sbuzzato e pulito sottraendo la punta della coda, le pinne, le squame e le lische, e quindi tagliato a pezzi. Fatelo rosolare un pochino insieme al resto, poi versatevi sopra 3-5 litri d’acqua fredda, secondo la quantità (calcolate un buon chilogr. di pesce per 4 litri) unendovi anche un limone dimezzato. Dopo due ore circa di lenta cottura durante la quale rifonderete all’occorrenza il liquido, passate il brodo dal colino premendo fortemente con un cucchiaio di legno e, se vi rimanessero per caso delle lische, prendetevi la cura di filtrarlo da ultimo da un pannolino rado. Ricordatevi il sale e il pepe e servitevi del brodo per cuocervi il riso o la pasta oppure per fare la zuppa di pane.

Nessuno si è mai pentito d’aver mangiato poco.

11. Un ovo nel brodo per ammalati e convalescenti. (Rossumata). — Sbattete con una forchetta un ovo fresco in una chicchera finchè l’albume è bene amalgamato col rosso, salatelo un pochino poi versatevi adagio del buon brodo bollente rimestando sempre.

Sezione II. LE MINESTRE IN BRODO.

1. Minestra di riso. Diverse maniere di prepararla.

NB. Calcolate per ogni persona quella quantità di riso che può contenere un grosso pugno, cioè circa 50 gr., e mezzo litro abbondante di liquido e, prima di mettere la minestra al fuoco, pulite bene i chicchi dalle sementi e dai sassolini che vi si trovassero frammisti, poi, se v’aggrada, lavateli facendo passare l’acqua da un colino. Ci guadagna la pulitezza ma il riso perde molto di sapore.

Il tempo è danaro.

Minestra di riso semplice cotta nel brodo o nel latte. Gettate il riso nel brodo o nel latte bollente, salatelo dopo qualche minuto e tenetelo al fuoco in tutto 15-20 minuti. La durata della cottura dipende dalla qualità del riso; oltre a ciò certuni lo vogliono molle [12] mentre altri lo gradiscono granelloso. Un momento prima di metterlo in tavola aggiungetevi un po’ di formaggio grattato; se si trattasse d’una minestra di latte vi sostituireste invece il pepe.

Minestra col riso soffritto. Sciogliete in una cazzarola (per ogni persona) un pezzetto di burro come una noce oppure un po’ di strutto fino, fatevi rosolare, appena il grasso è bollente, il riso, bagnatelo col brodo e fatelo bollire come si è detto da 15 a 20 minuti salandolo a metà cottura. Se non aveste il brodo di carne supplite col brodo d’estratto Liebig o con qualche dado (vedi pag. 8).

Minestra di riso col soffritto d’erbe. Tritate minutamente una cipolla mondata con una carotina (rapa gialla), alcune fette di radice di sedano, un pezzetto di porro, alcuni ramicelli di prezzemolo, dopo aver lavato con diligenza ogni cosa; fate soffriggere questi erbaggi con un pezzetto di burro della grossezza di due noci che avrete sciolto nella padella, poi due manate di riso. (Queste dosi servono per due persone). Versatevi quindi un litro abbondante di brodo di carne o d’estratto Liebig e cuocete 15-20 minuti il composto salandolo a discrezione dopo gli otto primi minuti di bollitura.

Minestra di riso cogli spinaci e coll’ovo. Mettete al fuoco il brodo con una manata di spinaci ben puliti per ogni persona, quando bolle unitevi il riso, salatelo e al momento di portarlo in tavola mescolatevi un ovo intero. L’ovo, che dà una minestra di lusso, si può anche omettere o sostituire con un cucchiaio di salsa di pomodoro. A questa minestra s’addice anche il prezzemolo pesto.

Minestra di riso col battuto di lardo e l’aglio, senza brodo. Fate un battuto finissimo di lardo, aglio e prezzemolo in quelle proporzioni che più v’aggradano (per ogni persona ne occorre un cucchiaio colmo), unitelo, senza soffriggerlo, all’acqua in cui calcolate di cuocere il riso, tenendola abbondante, e lasciate bollire questo composto una trentina di minuti prima di unirvi i chicchi. Cuocete e salate come nelle precedenti ricette aggiungendo, se così vi piace, anche una presina di pepe. Il battuto deve sciogliersi interamente. A questa minestra potete aggiungere, da principio, delle verdure trite, come spinaci, verze, cavoli capucci, rape, cavoli rapa o navoni, abbondando in proporzione coll’acqua. Vi si addicono anche i fagioli, ma esigono una cottura più prolungata, e i piselli, che saranno pronti in 30-40 minuti, secondo la stagione.

Minestra di riso col soffritto di cavoli o di verze. Ben lavate [13] che abbiate queste verdure, tritatele non troppo fine, dopo averle immerse un momento nell’acqua bollente, fatele soffriggere nel burro o nello strutto, bagnandole con poca acqua o brodo senza dimenticare il sale e il pepe. Preparate una minestra di riso semplice e, mentre sta cuocendo, unitevi i cavoli che avrete tirati a cottura in un’ora circa e a lento fuoco. In questo modo si possono preparare anche gli spinaci o i piselli per aggiungerli poi al riso. Potete calcolare per ogni persona 3-4 cucchiai di verdura e un pezzetto di burro o di strutto come una noce.

Minestra di riso cogli zucchini. Dividete degli zucchini in quattro parti, estraetene la parte molliccia coi semi e senza mondarli tagliateli a quadrettini; fate soffriggere questi pezzetti nella padella dove contate cuocere il riso, con un po’ di lardo, di strutto o di burro (il lardo dev’essere tritato finissimo e vi si può aggiungere un cucchiaio di prezzemolo), salateli e, trascorsi pochi minuti, unitevi il brodo, lasciate bollire un quarto d’ora prima di mettervi il riso. Per le dosi e la cottura regolatevi a norma delle precedenti ricette, prendendo uno zucchino per persona.

Minestra di riso colla zucca marina o barucca. Cuocete un pezzo di zucca ben matura nell’acqua o al forno, tagliatela a pezzettini (dopo averla mondata), fatela soffriggere in un pezzetto di burro sciolto, unitevi il brodo e in questo cuocete il riso col sale che occorre.

Minestra di riso colla zucca marina o barucca e col latte. Cuocete la zucca come indica la precedente ricetta e, mondatala e tagliatala a quadrettini, unitela al latte in cui farete bollire il riso, aggiungendo sale e pepe.

Minestra di riso col pomodoro. Prima di gettarvi il riso fate cuocere col brodo 3-4 pomidori (per due persone) dolci, maturi, ben lavati e schiacciati a traverso uno staccio. Salate a discrezione.

In mancanza dei pomidori freschi, potete servirvi di conserva.

Minestra di riso colle lucaniche. Mentre il riso sta cuocendo nel brodo mettete al fuoco nell’acqua fredda, per ciascun commensale, un paio di lucaniche tedesche (Würstl) fresche o fumate, ben lavate. Quando l’acqua sta per bollire ritiratele sull’angolo del fornello e unitele al riso (scolandole) appena è cotto.

Minestra di riso col brodo di pesce, di ranocchi, d’erbe ecc. ecc. S’intende che al riso s’addicono oltre il latte e il brodo di carne e d’estratto Liebig tutti i brodi di magro.

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2. Minestra dei tre erre, cioè, riso, rape e rocchi (lucaniche). — Fate bollire una salsiccia o un salamino (lucanica) nell’acqua un’ora circa, lessate pure delle buone rape, cuocendole circa ore 1 1⁄2, tagliate quindi ogni cosa a fette, unite il brodo della salsiccia a quello in cui intendete cucinare il riso, e pronto che sia questo mescolatevi, con sale e pepe, le rape e la carne.

3. Minestra d’orzo. — L’orzo è un cereale sanissimo e poco conosciuto in Italia. La sua cottura richiede al minimo ore 1 1⁄2, al massimo 3 ore. È quindi cosa importante per l’economia lo sceglierlo di buona qualità.

L’orzo, cresciuto in montagna e macinato in modo che i grani restino interi, è eccellente e fornisce un’ottima minestra specie per i bambini. Esso si cucina in diverse maniere e può diventare più o meno saporito secondo gl’ingredienti che vi si aggiungono. Il sistema più semplice è quello di metterlo al fuoco in una pentola fonda, con poc’acqua (dopo averlo pulito ben s’intende da tutti gli elementi eterogenei e bene lavato), calcolando una manatina di grani per ogni persona, e di unirvi quando ha un po’ bollito 2-3 cucchiai d’olio e l’acqua o meglio il brodo occorrente per tutta la minestra. Questa s’avvalora di molto se vi si fa cuocere insieme una lucanica (salamino) ben lavata, o un pezzo di castrato, o di carne salata di manzo o di maiale. La carne si leva a cottura finita e si serve dopo la minestra con qualche verdura.

L’orzo è gustoso anche col soffritto d’erbe e coi cavoli cappucci come il riso (vedi sopra), oppure colla salsa di pomodoro. A metà cottura, lasciando da parte l’olio crudo, vi potete unire 2-3 cucchiai d’olio bollente in cui avrete fatto rosolare una cipolla trita fina.

L’orzo si fa anche colle verze lesse e rosolate nel burro, oppure con una semplice addizione di latte.

4. Minestra di pasta grattata. — Impastate con un paio d’ova e l’acqua occorrente 300 gr. di farina bianca, una manatina di pangrattato, un cucchiaio di formaggio grattato, un po’ di sale e un pizzico di noce moscata. La pasta deve riescire dura assai. Sminuzzatela quindi con la solita grattuggia badando che tutti i bozzoletti riescano eguali, raccogliete quelli che sono troppo grossi e quelli che cascano dinanzi alla grattuggia e rimpastateli. Queste dosi [15] servono per 3-4 persone. Potete cuocere i bozzoletti tanto nel brodo come nel latte.

Somiglia in certo modo a questa la minestra che in Romagna chiamano Manfattini e che si allestisce nella maniera seguente: intridete sulla spianatoia 3 ova intere colla farina che assorbono, più un cucchiaio d’acqua per sciogliere il sale necessario, formando un pastone duro, quanto più duro vi riesce. Stiratelo in forma di lunga salsiccia e tagliatelo a fette della grossezza di un centimetro scarso. Lasciate asciugare un paio d’ore le fette sopra un tagliere, dividetele quindi a quadretti, per poi pestarli colla mezzaluna. Le briciole si passano da un crivello e le più grosse si ripestano a ciò riescano tutte eguali.

Val meglio coricarsi senza cena che alzarsi pieni di debiti.

5. Minestra di bozzoletti nel latte. — Mettete 300 gr. di farina salata in una scodella e versatevi adagio mezzo bicchiere d’acqua circa studiandovi di ridurla con una forchetta in tanti bozzoletti della grossezza di una nocciòla o poco meno. Fate cuocere il composto circa 20 minuti in litri 2 1⁄2 di latte oppure in litri 1 1⁄4 di latte buono e litri 1 1⁄4 d’acqua. Quando li mettete in tavola, spolverizzateli di pepe o di zucchero.

6. Minestra di taglierini e altre paste. — Fate una pasta da tagliatelle come quella indicata al Cap. III N.º 1 soltanto in minore quantità e, bene asciugate che sieno le foglie, rotolatele e tagliatele a minuti filettini che farete poi cuocere 20 minuti gettandoli nel brodo o nel latte bollenti e debitamente salati.

Anche le pastine comperate si cuociono in questo modo, più o meno a lungo secondo la loro grossezza, calcolandone una manatina per ogni persona.

7. Minestra di gnocchetti di pane. — Tagliate due pani (80 gr.) fini a sottili fettine, bagnateli con un quintino di latte bollente, unitevi un ovo intero, un pezzettino di burro, il sale occorrente e un cucchiaio di farina bianca e dimenate bene il composto; formate quindi dei gnocchetti bislunghi con un cucchiaio. Cuoceteli pochi minuti a moderato calore nel brodo bollente. Per due persone.

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8. Minestra di gnocchetti di pangrattato. — Lavorate in una scodella un pezzetto di burro come una noce, unitevi un ovo intero, 3 cucchiai di pangrattato e uno di farina, se il composto fosse troppo denso un po’ di latte, salatelo, formatene colle mani infarinate dei gnocchettini rotondi e cuocete poi questi pochi minuti nel brodo sempre a moderato calore. Per due persone.

9. Minestra di gnocchetti di semolino. — Cuocete un quarto di litro di semolino (200 gr.) in mezzo litro di latte bollente, versatelo in una catinella, unitevi un pezzettino di burro, un uovo, un cucchiaio di formaggio e un pizzico di farina e formate i gnocchetti come quelli di pane. Per due persone.

10. Minestra di grandi gnocchi di pane alla tedesca (Canederli). — Tagliate a dadolini 12 pani fini (circa 450 gr.) e 100-150 gr. di lardo. Rosolate questo con una cipolla finamente tritata e con un cucchiaio di prezzemolo pesto e unitelo al pane insieme a 100 gr. di salame pure tagliato fino. Sbattete in una pentola tre ova intere con un po’ di sale e 3 decilitri abbondanti di latte e mezz’ora prima di formare i gnocchi versateli sul pane. Unitevi da ultimo con mano leggera 3-4 cucchiai di farina, e formate subito con le mani infarinate delle palle ben rotonde della grossezza d’un piccolo arancio.

Queste dosi ve ne daranno circa 12. Preparati che siano tutti i gnocchi cuoceteli 15 m. nell’acqua salata bollente o meglio nel brodo. Se il liquido bollisse lentamente potreste lasciarveli anche 20-25 minuti. La lenta e lunga cottura non nuoce, anzi li rende più leggeri. Se vi piace potete servirli col Sauerkraut (crauti) la cui ricetta troverete nelle verdure.

11. Minestra di farina di granturco. — Passate allo staccio un po’ di farina usuale di granturco, procurandovi così alcuni cucchiai di farina fina, stemperate con un po’ d’acqua fredda e col sale occorrente, gettate il composto nel brodo bollente aggiungendo un pezzettino di burro e un po’ di formaggio. Lasciate cuocere la minestra una ventina di minuti a lento fuoco. Essa deve avere l’aspetto di una farinata semicolante. Si può fare anche col latte.

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Chi vuol vedere il bambin fiorito non lo levi dal panbollito.

12. Zuppa di panbollito. — Dosi per una persona sola. Mettete al fuoco un litro di liquido (sia esso brodo o acqua) con un pezzettino di burro come una noce e 40 gr. circa di pane e cuocete il composto tre quarti d’ora a fuoco vivo, salandolo a discrezione. Impiegando sola acqua vi aggiungerete mezzo cucchiaino d’estratto Liebig. Prima di levarlo dal fuoco lo sbatterete un momento col fuscello di vimini. Il panbollito si farà più sostanzioso se frullerete nella zuppiera un uovo.

Oppure: Sostituite al pane fresco (sempre per una persona sola) tre cucchiai colmi di pangrattato.

13. Zuppa di panbollito coll’olio. — Mettete in una cazzarola un paio di cucchiai d’olio, aggiungetevi una fesina d’aglio e lasciatela un po’ ingiallire al fuoco, levatela e arrostite nell’olio 40-50 gr. di pane tagliato a fette. Bagnatelo con un litro d’acqua o di brodo, unitevi un altro cucchiaio d’olio, pepe e sale e qualche erba odorosa trita, sia basilico o maggiorana, e cuocete come sopra finchè la zuppa si fa densa.

14. Minestra d’ova. — Mescolate nella zuppiera due cucchiai di pangrattato, un cucchiaio di formaggio e un po’ di sale con un ovo intero, e versatevi sopra il brodo bollente.

Oppure: Bagnate la midolla d’un pane nel latte o nel brodo, sciogliete al fuoco un pezzetto di burro come una noce, unitevi il pane, un po’ di sale, formate, tramenando, una pappina, aggiungetevi un ovo intero senza più lasciar cuocere il composto che metterete nel brodo bollente. Trascorsi 2-3 m. versate la minestra nella zuppiera.

Oppure: Mescolate un ovo intero con un cucchiaio di farina bianca, fina, aggiungete un po’ di brodo, di latte o d’acqua tanto che il composto riesca quasi colante, salatelo e versatelo da un pentolino nel brodo bollente lasciandovelo cuocere 3-4 minuti.

Tutte queste minestre servono per 1-2 persone.

15. Zuppa semplice di pane. — Tagliate (per una persona) un pane a fette, disponete queste in una scodella, spolverizzatele con un po’ di sale e di pepe e con un cucchiaio di formaggio, e [18] versatevi sopra il brodo bollente. Se il pane sarà tostato nel burro o al forno la zuppa diverrà migliore.

16. Zuppa di pane colle ova. — Preparatela come sopra, ma al momento di servirla fate cuocere nel brodo un uovo affogato (in camicia), cioè scocciate entro un mestolino forato un ovo intero, badando di non romperlo, immergete il mestolino nel brodo bollente scuotendolo con garbo a ciò il bianco rapprendendosi un poco passi sopra al rosso, poi versate ogni cosa sul pane. Se volete rendere questa zuppa più saporita, fate soffriggere il pane nel burro. Non dimenticate sale e pepe.

17. Zuppa di pane col latte. — Versate semplicemente il latte bollente sulle fette di pane, aggiungendo sale e pepe oppure un po’ di zucchero.

Uccellin che mette coda, mangia ogn’ora ogn’ora.

18. Zuppa di pane colla cioccolata per i bambini. — Disponete in una scodella alcune fette di pane bianco, spolverizzatele di zucchero e di cioccolata grattata e versatevi sopra il latte bollente. Calcolate mezzo litro di latte per ogni persona.

Oppure: Fate sciogliere un pezzetto di cioccolata e un cucchiaio di zucchero in mezzo litro di latte e versate poi ogni cosa sopra alcune fettine di pane tostato alla gratella.

19. Zuppa di finta cioccolata. — Abbrustolite in una cazzarola un cucchiaio colmo di farina bianca finch’essa prende un bel color nocciòla, bagnatela con mezzo litro abbondante di latte, salandola un pochino; aggiungete quindi al composto un pizzico di cannella e un cucchiaio abbondante di zucchero e fatelo bollire adagio mezz’ora, rifondendo, ove occorresse, il liquido coll’acqua o meglio con altro latte. Versatelo quindi su alcune fette di pane rosolato nel burro o tostato sulla brace, aggiungendovi anche, se vi conviene, un ovo intero. Per una persona.

20. Minestra di semolino. — Calcolate per ogni persona un cucchiaio colmo di semolino e mezzo litro abbondante di latte o di brodo. Portate il liquido a bollore, versatevi quindi adagio il semolino a ciò non si formino bozzoletti. Date alla minestra [19] 15 minuti di cottura. Non dimenticate il sale. Un uovo frullato nella zuppiera rende questa minestra assai migliore. Potete anche tostare un poco il semolino nello strutto bollente o nel burro per poi versarvi il brodo freddo e farlo bollire un quarto d’ora.

21. Minestra di fegato. — Pestate 200 gr. di fegato di manzo finamente, con un coltello, unitevi 200 gr. di mollica di pane che avrete rammollita nel latte (non troppo però) o nel brodo, un pizzico di pepe, se lo gradite, una presina di noce moscata grattata, un ovo intero, una fesa d’aglio pestata col sale occorrente. Passate il composto, con un mestolino, dai fori della grattuggia entro il brodo bollente e lasciatevelo cuocere pochi minuti. Per 4 persone.

Figlio troppo accarezzato non fu mai bene allevato.

22. Zuppa di milza. — Procuratevi una milza di vitello, fate schizzare la parte molle dall’involucro, tramenatela in una scodellina con un po’ di sale e un rosso d’uovo, stendetela su alcune fette di pane bianco che avrete lievemente rammollite col latte, rosolate quindi le fette con un po’ di strutto o di burro bollente, mettetele nella zuppiera e copritele di brodo fumante. Per 3-4 persone. Potete fare la minestra di milza anche come la precedente minestra di fegato.

23. Zuppa di trippe. — Condizione essenziale per fare una buona zuppa di trippe è quella di lasciarle giacere alcune ore nell’acqua e di lavarle poi colla massima diligenza, soffregandole col sale, allontanandone con cura tutta la parte nerastra e risciacquandole parecchie volte nell’acqua tiepida, quindi nella fredda. Compiuta quest’operazione le metterete al fuoco nell’acqua e le farete bollire, se si tratta di trippe di manzo 4-5 ore, se si tratta di trippe di vitello 2 ore o poco più, poi le taglierete a listarelle della larghezza di mezzo cent. circa.

Intanto avrete soffritto, per 1 chilogr. di trippe, 4 belle cipolle nel burro o nello strutto finchè pigliano un colore d’oro chiaro. Unite le trippe a questo soffritto mescolando bene e, quando hanno ritirato una parte dell’unto, versatevi l’acqua che vi occorre, se brodo tanto meglio, e alcuni pani interi, freschi, oppure fette di pane raffermo rosolate nel burro o tostate al forno. Dovete calcolare per [20] ogni persona 150-200 gr. di trippe, 60 gr. di pane, 3 quartucci di liquido. Aggiungete sale e pepe al composto e fatelo bollire finchè il pane è disfatto. Servite la zuppa fumante con un po’ di formaggio grattato. Volendo renderla ancor migliore, dovete soffriggere colle cipolle un po’ di sedano e di carote pestate e far bollire insieme alle trippe una o due fesine d’aglio che poi si levano a cottura finita. I pomidori freschi e la conserva di pomidori le danno un ottimo sapore.

Chi disse figliuoli disse duoli.

24. Il desinare nella pentola.

N.º 1. — Mettete al fuoco nell’acqua fredda un pezzo di carne ben pulita dal grasso, che impiegherete altrove, dalle pelletiche e dagli ossi che farete bollire con dell’acqua a parte. Per la carne vi regolerete a piacimento. Essa può essere tanto di manzo, come di vitello, o di castrato, o di maiale fresca o salata. Possono servire allo scopo anche una vecchia gallina o un paio di vecchi piccioni. Unitevi a poco a poco, a norma della loro morbidezza, quelle verdure di cui potete disporre, se svariate tanto meglio, seguendo l’ordine qui indicato a ciò non le troviate sfatte nel cuocere: cavoli, verze, pastinache, carote, lattuga, porri, cipolle, sedano, patate. S’intende che tutte queste verdure vanno ben lavate e, ove occorra, mondate e affettate. Cuocete schiumando il composto 2-3 ore finchè la carne è morbida. Ricordatevi il sale e il pepe, poi levate via la carne, tagliatela a pezzetti, mettetela in una larga insalatiera, circondatela colle verdure che avrete pestate nella pentola con un mestolo forato, poi con fette di pane o fresche, o arrostite nel burro, o tostate al forno, da ultimo digrassate il brodo, e versateglielo sopra passandolo da un colino. Al brodo della pentola unirete quello degli ossi che avrete pure bene schiumato e digrassato. Se volete aggiungere al composto fagioli o castagne secche vi converrà lessarli a parte.

N.º 2. — Mondate o tagliate a dadi 24 belle patate e mettetele nell’acqua. Collocate al fuoco in una grande pentola 18 litri d’acqua, 300 gr. d’orzo, 300 gr. di piselli secchi gialli, 4 cipolle mondate e 500 gr. di carne senz’ossi, sia manzo o castrato, e un po’ di lardo fresco (100-150 gr.) bene pestato, erbe e radici trite a piacimento. Lasciate cuocere il composto finchè la carne ha preso un [21] po’ di morbidezza, sempre schiumando, unitevi allora le patate e tirate il composto a cottura aggiungendo ancora il sale e il pepe che necessitano. Tagliate poi la carne a dadi e rimettetela nella zuppiera. S’intende che durante la cottura l’acqua all’occorrenza va rifusa onde rimangano sempre i 18 litri di minestra i quali possono fornire un buon desinare a 8-10 persone.

25. Zuppa di cipolle o di porri. — Rosolate nel burro o nello strutto due cipolle mondate e finamente tritate, quando sono rosse unitevi tre patate di media grossezza, mondate e tagliate a dadi piccoli, rimestate il composto, fatelo bollire ore 1 — 1 1⁄2 con tre quartucci d’acqua, sale e pepe, versandovi alla fine mezzo litro di brodo e aggiungendo alcune fette di pane abbrustolito. Queste dosi servono per una persona. Si può fare la stessa minestra coi porri.

Chi non ha figliuoli non sa che sia amore.

26. Minestra di cavoli cappucci. — Pestate un pezzetto di lardo come un uovo, mettetelo in una tegghia insieme ad una palla di cavolo cappuccio alla quale avrete levato le foglie esterne e il torsolo e che poi vi sarete dato cura di tagliare a minute listarelle, aggiungetevi un cucchiaio o due di farina e fate soffriggere lentamente ogni cosa. Bagnate (quando i cavoli hanno preso un po’ di colore) con litri 1 1⁄2 d’acqua, ricordate sale e pepe, aggiungete un pezzettino di carne salata (di manzo o di maiale) e fate bollire un paio d’ore il composto, rifondendo l’acqua quando occorresse. Versatevi poi due litri di brodo e, in mancanza di questo, dell’acqua in cui avrete sciolto un cucchiaino d’estratto Liebig e un po’ di burro, e dopo alcuni minuti di cottura portate in tavola tagliando la carne in pezzi minuti. Per 4 persone. Potete fare la stessa minestra colle verze.

27. Verzata. — Preparate un paio di verze come i cavoli della precedente ricetta, mettetele in tegghia col battutino di lardo sopraindicato, un pezzettino di burro, tre fese d’aglio pestate e un paio di cucchiai di prezzemolo trito, sale e pepe. Fate soffriggere a lento fuoco questo composto, versatevi quindi l’acqua e poi il brodo come nella minestra di cavoli cappucci, unitevi da ultimo un po’ di formaggio e 200-300 gr. di pane tagliato a minute fettoline e tostato al forno o sulla brace. Per 4 persone.

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Madre vuol dir martire.

28. Zuppa di lattuga. — Cotta che abbiate un momento 400 gr. di lattuga nell’acqua bollente, salatela, spremetela, tagliatela finamente colla mezzaluna, arrostitela in 30-35 gr. circa di burro o di strutto, unitevi 2 litri di brodo buono e quando avrà sobbollito qualche minuto portatela in tavola, dopo averla versata su alcune fette di pane bianco. Non dimenticate il sale, il pepe e un po’ di formaggio. Per 4 persone. Questa zuppa diventa ancor migliore se vi si aggiungono erbe aromatiche a piacere.

29. Zuppa di pomidori. — Fate rosolare in un pezzetto di strutto fino o di burro della grossezza di mezz’ovo alcune cipollette trite, unitevi 10 pomidori ben lavati, divisi a metà e puliti dai granelli, sale, pepe e un litro d’acqua. Lasciate sobbollire il composto un paio d’ore, rifondendo l’acqua ove occorresse, unitevi poi due litri di brodo o d’acqua in cui avrete sciolto un cucchiaino d’estratto Liebig; quando ha ripreso il bollore versatelo nella zuppiera in cui avrete collocato 120-150 gr. di pane tagliato a fette e abbrustolito sulla brace. Questa zuppa si avvalora se vi si aggiungono radici pestate fine, come carote, sedano, pastinache ecc. facendole rosolare colle cipolle. Per 4 persone.

30. Zuppa di zucca marina nel brodo. — Cuocete al forno badando che il calore non sia tale da farle mutar colore, oppure lessate semplicemente nell’acqua un pezzo (un chilogrammo circa) di zucca marina o barucca ben matura a cui avrete levato i semi, i filamenti e la polpa molle. Essa sarà pronta in 30-40 minuti secondo la qualità; la zucca da cuocersi a lesso va prima mondata. Tagliatela quindi a dadi e soffriggete questi in un tegame con un pezzetto di burro o di strutto fino bollenti, per passarli poi da uno staccio, premendo fortemente con un cucchiaio di legno. Raccogliete il passato in una padella, diluitelo con un po’ d’acqua, tanto da renderlo liscio, aggiungetevi due litri di brodo, lasciate sobbollire una ventina di minuti e poi versate il composto nella zuppiera. Potete anche unirvi dadolini di pane arrostito facendoveli sobbollire un momento. Se v’aggrada evitate di arrostire la zucca. Essa ci perde di sapore un poco ma ci guadagna l’economia. Non dimenticate pepe e sale. Per 4 persone.

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Corruccio di fratelli fa più che due flagelli.

31. Zuppa di zucca marina nel latte. — Preparata e cotta la zucca come sopra, e passatala allo staccio senza farla soffriggere nel burro, salatela e diluitela con l’acqua, poi con due litri di latte fresco, unendovi un pezzetto di burro crudo della grossezza di mezz’ovo. Prima di mettere in tavola, spolverizzate il composto di pepe e fatevi immollare un momento 200 gr. di fette di pane tostate al forno o sulla brace. Per 4 persone.

32. Zuppa di zucchini. — Procuratevi zucche ordinarie che siano però molto giovani e verdi, oppure alcuni buoni zucchini, mondateli, tagliateli a quadrettini e calcolando per ogni persona due manate abbondanti di questi quadretti e un pezzetto di burro come una noce, fateli rosolare a lento fuoco, unitevi poi un po’ di farina bianca e quando anche la farina ha preso colore, qualche cucchiaio d’acqua o di brodo. Dopo 30-40 minuti di cottura aggiungete al composto il brodo (1⁄2 litro per ogni persona) e quando ha levato il bollore mettetevi a cuocere la pasta o versatelo su alcune fette di pane fresco o tostato. Per fare la minestra di riso cogli zucchini vedete a pag. 13.

Donne per casa una in figura e una in pittura.

33. Minestra di fagioli. — Mettete al fuoco per ogni persona due manate di fagiolini bianchi; a metà cottura, cioè in ore 1 1⁄2 circa, unitevi alcuni sottili gambi di sedano tagliati a pezzettini, sale, pepe, cannella a discrezione. (Il sedano si può omettere). Conditeli poi con un cucchiaio abbondante per ogni persona di olio nel quale avrete soffritto un pezzetto di cipolla che poi leverete, e serviteli fumanti. Volendo potete diminuire la quantità dei fagioli e aggiungervi invece a cottura finita un po’ di pasta (semette, stelle, anellini, una manatina per persona) che avrete fatte bollire a parte nell’acqua salata. S’intende che la salsa di pomodoro dà a questa minestra un sapore più gradevole, così il formaggio messo alla fine, e l’aglio pestato col sale. Se vi piace il piccante, unitevi invece un cucchiaio o due d’aceto. Potete cuocere i fagioli semplicemente nell’acqua e aggiungervi poi un po’ di brodo. La santoreggia (peverella) pestata dà un ottimo sapore ai fagioli.

[24]

Dove c’è la pace ci è Dio.

34. Minestra di lenticchie. — Procuratevi buone lenticchie e di facile cottura perchè il tempo di questa varia da una a tre ore secondo la qualità. In ogni modo potrete sempre affrettarla mettendo nella pentola, insieme alle lenti, un sacchetto ben chiuso con entro 2-3 cucchiai di cenere. Le lenticchie si pongono al fuoco nell’acqua fredda (v’è chi ha l’abitudine di lasciarvele giacere prima alcune ore, ma esse perdono il sapore) dopo averle debitamente pulite e lavate che s’intende. Durante la cottura si levano via colla schiumarola quelle che vengono a galla, poi quando l’acqua è in parte evaporata, se si intende prepararle di grasso, ci si mette il brodo. Per allestirle di magro si prepara un battutino fino tritando un paio di cipollette, una carota, un pezzo di radice di sedano, un po’ di prezzemolo e di santoreggia (peverella), se ne fa rosolare la metà nell’olio bollente e si diluisce questo soffritto con l’acqua fredda, in cui si faranno cuocere le lenticchie, alle quali va poi aggiunta l’altra metà del battutino crudo con pepe e sale. Potete calcolare per ogni persona una manata di lenticchie, un cucchiaio d’olio, verdure a discrezione. Volendo prepararle alla tedesca, le farete bollire nell’acqua, e vi unirete a metà cottura un po’ di brodo di farina abbrustolita (vedi pag. 10 N.º 8), più alcuni cucchiai d’aceto che le lenti gradiscono assai. Una sardella lavata (per ogni persona), diliscata, pestata fina e rosolata nell’olio, dà pure un grato sapore a questa minestra. Servendovi delle sardelle ometterete il sale o per lo meno ne userete con molta cautela.

Chi meglio parla peggio fa.

35. Minestra di fave, di ceci, di piselli secchi. — Le fave, i ceci, specie se secchi, si lasciano giacere una notte nell’acqua prima di farli bollire. La loro cottura dura in genere parecchie ore. Le fave si devono sbucciare. Se disponete d’uno staccio e d’un po’ di pazienza, fateli passare, premendoli bene con un cucchiaio di legno. Compiuta quest’operazione diluiteli con acqua o brodo, aggiungendo sale, pepe, e, se vi piace, qualche fetta di pane.

I piselli secchi di qualità verde esigono ore 1 1⁄2, quelli di qualità gialla ore 2 1⁄2 di cottura. Essi si possono allestire come i ceci passati, oppure come le lenticchie, in tutte le maniere. In massima si calcolano gr. 120 di chicchi per ogni persona.

[25]

36. Minestra di castagne. — Levate il guscio a un chilogrammo di castagne, fatele cuocere nell’acqua lievemente salata, mondatele, disponetele nella zuppiera e versatevi sopra brodo o latte bollente. Al brodo si può aggiungere un po’ di semi di comino, al latte un po’ di zucchero. Calcolate 12-15 castagne e mezzo litro di liquido per ogni persona. La stessa minestra, che riesce però meno gustosa, si fa con le castagne secche mettendole in molle nell’acqua la sera per la mattina.

L’amore e la fede dall’opere si vede.

37. Zuppa di patate. Diverse maniere di prepararla.

Col lardo. Fate soffriggere in una pentola un pezzetto (per ogni persona) di lardo pestato, unitevi una cipolla trita e, quando ha preso colore (sempre per ogni persona), un paio di belle patate mondate e tagliate a dadolini. Bagnate il composto con un po’ d’acqua fredda, aggiungendo sale e pepe e lasciatelo bollire finchè le patate si sfanno, rifondete il liquido calcolandone mezzo litro per persona, acqua o brodo che sia, e lasciatelo bollire ancora 30-40 minuti sbattendolo di quando in quando col fuscello. Aggiungetevi da ultimo dei dadolini di pane tostato al forno.

Colle erbe odorose. Fate riscaldar bene un pezzetto di strutto in una pentola, arrossatevi alcune cipolle affettate, unitevi 4-5 cucchiai di farina e mescolate bene. Versatevi sopra dell’acqua fredda salata e fate cuocere in questa una dozzina di patate mondate, lavate e tagliate a dadi mescolandovi un battuto di basilico o di maggiorana. Quando le patate si sfanno, rifondete il liquido badando che vi resti mezzo litro di zuppa per ogni persona, e aggiungetevi alcune fette di pane tostato al forno. Per quattro persone.

Coll’erba cipollina e col prezzemolo. Mondate alcune patate farinose, lasciatele giacere qualche tempo nell’acqua, asciugatele e sminuzzatele colla grattuggia. Intanto avrete preparato un soffritto di strutto, cipolla e farina come nella precedente ricetta: unitevi le patate e fatele cuocere con poc’acqua. Rifondete poi il liquido, aggiungendo una manatina d’erba cipollina e una di prezzemolo trito, pepe e sale, sbattete col fuscello e servite coi soliti dadolini di pane. Calcolate quattro patate per ogni persona.

Col latte. Sciogliete al fuoco un pezzetto di burro, unitevi un cucchiaio grande di farina, amalgamate bene i due ingredienti, diluiteli [26] con un po’ di latte freddo, aggiungete dell’altro latte finchè ne avrete consumato un litro, poi 4-5 patate lesse, schiacciate, una presina di cannella, una foglia di lauro, pepe e sale. Fate bollire adagio ogni cosa, bagnando col latte o con acqua se la zuppa divenisse troppo densa. Servite con alcune fette di pane. Per 2-3 persone.

Coi pomidori. Mettete al fuoco parti eguali di patate mondate e affettate e di pomidori divisi in quattro parti, versandovi alla prima poc’acqua. Quando sono cotti, versatevi tutta l’acqua necessaria, un abbondante soffritto d’olio e di cipolla trita, sale e pepe. I pomidori devono essere spremuti e puliti dai granelli.

Coi porri. Rosolate con un pezzetto di burro la parte bianca di quattro porri, aggiungendo una presina di sale e di zucchero. Quando coloriscono, bagnateli con un litro d’acqua calda, e allorchè questa leva di nuovo il bollore ritirate la cazzarola sull’angolo del fornello e mettetevi tutto il sale occorrente; trascorso un quarto d’ora unitevi sei belle patate mondate e affettate, spargetevi sopra un po’ di pepe, cuocete il composto un’ora e mezza e servite. Per 2 persone.

Col pangrattato. Schiacciate sulla spianatoia una dozzina di patate lesse e bollenti, mettetele in una catinella e diluitele con 4 litri circa di latte spannato, oppure con 2 litri di latte e 2 litri d’acqua. Cuocete il composto a calore moderato, unendovi se v’aggrada qualche fettolina di sedano e di carota; quando le patate sono sfatte bene, salate la minestra e versatela subito nella zuppiera coprendola con uno strato di pangrattato fino arrostito nel burro. Per 4 persone.

Col pane di segale. Affettate finamente una dozzina di patate mondate e lasciatele giacere mezz’ora nell’acqua fredda. Affettate pure la terza parte del loro peso di pane di segale.

Rosolate 60 gr. circa di farina nello strutto bollente, unitevi il pane e una grossa cipolla trinciata e, quando anche questi sono un po’ soffritti, versatevi 4 litri d’acqua fredda, con le patate, pepe, sale e un po’ di noce moscata. Fate bollire a lento fuoco il composto un’ora circa e servite. Per 4-5 persone.

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CAPITOLO TERZO. MINESTRE ASCIUTTE, RISOTTO, GNOCCHI, FARINATA ecc.

Prosperità umana sospetta e vana.

1. Maniera di preparare la sfoglia delle tagliatelle, dei taglierini, ecc. ecc. — Dove abbondano le galline, la farina delle tagliatelle s’intride quasi per intero colle ova, aggiungendovi tutto al più mezzo bicchiere scarso d’acqua tiepida o di brodo per sciogliere il sale. In certi paesi le ova sono un elemento di lusso e conviene abbondare coll’acqua. Per mezzo chilogrammo di farina potete prendere quindi due ova intere e l’acqua occorrente (la quantità del liquido non si può precisare perchè le qualità assorbenti della farina variano assai) onde ottenere un pastone piuttosto sodo.

Disponete prima di tutto la farina sulla spianatoia, raccogliendovela come un piccolo mucchio. Praticate in mezzo a questo mucchio una conchetta, che i cuochi chiamano fontana, mettetevi quattro buoni pizzichi di sale, versatevi l’acqua per scioglierlo, rompetevi quindi le ova e rimestate le dette cose mediante una forchetta, prima con una piccola parte della farina, poi col resto che aggiungerete a poco a poco finch’è tutta intrisa. Se il composto vi sembrasse troppo duro, spruzzatelo prudentemente con qualche goccia d’acqua (sono cose che solo la pratica può insegnarle); se v’apparisse invece un po’ molliccio, rimediate con la farina, raccogliete bene gl’ingredienti con un coltello prima di mettervi le mani, poi immergetevele (ben lavate) con coraggio, maneggiando la pasta con forza in tutti i sensi e facendola passare con destrezza sotto il palmo finchè riesce liscia, elastica, omogenea.

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Questo lavoro esige non meno di mezz’ora. Compiuto che sia, lasciate riposare alcuni minuti il pastone sotto una catinella, infarinate quindi leggermente la spianatoia e stendetevelo col matterello lungo operando con delicatezza a ciò non s’ammacchi. Badate di ottenere una bella sfoglia rotonda e, fattala asciugare una trentina di minuti e anche più su una tovaglia, tagliatela a piacimento col coltello o colla rotellina in forma di lasagne, di fettuccine, di quadrati, ecc.

Per i taglierini da minestra in brodo, che si fanno minutissimi, la sfoglia dev’essere assai fina. Mezzo chilogrammo di farina vi basterà per 2-3 persone.

2. Maniera di cuocere la pasta. — La pasta, sia essa comperata o fatta in casa, si cuoce nell’acqua bollente salata, in un recipiente largo, e durante la cottura (di mezz’ora al massimo), che varia secondo la qualità e la sua grossezza, conviene sollevarla spesso con una forchetta di legno e assaggiarla per convincersi se si trova all’ordine, cioè sensibile al dente senza essere cruda. Cotta che sia, la verserete in una scodella forata per farla scolare, e poi la condirete a norma delle ricette seguenti.

Felice non è chi d’esser non sa.

3. Pasta con condimento semplice. — Versate sulla pasta cotta e bene scolata il burro bollente e il formaggio grattato. Per un chilogrammo di pasta vi occorreranno 50-60 gr. di burro e 2-4 cucchiai di parmigiano o altro cacio buono da minestra.

Al burro solito potete sostituire con vantaggio dell’economia il burro di cocco o la margarina, anche lo strutto fino molto bollente.

4. Pasta condita coll’olio. — Versate sopra la pasta bollente e scolata alcuni cucchiai d’olio in cui avrete fatto rosolare alcune cipollette mondate e affettate, finchè diventano rosse senza bruciare. Questo condimento s’addice particolarmente agli spaghetti per i giorni di magro.

5. Pasta condita alla napoletana. — Versate la pasta scolata e fumante in una scodella fonda frammezzandovi dei pezzetti di burro fresco e crudo, qualche cucchiaio di salsa di pomodoro e un po’ di cacio grattato.

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6. Pasta condita alla genovese. — Preparate un battuto molto abbondante di basilico, diluitelo con olio fino, crudo, e appena la pasta è scolata versatela sopra il composto, che deve renderla tutta verde, senza dimenticare il solito formaggio.

7. Pasta condita alla bolognese. — Per un chilogrammo di pasta, 80 gr. di vitello o di filetto (pesato senza l’osso), un cucchiaio di prezzemolo pesto, una radice piccola di sedano, due carotine, due cipolle, 50 gr. di strutto, 20 gr. di burro, un po’ di brodo o d’acqua, salsa di pomodoro, formaggio, sale, pepe, per chi la gradisce una presina di cannella.

Prendete un tegame molto largo e basso, o una grande padella di ferro, e fatevi sciogliere e fumare lo strutto, unitevi il burro e, quand’è pure fumante, le verdure trite assai fine. Badate che piglino un po’ di colore e aggiungetevi poi la carne tagliata a minutissimi dadolini.

Movete il composto con una spatolina, e quando la carne comincia ad arrossare versatevi finalmente un paio di mestoli di brodo e un po’ di salsa di pomodoro e lasciatelo sobbollire adagio una trentina di minuti. S’intende che non avrete dimenticato nè il sale nè il pepe. A questo punto, se aggrada, si aggiunge anche la cannella.

Quando la pasta è cotta e scolata (per questo condimento si prestano sovratutto le tagliatelle e i taglierini, i maccheroni lisci e scanalati) mettetela nel tegame, involgetela nel condimento, gettatela nella zuppiera larga e cospargetela di formaggio grattato.

Un’ora di contento sconta cent’anni di tormento.

8. Pasta condita al sugo. — Mettete al fuoco in una cazzarola fonda 2-3 cipolle pestate assai fine con 30 gr. circa di burro diviso a fiocchetti, adagiatevi sopra 150 gr. di coscia di vitello o di manzo buono e ben salato e fate rosolare ogni cosa sul fornello o al forno. Quando la carne ha preso un bel colore, bagnatela a poco a poco con qualche cucchiaio di brodo o d’acqua fredda e continuate a cuocere il composto finchè avrete ottenuto una certa quantità d’intinto. Unitevi un po’ di salsa di pomodoro, poi levate e digrassate il sugo (il grasso si leva con un cucchiaino). Passatelo da ultimo da uno staccio fino sopra un chilogrammo di pasta cotta e bene scolata, [30] che avrete preparata nella terrina, e rimestate bene il composto, aggiungendovi il solito formaggio.

La carne potete servirla in seguito con qualche verdura. Se v’aggrada tuttavia di rendere la pasta ancora più saporita, tagliate minutamente il vitello colla mezzaluna e unitelo al sugo.

9. Pasta condita col lardo rosso. — Tagliate a minuti dadolini un pezzetto di lardo rosso, cioè di lardo affumicato (50-60 gr. circa) grasso e magro, fatelo soffriggere in un tegame finchè la parte grassa diviene trasparente, unitevi un pezzetto di burro come una grossa noce, e, quando questo è sciolto e fumante, versatelo sopra un chilogrammo di pasta cotta e bene scolata. Servite col formaggio a parte.

Fortuna cieca i suoi acceca.

10. Pasta condita alla tedesca. — Sciogliete in un tegame un pezzetto di strutto come un piccolo uovo, quando è bollente unitevi sei cucchiai di semolino grosso e fatevelo tostare rimestandolo continuamente colla paletta. Quand’esso ha preso un bel colore, rovesciate nel tegame un chilogrammo di pasta cotta e scolata e investitela di semolino badando di non romperla. Servite con formaggio a parte.

11. Pasta condita col tonno e colle sardelle. — Procuratevi due fettine di tonno sott’olio e due sardelle o 3-4 acciughe. Diliscate i pesciolini e pestate ogni cosa colla mezzaluna. Mettete al fuoco alcuni cucchiai d’olio, quand’è bollente unitevi due cipolle pestate, poi, quando hanno preso colore, il battuto di tonno e di sardelle, rimestate alcuni minuti, e versate il condimento sopra un chilogrammo di pasta cotta e scolata, in modo che resti bene distribuito, aggiungendovi anche il formaggio. Per questo condimento si prestano gli spaghetti e i vermicelli.

Le cose vanno a chi non sa apprezzarle.

12. Spaghetti coi piselli. — Sgusciate 250 gr. di piselli, cuocete i chicchi nell’acqua salata, conditeli in una tegamina con burro, pepe e sale bagnandoli con qualche cucchiaio di brodo. Mescolateli poi con mezzo chilogrammo di spaghetti cotti, scolati e bene spolverizzati di formaggio.

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Se v’aggrada, potete avvalorare questo condimento con un po’ di salsa di pomodoro e con due tre fettine dì salame o una fetta di prosciuto trito, aggiungendoli ai piselli mentre stanno cuocendo. Per 2 persone.

Virtù e fortuna non stanno di casa insieme.

13. Ravioli di pasta da tagliatelle. — Fate della pasta da tagliatelle secondo la ricetta N.º 1. Tirate una sfoglia fina e, senza lasciarla asciugare, riducetela con un bicchiere in tanti rotondini e ripetete l’operazione, rimpastando i ritagli. Questi rotondini si possono guarnire con una pallotola di ripieno, secondo il gusto, poi si piegano in forma di mezzaluna facendone aderire esattamente i lembi a ciò non si aprano, e si cuociono nell’acqua salata per condirli poi con burro, formaggio e salsa di pomodoro.

Ripieno di carne. Avanzi di carne cotta, tritati bene colla mezzaluna, arrostiti a fuoco vivo con un pezzetto di burro e una cipolletta trinciata, sale se occorre, un po’ di pepe e di formaggio.

Ripieno di spinaci. Spinaci (400 gr. circa) cotti nella pentola, senz’acqua, pestati fini, arrostiti come sopra, misti con un po’ di formaggio. A questi spinaci si può dare l’odore della cannella o della noce moscata, senza dimenticare nè sale nè pepe.

Ripieno di ricotta. Ricotta fresca (mezzo chilogrammo circa) mescolata con un ovo intero, un cucchiaio di prezzemolo trito, un pizzico di noce moscata, un po’ di sale e 3-4 cucchiai di formaggio grattato.

14. Strichetti. — Preparate della pasta da tagliatelle come indica il N.º 1, tirate una bella sfoglia, non sottilissima, e tagliatela in tanti pezzetti di quattro cent. di lunghezza e di due cent. di larghezza e stringete questi pezzetti in mezzo, con due dita in modo da formare una specie di nastrino. Cuocete gli strichetti come le tagliatelle e conditeli a piacimento.

Assai vince chi non gioca.

15. Minestrone di legumi colla pasta. — Fate cuocere, ciascuna specie a parte, mettendoli al fuoco nell’acqua fredda, un bicchiere di fagiolini bianchi, altrettante lenticchie e altrettanti ceci e piselli secchi di color verde. (Se volete ottenere una buona cottura, quando hanno bollito un poco, rinnovate l’acqua salandoli). Unite i [32] legumi, conditeli con un soffritto fatto con 1⁄5 di litro d’olio, una cipolla trita, un pezzetto di porro pure trinciato e una manatina di santoreggia pesta (peverella). Cuocete anche in due litri di brodo 150 gr. di maccheroncini, mescolatevi i legumi senza dimenticare il sale che occorresse, il pepe e una presina di cannella, e servite la minestra fumante col solito formaggio e un po’ di salsa di pomodoro. Per 3-4 persone. I ceci, ricordatelo, vanno cotti a lungo.

16. Minestrone d’erbe col riso. — Pestate colla mezzaluna una grossa fetta di lardo, due cipolle, una manata di basilico e una di prezzemolo, fatevi soffriggere il composto, unitevi poi una carota, un pezzo di radice di sedano e un pezzo di porro finamente tritati, una piccola palla di verza e mezzo cavolo cappuccio a cui avrete levato le foglie più grosse e il torsolo, un cesto di lattuga, 2-3 cucchiai di sedano, e quelle erbe odorose (timo, maggiorana, santoreggia, cerfoglio, erba cipollina) che preferite, tutto s’intende ben lavato e trinciato, poi quattro belle patate mondate e tagliate a dadi, 250 gr. di fagioli sgranati, e 250 gr. di piselli pure in grani e cotti a parte nell’acqua (per i primi vi occorreranno circa due ore, mezz’ora basterà per i secondi), fate rosolare ogni cosa nella pentola, versatevi due o tre mestoli d’acqua, poi tutto il brodo occorrente (4-5 litri), lasciate bollire un’ora, e 15-18 m. prima di portare il minestrone in tavola, aggiungetevi 8 manate di riso ben pulito ricordando il sale, il pepe, anche il sapore dell’aglio se vi piace, da ultimo il cacio grattato. In estate questo minestrone si può collocare in cantina e gustare freddo. Un po’ di salsa di pomodoro lo avvalora. Serve per 6 persone circa.

Le ore della mattina hanno l’oro in bocca.

17. Risotto semplice. — Procuratevi 100 gr. di midollo di manzo, mettetelo nell’acqua fresca a ciò si depuri, scioglietelo in un piccolo tegame sulla brace, passatelo da uno staccio a ciò non vi rimangano ossicini. Versatelo in una padella, collocate questa sul fuoco e fatevi rosolare una cipolla dimezzata, poi 12 manate di riso, cioè due manate per persona essendo questa una ricetta per 6 commensali. Aggiungete quindi un mestolo di brodo buono in cui avrete sciolto un grosso pizzico di zafferano, e quando il riso che rimesterete senza stancarvi avrà assorbito il liquido, versatevene [33] un secondo mestolo e così di seguito finchè saranno trascorsi 18-20 m., momento in cui il risotto sarà pronto. A metà cottura vi unirete il sale necessario e sei cucchiai di formaggio grattato. Alla fine la cipolla si leva via.

Chi non sa fare lasci stare.

18. Risotto alla milanese. — Preparate un risotto come il precedente, ma abbiate cura di tritare minutamente la cipolla e di farla passare allo staccio insieme al midollo unendovi anche un pezzetto di burro come mezz’uovo. Prima di versare il brodo sul riso, bagnate questo con un po’ di vino bianco facendoglielo assorbire, a metà cottura unitevi mezzo cervellato e un pizzico di noce moscata col solito parmigiano. S’intende che non avrete dimenticato nè il sale nè lo zafferano.

19. Risotto colla salsiccia alla romagnola. — Levate dal budello il ripieno di sei piccole salsicce di maiale fresche, tritatelo colla mezzaluna, scioglietelo al fuoco con un pezzetto di burro, un po’ di salsa di pomodoro e sei cucchiai di formaggio grattato. Unite questo composto a una certa quantità di risotto semplice che avrete portato a metà cottura secondo la ricetta N.º 17 omettendo lo zafferano, e rimestatelo altri 8-10 m. sul fornello rifondendo sempre il brodo.

20. Risotto coi piselli. — Sgusciate mezzo chilogrammo di piselli, fateli rosolare con un pezzo di burro, un po’ di prezzemolo pesto e di cipolla tritata, bagnateli con acqua o brodo, salateli e tirateli a cottura. Intanto avrete approntato del risotto semplice a norma della ricetta N.º 17. Unite a questo risotto i piselli, mescolando bene ogni cosa e mettete in tavola.

21. Risotto coi funghi. — Come sopra, sostituendo ai piselli dei funghi cotti in umido.

22. Risotto coi ranocchi. — Preparate il brodo di rane a norma della ricetta N.º 10 pag. 9, mettendo da parte la polpa delle coscie e facendola rosolare nel burro. Adoperatelo poi per cuocere il risotto secondo la ricetta del presente capitolo N.º 17, e prima di portarlo in tavola unitevi la polpa soffritta delle rane. Per 12 manate di riso, cioè per 6 persone, vi occorreranno 20-30 ranocchi.

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I gamberi sono buoni nei mesi dell’R.

23. Risotto coi gamberi. — In certi luoghi abbondano i gamberi e la caccia di questi crostacei serve di trastullo ai fanciulli. Se volete farne uso, ricordatevi ch’è cosa pericolosa il mangiare un gambero che non si abbia visto vivo. Siccome necessità e igiene vogliono che si cuociano vivi, badate almeno di gettarli nell’acqua bollente e sempre colla testa in giù, affinchè muoiano immediatamente. I gamberi sono cotti quando appaiono d’un bel rosso vivo. Se invece di gustarli soli volete adoperarli come condimento del riso, sgusciateli con diligenza raccogliendo tutta la polpa e sopprimendo l’intestino nero che si trova nella coda e i reni verdicci nel corsaletto, poi fate soffriggere con un po’ di prezzemolo e di burro, sale e pepe questa polpa per unirla come condimento al risotto preparato colla ricetta N.º 17. Per 6 persone vi occorreranno 25-30 gamberi secondo la loro grandezza.

24. Riso alla cappuccina. — Riscaldate bene 1⁄5 di litro d’olio buono, unitevi un pezzetto di burro e, quand’è sciolto, rosolatevi una cipolla trita con la polpa di due sardelle, poi 400 gr. di riso, sempre rimestando con diligenza. Bagnate quindi il riso con litri 1 1⁄2 d’acqua e tiratelo a cottura unendovi il solito parmigiano. S’intende che col brodo di carne, di pesce o di ranocchi questo riso diventa ancor migliore. Per 3 persone.

25. Riso in cagnoni. — Mettete al fuoco 500 gr. di riso con litri 2 1⁄2 d’acqua circa. In capo a un buon quarto d’ora scolatelo e conditelo con un po’ di burro in cui avrete fatto arrossare una cipolla ben tritata. Versatevi poi sopra il solito formaggio grattato. Per 3-4 persone.

26. Gnocchi all’italiana. — Misurate quantità eguali d’acqua e di farina bianca passata allo staccio, calcolando per ogni persona un bicchiere d’acqua e un bicchiere di farina. Mettete l’acqua sola al fuoco in un paiolo, quando bolle ritiratela in fretta sull’angolo del fornello e versatevi tutt’a un tratto la farina, debitamente salata, mestate con rapidità il composto, badando che non si formino bozzoli e, rimessolo sulla fiamma, cuocetelo, lavorandolo sempre finchè si stacca dagli orli del recipiente. Gettate il pastone su un tagliere, lasciatelo freddare, staccatene dei bocconcini con un coltello, [35] fateli cadere in un paiolo d’acqua bollente appena salata e cuoceteli una quindicina di minuti tenendo l’acqua a lieve bollore. Condite i gnocchi con burro e con formaggio.

Formaggio non guasta sapore.

27. Gnocchi alla tedesca. — Passate allo staccio 8 decilitri di farina bianca (circa 520 gr.), versatela in una catinella e, fattavi la fontana, cioè una fossetta nel centro, mettetevi un pezzetto di burro come mezz’uovo. Bagnate ogni cosa con quattro decilitri di acqua salata e bollente e rimestate bene con un cucchiaio di legno, cercando d’ottenere un composto liscio e di media consistenza. (La quantità del liquido si deve modificare a norma delle qualità assorbenti della farina). Cuocete e condite questi gnocchi come i precedenti. Volendo allestirli proprio alla tedesca fate rosolare col burro del condimento un po’ di pangrattato. Per 3-4 persone.

28. Gnocchi di latte. — Tagliate 400 gr. di pane bianco a fettoline, bagnatelo con 3⁄4 di litro di latte caldo nel quale avrete frullato un paio d’ova, e rimestate bene ogni cosa. Quando il composto è ridotto a poltiglia, salatelo un pochino, unitevi due cucchiai di farina e formate col cucchiaio i gnocchi oblunghi che cuocerete come i precedenti in un paiolo d’acqua debitamente salata la quale manterrete a lieve bollore. Se, fatta la prova del primo gnocco questo dovesse sciogliersi, aggiungete ancora un po’ di farina. Per 3-4 persone.

Quel che piace non fa male.

29. Gnocchi grandi di magro alla tedesca. — Tagliate 800 gr. di pane bianco a quadratini; arrossate un pezzo di strutto in una padella, soffriggetevi due cipolle trite e fatevi rosolare la metà di questi quadratini. Unite poi tutto il pane, mescolatevi una manatina di prezzemolo pesto e mezz’ora prima di formare i gnocchi versatevi litri 1 1⁄2 di latte caldo, un po’ d’aglio, pestato finissimo e il sale occorrente, cioè non molto, perchè il pane è già salato. Frullate intanto tre ova grosse o quattro ova piccole in un pentolino per poi versarle anch’esse sul pane che rimesterete con diligenza e delicatezza unendovi due cucchiai di farina. Formate quindi, con le mani infarinate, i gnocchi rotondi della dimensione d’una grossa mela collocandoli sopra un tagliere. Approntate il solito paiolo [36] coll’acqua bollente e, mediante un mestolo fatevi scivolare i gnocchi in modo che vi stiano comodi, cioè che abbiano l’agio di crescere e di gonfiarsi. Essi diventano molto leggeri se dopo 15-20 m. di lenta cottura si lasciano ancora nell’acqua, tirando il paiolo sull’angolo del fornello, acciò essa non bolla, questo però non più di 4-5 minuti. Allora li leverete fuori colla schiumarola, li dividerete con due forchette (il coltello li schiaccia) e li condirete con burro e formaggio. Per 6 persone circa. Questi gnocchi si gustano generalmente coi cavoli acidi (Sauerkraut, vedi Verdure). Se foste scarsi di latte potreste sostituirlo con un po’ d’acqua.

30. Gnocchi di patate. — Cuocete entro la cenere buone patate farinose, mondatele lasciando da parte ciò che aderisce alla buccia, mettetele sulla spianatoia e, mentre sono ancora bollenti, schiacciatele col matterello finchè non vi si sente più alcun bozzolo. Raccoglietele in un pastone, salandole a dovere, aggiungetevi le ova e la farina che necessita, acciocchè maneggiandole con una certa leggerezza non s’attacchino alle dita. Se le patate sono di buona qualità non occorre molta farina e i gnocchi ci guadagnano. Bene amalgamati che siano gl’ingredienti, tagliate il pastone in diverse parti e formate con queste alcuni rotoli del diametro d’una lira. Dividete i rotoli in tanti bocconcini della grossezza d’una noce, schiacciateli a uno a uno col pollice infarinato in modo che vi rimanga una conchetta nel mezzo, cuoceteli quindi e conditeli come i gnocchi all’italiana (vedi N.º 26).

Per un chilogrammo di patate v’occorreranno due ova. Potete calcolare 3-4 patate grosse per ogni persona. Questi gnocchi si possono fare anche senz’ova, abbondando colla farina, ma perdono molto. Prima di metterli nel paiolo (badate che l’acqua deve bollire appena appena), fate la prova con un paio di gnocchetti per accertarvi che non si sciolgano, nel qual caso vi aggiungerete un altro po’ di farina. Anzi, per evitare a chi non ha pratica maggiori disturbi, meglio varrebbe tentare il saggio prima d’allestirli.

Cacio serrato e pan bucherellato.

31. Gnocchi di spinaci. — Cuocete mezzo chilogrammo di spinaci, di biete o di rabarbaro (la parte verde) in una pentola con due o tre cucchiai d’acqua. Tritate bene questo verde, passatelo [37] allo staccio e mescolatevi gr. 300 di pangrattato, due ova intere, tre cucchiai di farina, un po’ di sale, una presina di noce moscata, se vi piace, e il latte necessario per farne un pastone di media consistenza che rimesterete con cura. Fate bollire dell’acqua salata in un paiolo, immergetevi un cucchiaio, staccate con questo i gnocchi lunghi e stretti dal pastone e metteteli adagio nell’acqua che terrete a lieve bollore. Quando stanno bene a galla sono cotti. Prima di formarli tutti, tentate la prova col primo gnocco e se cuocendo si sciogliesse, unite al pastone un tantino di farina. Condimento di burro e di cacio. Per 2-3 persone.

Strangolapreti si chiamano i gnocchi di spinaci fatti colla precedente ricetta e coll’aggiunta di una manatina di pinoli e una manata di sultanina o di passolina.

32. Gnocchi di semolino. — Cuocete il semolino nel latte. In massima si prende la doppia dose di latte del semolino, dunque per mezzo litro di semolino un litro di latte.

Cotto che sia il semolino fino a consistenza con un tantino di sale e un pezzetto di burro della grossezza d’una noce, e poi freddato, vi aggiungerete 2-3 uova (s’intende sempre per mezzo litro) rimenando con diligenza. Procedete quindi come indica la precedente ricetta tanto per la forma e per la cottura come per il condimento. Se volete rendere questi gnocchi più leggeri, sostituite ad un terzo di semolino, un terzo di pangrattato. Per 2-3 persone.

33. Gnocchi di polenta di granturco. — Fate una polenta piuttosto molle impiegando latte invece d’acqua e aggiungendo al pastone un pezzetto di burro. Quando la polenta ha raggiunto il giusto grado di cottura, cioè in mezz’ora circa, staccatene con un cucchiaio (che bagnerete volta per volta nell’acqua calda) i gnocchi bislunghi ed eguali, disponeteli in una scodella e conditeli a strati con un po’ di burro e di formaggio o col sugo di carne.

34. Gnocchi di polenta di grano saraceno (polenta nera). — Fate una polenta molle di grano saraceno nell’acqua coll’aggiunta di due tre cucchiai d’olio o di un po’ di vino bianco (vedi cap. IV N.º 11), staccatene i gnocchi come indica la precedente ricetta, e conditeli con buon sugo di carne oppure col burro e col cacio, o se non vi dispiacesse, con un leggero soffrittino di burro e di sardelle.

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Poco e buono empie il tagliere.

35. Gnocchi di farina abbrustolita. — Sciogliete un bel pezzo di strutto in una padella larga, quand’è bollente unitevi un litro (misurato con un bicchiere) di farina bianca, rimestate diligentemente finchè la farina sia bene tostata e mandi un grato odore. Lasciatela freddare, mettetela in una catinella, versatevi mezzo litro d’acqua bollente o poco più e formate un pastone piuttosto molle che no, che sbatterete venti minuti circa e con gran cura. Fate bollire dell’acqua in un paiolo e, intingendovi ciascuna volta il cucchiaio, staccate dal pastone dei gnocchetti tutti eguali fra loro per cuocerli in quest’acqua. Scolateli in una terrina bucata e conditeli con un po’ di strutto bollente nel quale avrete arrostito 3-4 belle cipolle mondate e tagliate ad anelli. Per 4-5 persone.

36. Pasta, risotto, gnocchi «al salto». — Si dice cuocere al salto l’arrostire in fretta nello strutto bollente o nel burro gli avanzi di tagliatelle, di spaghetti, di riso, di gnocchi tagliati a pezzi. La pasta, specie se si tratta di vermicelli, deve prendere una lieve crostina.

Chi soffia nella polvere se n’empie gli occhi.

37. «Rostisciana». — La rostisciana è un piatto eccellente fatto di avanzi d’ogni genere, ben puliti e messi da parte, come pasta, riso, gnocchi, polenta, verdure e pezzettini di carne, i quali tutti si arrostiscono insieme nello strutto bollente in una larga padella. Buono particolarmente esso riesce con l’aggiunta di un pochino di sugo di carne, oppure servito colla salsa di pomodoro. Una cuoca raffinata farà rosolare ogni cosa a parte con danno dell’economia ma con esito più perfetto.

38. Pappa di biscotti genovesi per bambini. — Calcolate per un piccolo bambino la metà d’un biscotto genovese (maniera di farli, vedi Paste dolci), per un bambino d’un anno un biscotto intero. Bagnatelo col latte, mettetelo al fuoco in una padellina rimestandolo bene, e cuocetelo lentamente, rimestando sempre e aggiungendo a poco a poco dell’altro latte finchè la pappina abbia preso una media consistenza.

39. Pappa di latte per bambini (Farinata). — Stemperate in un litro di latte freddo tre bei cucchiai di farina d’Ungheria e [39] mettete il composto al fuoco, con poco sale, in una padella d’ottone o di ferro nuova o destinata unicamente a questo scopo. Mescolate continuamente finchè il composto comincia a bollire. Allora ritiratelo sull’angolo del fornello e lasciatelo cuocere adagio senza più toccarlo. Sull’orlo e sul fondo della padella si formerà una saporita crostina. Dopo un’ora circa, rovesciate la pappa su di un piatto grande, staccate le crostine dal recipiente e posatevele sopra, spolverizzandole con zucchero a velo.

40. Pappa di latte più andante (Farinata). — Fatela colle stesse proporzioni della precedente, e quando comincia a bollire, spargetevi sopra alcuni fiocchetti di burro fresco. Per ciò che riguarda la farina prenderete metà fiore e metà di quella da tagliatelle.

Chi mal si marita non esce mai di fatica.

41. Pappa di farina di granturco e di farina di frumento. — Mettete in una padella di ferro tre cucchiai di farina di granturco e fatela arrostire al fuoco continuando a smuoverla con la paletta. Quando tramanda un grato odore, unitevi sei cucchiai di farina bianca e diluite il composto con litri 2 1⁄4 di latte, salatelo e frullatelo col batticchiare finchè bolle, poi fatelo cuocere un’ora a lento fuoco versandovi sopra l’ultimo momento un po’ di burro sciolto.

42. Pappa di farina di granturco (Maismush). — Fate bollire due litri di latte, salate, poi versatevi dentro colle mani, oppure con uno staccio, tanta farina di granturco da farne un intriso nè troppo molle nè troppo duro che lascerete cuocere 10-15 minuti. Versatelo su di un piatto fondo, spargetevi sopra alcuni pezzettini di burro e servitelo con buon latte freddo a parte. Cibo di famiglia pratico e sano ch’è in grande uso negli Stati Uniti.

43. Farinata di ceci. — Stemperate bene in una catinella la farina di ceci coll’acqua in modo da formare un intriso che lasci un leggerissimo velo sul cucchiaio che vi s’immerge e, salatolo, mettetelo da parte rimestandolo di quando in quando. Trascorsa un’ora, levate via la schiuma e versatelo in una tegghia dove avrete fatto fumare dell’olio. Mettete la tegghia al forno o sulla brace, a ciò la farinata pigli il color d’oro e prima di servirla spolverizzatela di pepe.

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CAPITOLO QUARTO. PIATTI DI FARINA E D’OVA

Sezione I. PIATTI DI FARINA.

L’appetito non vuol salsa.

1. La polenta. — Tutti fanno la polenta ma pochi sanno farla bene. La polenta di granturco ben dosata e ben cotta, con un discreto companatico, è cibo sano, gustoso, e che come il pane non stanca mai.

La farina grossa detta «franta» esige una quantità d’acqua maggiore di quella in cui sta frammista della farina fina. Per tre litri d’acqua v’occorrerà un chilogr. abbondante di farina franta, un chilogr. e 150 gr. di farina un po’ mista, chilogr. 1 1⁄2 circa di farina ordinaria. Fate bollire l’acqua in un paiolo, poi versatevi la farina, facendovela piovere adagio dalla scodella, salatela e lavoratela fortemente col mestolo. Quando fa le bolle cessate un momento di rimestare. Cominciate poi a sollevarla adagio, in tutti i sensi sempre col mestolo, studiandovi di portare in alto la pasta ch’è in fondo al paiolo, ma sempre con mano leggera e badando che non s’ammacchi, poichè la polenta ben riuscita dev’essere soffice e spugnosa. Se si tratta d’un chilogr. circa di farina, basterà che dal momento ch’essa comincia a cuocere la rimestiate una ventina di minuti, per una polenta più grande v’occorrerebbe mezz’ora. Di tratto in tratto conviene anche girare un poco il paiolo. Da ultimo [41] la ridurrete leggermente a una palla, scuotendola contro le pareti del paiolo, e poi la verserete sopra un tagliere bianco e la servirete fumante con un filo per staccarne le fette.

2. Polenta alla Carbonara. — Preparate una polenta di un chilogr. di farina, e mentre la state dimenando, unitevi un pezzo di burro della grossezza d’un uovo circa, 100-150 gr. di formaggio grasso tagliato a dadolini, tre manate di fagioli sgranati e cotti bene nell’acqua salata, 3-6 cucchiai di formaggio grattato e 100-150 gr. di salame o di lucanica tagliati a dadolini. Se fosse il tempo opportuno potreste aggiungervi anche un paio di dozzine di castagne lessate.

Pronta che sia la polenta, versatela sopra un tagliere, tagliatela a fette con un filo e gustatela così senz’altro companatico. S’intende che le dosi degl’ingredienti si possono variare a piacimento.

3. Polenta coi siccioli. — Come la polenta semplice, aggiungendo a metà cottura una scodellina di siccioli. I siccioli sono gli avanzi del grasso di maiale che rimangono nel mestolo quando si spreme lo strutto. Si serve a fette, condita con un pochino di burro.

4. Polenta colla salsiccia, alla romagnola. — Spremete dal budello 4-5 salsicce fresche di maiale, mettete la carne in una cazzarolina con un po’ d’acqua o di brodo, un po’ di salsa di pomodoro e due o tre cucchiai di formaggio grattato. Lasciate sobbollire mezz’oretta il composto e fate intanto una bella polenta di granturco a norma della ricetta N.º 1, tagliatela a fette con un filo e stratificatela così fumante col composto suddetto.

5. Polenta condita con burro e con formaggio. — Tagliate una polenta a fette, disponete queste sopra un piatto e conditele col burro fuso. Prima di servirle, spolverizzatele di formaggio.

Polenta e uccelli. — (vedi Carni).

Buon fuoco fa buon cuoco.

6. Finta polenta e uccelli. — Fate una polenta solita, molto ben lavorata, praticatevi un buco nel mezzo e versatevi un composto preparato nel modo seguente:

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Tritate una ventina di foglie di salvia, 8-10 bacche di ginepro, 100 gr. di fegato di vitello o di maiale, sciogliete 100 gr. di burro in una tegghietta, fatevi soffriggere a fuoco ardente 80 gr. di buon lardo tagliato a fettoline, poi il rimanente aggiungendovi il sale necessario, versate in fine questa specie di salsa entro il buco della polenta e servite il piatto fumante.

7. Polenta fritta. — Tagliatela a fette (dev’essere ancor calda) e mettete queste in una padella dove avrete sciolto strutto in abbondanza, tanto che le fette possano nuotarvi. Friggetele finchè hanno preso una bella crostina.

8. Polenta arrostita. — La polenta fresca si arrostisce a fette nel burro o nello strutto bollenti, la polenta rafferma invece per questo scopo si taglia a dadolini. Volendo arrostire a fette anche la polenta rafferma, conviene bagnarla di tratto in tratto con un po’ di latte.

9. Polenta al forno. — Si mettono semplicemente le fette sulla gratella al forno; in mancanza del forno può servire la cenere calda.

Oppure, si unge un tegame con un po’ di burro, vi si dispongono le fette grosse della polenta e si bagnano di tratto in tratto col latte.

La fame è il miglior cuoco che vi sia.

10. Polenta di grano saraceno. — Versate 550 gr. circa di farina nera in un paiolo dove si troveranno litri 1 1⁄2 d’acqua in fiore (non deve bollire), salate, formate la polenta secondo la regola; un momento prima di versarla dal paiolo unitevi un cucchiaio d’olio o due cucchiai di vino bianco.

Servite questa polenta a fette, condita con un po’ di burro in cui avrete fatto riscaldare 4-6 sardelle o 8-10 acciughe pulite e passate allo staccio e con formaggio in abbondanza.

NB. La quantità della farina dipende dalla sua qualità, dalla maniera di macinarla e dalla sua minore o maggiore freschezza, e non è quindi facile a determinarsi.

11. Polenta di patate. — Cuocete 12-14 belle patate nella cenere, mondatele e schiacciatele in modo che non vi restino bozzoli [43] di sorta, unitevi un pezzettino di burro, un paio di cipolle trite e pure soffritte nel burro, un po’ di salame pestato, o un po’ di lucanica tagliata a dadolini, il sale occorrente, pepe a discrezione. Versate litri 1 1⁄2 d’acqua o di latte in un paiolo, mettetevi il composto e rimestate finchè avrete ottenuto un pastone consistente. Rovesciate la polenta sul tagliere e servitela fumante con un po’ di formaggio. Volendo potete aggiungervi un po’ di cacio durante la cottura.

12. Polenta di fagioli. — Mettete i fagioli in molle nell’acqua, la sera. Il giorno seguente fateli cuocere bene, mutando l’acqua (fredda), ore 1 — 1 1⁄2 secondo la qualità. Passateli quindi da uno staccio ove devono rimanere i gusci, versateli in un paiolo con un pochino d’acqua, un pezzetto di burro, sale e pepe, rimestate il composto finchè si asciuga e versatelo sul tagliere.

Mangiare senza bere murare a secco.

13. Intriso fritto di farina e acqua.

Di farina di grano saraceno. Mettete un litro (misurando col bicchiere) di farina di grano saraceno in una catinella, salatela e versatevi tant’acqua bollente che basti a formarne una pasta piena di bozzoletti, riscaldate strutto in buona dose in una padella, unitevi i bozzoletti, copriteli e abbiate cura che piglino una bella crostina sotto e sopra; gustateli col latte fresco.

Di farina di granturco. Fate una polenta solita e molle, tagliatela a fette, dividete queste mediante due forchette in tanti pezzetti irregolari, unitevi un po’ di siccioli di grasso di maiale, mettete i pezzetti in una larga padella dove avrete riscaldato lo strutto, rimestateli colla paletta e trascorsi 15-20 minuti serviteli fumanti.

Di semolino. Mettete 3⁄4 di litro di semolino in una padella, salatelo, rimestatelo al fuoco finchè comincia a mandare odore, versatevi tant’acqua bollente da ridurlo a bozzoletti, procedete quindi come nell’intriso di grano saraceno.

Di panico pestato. Lavate bene il panico (un litro circa), cuocetelo a lento fuoco nell’acqua salata finchè l’ha tutta ritirata ed è spesso e morbido, collocatelo in una padella larga, conditelo con burro o con strutto bollenti in cui avrete arrostito 4-5 cipolle tagliate ad anelli, spartitelo con due forchette in tanti pezzettini e servitelo [44] fumante. Il panico si può cuocere anche nel latte e condire col burro. Queste dosi servono per 3-4 persone.

La tavola ruba più che non fa un ladro.

14. Tortino di farina bianca col latte. Diverse maniere di prepararlo:

Senza ova. Stacciate la farina entro una catinella, salatela e intridetela con latte freddo dimenando con molta cura il composto, finchè ne avrete ottenuta una bella pasta liscia e colante bensì, ma non troppo liquida. Per le proporzioni calcolerete mezzo chilogr. di farina e tre quartucci di latte ogni tre persone. Ungete abbondantemente di burro una padella di ferro larga e bassa, versatevi la pasta e collocate quindi la padella al forno, o tra la brace, badando che il tortino pigli sopra e sotto un bel color d’oro.

Colle ova. Preparate un composto come il precedente, tenendolo un pochino più scarso di latte, aggiungendovi le ova (due per ogni chilogr. di farina) e sbattendolo con grande diligenza una ventina di minuti. Cuocetelo poi come quello della ricetta senz’ova.

Alla tedesca. Preparate un composto come i precedenti con o senza ova, sciogliete un pezzo di strutto nella padella bassa e larga di ferro, quand’esso è bollente versatevi l’intriso badando che si sparga bene da tutte le parti, collocate di nuovo la padella sul fornello e, quando il tortino cuocendo si è rappreso e si è arrossato nella parte inferiore, voltatelo a ciò pigli colore anche dall’altra parte; tagliatelo quindi con la paletta in tanti quadrettini uguali che rivolterete diligentemente finchè hanno fatto tutti una appetitosa crostina. Se volete rendere questo tortino ancor più gustoso, unitevi alcune fettine crude di mela o di pera. Queste dosi servono per 3-4 persone.

15. Tortino di farina di ceci. — Formate un intriso d’acqua e di farina di ceci, badando per lo spessore che ne resti un leggero velo sul cucchiaio. Salate il composto e mettetelo in disparte, mescolandolo di quando in quando. Toglietegli la schiuma e versatelo in una tegghia dove avrete sfatto dello strutto o riscaldato dell’olio badando di fargli prendere, sia tra la brace, sia al forno, un bel color d’oro sotto e sopra. Quand’è cotto, spolverizzatelo di pepe e, se vi gradisce, di salvia pestata.

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Vin battezzato non vale un fiato.

16. Tortino di farina di granturco. — Prendete parti eguali di farina bianca e di farina gialla e aumentando la dose del latte procedete come per il «Tortino di farina senza ova» N.º 14.

Oppure. Versate un litro di latte bollente sopra una scodelletta di farina di granturco. Trascorsa una buona mezz’ora, unitevi, col sale occorrente, due ova intere e stendete il composto in una larga padella di ferro che avrete unta generosamente di burro o in cui avrete fatto sciogliere e riscaldare finchè fuma un bel pezzo di strutto. Badate che il tortino, sia che lo mettiate fra la brace, sia al forno, pigli sotto e sopra un bel colore, e quand’è ben cotto, cioè un 3⁄4 d’ora circa (a calore moderato), servitelo spolverizzandolo di formaggio. Omettendo il formaggio potete portarlo in tavola con un po’ di latte fresco. Certuni riducono questo tortino a pezzi con due forchette e fanno poi rosolare un momento questi pezzi sulla fiamma viva. Per 2-3 persone.

17. Tortino di farina nera (di grano saraceno). — Versate un litro di latte bollente su quattro decilitri di farina; dopo 40 minuti aggiungetevi due uova e poi procedete come si è detto nella ricetta dell’intriso di semolino. Servitelo spolverizzato di formaggio. Per 2-3 persone.

18. Tortino di patate. — Lessate alcune patate, badando di asciugarle bene senz’acqua sul fornello, prima di mondarle. Schiacciatele calde, a ciò non vi rimanga alcun bozzoletto frammezzo, unitevi un pezzetto di burro della grossezza d’una noce ogni 3-4 patate grosse, un pochino di latte, sale e pepe a discrezione, formando un composto sodino ma liscio e appetitoso. Procedete quindi come per il «Tortino di farina di granturco» (vedi sopra). Calcolate per ogni persona 3-4 patate.

All’osteria, o si balla, o si mangia, o si fa la spia.

19. Tortino di semolino.

Senza ova. Versate a poco a poco il semolino salato nel latte bollente, prendendo per misura il doppio di liquido della farina (un bicchiere di semolino, due bicchieri di latte). Quando è cotto, cioè quando è denso, unitevi un pezzetto di burro e procedete come nella ricetta N.º 16.

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Colle ova. Frullate mezzo litro di latte con due ova e un po’ di sale e versatelo sopra quella quantità di semolino che sta in un bicchiere da quartuccio. Lasciate riposare un paio d’ore il composto a ciò il semolino s’immolli bene, versatelo quindi in una padella unta di burro o preparata collo strutto bollente (tanto da vedercene un velo). Tanto l’uno come l’altro di questi tortini, quando sono rappresi si possono ridurre a pezzi, stracciandoli, per modo di dire, con due forchette e facendoli rosolare sulla fiamma finchè hanno preso una bella crostina. Per 2-3 persone. I bambini li gradiscono spolverizzati di zucchero.

20. Tortino di pane. — Bagnate con mezzo litro di latte circa 450 gr. di pane tagliato a fettoline; quand’esso è bene inzuppato unitevi due ova, un po’ di sale e due cucchiai scarsi di farina. Cuocete come indicano le ricette precedenti. Per 2-3 persone.

La gola tira in malora.

21. Migliaccio alla trentina (Smacafam). Diverse maniere di prepararlo.

Di farina di grano saraceno. Per mezzo chilogr. di farina nera o di grano saraceno vi occorreranno circa litri 1 1⁄4 scarsi di brodo grasso, se ne avrete, altrimenti di acqua in cui avrete fatto sciogliere un pezzetto di burro. Sfatta che sia la farina col liquido, vi unirete 100 gr. di salame, e 50 gr. di lardo tagliati a dadolini e soffritti nel burro e 2-3 cucchiai di formaggio grattato. Mettete un bel pezzetto di strutto in una tegghia e, sciolto che sia, versatevi il composto, disponendovi sopra della lucanica (salsiccia) tagliata a sottili fettoline e qualche fiocchetto di burro. Lo Smacafam deve avere l’altezza d’un dito scarso, non più, e messo al forno per la durata di un’ora circa deve prendere una bella crostina bruna e croccante sotto e sopra. Esso si mangia solo, tagliato a fette come una torta, o coll’intingolo di polmone. (Vedi Carni). Per 3-4 persone.

Di farina di granturco. Latte litri uno, farina gialla nove cucchiai, farina bianca tre cucchiai, 100 gr. di salame e 50 gr. di lardo tagliati a dadolini e soffritti nel burro. Per il resto procedete come sopra. Per 2-3 persone.

Di farina di frumento colle ova. Frullate due ova con un po’ di latte (tre quarti di litro) e fate un intriso con 500 gr. di farina [47] bianca, unendovi 40 gr. di lardo rosso o bianco e delle fettine di lucanica (grossa salsiccia) leggermente soffritti nel burro. Alle ova intere potete sostituire gli albumi a neve (3-4), al latte un po’ d’acqua e un pezzetto di burro. Cottura come sopra. Per 3-5 persone.

Cosa rara, cosa cara.

22. Torta Simona alla trentina. — Mescolate tre ova intere con tre decilitri di farina, diluite a poco a poco il composto con quattro decilitri (mezzo litro scarso) di latte freddo, sbattendolo con gran diligenza e aggiungendovi il sale necessario. Versatelo poi in una tegghia bassa spalmata con 40 gr. di burro o di Kunerol (burro di cocco) e infornatelo subito spargendovi sopra alcuni fiocchetti di burro. Questa torta deve riescire tutta irregolare e a sgonfiotti e si gusta con qualche intingolo o coll’insalata. Volendo farne invece un piatto dolce si spolverizza di zucchero.

23. «Strudel».

Pasta di «Strudel» comune. — Mettete in una catinella mezzo litro di farina passata allo staccio e sette cucchiai circa d’acqua o di latte tiepido, nel quale avrete sciolto un pezzetto di burro come una noce; formate un pastone omogeneo, debitamente salato, versatelo sulla spianatoia e lavoratelo colle mani, finchè fa le bolle. Poi mettetelo in disparte sopra un piccolo tagliere infarinato e copritelo con una scodella calda, dopo averlo bagnato con acqua tiepida. Stendete sulla spianatoia una tovaglia fina, infarinatela lievemente, mettetevi il pastone, appianatelo un poco rullandovi sopra con leggerezza il matterello, poi cominciate a stirarlo con le mani in modo da ridurlo come una sottilissima carta. Gli orli resteranno più grossi: stendeteli col matterello o levateli addirittura badando di non sciupare la sfoglia che deve rimanere bella, liscia, regolare, senza una falda e senza il più lieve strappo. Doratela sugli orli con l’uovo sbattuto e nell’interno col burro fuso, poi stendetevi sopra delicatamente il composto del ripieno lasciando gli orli liberi e, movendo la tovaglia, fate rotolare la sfoglia sopra se stessa, finchè l’avrete ridotta come un grosso salsiccione che piegherete in forma d’anello o di spira.

Ripieno per lo «Strudel». — I ripieni possono variare assai. In genere usa farli di frutta, come di mele o pere cotte con un po’ di [48] zucchero e d’acqua o vino bianco e miste con una manatina di pinoli e una di passolina, ma in questo caso fanno parte dei piatti dolci. Volendo allestire un piatto non dolce vi si mette uno strato di ricotta, mista con un po’ di prezzemolo pesto, con due tre cucchiai di formaggio grattato, un ovo e un pizzico di cannella o noce moscata, oppure uno strato di carne tritata fina e arrostita con molta cipolla nel burro, oppure spinaci cotti, tritati e mescolati con un ovo e con un po’ di formaggio, oppure patate lesse, schiacciate e mescolate con un po’ di formaggio e con un ovo.

Gli Strudel si cuociono generalmente al forno, rotolati in forma di spirale entro una tortiera unta di burro e bagnati con un pochino di panna o di latte. Durante la cottura, che esige secondo la loro grandezza ore 1 — 1 1⁄2, si ungono due tre volte mediante una piuma con burro fuso, a ciò facciano una bella crostina. In mancanza di burro si possono bagnare col latte caldo.

L’uso serve di letto a molti abusi.

24. Pizza o schiacciata di lievito di pane col lardo. — Procuratevi dal fornaio un pezzo di lievito di pane forte e del peso di 100-200 gr. secondo la grandezza della pizza che intendete fare, rimpastatelo in una terrina con altri 200-400 gr. di farina intiepidita e salata e con acqua pure tiepida badando di ottenere un composto un pochino più molle del lievito, fatelo fermentare in un luogo caldino, p. e. davanti al fornello, tenendolo ben coperto e badando che gonfiandosi deve raddoppiarsi di volume. Ripetete quest’operazione ancora due tre volte finchè avrete consumato circa chilogr. 1 1⁄2 di farina, disponete quindi la pasta in una larga tortiera o tegghia unta e infarinata e fatevela lievitare per l’ultima volta finchè ha un’apparenza soffice e spugnosa, cospargetela di lardo rosso e bianco tagliato a minuti dadolini e di semi di comino ben puliti e cuocetela a forno allegro. Per una pizza da 3-4 persone potete calcolare chilogr. uno di farina. Questa pizza esige molte ore di tempo, non già di lavoro, quindi se volete allestirla per il desinare è bene che vi ci mettiate di buon mattino assai. Invece di spalmare la tegghia col burro potete ungerla bene coll’olio, senza infarinarla, e invece di mettervi il lardo e il comino, fermentata che sia la pizza per l’ultima volta, potete farvi delle fossettine e spargervi olio e sale. Il lievito di pane occorre ordinarlo dal fornaio la sera per la mattina; [49] se non si trovasse, converrebbe sostituirlo col lievito di birra, facendo il solito fermento colla farina di frumento come indicano le ricette per il pane (vedi cap. I). Per la quantità della farina conviene regolarsi. Per un chilogr. di farina potete prenderne 70-80 gr.

25. Pizza o schiacciata col lievito di pane, il lardo e le cipolle. — Preparata la pasta di pane nella tegghia o tortiera come indica la precedente ricetta, fatevi un orlo giro giro con la stessa pasta e dopo aver messo subito nel vano un ripieno di 6-8 cipolle (secondo la grandezza delle cipolle e della pizza) tritate fine e soffritte nel burro, miste con 60 gr. di lardo bianco ben pestato, 2-3 cucchiai di pangrattato, un po’ di formaggio, due ova, un po’ di latte, sale, pepe e un pizzico di comino, se vi piace, lasciate fermentare per l’ultima volta la pizza in un luogo tiepido e cuocetela poi a forno ardito.

Chi ti vuol male ti liscia il pelo.

26. Pizza colla salvia. — Sciogliete 40 gr. di buon lievito di birra con mezzo bicchiere d’acqua, versatelo su chilogr. uno di farina tiepida che avrete posta in una terrina facendole una fossetta nel mezzo, intridete nel lievito tanta farina quanto essa ne assorbe per fare una pappina molliccia e collocate la terrina in luogo tiepido. Quando il lievito, fermentando, si sarà raddoppiato di volume, unitevi la farina rimanente con mezzo bicchiere di vino bianco, alcuni cucchiai d’olio buono, alcune foglie di salvia trita finissima e il sale necessario, rimpastando ogni cosa. Se il composto diverrà troppo duro, vi aggiungerete qualche cucchiaio d’acqua tiepida (prima di finire il rimpasto), nel caso contrario un po’ di farina. La pasta deve avere la consistenza d’una polenta tenerissima. Quando l’avrete fatta fermentare un’ultima volta come la precedente in una tegghia, le praticherete delle fossette sulla superficie e vi spargerete sopra olio, sale e volendo anche un po’ di salvia pesta.

27. Pizza o farinata di ceci col lievito di pane. — Sciogliete 120 gr. di lievito di pane con mezzo litro d’acqua tiepida, aggiungetevi 300 gr. di farina di ceci, e tenendo il composto entro una terrina ben coperta e in luogo caldo fatelo fermentare. Quando sarà raddoppiato di volume, amalgamatevi a poco a poco altri 600 gr. di farina di ceci alternando con l’acqua tiepida e dimenando bene finchè avrete ottenuto una pasta circa come quella del pane. [50] Quando sarà nuovamente lievitata, rovesciatela con gran precauzione in una tegghia in cui avrete versato alcuni cucchiai d’olio e cuocetela a forno ardito. (Se non trovaste il lievito di pane vi converrebbe prendere 60 gr. di lievito di birra e farlo fermentare alla prima con 200 gr. di farina di frumento). Quando la pizza sarà cotta cospargetela con un po’ d’olio in cui avrete fatto soffriggere 3-4 cipolle tagliate ad anelli.

28. Pizza di pane colle sardelle alla ligure (sardenea). — Prendete dal fornaio 750 gr. di pasta di pane, sciogliete 30 gr. di lievito di birra con un po’ di latte, unitelo alla pasta, sbattetela bene e fatela fermentare in un luogo caldo. Tirate quindi una sfoglia (sulla spianatoia) dell’altezza di due cent. circa, tenendola di forma rotonda, collocatela in una tegghia unta, facendole un piccolo orlo giro giro. Spalmatela colla salsa seguente, guernitela di fette d’aglio e di maggiorana pestata, lasciatela lievitare un pochino e cuocetela al forno per poi gustarla calda.

Salsa di sardelle. — Pulite, diliscate e pestate con un po’ d’olio quattro sardelle in modo da ridurle a pappina. Fate rosolare con un altro po’ d’olio due cucchiai di cipolle pestate e quattro cucchiai di pangrattato. Cuocete alcuni pomidori con poc’acqua in una cazzarola, passateli allo staccio, unitevi pure un po’ d’olio e lasciateli sobbollire adagio, mescolate poi ogni cosa.

Sotto la bianca cenere sta la brace ardente.

29. Pasticcio di maccheroni. — Tagliate a pezzi 300 gr. di maccheroni grossi e cuoceteli (che non siano troppo molli) nell’acqua bollente salata. Mettete intanto al fuoco, in una padella, un pezzo di burro come mezz’uovo e due cucchiai di farina, amalgamateli sollecitamente e diluiteli con mezzo litro scarso di latte unendovi un pochino di sale e formando una pappina liquida ma ben cotta. Mescolate con questa pappina i maccheroni e gl’ingredienti di cui disponete i quali, quanto più fini e svariati saranno, tanto più gustoso renderanno il pasticcio. Del resto, tutto può servirvi allo scopo: pezzetti di prosciutto crudo e cotto, di lingua e di carni salate lesse, di animelle e di cervello assaporiti nel burro con la cipolla, di salsiccia, di bondiola, qualche cucchiaio di buon intingolo di manzo o di vitello, funghi cotti in umido e ancor meglio tartufi. Non dimenticate un po’ di parmigiano.

[51]

Disponete poi il composto in una tegghia di rame unta di burro e copritelo con una sfoglia di pasta frolla, facendovi un orlo giro giro e dorandola col rosso d’ovo sbattuto. Cuocete quindi il pasticcio mezz’ora a forno caldo.

Per la pasta frolla amalgamerete sulla spianatoia, lavorando con destrezza, 200 gr. di farina, 100 gr. di burro solito o di burro di cocco, un po’ di latte e di sale e prima di servirvi del composto lo lascerete riposare un’ora in luogo fresco entro un pannolino.

In questo modo si può fare il pasticcio di maccheroncini, di taglierini ecc. ecc.

Oppure: Lascerete da parte la pappina e vi sostituirete una buona salsa di pomodoro senza trascurare le carni sopra indicate, oppure un ragoût come quello indicato a pag. 29 N.º 7 per la Pasta condita alla bolognese.

30. Frittata all’Italiana. — Dimenate (senza sbattere) sei ova in una scodella con due cucchiai di latte, due cucchiai di formaggio, due tre pizzichi di sale e un po’ di pepe, se vi conviene, unitevi anche due cucchiai di erbe trite sia prezzemolo solo sia misto con un po’ di maggiorana, di timo, di basilico, di cerfoglio ecc. ecc.

Fate sciogliere un pezzetto di burro in un tegame basso, versatelo fuori serbandolo a vostra disposizione e rovesciate nel recipiente che terrete a fuoco abbastanza vivo il contenuto della scodella. Quando le uova cominciano a rapprendersi sugli orli del tegame, sollevatele con la paletta di ferro e fatevi scorrere sotto qualche goccia di burro fuso. Appena la frittata è condensata, voltatela su se stessa e versatela fumante. Questa frittata di lusso serve appena per un paio di persone. Essa è molto gradevole se si maschera con una buona salsa di pomidori e si può anche riempire con qualche cucchiaio di verdure cotte nel burro, come piselli, fagiolini, funghi ecc. ecc. Quest’ingredienti talvolta si uniscono da bel principio alle ova, p. e. i carciofi lessati un pochino nell’acqua salata e poi soffritti a fettine nell’olio, per formarne una frittata mista.

Albero che non fa frutto, taglia taglia.

31. Frittata colla farina di frumento. — Per ogni ovo un cucchiaio colmo di farina e un cucchiaio di latte, sale, pepe a piacere, un cucchiaio d’erbe odorose pestate, se piacciono, come basilico, [52] salvia, maggiorana, erba bianca ecc. ecc. Dimenate i rossi col latte poi intridete col composto la farina, cominciando da poche gocce, sbattete alcuni minuti con forza, aggiungete le chiare sbattute a densa neve, procedete come indica la precedente ricetta, impiegando se volete anche strutto invece di burro e rotolando poi la frittata sopra se stessa. Questa frittata, che si deve cuocere a fuoco ardente, diventa più bella e soffice se per ogni rosso d’ovo vi si mettono due chiare a neve. Oltre a ciò essa si può fare con le sole chiare.

32. Frittata colla farina di granturco. — Procedete come nella precedente ricetta, intridendo 6-8 cucchiai di farina gialla fina, passata allo staccio e debitamente salata con un paio d’ova e il latte che necessita per farne una pappina molle.

33. Frittata di patate. — Cuocete una dozzina circa di buone patate, mondatele, schiacciatele bollenti, unitevi un pezzetto di burro e un paio d’ova, sale, pepe e un po’ di prezzemolo trito nonchè qualche cucchiaio di latte. Procedete quindi a norma della ricetta N.º 31.

Sezione II. LE UOVA.

Ovo appena nato vale un ducato.

1. Maniera di accertarsi se le uova sono fresche. — Se avete intenzione di allestire le ova sole, badate sempre che siano fresche e anche quando vi converrà di unirle con altri ingredienti non vi fidate troppo ciecamente di quelle che si conservano nella calce o con altri sistemi. Se volete garantirvi della freschezza delle ova speratele, cioè esaminatele dinanzi alla fiamma d’una candela. Se sono di data recente vi appariranno chiare e trasparenti, se stantie, opache e scure. Potete anche sciogliere 100 gr. di sale in otto decilitri d’acqua che collocherete in una pentola immergendovi le ova. Quelle che vanno a fondo sono le più fresche. Si trovano [53] d’altronde in commercio arnesi appositi per riconoscere la freschezza delle ova. Prima di adoperarle, qualunque sia l’uso che vogliate farne, abbiate cura di lavarle diligentemente, e se l’acqua non bastasse, servitevi d’un po’ di sale.

2. Uova a bere. — In genere usa cuocere le ova a bere immergendole nell’acqua bollente e mantenendo questa a discreto bollore. Le piccole ova sono pronte in tre minuti, le grosse in m. 3 1⁄2, ma con questo sistema il guscio qualche volta si rompe e il contenuto riesce poco appetitoso. Potete anche immergere le ova nell’acqua bollente e poi ritirarle sull’angolo del fornello, lasciandole cinque m. nella padella scoperta. Oppure, mettetele al fuoco nell’acqua tiepida (ne calcolerete sempre un bicchiere per ogni uovo), e quand’essa comincia a bollire contate, piuttosto in fretta, dall’uno al cento e le ova saranno pronte.

Le uova freschissime sono più lente a cuocersi delle meno fresche; dovete tener conto di questa particolarità e anche della loro grandezza.

3. Uova bazzotte. — Le uova diverranno bazzotte se le cuocerete come le precedenti soltanto un po’ più a lungo. Se le metterete al fuoco nell’acqua bollente vi occorreranno 5-6 m. di bollitura, nell’acqua tiepida m. 3 — 3 1⁄2, se le lascerete sull’angolo del fornello m. 7-8.

Si servono come le ova a bere e qualche volta come le ova sode sgusciandole con gran cura.

La prima scodella piace a tutti.

4. Uova al burro. — Sciogliete, per ogni uovo, un pezzo di burro come una grossa noce; quando frigge, ma non tanto da prendere colore, scocciatevi le ova badando che il rosso non esca dalla sua pellicina, spargetevi sopra un pizzico di sale e, quando l’albume si è alquanto assodato, servitele bollenti.

Uova al burro nero. — Come sopra, soltanto prima di rompere le uova, farete friggere il burro finchè annerisce.

Uova al burro con prezzemolo. — Fate friggere a parte con un po’ di burro un cucchiaio di prezzemolo trito, bagnatelo con qualche goccia di aceto e versatelo sulle uova preparate come indica la prima ricetta.

[54]

Uova al burro sui crostoni di pane. — Tagliate delle fette di pane bianco della grossezza di un cent., bagnatele nel latte, fatele soffriggere nel burro, tenetele pronte nel piatto da portata collocato in luogo caldo, guarnitele ciascuna con un ovo cotto al burro, versandovi sopra quel po’ d’intinto che rimane nella tegghia e servitele fumanti.

Uova al burro sui crostoni di polenta. — Cuocete della polenta nel latte, stendetela sulla spianatoia, quand’è fredda tagliatela in tanti dischi del diametro di cent. otto circa, poi rosolate questi crostoni in una tegghia bene spalmata di burro. Disponeteli sul piatto da portata e collocate sovra ciascuno un uovo cotto al burro, spolverizzato con buon parmigiano grattato.

5. Uova al lardo. — Tagliate a dadolini un pezzetto di lardo affumicato grasso e magro, fatelo soffriggere in un tegame, scocciatevi sopra le ova, salatele, mettetevi un po’ di pepe e, appena le chiare sono rapprese, servite le uova fumanti.

6. Uova fritte. — Riscaldate strutto od olio in una padella, quand’è bollente immergetevi un mestolino forato, scocciatevi un uovo, salatelo e scuotete il mestolino, badando che il tuorlo resti entro una camicia d’albume. Collocate le uova, di mano in mano, sopra un tagliere, e servitele subito con qualche verdura, preferendo gli spinaci.

7. Uova affogate. — Mettete al fuoco due litri d’acqua con un bicchiere piccolo d’aceto e un po’ di sale, immergete nell’acqua bollente un ramaiolo forato (con minuti forellini), scocciatevi un ovo, salatelo e scuotendolo con destrezza entro il liquido badate che la chiara venga in parte a galla coprendo il rosso. Quando si è un po’ assodata, collocate l’ovo sopra un tagliere. Portate in tavola queste ova con una buona salsa di pomodoro.

8. Uova affrittellate. — Mettete in un tegame tanti pezzi di burro, grossi come belle noci, quante uova desiderate cuocere, fate sciogliere il burro, ma non per intero, e versatevi sopra in fretta le ova e il sale necessario, imbrogliandole subito con la forchetta finchè prendono una certa consistenza, senza mutar colore.

Con fette di pane. — Tagliate pane bianco a fettoline, bagnatelo [55] un pochino nel latte, mettetelo nel tegamino insieme alle uova e procedete come sopra.

9. Uova assodate o sode. — Queste uova le farete bollire 8-10 m. secondo la grossezza e l’età. Le più fresche sono le più lente a cuocere. Prima di servirle mettetele nell’acqua fredda a ciò il guscio si possa levare con facilità.

10. Ova sode ripiene. — Cuocete alcune ova sode, dimezzatele per il lungo e levatene fuori il tuorlo. Prendete la metà dei tuorli, una metà del peso degli stessi di burro fresco e una metà di tonno sott’olio, pestate il composto nel mortaio, unitevi a goccia a goccia un po’ di sugo di limone, e mettetelo in forma di pallottole nel bianco delle ova. Coi tuorli rimanenti fate una salsa (vedi Cap. 5 N.º 20) e servitevene per guernire questo piatto di lusso.

Pasqua tanto desiata in un giorno è passata.

11. Le uova di Pasqua. — Non vi può essere pranzo di Pasqua al quale non facciano la loro comparsa le uova sode. Vi sono molti mezzi noti per colorire piacevolmente le uova. Le buccie di cipolla, i fiori dell’Anemone pulsatilla, le viole del pensiero più scure, le foglie dell’Indigifera tinctoria (pianta dell’indaco) servono per marmorizzarle con colori svariati, mentre certe stoffe di seta e di cotone verdi, rosse, azzurre, certe carte porporine si adoperano per foderarle quando sono guernite con delicate fogliuzze di prezzemolo e di felce, o con figurine intagliate, che risultano poi in bianco sullo sfondo variopinto.

Le uova così preparate s’involgono in pezzetti di tela e si contornano di filo onde tutta la guernizione resti aderente, poi si fanno bollire.

Il campeggio bollito insieme alle uova dà loro un colore carminio; a questo legno molti sostituiscono i colori d’anilina, ma essi sono sempre un po’ pericolosi. Se le uova sono tinte con un colore solo, potete scrivervi dei motti o degli scherzi coll’acqua forte.

Per dare il lucido alle uova di Pasqua le strofinerete con un pannolino intinto nell’olio di mandorle.

Vi sono in commercio dei preparati per conservare fresche le uova nella stagione invernale, fra questi il Garantol. Le uova si tengono in vasi di vetro puliti e chiusi in luoghi dove non gela, come indica la relativa istruzione.

[56]

CAPITOLO QUINTO. LE SALSE.

1. Salsa di pepe N.º 1. — Mettete al fuoco, in una cazzarolina, un pezzo di burro come mezz’uovo. Quand’è sciolto unitevi sei cucchiai di pangrattato, il sale necessario (conviene assaggiare, per il pane), un cucchiaio circa di pepe (anche questo va a piacere), diluite con mezzo litro di brodo, fate sobbollire molto adagio la salsa e al momento di adoperarla incorporatevi ancora due cucchiai di pangrattato. Se cuocerete col composto una fesina d’aglio per levarla alla fine, la salsa diverrà ancor più saporita. Per carni e verdure.

2. Salsa di pepe N.º 2. — Rosolate due cipolle trite e mezza foglia d’alloro con un po’ di burro bollente, unitevi due cucchiai di farina e rimestate finchè questa abbia preso un po’ di colore. Diluite il composto con tre cucchiai d’aceto, che avrete fatto bollire con venti grani di pepe, e poi passatelo da un colino, e unitevi con alcuni cucchiai di vino il sale occorrente e quella quantità di pepe in polvere che v’aggrada; lasciate poi sobbollire adagio la salsa 15-20 m. Per carni e verdure.

Febbraio asciutto erba per tutto.

3. Salsa agrodolce. — Fate arrossare in una padellina di ferro due cucchiai colmi di zucchero pesto, senz’acqua. Scioglietelo con alcuni cucchiai di aceto bollente e lasciate cuocere adagio il composto. Sciogliete pure a parte in un tegamino un pezzetto di burro della grossezza di due noci, incorporatevi due cucchiai di farina [57] e quando questa comincia a mandare un po’ di odore unitevi l’aceto, mescolate bene, condite con sale e pepe a piacere, lasciate sobbollire alcuni minuti e servitevene per le carni lesse e specialmente per la testina di vitello.

4. Salsa di pomodoro. — Mettete in una cazzarolina alcuni pomidori puliti dal verde, lavati, dimezzati, vuotati dai granelli e tagliati a pezzi, con poc’acqua. Quando sono cotti, schiacciateli e passateli allo staccio, unitevi una presina di zucchero, un pezzetto di burro, sale quanto occorre e pepe in quantità, lasciate sobbollire adagio il composto finchè si condensa come una pappina non troppo spessa. Potete anche sciogliervi una fesina d’aglio col sale e omettere il pepe. Per minestre e carni.

Aria a fette lampi e saette.

5. Salsa di pomodoro più fina. — Fate un battutino con due cipolle, una carota, mezza radice di sedano, un mazzetto di prezzemolo e soffriggetelo in poco burro sciolto e bollente (al burro potete sostituire lo strutto o l’olio); quando queste verdure hanno preso colore versatevi i pomidori preparati come indica la precedente ricetta, mescolate bene, lasciate sobbollire alcuni minuti e assaporite la salsa con sale e pepe. Per ova, minestre, carni.

Per renderla piccante, nel qual caso s’adopera per il lesso, non avete che a diluire il soffritto d’erbe con un po’ d’aceto, unendovi un cucchiaio circa di zucchero.

6. Salsa di pomodoro colle patate. — Preparate un soffrittino di burro, cipolla e farina come al N.º 2 lasciando via l’alloro, unitevi tre patate appena cotte e bene schiacciate e la salsa semplice di pomodoro (fatta con circa dieci pomidori) come indica la ricetta N.º 4. Mescolate bene ogni cosa e lasciate sobbollire 15 m. Per le carni.

7. Salsa di cipolle. — Fate arrossare con un bel pezzetto di burro sciolto e bollente sei belle cipolle trite fine; quando hanno preso colore unitevi due cucchiai di farina e, quando questa pure è soffritta, salate il composto e diluitelo col brodo, lasciandolo bollire a lungo. Se non avete brodo, fate arrossare due cucchiai di zucchero pesto senz’acqua in una padellina di ferro e diluitelo [58] con aceto bollente facendolo sciogliere bene; servitevi quindi di questo aceto invece del brodo. Passate allo staccio. Per carni e verdure.

8. Salsa calda di prezzemolo. — Sciogliete in un tegamino un pezzetto di burro come mezz’uovo; incorporatevi due cucchiai di farina, rimestate finch’essa comincia a prendere colore, unitevi una manata di prezzemolo pestato fino, sale e pepe a piacere, diluite con qualche cucchiaio di brodo, lasciate sobbollire una trentina di minuti, rifondendo il brodo se occorresse, servitevene per condire patate lesse, carni e verdure.

9. Salsa fredda dì prezzemolo. — Prendete due manate di prezzemolo, un mazzetto d’erba cipollina (santigola), una foglia d’alloro, alcune foglie di cerfoglio, tritate bene ogni cosa, condite con sale, pepe, olio, aceto, mescolate e servitevene per le patate lesse o per le carni. Questa salsa diverrà ancora migliore se vi unirete un ovo sodo tritato.

Tutto finisce fuorchè l’invidia.

10. Salsa d’aglio. — Sciogliete un pezzetto di strutto in un tegame, quand’è bollente unitevi due cucchiai di farina, rimestate finchè questa comincia ad arrossare, aggiungete due fesine d’aglio pestate con una quantità eguale di burro, rimestate ancora, condite con sale e pepe, diluite con un po’ di brodo e lasciate sobbollire alcuni minuti il composto. Per carni, verdure o per il pesce.

11. Salsa d’erba cipollina. — Preparate un soffritto di farina nello strutto come nella «Salsa d’aglio», unitevi due mazzetti d’erba cipollina finamente pestata, lasciate soffriggere un momento, diluite con un po’ di brodo o con qualche goccia d’aceto e fate sobbollire un quarto d’ora la salsa prima di servirvene. Per carni e verdure.

12. Salsa di menta. — Tritate alcune belle foglie di menta romana a cui avrete levato il nervo mediano, versatevi sopra quattro buoni cucchiai d’acqua e quattro d’aceto forte che prima avrete fatto bollire con due cucchiai di zucchero. Lasciate freddare e servitevene per carni o per pesci lessi.

[59]

13. Salsa calda di cetrioli. — Fate rosolare nel burro due cipolle trite, unitevi 2-3 cucchiai di farina e quando questa comincia ad arrossare 5-6 cetrioli sotto l’aceto tritati fini, sale se occorre, pepe a discrezione, diluite con un po’ di brodo e con qualche goccia d’aceto. Fate sobbollire prima di servirvene. Per le carni.

14. Salsa fredda di cetrioli. — Mondate, tagliate a pezzi, vuotate dalla parte molliccia un paio di cetrioli grandi, tritateli finissimi colla mezzaluna, mescolatevi un paio di ramolacci grattati finamente, salateli un poco e da lì a mezz’ora fate scolare l’acqua che hanno mandato, conditeli con pepe, olio, aceto e un po’ di senapa e servitevene per le carni.

Tanto i cetrioli che i ramolacci si possono preparare in questa modo da soli aumentandone il numero.

Lingua sagace sempre mordace.

15. Salsa di peperoni. — Tritate bene alcuni peperoncini sotto l’aceto, unitevi una cipolletta pure pestata finissima e una fesina d’aglio schiacciata con un po’ di sale, condite con olio, aceto e pepe. Anche a questa salsa potete aggiungere, se v’aggrada, i ramolacci grattati. Per le carni.

16. Salsa di rafano. — Mondate bene un paio di radici di rafano (radica forte), lavatele bene, grattatele, unitevi un po’ d’aceto e un cucchiaio o due di zucchero, secondo la quantità. Questa salsa si conserva intere settimane. Per carni salate.

17. Salsa calda di sardelle. — Diliscate bene alcune sardelle che avrete tenute in molle alcune ore nell’acqua per levar loro il sale soverchio e tritatele finissime. Fate soffriggere intanto nello strutto bollente due cipolle finamente tagliate, unitevi 2-3 patate cotte e bene schiacciate, poi le sardelle, diluendo il composto con un po’ d’acqua e con un tantino d’aceto. Fate sobbollire. Per la polenta.

18. Salsa fredda di sardelle. — Preparate 4-5 sardelle come sopra, unitevi 2-3 cucchiai di pangrattato finissimo, un po’ di prezzemolo trito e il sugo di mezzo limone, diluite con olio e passate il composto allo staccio. Per le carni.

[60]

19. Salsa calda d’aringhe. — Fate soffriggere due cipollette nel burro, unitevi la midolla di due pani bagnata con aceto e passata allo staccio insieme ad un’aringa salata che avrete bene pulita e lasciata in molle alcune ore nell’acqua. Diluite il composto con acqua, rimettetelo al fuoco e riscaldatelo senza farlo bollire, aggiungendovi il sugo di un limone. Per la polenta.

20. Salsa d’ova. — Mettete in una padellina un ovo intero, un cucchiaio e mezzo d’olio, un cucchiaio e mezzo d’acqua, un cucchiaio d’aceto, collocate la padellina entro una cazzarola d’acqua bollente e frullate il composto col batticchiare a bagno maria finchè si fa denso e schiumoso. Unitevi allora un po’ di sugo di limone e il sale e continuatelo a sbattere a freddo versandovi ancora qualche cucchiaio d’olio a goccia a goccia. Per piatti freddi.

Oppure. Dimenate in una scodelletta 2-3 rossi d’ovo cotti sodi, salateli e versatevi l’olio a goccia a goccia, alternandoli con un po’ di sugo di limone finchè la salsa si fa densa.

Bisogna comprare perfino il sole.

21. Salsa fredda d’aringhe. — Scegliete un paio di quelle aringhe salate che hanno il così detto latte, servitevi dei pesci per l’uso che meglio v’aggrada, levate il sale soverchio al latte lasciandolo alcune ore in molle nell’acqua, pestatelo quindi nel mortaio con due cipollette, una fesina d’aglio, un po’ di prezzemolo e di pepe. Diluite con olio e aceto. Questa salsa si farà ancor migliore se vi unirete un paio di rossi d’ova cotte sode, pestandoli col rimanente. Per le carni fredde o per le patate lesse.

22. Salsa dolce d’arancio. — Fate bollire 150 gr. di zucchero con un bicchiere d’acqua, pulendo gli orli della padella. Versate questo sciroppo mentr’è ancora liquido e bianco in una scodella, unitevi 3-6 cucchiai di rum e il sugo di due piccoli aranci. Al sugo d’arancio potete sostituire anche quello di limone. Questa salsa serve per fritti dolci e altri piatti collo zucchero.

23. Salsa dolce di sciroppo di frutta. — Fate bollire una quantità sufficiente di sciroppo di amarene, di lamponi, di ribes ecc. e prima di servirvene unitevi qualche cucchiaio di maraschino o di rosolio.

[61]

CAPITOLO SESTO. LE CARNI.

1. Il lesso. — Si fanno lessare le carni nell’acqua per convertire questa in brodo mediante i sughi che ne escono durante la cottura. Ad onta di ciò le carni restano mangiabili, anzi spesso gustose specie se si mettono a cuocere nell’acqua già bollente.

Si fanno lessare a preferenza il manzo (coscia, culaccio, filetto), il vitello (spalla, petto, testina), le galline e i piccioni vecchi.

Per cuocere bene il manzo occorrono ore 2 1⁄2 — 3 di fuoco regolare, per il vitello ore 1 1⁄2 — 2, per i volatili ore 1-3 secondo il caso.

Prima di farla bollire laverete diligentemente la carne e gli ossi guardandovi però di lasciarli giacere nell’acqua. Se il manzo fosse di qualità dura vi converrebbe batterlo prima col mazzuolo. Alla testa di vitello vanno levati gli occhi e i peli che per caso vi fossero rimasti; i volatili si preparano come per cuocerli arrosto (vedi più oltre) tolto il lardo. Per ogni chilogr. di carne di manzo pesata con gli ossi, calcolerete sei litri d’acqua che vi daranno poi tre litri di brodo (se v’aggiungeste degli ortaggi potreste abbondare di più col liquido); per le altre carni ne occorre un po’ meno, se si tiene conto della minor durata della cottura e perciò della diminuita evaporazione.

Durante la bollitura schiumerete con diligenza il brodo, senza portar via il grasso che si leva più tardi e si ripone, mentre la schiuma è roba di scarto da dare al gatto o alle galline. Le carni lesse si gustano con gli erbaggi e la polenta, o con la polenta e una salsa.

[62]

L’uso fa legge.

2. Maniera di adoperare gli avanzi di manzo lesso.

Freddo o caldo, cioè riscaldato, colle salse. N. 1, 3, 5, 7, 10, 12, 14, 15, 16, 18 (vedi Cap. V.).

Alla gratella. — Mettete in un piatto un po’ d’olio, il sugo di mezzo limone, un cucchiaio di prezzemolo e uno d’erba cipollina (santigola) molto bene pestati insieme, pepe e sale, involgete in questo composto, che avrete mescolato, le fette di manzo lesso freddo, spolverizzatele di pangrattato e collocatele alcuni minuti sulla gratella.

Arrostito, colla salvia. — Tagliate il lesso a fettoline, unitevi alcune foglie di salvia e mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro, arrostitelo pochi minuti a fuoco ardente, bagnatelo, se non lo gradite secco, con qualche cucchiaio d’acqua o di brodo. Potete frammezzarvi anche delle fette di polenta o di patate cotte. Al burro potete sostituire lo strutto o l’olio, ma in questo caso lascerete riscaldare il grasso, prima di unirvi il resto, col sale necessario e con un po’ di pepe, se vi piace. Potete anche soffriggere delle cipolle e qualche erba nel grasso.

In tegghia colle patate, colle cipolle e col pomodoro. — Stendete in una tegghia uno strato di cipolle pestate, disponetevi sopra delle sottili fette di manzo cotto, poi uno strato di patate cotte e tagliate a fette, un altro strato di manzo e uno di pomidori lavati, dimezzati e puliti dai granelli. Versate su questo composto alcuni cucchiai d’olio, senza dimenticare il sale e il pepe, cuocetelo poi coprendo la tegghia ore 1 1⁄2 circa sia nel forno sia sulla brace. Se occorre lo bagnerete con qualche cucchiaio d’acqua o di brodo.

Rifatto in umido. — Tagliate il manzo a quadratelli, mettetelo in un soffritto di burro (un pezzetto), olio (3-4 cucchiai), cipolle trite (3-4), prezzemolo pesto (un cucchiaio), lasciatelo rosolare alcuni minuti, bagnatelo con mezzo bicchiere d’acqua o di brodo, unitevi poi alcuni cucchiai di salsa di pomodoro e, dopo averlo lasciato sobbollire un buon quarto d’ora sull’angolo del fornello, portatelo in tavola come companatico della polenta.

Rifatto in agro dolce. — Sciogliete in un tegamino un pezzetto di burro, mescolatevi un buon cucchiaio di farina e fatela rosolare finchè manda un grato odore. Arrossate intanto in una padellina due cucchiai di zucchero senz’acqua, versatevi mezzo bicchiere [63] d’aceto bollente e, quando lo zucchero è sciolto, bagnate con questo composto la farina unendovi anche se occorresse un po’ d’acqua. Quando la salsa, che sbatterete un pochino, è liscia e morbida (dev’essere quasi colante), unitevi le fettine di manzo col sale necessario e con un po’ di pepe e lasciatele sobbollire mezz’ora sull’angolo del fornello.

In insalata. Tagliato a pezzi sottili, misto con cipolle crude e patate cotte tagliate a fette, con indivia, lattuga, denti di leone, cicoria, pomidori ecc. ecc. condirlo con olio, pepe e sale.

La catena non teme il fumo.

3. Manzo in umido colle cipolle. — Mondate e trinciate alcune cipolle, tante che vi bastino per farne un suolo compatto sul fondo d’una cazzarola, unitevi alcuni fiocchetti di burro, poi un pezzo di coscia frolla di manzo o di culaccio bene battuti, salati e infarinati (dopo averne, che s’intende, levati gli ossi e le pelletiche), chiudete la cazzarola con un coperchio esatto, tenendovi sopra un peso, e cuocete la carne adagio 2-3 ore secondo la sua grandezza, bagnandola di tratto in tratto con un po’ d’acqua.

4. Manzo in umido col lardo e col pomodoro. — Coprite il fondo d’una cazzarola di sottili fette di lardo, collocatevi sopra un pezzo di coscia frolla o di culaccio di manzo preparato come sopra, fatelo rosolare bene da tutte le parti, unitevi un piccolo cucchiaio di farina, e quando questa ha preso colore, un po’ d’acqua o di brodo che rifonderete di tratto in tratto per ottenere il sugo. Aggiungetevi da ultimo un po’ di salsa di pomodoro. Cottura due ore circa.

5. Manzo in umido col burro e colle erbe. — Preparato che abbiate il manzo come sopra, mettetelo in una cazzarola con un pezzetto di burro, con due cipolle mondate e divise a metà, una carota affettata, qualche fetta di porro, di radice di sedano, un po’ di prezzemolo e di maggiorana, se l’avete pronta, e rosolata bene ogni cosa, bagnate la carne, che avrete debitamente salata, con acqua fresca o con brodo aggiungendovi anche da ultimo, se vi piace, la conserva di pomodoro. Due prese di pepe non faranno male all’umido, un paio di cucchiai d’aceto o un cucchiaio d’acquavite lo [64] renderanno ancora più morbido. Ore di cottura 2 — 2 1⁄2 secondo la qualità del manzo.

Da chi ti dona guardati.

6. Manzo in umido col soffritto di strutto. — Mettete al fuoco in una cazzarola un pezzetto di strutto della grandezza di mezz’uovo (per ogni 400 gr. di carne) e un battutino fino di cipolla, di carota e di sedano; quando il composto ha preso colore adagiatevi sopra un pezzo di manzo frollo e ben battuto soffregato diligentemente con sale e pepe, aggiungetevi, se vi piace una presina di cannella e cuocetelo a calore moderato non meno di due ore bagnando, quando è bene rosolato da tutte le parti, con acqua o con brodo, da ultimo colla salsa di pomodoro. Un pezzetto di burro aggiunto allo strutto rende quest’umido migliore.

7. Manzo in umido col soffritto d’olio. — Mettete al fuoco in una cazzarola 3-4 cucchiai d’olio per ogni 500 gr. di carne, un mazzetto di prezzemolo trito e una fesina d’aglio pestata. Quando questo battutino ha preso colore procedete come dice la precedente ricetta, omettendo tuttavia la cannella e il pomodoro. Un pezzetto di burro unito all’olio dà all’umido un sapore più delicato.

8. Manzo in intingolo. — Tagliate il manzo a quadrettini (s’intende che colla parte del culaccio o del filetto l’intingolo diventa migliore, tuttavia in genere s’adoperano le carni meno morbide a questo scopo) e collocatelo in un tegame con un battuto di lardo, di cipolla e d’aglio, questo se vi piace, 2-3 cucchiai d’olio e un pezzettino di burro, fatelo soffriggere adagio; quando ha preso colore bagnatelo con acqua o con brodo e fatelo cuocere adagio circa due ore aggiungendovi anche da ultimo la salsa di pomodoro.

La lingua unge e il dente punge.

9. «Gulasch». — Collocate sul fondo d’una cazzarola uno strato di lardo fresco, uno strato di cipolle trinciate e uno strato di patate crude, mondate e tagliate a pezzi piuttosto grossi, finalmente uno strato di carne di manzo ridotta a dadolini e ben pulita dal grasso e dalle pelletiche, spolverizzando di sale quanto ne occorre e di paprica (peperone rosso in polvere) in grande abbondanza. Mettete la cazzarola coperta al fuoco e quando il lardo è [65] rosolato, rimestate con riguardo il composto, riempite la cazzarola d’acqua e lasciate cuocere adagio circa 2 ore rifondendo l’acqua se occorresse. Lo stesso piatto si può ammannire col vitello, coll’agnello, col castrato e col maiale.

10. Manzo arrosto. — Per fare il manzo arrosto occorre un pezzo di filetto o di culaccio oppure un pezzo di coscia molto bene infrollita e battuta. Il sistema più breve è questo; fate dei tagli lunghi e stretti entro la carne e introducetevi con un coltellino una fettina di lardo involta nel sale e nel pepe. Questi tagli devono essere regolari in modo che tutto il pezzo ne appaia egualmente lardellato. Compiuta quest’operazione, collocatelo in un pentolino ove stia stretto e versatevi sopra alcuni cucchiai di aceto forte. Mezz’ora o tre quarti d’ora prima di portarlo in tavola, mettetelo in una cazzarola con un pezzetto di burro (in mancanza di questo vi farete rosolare alcuni cucchiai d’olio) e cuocetelo in fretta a fuoco ardente. Il manzo si può cuocere anche al forno o sulla brace semplicemente con del burro, o con burro e olio misti, voltandolo di tratto in tratto, ma preparato in questa guisa esso esige 1 1⁄2 — 2 ore di cottura. Per cuocerlo allo spiedo occorrono pure circa due ore. Ben salato che sia si fa continuamente girare bagnandolo di quando in quando con un po’ di burro puro o d’olio caldo che si raccolgono poi nella leccarda. Se è lardellato, come indica la presente ricetta, guadagna in sapore. In molti paesi uniscono al manzo da cuocersi arrosto (non allo spiedo) qualche odore, come il ramerino, il prezzemolo, l’origano, la persa, la salvia, a scelta e a discrezione.

11. Le bistecche. — Le bistecche si fanno sempre col filetto di manzo, che si taglia a grosse fette dopo avergli levato l’osso e le pelletiche. Queste fette un po’ battute si collocano sulla gratella, si voltano quando hanno preso appena un po’ di colore e voltandole si salano. Quando si tagliano, esse devono mandare un sugo roseo ed essere per metà crude.

Le bistecche si possono anche bagnare, dopo cotte, con un po’ di burro fuso e misto di prezzemolo trito.

Bistecche al latte. Preparate le fette di filetto come sopra, copritele di latte e fatele poi cuocere in un tegame finchè il latte è assorbito. Sale e pepe alla fine.

[66]

Bistecche pestate. Queste bistecche si possono fare con qualunque qualità di manzo purchè sia buono e un po’ grasso. La carne si sminuzza colla macchina oppure si pesta insieme a un pane bagnato nel brodo e spremuto (per 500 gr. di manzo 30-40 gr. di pane), poi si sala e, aggiuntovi un po’ di pepe, si riduce in forma di piccole bistecche regolari. Di molto le avvalora un battutino di lardo fino e d’erbe. Panate che siano si fanno cuocere 8-9 minuti in un soffritto di olio, burro e cipolla, poi si levano dal fuoco e si servono col loro sugo diluito con brodo e pomodoro e poi condensato, dopo avervele fatte bagnare un minuto a moderato calore.

Chi non può sempre vuole.

12. Polpettone. — Il polpettone si fa con la carne di manzo, di vitello e di maiale, possibilmente mista. Se non disponete d’una macchina per sminuzzare la carne, potete pestarla con la mezzaluna, o ricorrere alla macchina dei salumieri. La carne per il polpettone dev’essere ridotta come una poltiglia. Nello sminuzzarla vi unirete, per ogni chilogr., 100 gr. di grasso di rognone o di lardo, un pane bagnato nel brodo o nel latte, una cipolla, sale e pepe a discrezione e un cucchiaio o due di formaggio. Quest’ultimo però non è necessario. Mescolate ogni cosa entro una terrina, poi formate colle mani un grosso salsiccione come un salame, infarinatelo e mettetelo in un tegame basso con un bel pezzetto di burro o con 3-4 cucchiai d’olio e alcune fogliette pestate di ramerino. Cuocete il polpettone tra la brace, o nel forno ore 1 1⁄2 — 2 secondo la grandezza.

13. Lingua di manzo. — La lingua fresca non è molto gustosa o per lo meno ha bisogno di troppe manipolazioni per pigliare un sapore gradevole. La lingua salata e fumata si mette in molle nell’acqua la sera per la mattina e si cuoce (secondo la grandezza) 5-6 ore a lento fuoco. Quando la pelle si stacca, cioè in 2-3 ore, si monda delicatamente e si rimette nella pentola finch’è morbida, per tagliarla poi a fette e gustarla coi cavoli. Se la lingua fosse salata di fresco e non fumata, non occorrerebbe metterla in molle.

Il buon giorno comincia dalla mattina.

14. Cervello di manzo. — Lasciatelo giacere 24 ore nell’acqua, mutando questa spesso, scottatelo nell’acqua bollente, tenendolo [67] in un ramaiolo forato entro la pentola, mondatelo dalle pellicole che lo avvolgono, mettetevi sale, pepe e sugo di limone, poi tagliatelo a pezzetti. Questi pezzetti s’avvolgono nella farina, poi in un ovo intero bene sbattuto e diluito all’occorrenza con un po’ di latte, da ultimo nel pangrattato, e si fanno rosolare come polpettine a fuoco allegro nel grasso bollente, sia esso burro animale o vegetale, strutto od olio.

15. Polmone di manzo in intingolo. — Fate bollire alcune ore il polmone di manzo nell’acqua, gettatelo nell’acqua fredda, tagliatelo a fettoline, riscaldate dell’olio o dello strutto in un tegame, gettatevi il polmone infarinato e rosolatelo in fretta a fuoco ardente, unendovi poi un po’ di brodo e di salsa di pomodoro. Sale e pepe alla fine.

16. Cuore, arnioni e fegato di manzo. — Gli arnioni e il cuore di manzo si possono preparare come quelli di vitello, soltanto vanno lessati prima alcune ore. Il fegato si adopera per fare brodi e minestre.

Vitello lesso (petto e testina). (Vedi la ricetta N.º 1).

17. Testina di vitello ai ferri. — Cotta che abbiate un paio d’ore la testina, tagliatela a fettine e involgete queste in un battutino di cipolla, aglio e prezzemolo, poi nel pangrattato e collocatele sulla gratella, salandole quando sono fumanti e portandole in tavola subito.

18. Testina di vitello colla salsa agrodolce. — Fate soffriggere un abbondante cucchiaio di farina in un pezzetto di burro liquefatto, arrossate pure in una padellina due cucchiai di zucchero, diluite con mezzo bicchiere piccolo di aceto bollente; quando lo zucchero è sciolto versate il composto entro la farina che avrete riposta sull’angolo del fornello, fate bollire ogni cosa sbattendo col frustino, unitevi da ultimo un po’ di sugo di limone, poi la testina ben cotta a lesso un paio d’ore e tagliata a fette. Lasciate sobbollire un pochino il composto e portatelo in tavola colla polenta. Se il dolce non vi fosse gradevole omettete lo zucchero e l’aceto e diluite l’intinto di farina con acqua o con brodo.

[68]

19. Cervello di vitello fritto. — Come quello di manzo. (Vedi ricetta N.º 14). Il cervello di vitello è più fino di sapore ma non molto economico.

Chi ha l’onore è un signore.

20. Cervello di vitello in umido. — Preparato il cervello come indica la ricetta N.º 14 e tagliato a pezzettini, fatelo rosolare in una cazzarola dove avrete già soffritte delle cipolle nel burro (quattro piccole cipolle per ogni cervello intero), spolverizzatelo di farina e quando questa ha pure preso un po’ di colore versatevi del brodo a cucchiai e mezzo bicchierino di vino, ricordandovi il sale e il pepe.

21. Polpettine di cervello. — Mettete al fuoco, in una padella, un pezzetto di burro della grossezza di due noci; quand’è sciolto unitevi due cucchiai di farina, rimestate bene e diluite il composto, sempre sul fornello, con un bicchiere di latte tanto da farne una densa pappina che salerete a dovere, rifondendo il latte finch’essa si stacca dalla padella. Unitevi allora il cervello, che avrete preparato come sopra, pestato e passato allo staccio. Quando avrete ottenuto un composto liscio, gettatelo di nuovo sul tagliere che stavolta avrete avuto cura di cospargere di pangrattato e, colle mani ben pulite e infarinate, stendetelo dell’altezza di 1 cent. Cospargetelo di pangrattato, poi con un coltello infarinato tagliatelo in tanti pezzetti quadrati che farete soffriggere nello strutto bollente. Se avete molte ova a disposizione, potete involgere i pezzi in un ovo sbattuto e poi panarli e cuocerli nel burro a fuoco vivo.

Da uom dabbene non hai che bene.

22. Fegato di vitello alla barcarola. — Riscaldate dell’olio in una padella (per 500 gr. di fegato ne prenderete 3⁄4 di bicchiere), fatevi soffriggere 2-3 cipolle, secondo la loro grossezza, tritate minutissime. Quando hanno preso colore unitevi il fegato ben lavato, spellato e tagliato a fettoline sottili e della grandezza d’una moneta da 20 cent., rimestatelo in fretta 3-4 minuti sul fuoco vivo, salatelo da ultimo e portatelo in fretta in tavola colla polenta.

23. Fegato di vitello fritto. — Tagliate il fegato (dopo avergli levata la pelle) a fette della grossezza di mezzo cent. e [69] mettetele nel latte. Trascorsa mezz’ora o più, se v’aggrada (il latte sempre rammollisce il fegato), involgete le fette nella farina bianca, poi nell’ovo sbattuto e nel pangrattato finissimo e friggetele nuotanti nell’olio bollente salandole appena cotte.

24. Fegato di vitello rosolato nel burro. — Preparate il fegato come nella precedente ricetta, tenendo invece le fette molto sottili e bagnandole più o meno nel latte. Asciugatele, involgetele nella farina o nel pangrattato e fatele cuocere in fretta nel burro che avrete fatto fumare. Salatele prima di portarle in tavola. Per 500 gr. di fegato vi occorreranno 60-70 gr. di burro.

Casa mia, casa mia, per piccina che tu sia tu mi sembri una badia.

25. Fegato di vitello all’ungherese. — Fate sciogliere e riscaldare un bel pezzetto di burro, rosolatevi un paio di cipollette trite, aggiungetevi un pizzico di paprica (peperone rosso pesto) o un pezzettino come due centesimi di peperone rosso, unitevi le fette di fegato preparate come nella ricetta N.º 23 e lasciatecele soffriggere mettendovi alla fine il pepe e il sale. Versatevi da ultimo anche un po’ di salsa di pomodoro e, se v’aggrada, alcune patate lesse tagliate a spicchi.

26. Fegato di vitello alla gratella. — Tagliate il fegato a fette piuttosto grosse, disponetele in un piatto grande e spargetevi sopra il seguente composto: 2-3 cipolle pestate fine, un mazzetto d’erbe odorose trite (salvia, basilico, maggiorana ecc. ecc., anche prezzemolo se vi conviene), pepe e una presina di garofani, 3-4 cucchiai d’olio secondo l’occorrenza. Lasciate giacere le fette 2-3 ore in questa miscela che si chiama marinata, voltandole di quando in quando. Procuratevi tanti pezzetti di carta bianca quante sono le fette di fegato, involgetevi la carne dopo averle unte leggermente con un po’ d’olio, collocate gl’involtini sulla gratella e lasciatevi cuocere il fegato adagio, salandolo alla fine e spruzzandovi un po’ di limone.

27. Fegato di vitello al forno. — Lardellate 500 gr. di fegato di vitello con filettini di lardo (se non avete l’ago apposito vi servirete d’un coltellino), mettetelo in un tegame con un pezzetto di burro crudo della grandezza di mezz’uovo, e postolo nel [70] forno, lasciatelo rosolare un poco da tutte le parti, avendo cura di voltarlo. Copritelo quindi di latte e tiratelo a cottura in 30 m. circa, salandolo alla fine.

28. Polmone di vitello in intingolo. — Se si tratta d’un vitello giovane, ben lavato che sia il polmone lo scotterete semplicemente, immergendolo un momento nell’acqua bollente, prima di adoperarlo; se il vitello fosse grande vi converrebbe meglio far lessare il polmone 30-40 m. Tagliatelo quindi a sottili fettine, mettetele in un tegame dove avrete sciolto un pezzetto di burro o dell’olio fino (per 500 gr. di polmone un pezzetto di burro come un piccolo uovo, oppure 4-5 cucchiai d’olio), fatevelo rosolare alcuni minuti, spolverizzatelo di farina e, quando questa è scomparsa, bagnatelo a poco a poco con acqua o con brodo sciogliendo ciò che s’attacca sul fondo del tegame per ottenere un buon sugo. Sale alla fine, pepe a piacimento.

La vicinanza è mezza parentela.

29. Polmone di vitello saltato. — Lessato o scottato che sia il polmone, come dicemmo nella precedente ricetta, tagliatelo a minuti dadolini e postolo a fuoco ardente in un tegamino basso, dove avrete soffritto del burro, cuocetelo 5-6 minuti in fretta, muovendolo vivacemente colla paletta di ferro.

30. Arnioni di vitello. — Gli arnioni si puliscono bene dalle loro pelli e si lavano due o tre volte, mutando sempre l’acqua. Il grasso va pure levato via e serve come ottimo condimento per altre cose sciolto in una cazzarolina con un po’ di latte. Se volete cuocere gli arnioni alla gratella sulla brace, prima di collocarveli li taglierete a metà per il lungo e li lascierete giacere mezz’ora su un piatto versandovi sopra dell’olio buono mescolato con un po’ di pepe e d’aglio trito finissimo, o con delle cipolle pure tritate. La cottura varia secondo la grossezza degli arnioni dai 15 ai 25 m. Il sale si mette alla fine.

Se bramate cuocerli a fettine li taglierete in questo modo appena sono lavati e li farete rosolare nel burro bollente, unendovi anche una sardella diliscata e pestata e qualche goccia di sugo di limone o d’aceto. Sale alla fine, se occorre. Potete anche omettere la sardella e il limone e rosolarli semplicemente nel burro bollente [71] dove avrete già soffritto un po’ di cipolla e di prezzemolo. Finalmente gli arnioni si possono friggere come il fegato (vedi ricetta N.º 23-24).

31. Piedi di vitello. — I piedi di vitello, molto bene puliti e diligentemente rasati dal pelo con un coltello tagliente nell’acqua calda, si fanno cuocere col lesso circa due ore, quindi si gustano in insalata o preparati ai ferri come la testina (vedi N.º 17).

32. Cuore di vitello. — Il cuore si prepara in genere come gli arnioni. Esso gradisce molto di essere steccato col lardo. Marinato, cioè messo in fusione con una miscela bollente composta di mezzo bicchiere di vino, mezzo bicchiere d’aceto, una cipolla, un paio di chiodi di garofano e un pezzo di limone, e voltato ogni dì, dopo 3-4 giorni esso può fornire un umido eccellente, cotto sia col burro, sia coll’olio, al forno o sul fornello.

Poca brigata vita beata.

33. Trippa di vitello in umido. — Lessate le trippe come se voleste farne una minestra (vedi ricetta N.º 23 pag. 19), tagliatele a sottili listarelle e preparato un soffrittino di strutto, cipolla e carota, o di olio, burro e cipolla, fatevele lentamente rosolare bagnandole di quando in quando con brodo o con acqua e aggiungendovi alla fine un po’ di salsa di pomodoro e, prima di portarle in tavola, come companatico della polenta, il formaggio grattato.

34. Costolette di vitello. — Le costolette di vitello si fanno tanto colla parte della lombata, cioè coll’osso, o con altre parti, senz’osso, vale a dire colla fesa, colla noce, colla coscia ecc. ecc. Se si scelgono coll’osso, quando sono bene pulite e lavate si battono col mazzuolo per dar loro una forma regolare. Le semplici fette di carne si assottigliano invece con la lama d’un largo coltello, assecondandone le fibre.

Fatta con diligenza quest’operazione, s’involge ciascuna costoletta nella farina fina, poi nell’ovo sbattuto con una forchetta e debitamente salato, finalmente nel pangrattato finissimo. Intanto avrete sciolto in una padella bassa e larga un pezzo di burro conveniente alla quantità delle costolette (se il burro è buono potete calcolare 15-20 gr. per ogni costoletta) e, quand’esso è fumante, vi adagerete [72] con cura le costolette una accanto all’altra per voltarle poi diligentemente appena hanno preso un bel colore dorato. Prima di metterle in tavola cospargetele col sale necessario.

Un ovo intero bene sbattuto in un piatto vi basterà per 3-4 costolette, secondo la grandezza. Se ne aveste di più, potreste aggiungervi un po’ di latte. Se volete farle alla milanese, lascerete da parte la farina e, cotte che siano le costolette e disposte ben croccanti sul piatto, scioglierete ancora qualche pezzettino di burro nella padella staccandone il sugo rappreso e glielo verserete sopra servendole col limone.

Badate che è utile mettere il pane l’ultimo momento, altrimenti s’inumidisce troppo e s’attacca alla padella.

Se volete usare economia di burro, impiegate una parte di strutto buono facendolo liquefare per il primo e solo nella padella.

V’è chi usa spolverizzare le costolette di formaggio, prima di panarle. Certi vi mettono anche il pepe.

35. Costolette di vitello pestate. — Procuratevi della coscia di vitello, levatene via gli ossi, le pelletiche ecc., lasciandovi, se ve n’è, un pochino di grasso. Pestate bene la carne colla lunetta e unitevi il sale necessario. Formate poi delle costolettine rotonde, dell’altezza di un centimetro circa (potete calcolare 100 gr. di carne per ogni costoletta), involgetele nella farina, poi nell’ovo sbattuto e da ultimo nel pangrattato, e, sciolto un pezzetto di burro in una padella bassa, disponetevele le une accanto alle altre facendole arrossare sotto e sopra, a fuoco ardente. Queste costolette si possono fare anche col manzo, col castrato e coll’agnello.

36. Costolette di vitello ai ferri. — Preparate delle costolette come indica la ricetta N. 34, senza dorarle o panarle. Bagnatele invece con un po’ d’olio misto di sale, pepe e prezzemolo trito, collocandole in un piatto che avrete prima previamente soffregato con l’aglio. Trascorsi 30-40 minuti mettete la gratella su di uno strato di brace e disponetevi le costolette, avendo cura di voltarle appena hanno preso un leggero colore. Servitele fumanti.

Il ferro lima il ferro.

37. Bracioline di vitello o di manzo in umido. — Fate un soffritto d’olio, burro, prezzemolo e aglio a discrezione, rosolatevi [73] delle fettine di vitello o di manzo molto bene pestate, aggiungete sale e pepe, un po’ di salsa di pomodoro, se vi piace, bagnatele con acqua o con brodo e lasciatele cuocere a lento fuoco ore due se si tratta del vitello, tre ore se si tratta del manzo, spolverizzandole alla fine col formaggio.

38. Bracioline fritte di vitello. — Tagliate il vitello a sottili fette, pestatele con la lama del coltello, assecondandone le fibre, involgetele nell’ovo sbattuto e salato, poi nel pangrattato assai fino, e gettatele nello strutto o nell’olio bollente badando che prendano un bel colore. Prima di portarle in tavola spargetevi sopra un pochino di sale. Se gradite che le bracioline riescano più morbide mettetele appena fritte in un tegame basso e rammollitele a poco a poco con latte, o brodo, o vino bianco, e salsa liquida di pomodoro.

39. Scaloppine di vitello al pomodoro. — Preparate delle fettine di vitello come nella precedente ricetta senza dorarle e panarle, mettetele al fuoco in una cazzarola bassa il cui fondo avrete coperto di cipolle bene trinciate aggiungendovi alcuni fiocchetti di burro. Lasciate rosolare il composto a fuoco ardente finchè la carne ha preso un po’ di colore, ritirate quindi la cazzarola sull’angolo del fornello, collocatela con un trepiede sulla brace e copritela bene, badando di bagnare di quando in quando le scaloppine con un po’ di brodo o d’acqua fredda. Trascorsi 3⁄4 d’ora circa, mettetevi ancora il sale necessario e un po’ di salsa di pomodoro e lasciatele cuocere adagio 15 m. circa, dopo di che le servirete colla polenta.

Se ometterete il pomodoro, che non è indispensabile, farete delle scaloppine semplici.

40. Scaloppine di vitello al latte. — Preparate delle fettine di vitello e bene battute che siano colla lama del coltello, involgetele nella farina. Disponetele quindi in una padella bassa frammezzandovi dei pezzettini di burro e fatele cuocere a fuoco non troppo vivo. Quando hanno perduto il colore della carne cruda e che la farina è quasi scomparsa, spargetevi sopra un cucchiaio o due di prezzemolo pesto e copritele di latte buono, lasciandole sobbollire 30-40 m. a lento fuoco, sollevandole spesso e voltandole colla paletta. Il sale da ultimo. Queste scaloppine devono restare quasi bianche.

[74]

Gabbato è sempre quel che più si fida.

41. Uccelli scappati di vitello. — Procuratevi un bel pezzo di coscia di vitello, tagliatela a fettine quadrate che abbiano la grossezza di mezzo centimetro circa, battetele col coltello, salatele un pochino, spargetevi sopra una miscela composta di foglie di salvia, di lardo e di grani di ginepro pestati (per sei fettine 70 gr. di lardo, 12 foglie di salvia e 4-5 bacche di ginepro), rotolate le fettine in modo da farne uno specie di salsicciotto, e legatele in cima e in fondo con un filo bianco, strettamente. Fate sciogliere un pezzetto di burro in un tegame, disponetevi i finti uccelli con altre 5-6 foglie di salvia, fateli arrossare a fuoco ardente, tirateli quindi a cottura sull’angolo del fornello o sulla brace, tenendoli coperti e bagnandoli, di quando in quando, con un po’ d’acqua fredda. Se ne avete a disposizione, potete sciogliere il fondo del tegame con un po’ di salsa di pomodoro. Prima di mettere in tavola gli uccelli scappati con la polenta abbiate cura di levar via le legature di filo.

Gli uccelli scappati si possono fare anche col manzo fino oppure col fegato di vitello guerniti d’un ripieno di prosciutto o salame tagliati a fettine, di lardo e salvia. Particolarmente gustosi riescono colla cottura allo spiedo, squisiti se s’involgono nella rete di maiale.

42. Intingolo di vitello. — Procuratevi un pezzo di coscia di vitello, pulitela bene dalle pelletiche, dagli ossi e dal grasso, e (dopo averla lavata in fretta) tagliatela a dadi, della grossezza circa d’una piccola noce. Disponete sul fondo d’una cazzarola uno strato di cipolle trite, collocatevi sopra i dadi di vitello con qualche fiocchetto di burro e fate rosolare ogni cosa a fuoco ardente. Quando le carni hanno preso colore salatele, ritirate la cazzarola sull’angolo del fornello o sulla brace, badando di tenerla coperta, e bagnate di quando in quando l’intingolo con qualche cucchiaio d’acqua fredda. Se vi piace il pomodoro, potete aggiungervi alla fine anche un po’ di salsa. Per fare quest’intingolo vi occorreranno ore 1 1⁄2 — 2, secondo la quantità. Potete calcolare ogni 100 gr. di carne 10 gr. di burro.

43. Intingolo di vitello alla tedesca. — Preparato il vitello come indica la precedente ricetta, fate sciogliere il burro (10 gr. per ogni 100 gr. di carne) in un tegame, e appena comincia a friggere unitevi le carni, rimestandole colla paletta. Quando hanno [75] preso bel colore, versatevi sopra un po’ di farina fina che avrete intrisa con l’acqua pura formandone una specie di pappina colante e liscia (per ogni 100 gr. di carne mezzo cucchiaio circa di farina), mescolate bene ogni cosa, aggiungendo sale e pepe, e lasciate cuocere a fuoco lento ore 1 1⁄2.

44. Intingolo di vitello con patate. — Preparate un intingolo di vitello come quello indicato al N.º 42, lessate contemporaneamente alcune piccole patate, tenendole di scarsa cottura. Quando l’intingolo è quasi cotto, unitevi le patate e lasciate il composto ancora una quindicina di minuti al fuoco, finchè le patate siano morbide e bene involte nel sugo, che dev’essere abbondante.

Chi più guarda meno vede.

45. Intingolo di vitello colle verdure. — Preparate un intingolo di vitello come indica la ricetta N. 42, lessate pure varie specie di verdure, come patate, carote (rape gialle), fagioli, broccoli, rape, una radice di sedano, un porro ecc. Le cipolle, in quella quantità che v’aggrada le unirete ben mondate ma crude e intere all’intingolo quando lo mettete al fuoco, le altre verdure le aggiungerete di mano in mano secondo la loro consistenza, in modo da formare una miscela omogenea.

46. Vitello in umido. — Preparate un pezzo di coscia di vitello, levandogli gli ossi, le pelletiche, ma non tutto il grasso. Lavatelo bene, salatelo soffregandolo con le mani e involtolo nella farina, mettetelo al forno in un tegame fondo, circondandolo di pezzettini di burro (per 1⁄2 chilogr. di carne 50-60 gr. di burro). Quando ha preso colore da tutte le parti, cominciate a bagnarlo di tratto in tratto coll’acqua o col brodo freddo pillottandolo ogni volta, cioè versandovi sopra con un cucchiaio, l’unto che tramanda.

In capo a ore 1 1⁄2 — 2 secondo la proporzione della carne, potete servirlo.

Se lo gradite più forte di sapore, potete collocarlo da bel principio su uno strato di cipolle trite, miste di ramerino pestato, aggiungendo anche un pochino d’aglio. Potete anche sostituire a una metà del burro il lardo pesto.

A quest’umido si aggiungono qualche volta alcune piccole patate lesse, o altre verdure cotte.

[76]

47. Vitello arrosto. — Il migliore arrosto di vitello si ottiene collo spiedo, pillottando continuamente la carne coll’olio o col burro caldo che si raccoglie poi nella leccarda, ma pochi posseggono gli arnesi indispensabili per questo genere di cottura; è quindi necessario supplire con altri metodi egualmente buoni.

Si può cuocere arrosto tanto il petto come la spalla, la coscia e la lombata di vitello. Il petto e la lombata, essendo più grassi, abbisognano d’una quantità minore di burro. Al burro si può in parte supplire col lardo, ma rende ottimi servigi anche lo strutto buono e l’olio, quando s’abbia cura di non mettervi le carni prima che non siano bollenti. Se la carne fosse magra si potrebbe lardellarla. In Romagna usa guernire il tegame d’un battutino d’aglio e di ramerino. Il vitello si colloca al forno in un arnese dall’orlo basso, a ciò pigli bel colore, e si pillotta di quando in quando col suo sugo. Due ore di cottura. Se si tratta di cuocere arrosto la parte del petto e della lombata, non si leva degli ossi che la parte sporgente e inutile.

Chi non è savio, paziente e forte, si lamenti di sè non della sorte.

48. Vitello cotto col latte. — Mettete in una cazzarola 500 gr. di vitello, lavato, pulito, salato, versatevi sopra un piccolo bicchiere (1 quinto) di latte buono e collocatelo al forno. Quando il liquido è stato assorbito ripetete l’operazione e così altre tre volte finchè avrete consumato 5 quinti di latte, ciò che accadrà in due ore circa. A questo punto il vitello sarà cotto. Se prima di cominciare a versarvi il latte rosolerete il vitello da tutte le parti con un pezzettino di burro esso diverrà ancor migliore.

49. Castrato o montone lesso. — Come il manzo, impiegando la coscia. Qualche volta si trovano castrati gustosissimi, il brodo che danno è tuttavia assai inferiore a quello del bove. Per lessare bene un pezzo di castrato vi occorreranno come per il manzo circa tre ore di regolare cottura. S’intende che il brodo va schiumato e digrassato. La schiuma si dà col becchime ai polli o colla polenta agli animali domestici, il grasso si ripone per varii usi. Durante la cottura si possono aggiungere al castrato le verdure preferite che poi si servono intorno al lesso.

[77]

V’è chi gradisce il castrato poco cotto e sanguinoso nel mezzo. In questo caso lo metterete al fuoco con una quantità minore d’acqua tanto che vi stia, per modo di dire, a suo agio. L’acqua deve essere bollente e, prima d’immergervi la carne, la dovrete salare. Alla carne, ben lavata, avrete tolto il grasso.

Il giuoco è guerra.

50. Castrato o montone in umido. — Tagliate a pezzi una parte della coscia di castrato, lasciandovi una porzione del suo grasso. Mettetela al fuoco con un pezzetto di burro e un pezzetto di lardo pestato, una fesa d’aglio, due cipollette e un paio di chiodi di garofano. Quando la carne ha preso un po’ di colore, riempite la cazzarola di brodo o d’acqua aggiungendo sale e pepe, copritela e lasciate sobbollire il composto un paio d’ore adagio rifondendo il brodo ove occorresse.

51. Castrato o montone in intingolo. — Come quello di vitello, vedi il N.º 42.

52. Castrato o montone a uso «Gulasch». — Come quello di manzo, vedi il N.º 9.

53. Castrato o montone stufato. — Sciogliete in una cazzarola un cucchiaio di strutto, unitevi un pezzetto di burro e, quando questo è pure fumante, un battutino di due cipolle, una carota, un pezzo di porro, un pezzo di radice di sedano, un mazzolino di prezzemolo, erbe e radici che in Toscana si chiamano «odori». Fate soffriggere il composto, quando ha preso colore disponetevi sopra un pezzo di coscia di castrato tagliata a pezzi grossi, rimestando bene il composto e unendovi un po’ di pepe, il sale necessario e una presa di cannella. Bagnate quindi il castrato con acqua o brodo e tiratelo lentamente a cottura (in un paio d’ore circa) versandovi da ultimo un po’ di salsa di pomodoro.

54. Castrato o montone arrosto. — Pulite bene un pezzo di coscia di castrato dagli ossi, dalle pelletiche e da una parte del suo grasso, lavatela, salatela, legatela con un filo forte come una grossa salsiccia, mettetela in una cazzarola fonda con due cipolle, due chiodi di garofano, una carota, un pezzo di radice di sedano, un [78] pezzo di porro, uno spicchio d’aglio e un mazzetto d’erbe odorose; copritelo d’acqua e cuocetelo un paio d’ore col recipiente chiuso, rinnovando un po’ d’acqua se l’avesse ritirata tutta prima del tempo.

Fate sciogliere intanto in un’altra cazzaroletta un pezzo di strutto, unendovi quando sarà caldo un pezzetto di burro, versate questo grasso bollente sulla carne asciutta dopo averne levato via le verdure e cuocete il castrato un’altra ora, voltandolo spesso e bagnandolo col sugo.

Si può cuocere il castrato arrosto come il vitello avendo cura prima di lardellarlo, ma è di gran lunga inferiore al precedente e quando l’economia non ci soffre, sovra tutto per coloro che posseggono un orto e delle verdure proprie, val la pena di prendersi anche qualche piccola cura.

La notte è madre dei consigli.

55. Castrato nel sugo di cipolle. — Vi tornerà facile allestire questa vivanda se disponete d’una stufa, in cui vi siano brace durante parecchie ore, e d’una cazzarola con un coperchio che chiuda ermeticamente.

Disponete sul fondo della detta cazzarola uno strato di 2 cent. di cipolle mondate e tritate, collocatevi sopra un pezzo di coscia di castrato, pulita dagli ossi, dalle pelletiche e dal grasso, bene lavata e salata e anche steccata con qualche filetto di lardo, spargetevi sopra una presina di polvere di garofani, chiudete bene il recipiente e affondatelo nella brace fina lasciandovelo 5-6 ore secondo la quantità della carne.

56. Coscia di castrato al forno. — Se vi convenisse di allestire una coscia di castrato intera per numerosi commensali, badate prima di tutto di farla infrollire 2-3 giorni e anche più secondo la stagione. Preparate alcune fese d’aglio, pestatele e fate penetrare tutto questo battuto mediante un coltellino nelle carni e fra la carne e l’osso. Collocatelo in un tegame basso, bagnatelo con burro fuso 100 gr. circa, o con sugo d’arrosto e cuocetelo al forno, pillottandolo spesso e non più di ore una e 10 minuti.

Oggi in canto, domani in pianto.

57. Costolettine di castrato e di montone. — Preparate le costolettine sopprimendo una parte dell’osso in cima e in fondo e una parte del grasso. Battete la carne col mazzuolo per darle [79] una forma rotonda; preparate pure un soffritto come quello del castrato stufato N.º 53, bagnandolo con qualche cucchiaio d’acqua, adagiatevi sopra le costolettine lavate e salate, badando che piglino colore, e quando questo è accaduto, ritiratele sull’angolo del fornello o sulla brace, bagnate le costolettine con acqua, vino o brodo, tenetele coperte e tiratele a cottura in ore 1 1⁄2 circa, cioè lentamente. Se vi piace potete aggiungervi l’ultimo quarto d’ora un po’ di salsa di pomodoro.

Si può fare un piatto consimile con fettine bene battute di coscia di castrato. La carne di castrato dev’essere sempre molto frolla.

58. Costolettine di castrato ai ferri. — Preparatele come le precedenti, poi cuocetele come quelle di vitello. (Vedi N.º 36).

59. Costolettine di castrato alla spiccia. — Preparatele come le precedenti, mettetele al fuoco con un pezzo di burro solito o di burro di cocco crudo (il burro di cocco non va mai rosolato prima di mettervi le carni), cuocetele in fretta alcuni minuti a fuoco ardente, salandole nel voltarle. Unitevi da ultimo un po’ di vino bianco e, se vi piace, la salsa di pomodoro.

60. Spalla d’agnello cotta nel latte. — Procuratevi una spalla d’agnello, lavatela bene, infarinatela, salatela e mettetela al fuoco in una cazzarola dove avrete sciolto un pezzetto di burro badando che prenda colore da tutte le parti. Bagnatela poi, di quando in quando, con 2-3 cucchiai di latte rifondendolo quando lo ha ritirato. Cottura ore 1 1⁄2 — 2.

61. Agnello arrosto. — L’agnello si cucina molto bene allo spiedo, ma per chi non ne possedesse può servire benissimo il forno, o il tegame sulla brace. Dev’essere vostra cura di levargli il cattivo odore ch’esso talvolta conserva. Lo farete quindi marinare, cioè giacere alcune ore in un composto di olio, sale, pepe, ramerino pesto e un cucchiaio d’aceto, voltandolo di tratto in tratto e punzecchiandolo con una forchetta o con un lardatoio a ciò la marinata possa penetrare bene.

Lo metterete quindi al fuoco in un tegame colla marinata stessa, avendo cura di pillottarlo spesso. Un cosciotto d’agnello si cuocerà in ore 1 1⁄2 circa; un pezzo più piccolo domanda una cottura più breve.

[80]

62. Agnello fritto. — Come i pollami fritti, cioè lessato in parte, tagliato a pezzi, dorato, panato, fritto nuotante nello strutto o nell’olio bollente.

Ogni cuore ha il suo dolore.

63. Agnello alla cacciatora. — Fate riscaldare dello strutto in una padella, unendovi, se vi conviene, anche un po’ di burro, rosolatevi quindi alcune cipolle mondate e tagliate a fette; quando hanno preso colore adagiatevi sopra l’agnello tagliato a pezzi e lasciatelo soffriggere qualche tempo aggiungendo il sale necessario, pepe e cannella a discrezione, e bagnandolo con acqua o con brodo.

64. Agnello alla cacciatora colle patate. — Si prepara come il precedente, soltanto da principio si fanno rosolare nello strutto le patate crude e tagliate a fette che si levano prima di mettere il burro e si riuniscono all’agnello al momento di mandarlo in tavola.

65. Abbacchio. — L’abbacchio, che si mangia specialmente a Roma, non è che un agnello molto giovane e bene nutrito. Esso si allestisce in parecchie maniere e anche con tutte le ricette indicate per l’agnello.

66. Maiale bollito. — Potete prendere un pezzo del dorso, o della spalla, o del petto, e metterlo al fuoco (ben lavato) in una cazzarola fonda con 3-4 cipolle affettate, 2 foglie d’alloro, alcuni grani di pepe, un bicchiere d’aceto, coprendo poi ogni cosa con l’acqua pura. Se il maiale è giovane, tenero e frollo, esso impiegherà per cuocere da ore 1 1⁄2 a 2. Trascorso questo tempo, levate fuori il maiale dal recipiente, e condensate il sugo, che poi digrasserete e verserete sopra la carne prima di portarla in tavola. Un po’ di rafano grattato si addice a questo piatto.

67. Maiale in umido. — Cuocete un pezzo di maiale come indica la precedente ricetta, aggiungendovi anche un bicchierino di vino bianco e due o tre fette di limone. A due terzi di cottura, digrassate il sugo, poi lasciatelo ritirare dalle carni quasi per intero e servitelo con un contorno di patate lesse.

[81]

Chitarra e schioppo fanno andar la casa a galoppo.

68. Maiale colle erbe. — Procuratevi un pezzo di spalla di maiale, battetela bene col mazzuolo e soffregatela col sale pestato insieme a due fesine d’aglio.

Tagliate due cipolline a fette, tritate una carota, un pezzetto di radice di sedano, una radice di prezzemolo, un mazzetto di prezzemolo e di erbe odorose, collocate tutte queste verdure in una cazzarola dove avrete fatto riscaldare 4-5 cucchiai d’olio, fatevele rosolare, versatevi un bicchiere d’acqua e lasciatele cuocere adagio 30-40 m. Trascorso questo tempo unitevi la carne e coprite la cazzarola rimettendola al fuoco. Se si tratta d’un pezzo di media grandezza, la cottura deve effettuarsi in due ore circa. Durante questo tempo non mancherete di versare di tratto in tratto sulla carne qualche cucchiaio d’acqua e un cucchiaio o due d’aceto forte.

69. Maiale col pomodoro. — Tagliate la carne di maiale a pezzetti e, dopo averla bene lavata e salata, infarinatela e collocatela in una cazzarola dove avrete soffritto nello strutto bollente 4-5 cipollette tritate. Badate che la carne pigli bel colore nel soffritto e, quando ciò è avvenuto, versatevi alcuni cucchiai di salsa di pomodoro (vedi pag. 57); rimestate bene e coprite il composto d’acqua o di brodo lasciando sobbollire fino a completa cottura, cioè ancora un’oretta circa.

70. Maiale a uso «Gulasch». — Riducete a quadrettini minuti un bel pezzetto di lardo e alcune cipolle mondate, collocateli in una cazzarola e fateli bene rosolare. Disponetevi sopra della carne di maiale ben battuta e tagliata a dadi, versatevi un bel cucchiaino di pepe e alcune prese di paprica secondo il piacer vostro, più 4-5 cucchiai d’aceto forte, coprite il composto d’acqua o meglio di brodo, lasciatelo cuocere ore 1 1⁄2 lentamente, salatelo quindi e unitevi dei pezzi di patate cotte, oppure di polenta non freschissima, ma però cotta da poco e pure ridotta a dadi, e portatelo in tavola.

Cavallo scappato da sè si castiga.

71. Maiale arrosto. — Il miglior modo di cucinare un arrosto di maiale è di prepararlo allo spiedo, bene lavato, soffregato [82] con un battuto di sale, aglio e ramerino, bagnandolo di quando in quando col sugo che scola entro la leccarda. Cottura ore 1 1⁄2 — 2 secondo la quantità.

Per chi non dispone d’uno spiedo, sarà opportuno cuocerlo in tegame, con alcuni cucchiai d’olio, un po’ d’aglio e di ramerino, spruzzandovi qualche cucchiaino d’aceto di quando in quando. S’intende che la carne dev’essere bene infrollita, battuta, lavata e salata. Se non fosse molto frolla vi converrebbe coprirla d’acqua (questo quando è un po’ rosolata) e lasciarla bollire qualche tempo finchè ha ritirato tutto il liquido. Cottura ore 2 — 2 1⁄2.

Potete anche involgere il maiale in un pezzo della sua rete e diminuire la quantità dell’olio, oppure, strofinare la carne con un battutino di ramerino, aglio, prezzemolo, maggiorana e timo e involtala nella rete lasciarla giacere un giorno sotto un forte peso, per cuocerla poi in tegame bagnandola alternativamente con latte e con aceto. La parte del maiale che si cuoce comunemente arrosto è il lombo.

72. Braciole di maiale ai ferri. — Le braciole devono essere molto frolle e ben battute, oltre a ciò le farete marinare, cioè giacere alcune ore in un piatto versandovi sopra per ciascuna un cucchiaio d’olio misto di prezzemolo trito, sale e pepe. Trascorso il tempo dovuto le collocherete sulla gratella, avendo cura di voltarle appena hanno preso colore e di spruzzarvi un po’ d’aceto o di sugo di limone. Se le volete poco grasse sopprimete una parte del loro lardo.

Oppure, volendo farle alla semplice, le cuocerete senza condimento ai ferri, salandole alla fine.

Casa sua vita sua.

73. Braciole di maiale col vino. — Preparate le braciole come indica la precedente ricetta, lasciando loro tutto il grasso, e ben battute che siano le porrete senz’altro condimento in un tegame sul fornello lasciandole cuocere un’oretta adagio e bagnandole di quando in quando con un po’ di vino bianco. Sale alla fine.

74. Braciole di maiale colle erbe. — Mettetele in tegame, con un pezzo di burro e una guernizione di verdure a scelta, sedani, rape, porri, carote, patate, pomidori, aglio e pepe, e fate soffriggere [83] ogni cosa ore 1 1⁄2 adagio, bagnando di tratto in tratto con acqua o con brodo. Sale alla fine.

75. Costolette di maiale colla polenta. — Fate soffriggere parti eguali di strutto e di burro in una tegghia bassa, adagiatevi delle fette di polenta grosse un centimetro e nel tempo stesso le braciole ben preparate, e fate cuocere ogni cosa adagio ore 1 1⁄2 circa, salando alla fine.

76. Costolette di maiale alla romagnola. — Ben preparate che siano, mettetele in tegame con un cucchiaio d’olio per ciascuna, o poco strutto, pepe e aglio a discrezione, e cuocetele adagio ore 1 1⁄2, salandole alla fine.

Oppure: Cuocetele ai ferri, senz’alcun condimento salandole alla fine, servitele fra due fette di pane.

Buona compagnia mezza la via.

77. Orecchie di maiale. — Le orecchie di maiale bene pulite si fanno bollire nel brodo o nell’acqua con verdure diverse, poi si bagnano coll’olio o col burro sciolto, si panano, si fanno friggere nello strutto e si gustano colla senapa o colla salsa di rafano.

78. Piedi di maiale. — Comperate dei piedi di maiale bene puliti e finite di levar loro il pelo abbrustiandoli sulla fiamma, metteteli quindi al fuoco in un recipiente largo, coprendoli d’acqua e aggiungendovi una cipolla, una fesa d’aglio, una carotina (rapa gialla), un pezzo di radice di sedano, un mazzetto d’erbe odorose. Cuoceteli a lungo finchè sono morbidi e lasciateli freddare nel recipiente stesso se non è di rame, altrimenti in una catinella insieme alla loro broda. Levateli poi, tagliateli a metà per il lungo, bagnateli con un po’ di burro fuso, panateli e cuoceteli alla gratella, oppure dorateli, panateli e friggeteli nuotanti nello strutto.

79. Fegato di maiale alla contadina. — Coprite il fondo di un tegame di cipolle mondate e tritate, collocatevi sopra il fegato tagliato a fettine e alcuni pezzetti di burro, lasciate rosolare ogni cosa adagio sul fornello per un’ora circa. Pepe e sale alla fine. Gustate il fegato colla polenta fresca.

80. Fegato di maiale nella rete semplice. — Tagliate a fette piuttosto sottili il fegato ben lavato, involgetelo nella rete pure ridotta a pezzi, collocatelo in un tegame basso dove avrete sfatto [84] del burro o un pezzetto di strutto e lasciatelo cuocere adagio, versandovi sopra qualche cucchiaio d’acqua per ottenere un po’ di sugo. Sale e pepe alla fine. Se v’aggrada, fate soffriggere nello strutto o nel burro un po’ di cipolla pestata. Allo strutto e al burro potete sostituire con vantaggio l’olio. Cottura un’ora circa.

I danari non bastano, bisogna saperli spendere.

81. Fegato di maiale colla salvia o coll’alloro. — Preparato il fegato di maiale come sopra, prima d’involgerlo nella rete, mettetevi un pizzico di salvia triturata o una foglietta d’alloro. Cuocetelo quindi come indica la precedente ricetta. Sale alla fine.

82. Fegato di maiale col pangrattato. — Involte che siano le fette di fegato nella rete come indica la ricetta N.º 80, involgetele nel pangrattato misto di pepe e di un battutino di salvia e mettetele subito a cuocere nell’olio bollente, avendo cura di bagnarle con qualche cucchiaio d’acqua o di brodo. Sale alla fine. Il sugo di limone s’addice molto al fegato.

83. Fegato di maiale col pomodoro e col ramerino. — Sostituite alla salvia della precedente ricetta un battutino di ramerino; quando il fegato ha preso colore, cuocendo adagio nell’olio (aggiungete se vi piace anche un po’ di cipolla), bagnatelo con buona salsa di pomodoro (vedi pag. 57) che avrete mescolata con una presina di paprica. Un pezzetto di peperone rosso forte può sostituire la paprica. Cottura ore 1 1⁄4 circa. Sale come sempre alla fine.

84. Fegato di maiale ai ferri. — Involte che abbiate le fette di maiale nella rete come indica la ricetta N.º 80, intingetele nell’olio e lasciatevele giacere alcun tempo, cuocetele in fretta alla gratella, spolverizzandole alla fine di sale e di pepe e spruzzandole di sugo di limone.

È un gran medico chi conosce il suo male.

85. Arnioni di maiale alla gratella. — Si possono cuocere ai ferri tagliati a fette come il fegato della precedente ricetta, tanto colla rete come senza rete; prima tuttavia occorre lavarli bene e, quando hanno riposato un’ora, dividerli a metà e tornarli a lavare a ciò perdano il sapore ripulsivo.

[85]

86. Arnioni di maiale in tegame. — Preparati gli arnioni come indica la precedente ricetta e allestito pure un soffritto con alcuni cucchiai d’olio e un battutino di aglio e prezzemolo misto di pepe, li farete cuocere (sempre tagliati a fettine) 15-20 m. in questo soffritto bagnandoli col brodo prima, poi colla salsa di pomodoro.

Volendo farli «triffolati» rosolerete alcune cipolle trite nell’olio, poi vi aggiungerete gli arnioni tagliati a fettine e li farete «saltare» a fuoco ardente per pochi minuti, mettendovi da ultimo il sale e un buon cucchiaio di prezzemolo trito.

87. Pancetta di maiale. — La pancetta si fa cuocere due ore circa (ben lavata) in mezzo ai cavoli acidi (vedi pag. 99) e si gusta colla polenta.

88. Salsiccia fresca di maiale. — Le salsicce generalmente si lavano bene, si involgono nella farina e si mettono a cuocere in un tegame basso, senz’altro condimento, bagnandole di quando in quando con un po’ d’acqua o di brodo. Mezz’ora o poco più di cottura; sale se occorre. In certe regioni d’Italia usa frammischiarvi durante la cottura grani d’uva bianca, in altre fette di mela con un po’ d’acqua. La salsiccia si gusta colla polenta, anzi qualche volta si leva dal budello per stratificarne le fette (vedi pag. 41 N.º 4).

I terreni non diventan mai vecchi.

89. Salsicce (lucaniche) a uso salamini. — Quando sono fresche si lavano bene e si cuociono un paio d’ore sia nell’orzo, sia nei cavoli dolci o acidi come la pancetta (vedi sopra). Secche si mangiano a fettine come il salame. V’è chi usa dividerle a metà e cuocerle un pochino ai ferri. Ciò dipende dal gusto. Esse servono quasi sempre di companatico alla polenta.

90. Cotichini, bondiole, zampetti, ecc. ecc. — Questa carne più fina e insaccata di maiale va cotta lentissimamente e sempre involta in un pezzo di tela. Il tempo della cottura varia secondo il peso. Uno di questi salami che pesi 400 gr. si cuoce circa due ore, mentre un pezzo da due chilogr. esige quattro ore per essere al punto. Conviene regolarsi secondo questa norma. Ricordate in ogni modo di metterli sempre al fuoco nell’acqua fredda.

[86]

91. Lucanichette (Würste) alla tedesca. — Ben lavate che siano si mettono al fuoco nell’acqua fredda e, appena essa comincia a bollire, si ritirano e si portano in tavola coperte da un tovagliolo a ciò si mantengano calde. La stessa regola vale per le lucanichette di manzo e di vitello. Le piccole lucanichette di solo maiale si cuociono nei cavoli.

La roba sta con chi la sa tenere.

92. Lingua di maiale salata. — Come quella di manzo, ben lavata che sia si cuoce, secondo la sua grandezza 5-6 ore nell’acqua, adagio. Quando si può levarle la pelle (conviene provare) si fa quest’operazione, poi si rimette al fuoco. La lingua si gusta colle verdure e colla salsa di rafano (vedi pag. 59).

93. Carne salata di maiale (carnesecca). — Si fa lessare un paio d’ore o meno secondo la sua dimensione nell’acqua poi si tira a cottura entro i cavoli. Nello stesso modo si allestiscono le altre carni salate. La carnesecca si cuoce qualche volta anche nell’orzo.

94. Capretto arrosto. — Esso si può cucinare tanto sul fornello, come sulla brace o al forno; nel forno diventa tuttavia più gustoso. Il capretto si compera bell’e preparato. La parte di dietro è la più conveniente per cuocersi arrosto; colla parte davanti si può allestire un buon intingolo. Il capretto da cuocersi arrosto si lava in fretta, si asciuga, si sala e s’infarina tanto intero, come tagliato a pezzi, poi si mette in un tegame con parti eguali di burro e di lardo (in tutto 15 gr. per ogni 100 gr. di capretto) e si cuoce ore 1 1⁄2 al forno bagnandolo di quando in quando col suo intinto.

Per fare l’intingolo colla parte davanti procederete nella stessa maniera, soltanto lo bagnerete con acqua o brodo e con un po’ di salsa di pomodoro.

In casa stringi, in viaggio spendi e in malattia spandi.

95. Capretto in umido. — Preparato il capretto come indica la precedente ricetta e messolo al forno, quando ha preso colore lo si bagna di tratto in tratto con brodo freddo o con acqua aggiungendovi da ultimo la salsa di pomodoro. Se v’aggrada, potete unirvi un po’ di cipolla e di ramerino pestati. Volendo poi farlo alla romana lo metterete in tegghia con 4-5 cucchiai d’olio, 40-50 gr. di [87] lardo pestato, due fese d’aglio, sale e pepe e una presina di noce moscata, nonchè con un finocchio tagliato a fettoline. Quando ha preso colore lo bagnerete col brodo, a due terzi di cottura leverete l’aglio, cioè in un’ora circa.

96. Capretto alla cacciatora. — Come l’agnello. Vedi N.º 63.

Nei campi si vive e in casa si muore.

97. Capretto fritto. — Tagliate il capretto a pezzetti, fate bollire questi una trentina di minuti nel brodo a cui avrete aggiunto delle erbe, involgeteli nell’ovo sbattuto e nel pangrattato e friggeteli nell’olio bollente o nello strutto.

98. Coratina di capretto. — La coratina o frittura di capretto, cioè il cervello, il polmone e il fegato bene lavati si tagliano a fettoline e infarinati si gettano in una cazzaroletta dove si avrà sciolto del burro, e si fanno saltare a fuoco ardente in pochi minuti, cioè muovendoli di continuo con un mestolino e salandoli alla fine. Il cuore, che è più duretto, si fa bollire un pochino nell’acqua o nel brodo.

99. Maniera di spellare il coniglio. — Come la lepre (vedi più sotto N.º 106), soltanto non si leva la seconda pelle.

100. Coniglio lesso (per il brodo). — Il coniglio lesso dà buon brodo. Esso impiega per cuocersi bene ore 1 1⁄2 — 2 secondo l’età. Le carni si fanno poi rosolare in un soffrittino di cipolle, lardo, prezzemolo e erbe odorose, ma è bene unire anche all’acqua in cui si cuoce un condimento rosolato di burro e cipolle, nonchè prezzemolo, grani di pepe, timo, alloro e un po’ d’aceto.

101. Coniglio in umido. — Tagliatelo a pezzi convenienti e salatolo e infarinatolo, lo disporrete in una cazzarola dove avrete sfatto un bel pezzetto di burro o di strutto misto col burro, aggiungendovi una fesina d’aglio che poi leverete e un cucchiaio di ramerino pestato; quando, cuocendo, ha preso colore, coprite il recipiente e bagnatelo di tratto in tratto coll’acqua o col brodo freddo per ottenere un po’ di sugo. Se vi piace, versatevi da ultimo un po’ di salsa di pomodoro. Potete anche rosolare, da principio, col grasso, 3-4 cipollette, un po’ di prezzemolo, di sedano e una carotina tritati [88] insieme, ciò per accrescere il sapore del coniglio. Un po’ di vino nero non gli nuoce. Allo strutto e al burro potete sostituire l’olio. Cottura ore 1 1⁄2 — 2.

Chi sa far fuoco sa far casa.

102. Coniglio cotto col latte. — Sciogliete in una cazzarola un bel pezzetto di burro, fatevi soffriggere alcune fettoline di lardo, disponetevi il coniglio tagliato a pezzi, salato e infarinato. Quando la carne ha preso colore, copritela di latte e lasciatela cuocere due ore adagio unendovi anche qualche presina di pepe. Se vi piacciono le spezie non dimenticate uno scrupolo di garofani o di cannella in polvere. Potete scarseggiare col sale e mettervi una sardella o due ben pulite con mezzo limone, il quale alla fine della cottura si leva via.

103. Coniglio marinato. — Tagliate un coniglio a pezzi, collocate questi in una pentola di terra e versatevi sopra la seguente marinata che avrete fatta bollire mezz’ora e lasciata intiepidire:

Un bicchiere di vino nero, un bicchiere d’aceto, due cipolle, mezzo limone, una carota, una radice di sedano, una fesa d’aglio, tre chiodi di garofano, due bacche di ginepro.

Voltate il coniglio ogni dì e in capo a 2-3 giorni cuocetelo arrosto o in umido come indicano le ricette del capretto N.i 94 e 95.

104. Coniglio arrosto. — Come il capretto (vedi N.º 94). S’intende che tanto il coniglio come il capretto riescono bene allo spiedo, bene lardellati e bagnati con un po’ di burro. Per il coniglio farete bene d’aggiungere un po’ di cipolla.

105. Coniglio a uso «Gulasch». — Come il manzo (vedi N.º 9), tagliato a pezzi regolari.

106. Maniera di spellare la lepre. — Fate un taglio circolare nella pelle intorno alle zampe, staccatela dalle coscie, dal dorso e dal ventre aiutandovi con un coltello e badando di non ferire la carne, rovesciatela come un guanto e fatela uscire dalla testa a cui avrete reciso gli orecchi.

Recidete quindi le zampe e la testa col collo fin dove cominciano i filetti del dorso e, se non avete intenzione di allestire la [89] lepre ripiena, asportate le costole del petto e la pelle del ventre senza estrarre i rognoni e mettetele da parte colle zampe posteriori ben pulite.

Questi cascami di lepre generalmente si marinano per farli poi cuocere in umido, ma hanno poco valore. Il rimanente si allestisce nelle più svariate maniere.

Il vento non è buono che a mandar navi e mulini.

107. Lepre arrosto. — Quando la lepre è bene spellata, avrete cura di levarne diligentemente le pelletiche con un coltellino fino senza guastare la carne, poi la guernirete qui e lì di filettini di lardo, introducendoveli con un coltello (se non possedete il lardatoio) e la metterete allo spiedo colle gambe posteriori incrociate. (In genere si lascia da parte il pezzo davanti che serve per fare un umido). Poi la farete girare sulla brace viva che val meglio del fuoco di legna, la salerete a metà cottura abbondantemente e la bagnerete tre volte a intervalli regolari con burro fuso. La durata della cottura dipende dall’età dell’animale. S’esso fosse vecchio converrebbe fargli subire prima la stessa marinatura del coniglio (vedi N.º 103). Un leprotto si cuoce in poco più di mezza ora, una lepre adulta ha bisogno d’una buona ora. In ogni modo occorre che la lepre sia molto bene infrollita.

Volendo invece allestirla al forno, la preparerete nello stesso modo e la cuocerete entro una cazzarola ovale disponendovi sotto un battutino di lardo e alcuni fiocchetti di burro. Cottura ore 1 1⁄4 circa.

108. Coratina di lepre. — Colla coratina della lepre, cioè col cuore, coi polmoni e col fegato si può allestire una buona salsa da gustarsi colla polenta o colla pasta. Anzi tutto conviene marinarli (se non si ha già marinata la lepre, nel qual caso si mettono nella stessa pentola) con un po’ d’aceto. Trascorsi un paio di giorni si passano allo staccio e si mettono poi in una cazzarolina dove si avrà soffritto in un pezzetto di burro un po’ di cipolla e di prezzemolo bene tritati, aggiungendovi un amaretto e alcune bacche di ginepro bene schiacciate, pepe e sale. Il composto va diluito col sugo della lepre o con un po’ di brodo buono misto di vino bianco. La salsa deve poi bollire lungamente (circa ore 1 1⁄2) e molto adagio. La coratina si fa anche rosolare nel burro alla semplice.

[90]

Chi ha l’arte ha ufficio e beneficio.

109. Polli, capponi, galline, piccioni, lessi. — I polli si pelano in genere appena scannati mentre sono ancora caldi; se sono freddi s’immergono due tre volte nell’acqua bollente, badando di tenerveli appena un paio di secondi a ciò non si scottino. I piccioni in genere sono sempre bagnati perchè usa affogarli. Nel pelare tutti questi volatili abbiate cura di non romperne la pelle. Accostateli poi alla fiamma rivoltandoli spesso per abbrustiarne le ultime pennine che vi fossero rimaste. Quindi per vuotare i volatili grandi taglierete loro la parte inferiore dal becco e fatta una incisione nel collo, verso il dorso, estrarrete la lingua, il gozzo, l’esofago e i polmoncini liberandoli con due dita dai filamenti che li fanno aderire internamente al petto. Voltato quindi l’uccello sul dorso gli farete un’incisione non troppo lunga dal basso all’alto presso la coscia destra, badando di non ferire l’intestino, ed entrando con due dita nel vano, estrarrete prima di tutto il grasso, se ve n’è, e lo metterete nell’acqua fresca.

Afferrerete quindi per di dietro lo stomaco tirando fuori tutto l’intestino colle interiora e guardandovi bene dal rompere il sacchetto del fiele che comunicherebbe un cattivo sapore alle carni. Questo sacchetto, i polmoncini, gl’intestini (a meno che non si voglia aprirli e pulirli), la cui estremità si recide, vanno gettati via: lo stomaco si apre, si vuota e si fa poi bollire nel brodo, per unirlo più tardi ai così detti fegatini, che sono il fegato e il cuore e che formano assieme alla cresta e ai granelli dei galli le così dette rigaglie.

Per poter godere gl’intestini dei polli li aprirete con un coltello o con l’apposito fusetto di legno e, lavatili diligentemente, li cuocerete insieme al volatile stesso, o a parte con burro, sale e pepe bagnandoli con poco brodo.

L’operazione del vuotare un volatile o un altro animale si chiama sbuzzare.

Quando il volatile è così preparato gli mozzerete le zampe, le ali (la testa non si porta in tavola) per cuocerlo a lesso. A questo scopo farete bollire dell’acqua col sale necessario e con l’aggiunta di quelle erbe che più vi piacciono, siano radici o piantine odorose, e quand’è bollente v’immergerete il volatile facendolo cuocere a norma della sua grandezza e qualità tre quattro ore, se si tratta [91] d’una gallina vecchia, due e mezzo d’un cappone, due d’un pollo, uno dei piccioni.

La piccola ménagère che avesse dell’abilità potrebbe rendere il lesso più vantaggioso preparando i polli con un ripieno di noci. Per far ciò le necessiterebbe allestire un composto del genere che segue e, dopo averlo introdotto nel volatile tanto dalla parte del collo (sopprimendo sempre la testa) che dalla parte dell’intestino, cucire il taglio con un filo forte, e involgere l’animale per la cottura in un pannolino.

È un’operazione abbastanza complicata, ma, se si trattasse di un giorno di festa, anche una semplice operaia, cui la buona sorte concede un certo largo, non deve rifuggire dal lavoro quando ciò serve al suo tornaconto e a soddisfazione della famiglia.

Ripieno. — Inzuppate nel latte o meglio nel brodo, se vi fa comodo, 200 gr. di pane passandolo poi allo staccio con una cinquantina di noci grattate, coi fegatini del pollo, e il suo grasso se ne aveva, oppure 80 gr. di midollo di manzo, un ovo intero, un po’ di noce moscata e di cannella, se v’aggrada. Rimestate un momento il composto sul fuoco, in una padella, bagnandolo con latte o con brodo se fosse troppo asciutto, e servitevene quand’è freddato.

Il mondo senza pace è il denaro del soldato.

110. Pollo arrosto. — Sbuzzato che abbiate il volatile come indica la precedente ricetta, lo soffregherete internamente col sale, poi lo adagerete in una tegghia mettendogli intorno qualche fiocchetto di burro e lo collocherete al forno, voltandolo spesso, salandolo quando comincia a fare la schiuma e irrorandolo col suo grasso. Se non fosse grasso vi converrebbe aggiungere un po’ di lardo pestato. Il pollo deve prendere un bel colore dorato pur restando morbido. Se vi piace di allestirlo col ripieno e se avete delle castagne a disposizione, ne cuocerete una cinquantina al forno, e pestatele con un po’ di mollica di pane (30 gr. circa) bagnata nel brodo o nel latte, coi fegatini del pollo, due tre belle fette di salame o di salsiccia, sale, pepe, prezzemolo e noce moscata, e legatele con un uovo, ne riempirete il pollo come indica la precedente ricetta per poi cuocerlo al forno. S’intende che la cottura allo spiedo lo rende ancor migliore, ma pochi possiedono quest’arnese e un focolare adatto.

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Non metter bocca dove non ti tocca.

111. Pollo in umido alla cacciatora. — Sciogliete dello strutto in un tegame, fatevi soffriggere alcune cipollette mondate e tritate, collocatevi sopra il pollo tagliato a pezzi, lasciatelo rosolare un pochino, poi versatevi della salsa dì pomodoro e tiratelo lentamente a cottura salandolo a metà di essa.

112. Pollo in intingolo. — Tagliatelo a pezzi, infarinate questi dopo averli bene salati e metteteli a fuoco vivo con alcuni pezzetti di burro crudo; quando coloriscono bagnateli con brodo o con un po’ di vino bianco alternativamente o con semplice acqua, rallentando il calore. Cottura ore una circa. Se vi gradisse, potreste aggiungervi un paio di cipollette intere e una presina di paprica; ciò lo renderebbe più piccante.

113. Pollo colle verdure. — Mettete un pollo intero in una cazzarola grande dove avrete sfatto del grasso (strutto o strutto e burro misti) e lasciatevelo rosolare un quarto d’ora; contornatelo quindi di tutte le verdure di cui disponete: cavoli, rape, cavolfiore, cipollette, carote, sedani, finocchi, porri, patate, pomidori; coprite il composto d’acqua o meglio di brodo e lasciatelo cuocere adagio ore 1 1⁄2 circa. Le verdure più delicate o che si sfanno facilmente le metterete da ultimo.

114. Pollastri alla gratella. — Tagliate i pollastri (dopo averli bene sbuzzati) per il lungo, dalla parte del dorso, schiacciandoli bene col mazzuolo, e preparato un composto di erbe odorose trite, pepe, sale e olio fateveli giacere un paio d’ore prima di collocarli ai ferri. Appena sono rosolati da una parte li volterete, mettendovi, se occorresse, ancora un po’ di sale.

115. Pollastri fritti. — Lessateli fino a metà cottura (sempre dopo averli preparati come indica la ricetta N. 109), tagliateli a pezzi, involgeteli nell’ovo sbattuto e nel pangrattato e friggeteli nuotanti nello strutto o nell’olio bollente.

116. Piccioni. — I piccioni pelati, lavati e sbuzzati come i polli si possono cuocere tanto a lesso colle erbe, come in umido o alla gratella. Le ricette indicate per i polli servono anche per i piccioni.

[93]

Le buone parole ungono e le cattive pungono.

117. Tacchino lesso. — Il tacchino si cuoce pure lesso; le parti più adatte a questo scopo sono il petto e le ali, tuttavia potete metterlo al fuoco intero (dopo averlo debitamente vuotato; vedi N.º 109). Se fosse vecchio, vi converrebbe farlo bollire parecchie ore, e non senza l’aggiunta (oltre le solite erbe, vedi ancora N.º 109) di un battutino di lardo.

118. Tacchino arrosto. — Come il pollo, soltanto lo cuocerete più a lungo secondo la grandezza dell’animale, dalle due alle tre ore.

I tacchini giovani si possono cuocere ai ferri come i pollastri e i più adulti anche in umido seguendo sempre le stesse regole del pollo.

119. Folaghe. — Le folaghe sono grandi uccelli acquatici che si possono gustare anche nei giorni di magro in umido o arrosto come i polli. Esse hanno un sapore alquanto nauseante, conviene quindi marinarle, 3-4 giorni, con mezzo bicchiere di vino, mezzo bicchiere d’aceto e mezzo d’acqua che avrete fatto bollire insieme a una cipolla, mezzo limone, tre chiodi di garofano, una fesa d’aglio, cinque bacche di ginepro e una carotina. Questa marinata, cioè questo liquido, compresi i suoi ingredienti, si versa tiepida sull’uccello pelato e sbuzzato.

120. Oca lessa. — Come il pollo, tanto intera come a pezzi, con molte erbe e droghe a piacere. Cottura dalle due alle quattro ore secondo l’età dell’uccello.

L’ubbidienza è santa.

121. Oca arrosto. — Usa spesso cuocere l’oca al fuoco con un ripieno di mele crude tagliate a fettoline finissime e miste con un po’ di zucchero. Regolatevi secondo la ricetta N.º 109 per la maniera di mettere il ripieno.

122. Anitra lessa. — Come l’oca. Le anitre selvatiche hanno qualche volta un sapore disgustoso che si toglie colla marinata come alle folaghe. Vedi ricetta N.º 119.

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123. Anitra arrosto. — Sciogliete del burro in una cazzarola, fatevi soffriggere due cipollette e un cucchiaio di prezzemolo pestato. Adagiatevi sopra l’anitra preparata secondo la regola del pollo (vedi N.º 109) badando però di salarla e d’infarinarla tutta. Quando ha preso un bel colore da tutte le parti nel forno, versatevi sopra un po’ di zucchero e, quando questo si è sciolto e arrossato, 3-4 cucchiai d’aceto e continuate a bagnarla col suo intinto. Cottura ore 1 1⁄2 — 2 secondo la grandezza.

Uccello che non canta non dà augurio.

124. Uccellini allo spiedo. — Preparate gli uccellini, pelandoli secondo la regola, recidendo loro le zampine e senza vuotarli, infilzateli in uno spiedo fino dividendoli con due fettine di lardo separate alla lor volta da una foglia di salvia e girate lo spiedo in fretta dinanzi ad una fiamma leggera di sarmenti, bagnandoli di quando in quando con burro fuso. Quando cominciano a fare la schiuma, salateli, poi spolverizzateli di pangrattato finissimo, tirateli quindi a cottura sulla brace viva finchè sono rossicci senza riescire troppo croccanti. Potete anche omettere il lardo, e aumentare un pochino la quantità del burro, che si raccoglie in una cazzaroletta e si versa sulla polenta la quale si serve cogli uccelli. Cottura 25-30 m.

125. Uccellini in tegghia. — Infilzate gli uccellini a due a due in piccoli stecchini di legno, dividendoli e guernendoli dalle parti colla salvia e col lardo, se esso vi conviene, collocateli in una tegghia con alcuni pezzetti di burro e fateli rosolare sul fornello, salandoli e cospargendoli di pangrattato quando cominciano a fare la schiuma. Quando li levate dalla tegghia, asciugatene l’intinto con fette di polenta. Cottura 30 m.

In questo modo si cucinano anche gli uccelli più grossi, come le quaglie, i tordi, le cesene, ecc. ecc.; soltanto questi in parecchi paesi si vuotano per mettervi un ripieno di lardo e di salvia.

Nell’Italia media usa cuocerli coll’olio invece del burro e farli in umido colla salsa di pomodoro.

[95]

CAPITOLO SETTIMO. GLI ORTAGGI E I FUNGHI.

Sezione I. GLI ORTAGGI.

Amicizia di genero sole d’inverno.

1. Gli asparagi. — Gli asparagi si puliscono in fondo, raschiandoli con un coltellino, si pareggiano, e legatili a mazzetti, si fanno lessare gettandoli nell’acqua bollente salata, finchè sono morbidi senza diventare mollicci. Si possono gustare così semplicemente col sale, oppure conditi in insalata o con burro e formaggio.

2. Le barbabietole. — Le barbabietole si condiscono con olio, aceto, pepe e sale dopo averle cotte nell’acqua bollente salata. La cottura, se sono grandi, può esigere anche tre ore di tempo. Le piccole barbabietole rosse, affettate, si possono anche conservare come appresso, nell’aceto forte, con un cucchiaio di seme di comino.

3. Le biete. — La parte verde delle foglie di bieta può sostituire benissimo lo spinacio, le loro costole bianche si fanno lessare nell’acqua bollente salata, poi si mondano e si condiscono in insalata oppure si tagliano a pezzi e si rosolano in tegghia con olio, burro, pepe e sale, bagnandole con un po’ di latte.

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4. I broccoli e i cavolfiori. — Si fanno lessare come ogni altro ortaggio, poi si condiscono in insalata oppure con burro fuso e formaggio. Per l’insalata si possono impiegare anche le prime foglie verdi.

Broccoli strascinati alla romana. Sciogliete in un tegame un pezzetto di strutto, quand’è bollente unitevi i broccoli lessi e tagliati a pezzi, fateveli rosolare, aggiungetevi il sale, un po’ di formaggio e di pepe a piacere e serviteli fumanti.

Dal mal uso è vinta la ragione.

5. I carciofi. Diverse maniere di prepararli.

Lessi. Il sistema più semplice e che conviene ai carciofi grandi è quello di lessarli nell’acqua bollente salata e di gustarli poi con olio, pepe e sale. Cottura 3⁄4 d’ora circa. I carciofi piccoli si cucinano a preferenza nelle seguenti maniere.

Alla «giudía». Mozzato che abbiate il gambo dei carciofi giovani e spuntatene le foglie, cercherete d’aprire queste quanto meglio vi riesce e vi verserete un composto di prezzemolo trito, olio, pepe e sale pestato con 2-3 fesine d’aglio. Collocateli ritti in una tegghia, dove avrete versato un dito d’acqua e cuoceteli adagio circa ore 1 1⁄2.

Alla fiorentina colle acciughe o colle sardelle. Prendete carciofini giovanissimi e morbidi di qualità, preparateli come i precedenti, dimezzateli; riempiteli con un composto di pane (la sola mollica, bagnata nel brodo o nel latte), aglio, pepe, olio, due sardelline pestate (ogni 6 carciofi), sale, se occorre. Collocateli quindi sulla gratella e fateveli cuocere ancora 15 minuti.

Alla fiorentina coi piselli. Tagliate a metà dei giovani carciofi, preparati come sopra, metteteli in tegghia sopra uno strato di piselli crudi e continuate ad alternare queste due verdure aggiungendo sale, pepe, olio e burro. Copritele quindi di brodo e lasciatele cuocere ore 1 1⁄2. Versatevi da ultimo la salsa di pomodoro, rovesciatele senza toccarle sopra un piatto e spolverizzatele di formaggio.

Alla parmigiana. Fate sciogliere dello strutto in un tegame, quand’è bollente adagiatevi dei piccoli carciofi lessi e dimezzati col sale necessario e un po’ di pepe. Lasciateli rosolare un pochino, spolverizzateli di formaggio e serviteli fumanti.

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Fritti. Carciofini giovani, lessati nell’acqua bollente salata, dimezzati, dorati, panati, fritti nello strutto fumante.

Crudi. I carciofi giovani, tagliati a fettine, si gustano anche crudi con olio, sale, pepe.

NB. Se i carciofi fossero un po’ maturi e avessero il così detto «fieno», levateglielo diligentemente con un coltellino.

L’acqua fa l’orto.

6. Le carote. — Le carote si possono cucinare come molti altri ortaggi ma sono poco usate nella cucina semplice e si adoperano preferibilmente per dar sapore alle minestre, nei soffritti, negl’intingoli ecc. ecc.

7. I cavoli cappucci. Diverse maniere di prepararli.

Arrostiti alla contadina. Tagliate i cavoli ben lavati a sottili fettoline, lasciando da parte i torsoli e i nervi troppo grossi delle foglie. Fate soffriggere, nell’olio bollente, un paio di cipollette tritate (circa 3 cucchiai d’olio per ogni chilogr. di cavoli), aggiungetevi poi le fettoline e arrostitele, rimestando bene. Bagnate i cavoli con un po’ d’acqua e tirateli lentamente a cottura, rifondendo l’acqua ove occorresse. Essi saranno pronti in circa ore 1 1⁄2. Non dimenticate il sale e il pepe.

Alla casalinga, col lardo. Preparate i cavoli come nella precedente ricetta, collocateli in una cazzarola sul cui fondo avrete disposto un battutino di lardo (circa 3 cucchiai scarsi di minuti pezzetti di lardo per un chilogr. di cavoli), bagnateli con acqua in abbondanza, aggiungetevi pepe e sale, e lasciateli cuocere lentamente due ore rifondendo il liquido ove occorresse. Da ultimo fate arrossare un cucchiaio di farina in due cucchiai di strutto bollente, e versate il composto nei cavoli.

Alla casalinga colla salsiccia. Mettete un paio di cucchiai di strutto in una cazzarola e, quand’è bollente, unitevi un chilogr. di cavoli cappucci preparati a listarelle come indica la prima ricetta, rimestate bene, bagnate con acqua e seppellite in mezzo ai cavoli una o due salsicce (lucaniche) di maiale. Se i cavoli si asciugassero rifondete un po’ d’acqua o di brodo.

Quando la polenta è cotta, la salsiccia si trova bell’e pronta colla verdura.

Con i pomidori. Tagliate un bel cavolo in quattro parti e mettetelo [98] nell’acqua fredda; trascorse un paio d’ore, levategli i torsoli e i nervi e tritatelo bene colla mezzaluna. Collocatelo subito in una cazzarola col sale occorrente e pepe a discrezione e lasciatelo cuocere un buon quarto d’ora. Mettetelo quindi in una scodella che terrete in luogo caldo e, al momento di mandarlo in tavola, versategli sopra la salsa di pomodoro. (Vedi Cap. 5º N.º 57).

Con le rape. Tagliate a fettoline parti eguali di cavoli e di buone rape mondate, metteteli in una cazzarola coprendoli d’acqua e lasciate cuocere adagio il composto per ore 1 1⁄2 circa. Sciogliete (per ogni chilogr. di verdura) un bel cucchiaio colmo di strutto in una padellina, unitevi quand’è bollente un paio di cucchiai di zucchero per farlo arrossare; quand’esso ha preso un bel colore, più che dorato, gettatelo nei cavoli e rimestateli bene a ciò piglino anch’essi il rosso. Poco tempo appresso potete metterli in tavola.

Coll’aceto. Tagliate a minute fettoline tre piccoli cavoli rossi, tedeschi, riscaldate del burro di cocco (un bel pezzetto) o un pezzetto di burro in una cazzaroletta, soffriggetevi una grossa cipolla; quando ha preso colore unitevi i cavoli, un quintino di aceto, sale e pepe. Cuocete circa ore 1 1⁄2. Oppure, lessate il cavolo tagliato a fettine nell’acqua bollente salata, lasciandovelo un buon quarto d’ora, procedete quindi come sopra, diminuendo il tempo della cottura.

A uso di cavoli acidi (crauti). Preparate, come indica la prima ricetta, una bella palla di cavolo, mettete le fettoline in una pentola di terra e versatevi sopra un quartuccio d’aceto bollente. Trascorso qualche tempo, fate ribollire l’aceto e ripetete l’operazione. Dopo due ore levate i cavoli dalla pentola dove li avrete anche di tratto in tratto rimestati, e metteteli in una cazzarola sopra un battutino di lardo, poi fateli cuocere, movendoli spesso, per un’ora circa. Alla fine vi metterete il sale e il pepe. Se si asciugano troppo, vi aggiungerete qualche cucchiaio del loro aceto. Volendo omettere il lardo, li condirete con un cucchiaio di farina arrostita in un buon cucchiaio di strutto bollente.

In insalata. Ben lavati, tagliati a fettoline minutissime disporrete i cavoli in una insalatiera e vi verserete sopra dell’acqua bollente facendola scolare subito. Conditeli quindi con olio, aceto, sale e pepe. Potete anche soffregare l’insalatiera, quand’è ancora vuota, con una fesa d’aglio e unire alle fettoline, per scottarvele insieme, 3-4 cipollette bene mondate e tagliate a fette per traverso.

[99]

Cavoli sotto l’aceto. Prendete una bella palla di cavolo, levate i nervi grossi e il torsolo, tagliuzzate quindi minutamente le foglie, aggiungetevi un paio di cetrioli freschi, 3-4 peperoni, 2-3 cipolline, tutto minutamente tritato, salate abbondantemente questa miscela e collocatela in una pentola. Il giorno seguente scolate tutta l’acqua e versatevi sopra dell’aceto forte in cui avrete messo grani di pepe e spezie a piacer vostro. Dopo 4-5 giorni potrete gustare i cavoli colla polenta o colle carni.

Il cuore non si vede.

8. I cavoli acidi (Crauti). Diverse maniere di cucinarli.

Sta sempre bene lavare i cavoli acidi, ma qualche volta l’operazione si rende indispensabile per levar loro la soverchia e dannosa acidità.

I cavoli acidi vanno cotti lungamente, anche 3-4 ore, per cui conviene metterli al fuoco anche due giorni di seguito. Essi riescono molto più digeribili con una prolungata cottura. Vi sono diverse maniere di prepararli. La più usata è la seguente:

Colla salsiccia. Metteteli in una cazzarola sopra un piccolo strato di lardo pestato (50-60 gr. per ogni chilogr. di cavoli) bagnandoli con un po’ d’acqua o di brodo, unitevi la salsiccia (lucanica) ben lavata e lasciate cuocere ogni cosa adagio tre ore circa. Il lardo si può lasciare anche intero. Ricordate sale e pepe.

Coll’olio. Arrostite i cavoli acidi nell’olio bollente rimestandoli bene e fateli cuocere (bagnandoli di tratto in tratto coll’acqua) 4-5 ore, senza dimenticare il sale e il pepe.

Colla farina arrostita. Sciogliete un pezzetto di strutto in una cazzarola, unitevi i cavoli, con un mestolo d’acqua. Mezz’ora prima di metterli in tavola unitevi un cucchiaio di farina arrostita in un pezzo di strutto sciolto bollente e diluito con 2-3 cucchiai d’acqua, rimestando bene ogni cosa.

9. Il cavolo verza (verza). Diverse maniere di prepararlo.

Alla casalinga. Lessate alcuni minuti le foglie di verza nell’acqua salata bollente, spremetele e, trinciatele bene, mettetevi quella quantità di pepe che bramate, un po’ di sale se occorresse, e fatele soffriggere adagio una trentina di minuti in una cazzarola dove avrete riscaldato, prima dell’olio, e poi un pezzetto di burro. Potete aggiungervi anche una fesa d’aglio che poi leverete.

[100]

Col lardo. Preparate le verze come per la precedente ricetta, mettetele in una cazzarola dove avrete disposto uno strato di lardo pesto e di prezzemolo trito fino e un paio di fese d’aglio che poi leverete a metà cottura cioè dopo 30 m. circa.

Alla cappuccina. Riscaldate dell’olio in una cazzarola, unitevi un pezzetto di burro, due cucchiai di prezzemolo trito, due sardelle diliscate e pestate fine, soffriggete ogni cosa, mescolatevi le verze lessate come nella prima ricetta, asciugate e trinciate, sale e pepe, e fatele cuocere lentamente, bagnandole, se occorresse, con un po’ d’acqua o di brodo.

In insalata, cotte. Lessate 30 m. le foglie ben lavate di verza nell’acqua bollente salata le spremerete entro un pannolino e le disporrete senza trinciarle in una insalatiera che avrete soffregata con una costa d’aglio per poi condirle con olio, aceto, sale e pepe.

In insalata, crude. Ben lavate, e tagliuzzate a fine listarelle, le condirete come dicemmo sopra e, volendo dar loro un sapore più piccante, sarete parchi col sale e pesterete invece una sardella diliscata coll’olio.

L’estate è la madre dei poveri.

10. I cavoli navoni. — I navoni si fanno lessare una trentina di minuti nell’acqua bollente salata, poi si tirano a cottura, tagliati a fette, in un tegame dove si avrà preparato un soffrittino di strutto e di cipolla. Simili ai navoni ma più dolci sono i cavoli rutabaga (vedi sotto).

11. I cavoli rapa. — I cavoli rapa si devono gustare mentre sono ancor giovani altrimenti riescono assai legnosi. Essi si mondano e si tagliano generalmente a fettine, poi si mettono in una cazzarola con burro od olio, pepe e sale, e quando in capo a mezz’ora sono rosolati si bagnano con acqua o brodo e si tirano a cottura.

12. I cavoli rutabaga. — Come le rape, ricetta col lardo ma senza zucchero.

13. I ceci. — Si possono mangiare tanto verdi che secchi; verdi, tuttavia, hanno la buccia alquanto dura. In ogni caso i ceci sono alquanto difficili a cuocersi ed è quindi saggio consiglio di [101] metterli in molle nell’acqua la sera per la mattina. L’acqua piovana s’addice meglio d’ogni altra per la cottura delle leguminose; se non ne aveste a disposizione vi converrebbe unirvi durante la lunga bollitura (di 5-6 ore circa) un sacchettino pieno di cenere, o un po’ di bicarbonato di soda. Per condirli come verdura (qualora non li gustiate come generalmente usa in minestra) vi mescolerete quando sono cotti un soffrittino di olio e cipolla.

Rispetti, dispetti e sospetti guastano il mondo.

14. I cetrioli. — Si mangiano generalmente in insalata, mondati, tagliati a fette per traverso e cosparsi di sale in abbondanza. Quest’operazione si fa alcuni minuti prima di condirli avendo poi cura di versar via l’acqua che tramandano. I cetrioli in insalata sono ancor più gustosi se si mescolano con fette di patata, di sedano, di pomodoro o colla cicoria e la lattuga.

Essi si possono anche cuocere con olio, burro, pepe e sale.

I cetriolini si mettono sotto l’aceto.

15. La cicoria. — Si mangia quasi sempre in insalata, cruda, ma volendo si può anche lessare (per renderla più digeribile) nell’acqua bollente, salata, dopo di che si spreme bene, per poi condirla. Volendo gustarla cruda, se le foglie sono grandi e dure, se ne leva il nervo mediano e si tagliuzza il resto, finamente, con le forbici. Il torsoletto della cicoria e del radicchio di Treviso si può mettere anche qualche minuto alla gratella dopo averlo intinto nell’olio misto di sale e pepe.

16. La cipolla. — Tritata o affettata essa serve per dar sapore alle carni e alle verdure, o per fare salse e minestre; intera si può mettere negli umidi, di cui assorbe piacevolmente il gusto. Cruda si mangia in insalata, con le patate, le barbabietole o con altre verdure da non cuocersi, come lattuga, indivia, cetrioli, pomidori ecc. ecc.

Volendo toglierle l’eccessivo sapore la scotterete, prima di condirla, coll’acqua bollente.

Dove non vedi non ci metter le mani.

17. Il cren (rafano). — È una radice che si può coltivare nell’orto e che grattata e mista di zucchero ed aceto in piccola quantità fornisce un ottimo appresso per le carni e per le verdure.

[102]

18. Il crescione. — Si mangia sempre in insalata.

19. Il dente di leone. — Come sopra, specie se bianco e morbido; duro che sia vi converrà meglio cuocerlo un pochino e spremerlo prima di condirlo.

20. L’erba cipollina (santigola). — Si lava, si trita e si condisce insieme all’insalata, oppure si mette negl’intingoli e nelle salse.

21. Fagioli verdi. Diverse maniere di prepararli.

Alla contadina. Levate le punte e il filo ai fagiolini, lavateli e gettateli in un paiolo dove avrete fatto bollire dell’acqua in abbondanza, salandola. Cuoceteli a fuoco ardente (la durata della cottura non è facilmente determinabile perchè essa dipende dalla qualità dei fagioli), versateli in una scodella forata, per scolarli. Riscaldate intanto dell’olio in una tegghia, fatevi soffriggere 2-3 cipolle mondate e affettate e un paio di spicchi d’aglio tritati finissimi, unitevi i fagioli scolati e pestateli minutamente colla paletta aggiungendovi un po’ di pepe e di sale, se ancora occorresse. Se volete renderli ancor migliori amalgamatevi alla fine un cucchiaio di formaggio.

Triffolati. Preparate un battutino con 2-3 cipolle, una piccola manata di prezzemolo, e mezza di santoreggia (peverella), più una sardella diliscata, fate soffriggere il composto un paio di minuti nel burro sciolto, unitevi i fagioli preparati e cotti come indica la precedente ricetta, rimestate un quarto d’ora il composto, aggiungendo pepe, sale se occorre, qualche droga se vi conviene. La sardella si può anche omettere.

Col lardo. Preparati e cotti i fagioli come sopra, li porrete in tegghia su un battutino di lardo per metà rosolato, bagnandoli con acqua o brodo e ricordando sempre pepe e sale ove occorresse.

Fritti. Cotti i fagiolini come sopra involgeteli mentre sono ancor caldi nella farina e friggeteli nello strutto che avrete fatto fumare in un largo tegame.

In insalata. Preparati e cotti i fagioli come dicemmo sopra, se volete con un pizzico di bicarbonato di soda a ciò restino verdi, li farete scolare e poi li condirete con olio, aceto, pepe e sale, mescolandovi, se vi piace, un po’ d’erba cipollina trita.

[103]

La santoreggia dà molto sapore ai fagioli ed è bene aggiungervene due tre ramicelli durante la cottura.

NB. Badate ch’è cosa di grande importanza il lavare con diligenza i fagioli che spesse volte vengono irrorati, per la loro vicinanza alle viti, con elementi perniciosi alla salute.

22. I fagioli sgranati, verdi, bianchi, freschi e secchi. — Potete valervi di tutte le precedenti ricette (meno il fritto che si fa soltanto coi baccelli) per i fagioli sgranati freschi. I fagioli sgranati secchi esigono una cottura più lunga sempre nell’acqua bollente salata, e quando sono vecchi si mettono anche in molle la sera per la mattina. Con questa misura perdono tuttavia una parte del loro sapore. Cotti che siano li condirete (tenendoli tiepidi) in insalata, o li preparerete in tegame come quelli alla contadina.

Alla santoreggia (peverella) si può sostituire la salvia.

I fagioli sono un cibo molto nutriente.

Preso il partito cessato l’affanno.

23. La fava. — Della fava si mangiano i baccelli immaturi, come i fagioli quando hanno appena raggiunto un terzo della loro grossezza, oppure i semi sgusciati maturi, ma conviene lasciarli in molle dalla sera alla mattina e levar loro la buccia indigesta. Quindi si preparano come minestra o colla ricetta dei fagioli alla contadina.

24. Il finocchio. — Si mangia crudo con olio, pepe e sale, oppure cotto a fettine in tegame con burro, o olio, pepe, sale e un pochino di brodo da aggiungersi quand’è rosolato. Ottimo appresso per la polenta.

25. L’indivia. — Condita in insalata, ma si può anche cuocere in tegghia con un po’ di burro, spolverizzandola di farina e aggiungendo pepe e sale. Prima di far ciò si legano i piccoli cesti, ben lavati, con un filo e si fanno lessare un poco nell’acqua bollente salata.

26. La lattuga. — Come sopra. Invece dell’olio si può mettere in queste verdure da condirsi in insalata due tre cucchiai di lardo pestato e soffritto.

27. Le lenticchie. — Si preparano generalmente in minestra (vedi pag. 24) oppure, lessate che siano, si aggiungono agli umidi, [104] o si fanno insaporire in un soffrittino di burro e cipolla con l’aggiunta d’un cucchiaio di farina.

Per cuocere le lenti, si getteranno ben lavate nell’acqua bollente e di mano in mano si leveranno via tutte quelle che vengono a galla e che non sono buone. Vi sono lenticchie che impiegano parecchie ore prima di cuocere; in questo caso vi converrebbe metterle in molle la sera per la mattina.

28. I luppoli. — I luppoli, cioè le cime dei loro freschi virgulti, e le vettine della Spirea aruncus, chiamati sul mercato Asparagi selvatici, si fanno lessare e si condiscono in insalata o col burro. Essi hanno un piacevole sapore amarognolo. Prima di lavarli si monda loro un pochino il gambo. Certuni li mettono anche nella zuppa di pane.

29. Il mais zuccherino. Granturco dolce. — Vi è una qualità di granturco detto zuccherino ch’è assai dolce e le cui pannocchie si raccolgono immature. Se sono molto piccine, come il dito mignolo, si possono mettere sotto l’aceto crude o lievemente scottate nell’acqua bollente e servono di appresso alle carni lessate. Tutte le qualità di granturco si prestano d’altronde a questo scopo. Le pannocchie più grandi si fanno tostare nella cenere rovente oppure si cuociono a lesso per gustarne poi i chicchi con un po’ di burro. Finalmente i chicchi sgranati e cotti si possono condire in insalata, o soffriggere nell’olio.

30. La melanzana. — Le melanzane si gustano cotte e crude, in insalata oppure mondate, tagliate a fette e soffritte con olio, pepe e sale.

31. La pastinaca. — Serve particolarmente per dare buon sapore al brodo.

Se non ci fosse il se e il ma si sarebbe ricchi.

32. Le patate. Diverse maniere di prepararle.

Le patate appartengono a quei cibi gustosi che appaiono a tutte le mense, tanto all’umile desco del povero, come alla sontuosa tavola dei re. Infinite ricette vi sono per cuocere le patate, le più semplici sono le preferibili.

Lesse. Le patate si possono lessare colla buccia mettendole al fuoco nell’acqua fredda che a metà cottura si rinnova e da ultimo [105] si lascia asciugare (cottura ore 1 — 1 1⁄4); mondate, nel brodo grasso e molto adagio, sistema col quale riescono condite; e a vapore, cioè in una cazzarola bucherellata e ben coperta, sopra l’acqua bollente. Oltre a questi metodi vi è ancora l’uso d’involgerle in due pezzi di carta bagnata e d’immergerle nella cenere ardente.

Le patate lesse col sale, specie se di qualità fina, sono squisite.

Arrostite. Sciogliete un pezzo di strutto in una larga padella di ferro, quand’è bollente fatevi soffriggere 2-3 cipolle bene trinciate, poi le patate lesse fredde e tagliate a fette regolari, voltandole con la paletta finchè hanno preso da tutte le parti una bella crostina dorata e spolverizzandole di sale e di pepe. Allo strutto potete sostituire l’olio bollente. Potete arrostirle anche crude.

Arrostite colla farina. Come sopra, soltanto lascerete da parte la cipolla e prenderete delle patate bollenti, appena lessate, e tagliatele con precauzione a grosse fette, involgerete ciascuna di queste, prima di arrostirle, nella farina bianca.

Arrostite schiacciate. Cuocete alcune patate farinose lasciandovi asciugare tutta l’acqua, come dicemmo sopra. Schiacciatele, ben mondate, badando che non vi restino bozzoli, aggiungetevi un pochino di latte, sale e pepe e mettetele al forno in un tegame unto avendo cura che prendano da ambe le parti una bella crostina dorata.

Fritte. Mondate, lavate, tagliate a fette finissime le getterete così crude nello strutto bollente cospargendole di sale a cottura finita, cioè quando sono rosse. Devono nuotare nel grasso.

Col latte. Tagliate a fette delle patate lesse, non troppo farinose, fatele soffriggere in un po’ di burro, o di strutto bollenti, aggiungendovi una manatina di prezzemolo trito, copritele di latte freddo e tiratele lentamente a cottura.

Col latte all’americana. Mondatele, lavatele e così crude tagliatele a finissime fette, disponete queste in una tegghia aggiungendovi pepe e sale, copritele di latte, condendole con 2-3 fiocchetti di burro e collocatele al forno. Cottura ore una.

Col pomodoro. Come le patate «col latte» sostituendo a questo della salsa di pomodoro piuttosto liquida.

Al forno in forma di tortino. Cuocete patate farinose, schiacciatele colle mani fra una salvietta, riunitele, disponetele in una tegghia unta, o su una piastra col sale necessario e un po’ di pepe, spargetevi sopra alcuni fiocchetti di burro e collocatele al forno [106] per levarle quando avranno fatto una crostina dorata. Potete anche unirvi un po’ di burro e un pesto di lardo nel formare il tortino, il quale si può anche cuocere in uno stampo bene imburrato.

Triffolate. Diliscate bene una buona aringa salata o 2-3 sardelle e pestatele finamente. Diluite questo battuto con alcuni cucchiai d’olio e aggiungetevi pepe in abbondanza. Ungete un tegame di burro, disponetevi uno strato di patate cotte e affettate, versatevi sopra un po’ di composto e continuate così finchè la cazzarola è piena. Collocatela allora nel forno o nella brace e tenetevela circa un’ora a fuoco moderato per poi rovesciarne il contenuto su un piatto e prima di portarlo in tavola spolverizzarlo di formaggio. Ottimo piatto di magro. Omettendo l’aringa si possono condire con burro crudo, olio, formaggio, sale e pepe.

Polpettone di patate. Cuocete delle patate farinose, schiacciatele sulla spianatoia e passatele da uno staccio, unitevi un pezzetto di burro, un po’ di latte, il sale occorrente e formatene un grosso salsiccione. Disponete questo in un tegame lievemente unto e spolverizzato di farina, poi doratelo tutto, mediante una piuma, con un ovo che avrete sbattuto con una forchetta e collocatelo al forno. Ore 1 — 1 1⁄2 di cottura. Alle patate potete unire anche un po’ di prezzemolo pesto e altri odori se vi conviene.

Costolette di patate. Preparate le patate come per la precedente ricetta del polpettone, unendovi anche un ovo e un pochino di formaggio. Stendete il composto sopra un tagliere infarinato e tagliatelo con un bicchiere in tanti rotondini che poi involgerete nell’ovo sbattuto e nel pangrattato. Cuocetele quindi nel grasso bollente, sia strutto, sia burro animale o burro di cocco, come le costolette di vitello. Potete involgerle anche semplicemente nel pangrattato.

In insalata. Lesse, mondate, tagliate a fette, condite con olio, aceto, sale e pepe, oppure con un po’ di lardo soffritto a dadolini e aceto, oppure con dell’olio bollente in cui si avranno fatto soffriggere 3-4 cipolle affettate, aceto, sale e pepe che s’intende. Se sono molto calde, cioè appena cotte, le patate si possono anche schiacciare e condire con solo olio, pepe e sale. Esse sono molto gustose anche se mescolate con altre verdure cotte o crude, come barbabietole, peri di terra, sedani, pomidori, lattuga, cicoria, indivia ecc.

[107]

Aria da finestra colpo di balestra.

33. I peri di terra (Topinambours). — Come il sedano in tutte le maniere fuorchè crudi. Cottura brevissima.

34. I peperoni. — Si mettono generalmente sotto l’aceto ma si possono anche friggere così alla semplice, nell’olio o nello strutto bollenti, lavati e bene asciugati. Questo però se sono piccoli. I grandi si scottano nell’acqua bollente, si dimezzano, si bagnano con l’olio, si spolverizzano di sale e pepe, se piace, e si cuociono alla gratella. Se vi gradisce di farli ripieni vi metterete, su ciascuna metà, un piccolo cucchiaio di pangrattato condito con olio, sale e pepe e col sapore dell’aglio e un po’ di prezzemolo trito e li cuocerete parimenti ai ferri.

35. I piselli col guscio (taccole, mangiatutto). — Si fanno cuocere nell’acqua salata bollente, poi bene scolati si condiscono in insalata, oppure si soffriggono in tegghia con l’olio o con un battutino di lardo e un po’ di cipolla, sale e pepe, che s’intende.

36. I piselli sgranati. — Si fanno cuocere come le taccole, poi si condiscono semplicemente versandovi sopra burro appena sciolto, oppure si soffriggono in tegghia come quelli col guscio.

Caldo di panno non fe’ mai danno.

37. I pomidori. — Il vero merito dei pomidori è quello di dare un sapore speciale e molto gradevole alle salse, alle minestre, agl’intingoli (vedi pag. 57 salsa di pomodoro). Essi possono tuttavia fornire da soli, cioè con un limitato condimento, un piatto gustoso e sano. Ecco varie maniere di allestirli.

Pomidori stufati. Preparate, sul fondo d’una tegghia, un battutino abbondante di cipolle con qualche fiocchetto di burro, mettetevi il sale e il pepe e un paio di fesine d’aglio, coprite questo battuto coi pomidori scottati nell’acqua bollente, mondati con destrezza, tagliati a pezzi (i granelli li avrete levati con cura), spolverizzate di pane il composto e fatelo cuocere a fuoco lento nel forno o fra la brace versandovi sopra qualche cucchiaio di brodo misto d’aceto. Al brodo potete sostituire l’acqua, soltanto in questo caso aggiungerete un po’ d’olio al burro da bel principio.

Pomidori al burro. Prendete dei pomidori maturi e di buona [108] qualità, dimezzateli, puliteli bene dai granelli, collocateli in un tegame con un po’ di burro e un battutino di prezzemolo, di cipolla, di maggiorana e d’aglio, senza dimenticare il sale. Cuoceteli circa ore 1 — 1 1⁄2 al forno e metteteli in tavola bollenti, colla polenta.

Pomidori alla gratella. Tagliate a metà dei bei pomidori maturi, e levatine i granelli, spolverizzateli di sale e pepe, poi cuoceteli adagio sulla gratella sopra una carta unta di burro o d’olio. Servono come appresso.

Pomidori ripieni. Preparate i pomidori come nella precedente ricetta e apprestate d’altronde a parte un composto di pangrattato, aglio, prezzemolo, pepe, sale e olio buono. Le proporzioni si devono regolare a norma del numero dei pomidori. Per 6 pomidori di media grandezza 8 cucchiai di pangrattato, 4 cucchiai d’olio, una bella manatina di prezzemolo trito, due fese d’aglio, sale e pepe a discrezione.

Riempite i pomidori con questa miscela dopo averli disposti uno accanto all’altro in una tegghia il cui fondo sarà coperto d’acqua. Aggiungete all’acqua qualche pezzetto di burro e collocateli al forno. Potete anche metterli semplicemente sulla gratella.

Pomidori ripieni di riso. Preparate in una scodella del riso crudo, lavato, calcolandone un cucchiaio per ogni pomodoro, unitevi sale, pepe e un battutino di cipolla, di prezzemolo e volendo anche d’aglio; prendete dei buoni pomidori grandi, sugosi e maturi, dimezzateli, puliteli dai granelli, e spremeteli un poco lasciandone cadere il sugo sul riso. Mescolate questo con diligenza, poi servitevene di ripieno per i pomidori che cuocerete al forno un’ora circa in una tegghia sul cui fondo avrete versato un po’ d’olio.

Torta di pomidori e riso. Prendete dei buoni pomidori maturi, divideteli a metà, puliteli dai granelli e spremetene possibilmente tutto il sugo che adopererete per altri usi, p. e. per la minestra. Mettete i pomidori in un tegame e cuoceteli a fuoco lento finchè sono morbidi. Ungete di olio o di burro il fondo d’una tortiera, o fatevi fumare del buono strutto, disponetevi sopra uno strato di pomidori bene scolati e morbidi condendoli con pepe, sale (questo pestato con un po’ d’aglio) e olio, poi uno strato di riso ben lavato e un po’ salato, quindi un altro strato di pomidori e così di seguito finchè il recipiente sarà pieno. Sui pomidori che rimangono da ultimo spargerete alcuni cucchiai di pangrattato e qualche [109] fiocchetto di burro. Cuocete tra la brace 30-35 m. e servite nel tegame.

Torta di pomidori e pane. Preparate dei pomidori come sopra, tagliati a metà, disponeteli sul fondo d’una tegghia unta, cospargeteli con un abbondante battuto di aglio, timo, basilico, prezzemolo, sale e pepe, diluito con olio, spolverizzateli di pangrattato in abbondanza, ripetete l’operazione finchè la tegghia sarà piena. Allora collocatela per 30-40 m. in un forno caldo o fra la brace.

Pomidori in insalata. Crudi e a fette.

Pomidori sotto l’aceto (vedi più oltre).

I dottori non voglion superiori.

38. La rapa. Diverse maniere di prepararla.

Collo zucchero. La maniera migliore di preparare le rape è la seguente:

Mondate diligentemente delle buone rape dolci, tagliatele a grosse fette per il lungo e poi a bastoncelli oppure a grossi rotondini per traverso, lavatele bene e collocatele al fuoco in una cazzarola fonda con tant’acqua che ne siano quasi coperte. (La quantità dell’acqua dipende dalla qualità delle rape cioè dalla maggiore o minore difficoltà che hanno a cuocere). In capo ad un’ora circa, salatele e sciogliete un bel pezzetto di strutto in una piccola padella, fate arrossare in questo strutto due cucchiai di zucchero (per ogni chilogr. e mezzo di rape), poi versatelo nella cazzarola, e rimestate le rape badando di non rompere i pezzi. Quando hanno preso un bel color rosso, cioè in una ventina di minuti, sono pronte. Oppure, cotte che siano le rape nell’acqua che deve asciugarsi, levatele e mettetele in una tegghia molto larga dove avrete sciolto lo strutto, spolverizzandole di mano in mano di zucchero e rimestatele con riguardo finchè hanno preso un bel colore.

Col lardo. Tagliate le rape ben mondate e lavate a quadrettini, mettetele in una cazzarola sopra un battutino di lardo per metà rosolato, lasciatele soffriggere un momento, poi bagnatele con acqua o brodo e tiratele lentamente a cottura aggiungendo sale, pepe e alla fine un po’ di zucchero. Questo però non è necessario.

Coi cavoli (vedi cavoli e rape, pag. 98).

Lesse. Ben lavate le rape si fanno lessare colla buccia nell’acqua o nel brodo ch’esse hanno però il difetto di rendere insipido. [110] Le rape lesse si gustano semplicemente con sale e pepe, oppure si condiscono molto calde con olio, pepe e sale.

39. I ramolacci. — Si mangiano crudi col sale, mondandoli e praticandovi dei tagli in croce entro i quali lo si fa penetrare, oppure grattati o finamente affettati e conditi con olio, pepe e sale. I ravanelli si mangiano col sale.

40. Lo scalogno. — Sostituisce l’aglio del quale è più delicato.

41. La scorzonera e la scorzobianca sono radici che ben lavate e raschiate si cuociono nell’acqua bollente salata con una manatella di farina e poi si condiscono con olio, pepe e sale, o si soffriggono con olio o con burro.

Chi non ha travagli tenga dei cavalli.

42. Il sedano. — I grossi ceppi di sedano veronese ben mondati si possono gustare crudi, tagliati a fettine e conditi con olio pepe e sale, ma generalmente si mettono a cuocere nell’acqua bollente salata, poi affettati che siano s’involgono nella farina e si friggono nello strutto, oppure si rosolano con olio o burro e pepe e sale, mescolandovi un po’ di pomodoro, o così lessi si condiscono come la solita insalata. I sedani da taglio, cioè i gambi imbianchiti, si mangiano come le vettine di cardo o come il finocchio.

43. Gli spinaci. — Gli spinaci ben lavati e puliti si cuociono in un tegame, con poca o punto acqua, poi si pestano colla mezzaluna, e soffritte nell’olio un paio di cipolle trite si tirano a cottura in questo composto, salandoli e mettendovi il pepe necessario. Oppure, cotti e tritati che siano (per questa ricetta assai più finamente), si mettono in un tegame con un po’ di burro e, rimestatili bene, vi si aggiunge oltre il sale e il pepe un po’ di farina intrisa (a poco a poco) con un bicchiere di latte, e si mescola ogni cosa finchè il composto ha l’aspetto d’una pappina.

Cogli spinaci si fanno ottimi gnocchi (vedi pag. 36 N.º 31).

Oltre gli spinaci propriamente detti vi sono parecchie piante che li sostituiscono, come le biete, il rabarbaro ecc. ecc. Essi servono come appresso.

[111]

44. Zucche verdi. — Le zucche verdi si mondano (non sempre occorre), si tagliano a fette levando loro la parte molliccia, poi a quadrettini e, postele in tegghia con olio, burro, pepe e sale, si fanno soffriggere lentamente mezz’ora servendole come appresso. Lessate semplicemente nell’acqua bollente salata si condiscono in insalata. Tagliate a sottili fettoline, salate, scolate, asciugate in un pannolino e infarinate si fanno friggere nello strutto finchè hanno preso il croccante e un color d’oro. Le zucchette si possono anche allestire ripiene come i pomidori, con un composto di pane o di carne.

45. Zucche gialle (barucche o marine). — Queste zucche si possono cuocere tanto al forno tagliate a pezzi grossi e colla buccia, come a lesso, mondate, nell’acqua lievemente salata. Esse costituiscono un cibo sano e piacevole e si condiscono in insalata. Cotte a fette nel latte danno una buona minestra. Colla polpa delle zucche si fa pure una torta.

Sezione II. I FUNGHI.

Chi più boschi cerca più lupi trova.

Ogni anno si lamentano numerose vittime dei funghi, specie fra gli abitanti della campagna, i quali allettati dalle forme, dai colori, dalla fallace lusinga che il prezzemolo e l’argento rimanendo inalterati diano garanzia sicura d’innocuità, li raccolgono e li cucinano spensieratamente.

La scelta dei funghi mangerecci esige invece la più solerte attenzione, perchè non solo si devono cucinare le specie assolutamente note e provate nel circondario, ma anche esemplari perfetti, cioè che non abbiano il menomo segno di vecchiezza o decomposizione. Se i funghi non esigessero un condimento abbondante e perciò poco economico essi potrebbero costituire per le classi meno agiate uno dei cibi più opportuni e consigliabili perchè nutrienti quasi al pari della carne; ma se il condimento riesce caro, v’è sempre il compenso di potersi procurare i funghi gratis in tutte quelle salubri passeggiate primaverili e autunnali che gli operai intraprendono con tanto diletto.

Esistono molti funghi mangerecci, ma ogni regione predilige [112] quelle alcune specie che la costituzione del suolo le fornisce in maggiore quantità. Sarebbe quindi superfluo l’enumerarli.

Di qualunque fungo si tratti è norma generale il sopprimerne la base terrosa, cioè il fondo del gambo, poi la parte del gambo stesso se fosse coriaceo (i gambi che presentano delle asperità si raschiano), la pelle dei cappelli se si solleva facilmente o se è dura e rugosa, finalmente l’imenio nei polipori, vale a dire lo strato spugnoso che portano (vedi i boleti, brise) sotto il cappello, che è insipido e che contiene i microscopici semi.

Compiuta quest’operazione laverete molto bene i funghi, mutando tre volte l’acqua però senza lasciarveli mai giacere. Quindi, se sono leggeri e sottili o mollicci, li dimezzerete o affetterete e li arrostirete in fretta nell’olio o nel burro bollenti aggiungendo sale e pepe; se sono invece compatti li taglierete a sottili fettine (questo potete farlo anche prima di lavarli) e li metterete in un tegame con un battuto di aglio, di cipolla e di prezzemolo, olio, burro, pepe, sale, tutto a freddo (per un chilogr. di funghi puliti, una fesa d’aglio, 4 cipollette, una manata di prezzemolo, 4-5 cucchiai d’olio, 30-40 gr. di burro), e li farete cuocere adagio circa due ore, bagnandoli con acqua o con brodo ove non tramandassero una sufficiente quantità di liquido, e spargendovi sopra a metà cottura un buon cucchiaio di farina; le qualità più coriacee, come i cantarelli (finferli), prima di condirli e cuocerli nel modo suddetto val meglio farli bollire con poc’acqua finchè l’hanno tutta ritirata insieme al loro sugo.

Volendo cuocere invece i funghi in tegame, al forno o alla gratella, sceglierete i cappelli che hanno una bella forma concava e pesterete gli altri insieme coi gambi che avrete soppressi, con una manatina di prezzemolo, una fesa d’aglio e un paio di cipolle, poi, unendo al composto un po’ di pangrattato, d’olio, di pepe e sale ne disporrete un cucchiaio entro i cappelli per mettere poi questi ai ferri. Se preferite il tegame, vi collocherete sul fondo un po’ d’acqua mista d’olio e il ripieno che vi fosse rimasto, e lo metterete al forno. La durata della cottura dipende dalla qualità dei funghi e può variare da mezz’ora a un’ora. Sulla gratella è più spiccia. S’intende che i funghi si possono cuocere ai ferri anche senza ripieno con un semplice condimento.

Finalmente, tagliati a fette fine e infarinati, oppure dorati coll’ovo e panati, i funghi si possono anche friggere nell’olio o nello strutto.

[113]

CAPITOLO OTTAVO. IL PESCE, I CROSTACEI E I MOLLUSCHI.

Chi tutto vuole tutto perde.

Coloro che vivono sulla riva del mare, di qualche lago o in vicinanza di fiumi e di torrenti hanno sempre l’occasione di procurarsi il pesce fresco, ma chi abita la terraferma deve andar molto cauto nell’acquisto dei pesci perchè la frode è all’ordine del giorno e la salute in continuo pericolo. Il pesce fresco ha gli occhi lucenti e ancora sporgenti dall’orbita, le squamme brillanti, la pelle senza rughe ed è sopra tutto rigido, cioè se si tiene nel palmo della mano colla coda molto sporgente nel vuoto, mantiene la posizione orizzontale, senza traccia di flaccidezza.

I piccoli pesci si lavano soltanto, ai grandi conviene raschiare le squamme, e spuntare la coda e le pinne, dopo di che si sbuzzano, cioè si vuotano facendo loro colle forbici un taglio laterale e per il lungo, ed estraendo il filetto che si trova lungo la spina dorsale, insieme colle interiora. Durante quest’operazione baderete di non rompere la vescichetta del fiele che comunicherebbe l’amaro a tutta la polpa. Le ova di parecchi pesci sono dannose alla salute, quindi avrete cura di sopprimerle.

1. Pesce fritto. — I piccoli pesciolini non si sbuzzano, ma lavati semplicemente che siano si fanno scolare sopra un tagliere inclinato, e al momento di gettarli in padella, s’involgono in un leggero velo di farina. L’olio in cui si friggono deve avere un certo [114] grado di calore. Per accertarsene vi s’immergono dei pezzettini di pane; se essi prendono subito il color d’oro, l’olio è al punto dovuto. E dorato deve apparire il pesce ben fritto, rizzando anche la coda. S’intende che l’olio deve essere così abbondante ch’esso possa nuotarvi.

I pesci grandi si preparano come dicemmo al principio del capitolo, poi ben lavati e infarinati che siano si friggono come i piccoli.

Quando il pesce fa bianco l’occhio, è segno che gli è cotto.

2. Pesce alla gratella. — Preparato come dicemmo sopra, il pesce da cuocersi ai ferri, sia esso intero oppure dimezzato e diliscato o anche tagliato a pezzi, si bagna con un po’ d’olio, e se fosse di qualità oleosa con qualche goccia d’aceto, si spolverizza di pepe a discrezione e si lascia giacere così 30-40 minuti. Se vi piacesse potreste spargervi sopra anche un battutino di cipolla e d’erbe odorose. Mentre scaldate bene la gratella sulla brace (se fosse fredda, il pesce vi perderebbe subito la pelle) involgetelo nel pangrattato. Cuocetelo quindi con calore moderato avendo cura di voltarlo e di salarlo alla fine.

Bisogna seminar colla mano e non col sacco.

3. Luccio lesso. — Questa ricetta serve anche per le altre specie che vanno lessate, come la trota, il branzino, il bulbero ecc. Fate bollire, in un recipiente largo, un liquido composto di tre parti d’acqua pura e una parte d’aceto, aromatizzandolo colla metà d’un limone e con quelle radici ed erbe di cui potete disporre e che più vi convengono, come carote, sedano, cipolle, foglie d’alloro, timo, maggiorana ecc. ecc., più il sale necessario e droghe a piacer vostro. Quando il composto ha bollito mezz’ora, lasciatelo freddare, mettetevi il pesce preparato secondo le regole indicate al principio del capitolo e portatelo di nuovo lentamente a bollore. Un pesce grosso non impiega più di un’ora a cuocere. Regolatevi secondo la grandezza e secondo le carni, le quali, quando il pesce è pronto, devono mostrarsi cedevoli al tatto. Ricordate che il proverbio dice: Carne cruda e pesce cotto, e che una mezza cottura lo renderebbe disgustoso.

Il luccio si può anche mettere al fuoco con l’acqua fredda, una manata di prezzemolo pesto, un po’ d’olio, di burro e di sale. Quando l’acqua comincia a gorgogliare si ritira sull’angolo del fornello e vi si lascia il pesce in bagno finchè dà segno di aprirsi. Allora si [115] leva con precauzione l’acqua, che dev’essere in quantità giusta tanto che il luccio ne sia ben coperto, la quale serve poi per fare una zuppa di magro. S’intende che il pesce deve pesare per lo meno un chilogrammo. Esso si condisce poi con olio, aceto, pepe e sale, oppure con olio, pepe, sale, prezzemolo pesto e sugo di limone. Potete servirlo anche coll’ottima salsa seguente.

Salsa per il pesce lesso. Prendete due recipienti di diversa grandezza, per esempio due piccole padelle. Fate bollire dell’acqua nella più grande, collocatevi la piccola con entro questo composto: due ova intere, due cucchiai scarsi d’olio, il sugo di mezzo limone, un cucchiaio d’aceto, un cucchiaio d’acqua. Mettete ogni cosa al fuoco, frullando la salsa finchè dà il primo segno della bollitura.

Levatela subito dal fuoco e frullatela a freddo finchè piglia una certa densità, aggiungendovi un po’ d’olio a goccia a goccia.

Poca roba poco pensiero.

4. Costolette di luccio. — Preparato il luccio secondo la regola indicata al principio del capitolo, levatene la spina dorsale, e sopprimendone le lische tagliatelo a pezzi, involgete questi nell’ovo sbattuto e poi nel pangrattato, metteteli in una padella, tutto a freddo con olio e con burro, e cuoceteli finchè sopra e sotto hanno preso il color d’oro. Sale e sugo di limone alla fine. Per fare le costolette occorre che il luccio sia piuttosto grande.

5. Costolette di palombo (asià, cagnoletto). — Come sopra, soltanto si mettono i pezzi di pesce dorati e panati nel burro bollente. Queste due ultime ricette servono anche per altri pesci grossi che abbiano poche lische.

Chi dorme non piglia pesce.

6. Tinche in tegame. — Riscaldate dell’olio in un tegame, adagiatevi i pesci interi, ben lavati, se piccoli, se grandi preparati come vedemmo al principio del capitolo, divisi a metà, diliscati e tagliati a pezzi, con l’aggiunta d’un battutino di erbe odorose, pepe, sale e una fesa d’aglio che poi leverete via. Trascorsi alcuni minuti spolverizzateli di farina fina e quando nel soffriggere hanno preso il color d’oro, bagnateli a poco a poco con acqua pura o meglio con vino bianco, badando ch’essi ritirino di volta in volta il liquido. Serviteli quasi asciutti.

[116]

Tinca di maggio e luccio in settembre.

7. Tinca in umido N.º 1. — Riscaldate dell’olio in una cazzarola, fatevi soffriggere un paio di cipolle pestate, se v’aggrada anche un battutino di radici e d’erbe odorose, più una fesina d’aglio che leverete quando comincia a ingiallire. Adagiatevi sopra una tinca del peso di un chilogr. circa, preparata come dicemmo al principio del capitolo, diliscata, tagliata a pezzi, salata e pepata. Quando il pesce comincia a colorire bene, spargetevi sopra un po’ di farina e quando questa pure arrossa, bagnatelo a poco a poco con acqua pura. Dopo un’ora di lenta cottura, unitevi alcuni cucchiai di buona salsa di pomodoro, lasciate cuocere pochi minuti adagio e servite colla polenta.

N.º 2. — Fate un soffritto con 4-5 cucchiai d’olio, un pezzetto di burro, una manata di cipolle e una manatina di prezzemolo, aggiungendovi anche del pangrattato. Quando il composto colorisce, versatevi dell’acqua bollente, rimestatelo, lasciatelo sobbollire alcuni minuti, unitevi la tinca sia intera (pulita e sbuzzata, che s’intende), sia tagliata a pezzi con sale, pepe, spezie a discrezione e un po’ di scorza gialla di limone. Cuocetela quindi finch’è morbida al tatto senza sfarsi.

N.º 3. — Preparate una tinca di un chilogr. secondo la regola sopra indicata, tagliatela a pezzi, infarinate questi e metteteli in una tegghia con un po’ d’olio e di burro (tutto a freddo), sale, due chiodi di garofano, una presina di cannella, una manatina di prezzemolo trito, un quartuccio di vino bianco, pinoli e passolina a piacere. Cuocete il pesce adagio, due ore circa, rivoltandone i rocchi con precauzione.

N.º 4. — Prendete piccole tinche, levate loro le squamme, lavatele, infarinatele, friggetele un minuto nuotanti nell’olio bollente, quindi mettete una parte di quest’olio in una cazzarola, unitevi un pezzetto di burro fresco, poi due cipollette trite, una manatina di prezzemolo pesto, mezzo limone, un po’ di pangrattato e una fesina d’aglio che leverete prima che prenda troppo colore, quindi il pesce, aggiungendovi pure un po’ di vino bianco e un tantino di zucchero, oppure dell’acqua con un po’ di scorza gialla di limone, e tirate le tinche a cottura, sia tra la brace, sia al forno, pillottandole diligentemente col loro intinto. In questo modo si possono cuocere anche le piccole trote.

[117]

Chi non vuol piedi sul collo non s’inchini.

8. Anguilla d’acqua dolce in umido. — Fate un taglio circolare nella pelle dell’anguilla intorno al collo, appendetela colla testa a un uncino o fatela tenere strettamente da un’altra persona, applicate un grosso strofinaccio vicino al taglio e stirando con le due mani verso la coda rovesciatene la pelle come un guanto. Mozzatene via la testa e l’estremità della coda, sbuzzate il pesce e tagliatelo a pezzi. Infarinate questi e cuoceteli come la tinca N.º 3.

9. Anguilla d’acqua dolce arrosto. — Preparate l’anguilla come nella precedente ricetta, infarinate i pezzi e infilateli a tre a tre in uno stecchino, dividendoli con delle foglie di salvia. Cuoceteli poi 30-40 m. circa in un tegame basso senza grasso di sorta, spruzzandovi solo di quando in quando qualche goccia d’aceto. Pepe in abbondanza, sale alla fine. L’anguilla si può cuocere in questo modo anche allo spiedo.

10. Anguilla di mare in umido. (Bisato alla veneziana). — Fate un soffritto con metà olio, metà burro e molta cipolla, mettetevi a cuocere le piccole anguille tagliate a pezzi ma senza spellarle; quando hanno preso un po’ di colore bagnatele con un tantino di vino bianco, versatevi da ultimo un po’ di salsa di pomodoro, cuocendole altri 15 m. Cottura in tutto ore 1 — 1 1⁄4. Ottimo companatico della polenta.

Carne giovane, pesce vecchio.

11. Cefali (ceoli) in tegghia. — Molti usano lasciare i cefali intatti, cioè senza sbuzzarli a ciò piglino l’amaro. Se così vi piace, levatene via soltanto le squamme e metteteli in tegghia con olio, burro, cipolla e salvia trite, prezzemolo pesto e poco aglio schiacciato, tutto a freddo. Cuoceteli con fuoco moderato mezz’ora circa. I cefali generalmente si cuociono ai ferri con olio, pepe, sale e pangrattato. (Vedi ricetta N.º 2).

12. Marsoni in frittata. — Riscaldate dell’olio in una padella bassa, mettetevi i piccoli marsoni preparati come se li voleste friggere (non nuotanti però), quando sono rossi aggiungetevi delle [118] ova frullate e lasciatele rapprendere al fuoco. Rovesciate poi ogni cosa sopra un piatto.

13. Sardelle fresche. — Ben pulite che siano disponetele in un tegame basso dove avrete fatto soffriggere un po’ di pangrattato nell’olio bollente con pepe, sale, scorza di limone e un po’ d’aglio, versatevi un cucchiaio d’acqua fredda e lasciatele cuocere in fretta una ventina di minuti. Asciugate il loro sugo con alcune fettine di pane e servite. In questo modo si allestiscono molti pesci piccoli.

Poco fiele fa amaro molto miele.

14. Il baccalà. Maniera di bagnarlo. — Se vi piacesse fare quest’operazione in casa, con sicuro vantaggio dell’economia e dello stomaco, eccovi la regola.

Prima di tutto, quando fate acquisto del baccalà assicuratevi (esaminandolo con un coltellino) che la fibra non ne sia filacciosa e che le code siano trasparenti. Quando volete bagnarlo collocatelo sopra un oggetto solido e battetelo fortemente col mazzuolo o colla costola di un’accetta. Il giorno antecedente avrete sciolto in un secchio d’acqua un pugno di calce galla e un pugno di cenere mescolando poi bene il liquido che avrà tempo di chiarirsi durante la notte. Versate ora con precauzione l’acqua in un altro recipiente, badando che non ne esca il fondo; immergetevi il baccalà tagliato a pezzi e bagnatelo non meno di due giorni in questo liquido. Mettetelo quindi nell’acqua pura e lasciatevelo, per ammorbidirlo, non meno di tre giorni ma anche otto o dieci se vi conviene, cambiando l’acqua la mattina e la sera.

Se vi trovate in un luogo di campagna, dove c’è dell’acqua corrente, potete bagnare 12 ore il baccalà in un secchio d’acqua mista con un pugno di cenere, rinnovando ancora una volta l’operazione, se il pesce non fosse di qualità molto buona. Trascorse 12 o 24 ore, secondo il caso, lo metterete nell’acqua fresca corrente, cambiandola ogni giorno e comprimendolo fortemente colle mani due volte al giorno per renderlo morbido.

Anche il baccalà comperato ci guadagna sempre se lo si lascia un paio di giorni in molle.

L’arnese più opportuno per tenere in molle il baccalà è un pezzo di canale di latta, chiuso alle due estremità.

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Pesce che va all’amo cerca d’esser gramo.

15. Baccalà lesso. — Per allestirlo lesso, conviene che il baccalà sia molto bene bagnato e morbido. Levategli la pelle, le lische e la spina, lo taglierete a pezzi e lo metterete al fuoco in una padella piena d’acqua pura e fredda, lasciandovelo finch’esso entri in pieno bollore, non di più, altrimenti il pesce indurirebbe. Conditelo poi così fumante con olio, sale e pepe, aceto se v’aggrada.

16. Baccalà in tegghia. Diverse maniere d’allestirlo.

Coll’olio. Preparatelo come il precedente, ma a pezzi piuttosto piccoli, e messolo in una tegghia con una fesina d’aglio, che poi leverete, copritelo d’olio. Dopo due ore di lenta cottura salatelo e portatelo in tavola colla polenta.

Colle cipolle. Preparato che abbiate il baccalà come nella precedente ricetta e dispostine i pezzi (non troppo piccoli) ritti in una tegghia piuttosto bassa, spargetevi sopra un battuto abbondante di cipolla e prezzemolo e conditelo con pepe, olio e burro a fiocchetti. Mettetelo al fuoco e quando comincia a prendere colore bagnatelo col latte, sollevandolo di quando in quando colla paletta. Due ore di lenta cottura. Sale alla fine.

Colle patate. Come il precedente, soltanto unirete al baccalà una quantità eguale di patate mondate e tagliate a fette grandi della grossezza d’un centimetro e lo cuocerete senza smuoverlo, bagnandolo di quando in quando col latte. Se aggiungerete da ultimo al composto una sardella diliscata e pestata, spargendovene sopra le briciole, esso si farà ancor migliore.

Le patate, che si alternano nella tegghia col baccalà, tengono luogo della polenta. Due ore di cottura, sale alla fine.

Colle sardelle senza patate. Tagliate il baccalà a pezzi grossi, e diliscatelo lasciandogli la pelle che nella tegghia terrete dalla parte di sopra. Conditelo subito con olio, burro e pepe e con un battuto di cipolla e di prezzemolo, e a metà cottura, cioè dopo un’ora circa, levate fuori un paio di cucchiai d’unto, mescolatevi una sardella diliscata e pestata e tornate a versarlo sul baccalà, spargendovi anche qualche cucchiaio di latte. Sale sempre alla fine.

Col latte. Procuratevi baccalà morbido assai e cuocetelo un minuto in un litro di latte bollente (dopo averlo pulito e tagliato a pezzi, che s’intende). Fate un soffritto con un po’ d’olio e di burro, [120] cipolla, prezzemolo ed erbe odorose, pepe, scorza di limone, diluitelo con un po’ di salsa di pomodoro, versate ogni cosa sul baccalà e tirate lentamente a cottura in un’ora scarsa, salandolo alla fine.

Col pomodoro. Ungete la tegghia col burro, spolverizzatela di pane, collocatevi il baccalà tagliato a pezzi e colla pelle di sopra, aggiungendo pepe a discrezione e un abbondante battuto di cipolla e di prezzemolo. Copritelo d’acqua e cuocetelo ore 2 1⁄2 adagio rifondendo il liquido, ove occorresse. Mezz’ora prima di servirlo versatevi dell’olio e del formaggio grattato, poi la salsa di pomodoro preparata a parte (vedi pag. 57), da ultimo il sale.

Col vino bianco. Come la ricetta colle cipolle: ometterete soltanto il latte e vi verserete da principio un bicchiere abbondante di vino bianco lasciando cuocere il baccalà finchè il liquido è consumato. Sale alla fine.

Il pesce comincia a putir dal capo.

17. Baccalà fritto. — Lessato che sia come indica la ricetta N.º 15, tagliatelo a pezzi, involgete questi nella farina, nell’ovo sbattuto e da ultimo nel pangrattato, e friggeteli nuotanti nell’olio bollente. Appena hanno preso un bel color d’oro levateli colla schiumarola e spolverizzateli di sale.

18. Baccalà ai ferri. — Preparate un battuto di cipolla, di prezzemolo e di ramerino, lessate il baccalà come dicemmo nella ricetta N.º 15; tagliatelo a pezzi, involgetelo nel battuto a cui avrete aggiunto un po’ d’olio e di pepe, mettetelo alla gratella sopra una carta unta, e fatevelo insaporire a fuoco dolce 30 m. salandolo alla fine.

19. Merluzzo fresco o nasello. — Potete lessarlo come il luccio a pag. 114 oppure in tegghia come la tinca della ricetta N.º 3. Prima di cuocerlo conviene spianarlo (diviso a metà, che s’intende) col mazzuolo. Col nasello si fanno anche le costolette.

20. Merluzzo secco. — Questo lo lascerete in molle alcuni giorni nell’acqua mutandola spesso, dopo averlo, che s’intende, ben battuto. Poi lo taglierete a pezzetti diliscandolo e lo cuocerete in tegghia con olio, aglio, pepe e sale finchè diventa morbido.

I pesci grossi mangiano i piccoli.

21. Le aringhe salate. — Il sale delle aringhe in genere è sempre soverchio. A tale inconveniente si rimedia facendole giacere [121] (quando sono bene lavate e raschiate) dodici ore nell’acqua e mutando questa più volte. Il latte si presta ancor meglio a questo scopo. Fatta quest’operazione le dilischerete, sopprimendo testa e coda, e le metterete in un piatto versandovi sopra dell’acqua bollente, poi, mantenendole calde, le servirete con un po’ d’olio, di pepe e di cipolle affettate.

Invece di lasciarle in molle nell’acqua, si possono anche far bollire mutando una volta l’acqua, e poi cuocere con un po’ d’olio, con un cucchiaio di salvia trita e alcune bacche di ginepro pestate.

Diliscate come sopra, miste con patate cotte e tagliate a fette e rosolate in una tegghia con un po’ d’olio e di pepe, forniscono pure un ottimo cibo.

In America usa lavare e asciugare le aringhe, involgerle così intatte in una carta e cuocerle tra la cenere.

Piatto di aringhe colle patate. Pulite e diliscate alcune aringhe salate, copritele di latte e lasciatele così in fusione alcune ore a ciò perdano il sale soverchio. Tagliatele quindi a pezzetti e mettetele in una cazzarola fonda su uno strato di patate lesse affettate, e alternate così gli strati, badando che le patate restino le ultime e condendo di mano in mano il composto con olio, pepe, aglio, sale se occorresse, e un po’ di formaggio grattato. Cuocete il composto un’ora circa a lento fuoco e versatevi da ultimo qualche cucchiaio di conserva di pomodoro.

22. Arselle o telline (conchiglie). — Fate riscaldare dell’olio in una pentola e soffriggetevi un battutino di cipolla e di prezzemolo; mettete al fuoco con un po’ d’acqua le conchiglie chiuse e lavate con la massima cura e, appena s’aprono, levatele dai gusci e unitele al soffritto con l’acqua in cui furono cotte, aggiungendovi poi salsa di pomodoro, pepe e sale. Prima di portarle in tavola mescolatevi fette di pane o di polenta fumante.

23. Le cannocchie o cicale. — Le cannocchie si gustano a preferenza nei mesi primaverili quando hanno la così detta cera. In qualunque modo si allestiscano, conviene anzitutto cuocerle nell’acqua e così lesse semplicemente e condite con olio pepe e sale possono fornire un cibo gradevole. D’altronde si preparano ai ferri con condimento pure di olio, pepe e sale, oppure in tegghia, ripiene [122] come i pomidori di prezzemolo, pangrattato, aglio, olio, pepe e sale. Molti le friggono nell’olio dopo averle dorate e panate.

S’intende che le pinne ventrali e le zampe delle cannocchie si sopprimono prima di cucinarle.

24. I calamari. — I calamari grandi del Mediterraneo si allestiscono a preferenza ai ferri col solito condimento di olio, pepe e sale e con un ripieno fatto dai loro tentacoli che si tritano finamente con aglio e prezzemolo.

I calamaretti dell’Adriatico, più gustosi, generalmente s’infarinano, si dorano coll’ovo sbattuto e si friggono nell’olio.

A tutti i calamari, grandi e piccoli, prima di cucinarli si strizzano fuori gli occhi, si leva la borsetta dell’inchiostro e la penna, specie di laminetta elastica che hanno nel corpo.

25. Le seppie. — Alle seppie si leva la borsetta dell’inchiostro, non già l’umor giallo che hanno sotto la testa e, lessate che siano, si cuociono ai ferri col solito condimento di olio, pepe e sale, oppure si tagliano a listarelle e si tirano a cottura con un soffritto di olio, aglio, cipolla, pepe e sale bagnandole in primo luogo con salsa di pomodoro poi con vino bianco. Da ultimo si digrassa e si condensa l’intinto.

26. I gamberi e i gamberetti. — Necessità vuole che si cuociano questi crostacei vivi, perchè se ve ne fosse frammezzo qualcuno di morto potrebbero riescire assai dannosi alla salute. Per evitare che soffrano, vi si versa sopra l’acqua bollente nella quale poi si fanno cuocere con l’aggiunta d’un po’ d’aceto, di mezzo limone, d’un mazzetto d’erbe odorose, sale e pepe in grani.

27. Piccoli molluschi e crostacei misti. — Lavati, infarinati, dorati coll’ovo sbattuto, fritti nell’olio.

28. Le granceole. — Si fanno lessare nell’acqua con o senza erbe a piacimento, finch’essa comincia a dare schiuma, poi soppresse le zampe meno la polpa molliccia che contengono, e che si unisce al rimanente, si levano via le ova e le parti nericce e pelose, si lavano i gusci vuotati, poi vi si rimette la polpa condita con olio, pepe, sale e sugo di limone, e si finisce di cuocere le granceole ai ferri.

[123]

Ogni magione ha la sua passione.

29. Le chiocciole (lumache). — Prima di adoperarle, le chiocciole hanno bisogno d’essere depurate nei serbatoi, specie le qualità grosse. Usa come coi gamberi immergerle vive nell’acqua bollente. Quando sono in tal modo scottate, levate con gran cura la membrana che chiude i gusci, indi estraetene i molluschi coll’aiuto d’uno spillo. Lavateli con gran cura nell’acqua salata, soffregandoli anche col sale e risciacquandoli parecchie volte, indi fateli bollire 3-4 ore nell’acqua, condizione indispensabile per prepararli in qualunque maniera. Quando sono pronti asportate la scaglietta ossea che serve loro per la masticazione delle erbe.

Chiocciole nel loro guscio. Mettete in fondo a ciascun guscio ben lavato una goccia d’olio, introducetevi il mollusco, poi chiudete l’apertura con un battutino di mollica di pane fritta nell’olio, passata allo staccio e mista con prezzemolo e cipolla ben triti, pepe e uno spicchio d’aglio pestato col sale; aggiungetevi ancora un pezzetto di burro e collocate i gusci alcuni minuti alla gratella o in una tegghia al forno, oppure fateli bollire nell’acqua o meglio nel brodo buono.

Volendo allestirle senza guscio farete un soffritto d’olio, cipolla, pepe e sale, vi adagerete sopra le chiocciole infarinate e le lascierete cuocere adagio aggiungendovi di tratto in tratto un cucchiaio dell’acqua in cui sono state cotte, quindi un po’ di formaggio.

La ranocchia non morde perchè non ha denti.

30. Le rane. — Si cuociono in umido colle gambe incrociate e con un velo di farina sopra un soffrittino di burro, olio e cipolla e si bagnano (quando hanno preso colore) con acqua o brodo di pesce, versandovi da ultimo un po’ di salsa di pomodoro e di formaggio. Volendo friggerle s’indorano coll’ovo sbattuto, si panano e si fanno rosolare nel burro bollente.

[124]

CAPITOLO NONO. I PIATTI DOLCI.

La farina di frumento per i piatti dolci necessita che sia fina se non finissima. Per le torte e per i budini la prenderete sempre di prima qualità.

I vecchi e i bambini gradiscono molto i piatti dolci. Ve ne sono di semplici e di poca spesa che possono piacere assai e che costituiscono un cibo sano e nutriente.

In certi casi servono come dolce anche il riso, il semolino, i capellini cotti nel latte e spolverizzati di zucchero. Occorre soltanto che i cibi siano preparati con diligenza e bene dosati.

Sezione I. PIATTI DOLCI SEMPLICI.

Dolce vivanda vuol salsa acerba.

1. Riso nel latte collo zucchero caramellato o colla cioccolata. — Gettate il riso in mezzo litro d’acqua bollente e, appena riprende il bollore, versatevi sopra del latte pure bollente (per 160 gr. di riso un litro circa di latte). Quand’è cotto mettetelo in una scodella larga, spolverizzatelo abbondantemente di zucchero fino e accostatevi una paletta arroventata a ciò quest’ultimo si caramelli. Se ciò non vi conviene spolverizzatelo di zucchero a velo misto di cioccolata grattata o di cannella in piccola dose.

[125]

2. Dolce di pane e latte per bambini. — Disponete alcune fette di pane bianco e fresco in una scodella, versatevi sopra latte buono, crudo e inzuccherate a piacere.

Sbattete due albumi a neve (coi rossi potete fare una minestra), unitevi 2-3 cucchiai di zucchero a velo, coprite il pane con questa schiuma e fate rapprendere il composto pochi minuti al forno.

3. Dolce di ricotta, freddo. — Procuratevi della buona ricotta fresca e dolce, 300 gr. circa, mescolatevi due cucchiai di zucchero e due cucchiai di rhum, servitela circondata di fette di pane.

Oppure. Sostituite al rhum un po’ di cioccolata grattata e diluita con un tantino di latte.

Oppure. Mescolate colla ricotta una chicchera di buon caffè nero passato da un pannolino e abbondate collo zucchero.

Dolce parlare fa gentilezza.

4. Dolce semplice di farina gialla, per bambini. — Calcolate per mezzo litro di latte, 3 cucchiai di farina di granturco detta franta. Fate bollire il latte e lasciatevi piovere con destrezza, dall’alto, la farina lievemente salata, dimenando in fretta a ciò non si formino bozzoli. Dopo 20-25 m. di lenta cottura, unitevi un pezzetto di burro come una noce e un paio di cucchiai di zucchero fino. Se volete raffinare questo dolce spolverizzatelo con un cucchiaio di cioccolata grattata.

5. «Monchi», altro dolce di farina gialla. — Misurate la farina gialla con un bicchiere e fate bollire un po’ più del doppio di latte buono, con un pezzetto di burro. Gettate la farina in questo latte bollente col sale che occorre e zucchero a piacere e cuocetela come una polenta. Staccate quindi con un cucchiaio dei gnocchetti dal composto, disponeteli sopra un piatto, spolverizzateli di zucchero misto con poca cannella e conditeli con un po’ di burro fuso. Versate qualche goccia di latte nel recipiente dove fu cotta la polenta per staccarne le crostine, che stenderete sopra i monchi condendole nella stessa guisa.

6. Intriso semplice di farina gialla. — Prendete, misurando con un bicchiere, 3 quartucci di farina di granturco, salate questa farina e cuocetela adagio in 7 quartucci di latte che avrete [126] reso bollente. Quand’è un po’ freddata, unitevi un pezzetto di burro e zucchero pesto a piacimento. Riscaldate un po’ di strutto in una larga padella di ferro, stendetevi il composto e poi fatevelo arrossare sotto e sopra a fuoco vivo tagliandolo a pezzi e rimestando questi di continuo colla paletta.

Chi la misura la dura.

7. Intriso semplice di semolino. — Intridete 3 quartucci di semolino (misurati con un bicchiere) in 6 quartucci di latte, aggiungendovi il sale necessario e zucchero a piacimento. Lasciate giacere il composto ore 1 1⁄2 per lo meno, procedete quindi come indica la precedente ricetta collocando tuttavia la padella al forno per metterla sul fuoco vivo quando l’intriso si è rappreso. Prima di portarlo in tavola spolverizzatelo di zucchero.

8. Intriso di farina gialla e di mele. — Cuocete mezzo litro di farina di granturco macinata grossa (franta) con due pizzichi di sale in litri 1 1⁄4 di buon latte bollente. Stendete la metà del composto in una tegghia unta, disponetevi sopra uno strato di mele tagliate a fettine sottili, più un cucchiaio di pinoli, coprite con l’altra metà, collocate la tegghia al forno, e trascorsi 20 minuti circa, tagliate l’intriso a pezzi con la paletta e fate rosolare questi a fuoco vivo, rimestandoli continuamente. Da ultimo spolverizzate la vivanda con zucchero fino in abbondanza. Alle mele potete sostituire le pere; badate tuttavia che le frutta siano mature e dolci. Le frutta immature mandano molta acqua ed esigono un composto più sodo.

9. Intriso di semolino colle frutta. — Preparate un intriso di semolino come quello del N. 7. Procedete quindi a norma della ricetta precedente.

10. Intriso di farina bianca e di mele. — Mondate buone mele mature, tagliatele a fettine e rosolate queste nello strutto bollente, in una larga padella di ferro. Frullate intanto un uovo intero, unitevi un litro di latte, servitevi di questo liquido per intridere 500 gr. di farina lievemente salata, versate il composto sulle mele, lasciate rapprendere l’intriso al forno, poi, tagliatolo a pezzi con la paletta e messa la padella sul fuoco, rimestatelo a ciò pigli [127] una bella crostina badando che le mele non brucino. Versate quindi il migliaccio in un piatto e cospargetelo di zucchero in abbondanza. Questo piatto si può fare anche senza le mele oppure con altre frutta, come pere, susine, pesche dolci ecc. ecc. S’intende che aumentando il numero delle uova esso si fa sempre migliore.

11. Intriso di riso e di mele. — Cuocete 200 gr. di riso in un litro circa di latte e poco sale, quando si è freddato mescolatevi un uovo intero e alcune mele mature mondate e tagliate a sottili fettoline. Collocate il composto in una larga padella di ferro unta di burro, fate che si rapprenda un pochino al forno, procedete quindi come indica la ricetta precedente spolverizzandolo di zucchero.

Per un miracolo non si va sull’altare.

12. Intriso di pane colla passolina. — Levate la crostina a gr. 300 di pane bianco, un po’ raffermo, tagliate quindi il pane a fettoline e versatevi sopra tre quartucci di latte freddo (buona misura) in cui avrete frullato due grosse ova, mescolate ogni cosa, aggiungendo una manatella di passolina ben pulita. Sciogliete dello strutto (100 gr. circa) in una padella di ferro, quand’esso è bollente versatevi il composto e, collocatolo a fuoco vivo, rimestatelo continuamente sollevandolo a pezzetti colla paletta a ciò pigli bel colore. Prima di servirlo spolverizzatelo di zucchero e, se vi piace, anche di cannella. Volendo potete omettere la passolina.

13. Tortino di pane e di mele o d’altre frutta. — Mondate delle buone mele, tagliatele a fettine, cuocetele con un po’ d’acqua (tanto che ne siano coperte) e due tre cucchiai di zucchero. Tagliate pure del pane raffermo a fette, bagnate queste lievemente nel latte, friggetele nello strutto bollente, in una larga padella (ritirandola sull’angolo del fornello per mettervi il pane), disponetele poi senza sciuparle (devono restare molliccie), in un arnese resistente al fuoco e unto di burro, alternativamente colle mele cotte, spolverizzate da ultimo il composto con un po’ di zucchero e di pangrattato e collocatelo per una ventina di minuti al forno. Rovesciate quindi tutto il tortino su di un piatto spolverizzandolo una seconda volta di zucchero, o servitelo semplicemente nell’arnese in cui fu cotto. Potete fare lo stesso dolce colle pere, colle pesche, colle susine fresche o secche regolandovi per lo zucchero a norma della loro qualità. [128] Volendo rendere questo tortino ancor più gradito vi unirete un po’ d’uva sultana. Per le proporzioni potete calcolare ogni 500 gr. di pane un chilogr. di fette di mela.

14. Tortino di pane colle noci e coll’uva sultana. — Tagliate a dadolini 450 gr. di pane un po’ raffermo, unitevi una bella manata di noci trite non troppo fine e una manata d’uva sultana ben pulita, poi collocate ogni cosa in una tegghia unta di burro. Sbattete due ova intere con mezzo litro abbondante di latte, unitevi un po’ di zucchero e versate il composto sul pane. Mettete subito la tegghia al forno e trascorsi 30-40 minuti portatela in tavola.

Quattrino risparmiato due volte guadagnato.

15. Tortino di semolino nel latte colle ova. — Sbattete in una terrina 4 uova intere, unitevi una buona presa di sale, 90 gr. di zucchero, la scorza gialla grattata di un limone e 3 decilitri scarsi cioè circa gr. 240 di semolino crudo. Fate una specie di tortino piccino, dell’altezza di un cent. con questo composto e cuocetelo al forno in un piccolo tegame unto di burro. Quand’è rappreso, rovesciatelo nel mezzo d’un tegame molto più grande, versatevi sopra un litro di latte crudo, un pezzetto di burro come un piccolo uovo e 2-4 cucchiai di zucchero, come meglio vi piace. Se fosse vanigliato, il piatto dolce si avvalorerebbe di molto. Coprite poi il recipiente e rimettete il composto al forno. In capo a mezz’ora avrete la sorpresa di trovarvi un bel tortino grande e morbido che servirete subito, spolverizzato di zucchero.

16. Tortino di semolino coll’uva sultana. — Cuocete mezzo litro di semolino in un litro di latte bollente con un pizzico di sale e zucchero a piacimento, unitevi una manatella d’uva sultana ben pulita e lavata, due prese di cannella e stendete il composto in una tortiera unta di burro che collocherete al forno per una trentina di minuti circa. Volendo fare un dolce ancora migliore vi unirete un po’ di mandorle grattate o di noci peste. Chi non ama la cannella può sostituirvi la vaniglina. Servite il tortino su d’un piatto, spolverizzandolo di zucchero.

17. Tortino di farina gialla. — Cuocete 2 quartucci (buona misura presa con un bicchiere) di farina gialla salata con 5 quartucci [129] di latte bollente, unitevi poi due ova intere, zucchero a piacimento, stendete il composto in una padella unta e collocatelo per mezz’ora al forno. Quando ha preso un bel colore dorato spolverizzatelo di zucchero e servitelo.

Gran pericolo, gran guadagno.

18. Tortino di farina gialla più fino. — Cuocete della farina gialla nel latte bollente con le stesse dosi della precedente ricetta. Dimenate in una scodella un pezzetto di burro della grandezza di mezz’uovo, unitevi, lavorando sempre, 3 rossi d’uovo, 3 cucchiai di zucchero, la polenta e da ultimo gli albumi a neve e, se v’aggrada, anche un po’ di pinoli e di passolina. Procedete quindi come nella precedente ricetta. Cottura 3⁄4 d’ora al forno. I pinoli si puliscono stropicciandoli in un tovagliolo, le uve secche si soffregano lievemente con un po’ di farina bianca, poi si scuotono entro uno staccio per separare i grani dai gambi ecc. ecc.

Potete anche grattare un pezzo di polenta della grandezza di 4 pani circa e ricuocerla in una tortiera al forno dopo averla ben rammollita col latte e avervi aggiunto zucchero e passolina a piacere, più un ovo o due.

19. Tortino di farina. — Dimenate 4 rossi d’ovo con 100 gr. di zucchero, unitevi poi alternando e rimestando sempre litri uno di latte e gr. 400 di farina bianca, la scorza gialla d’un limone raschiata o trita finamente, due presine di cannella, poco sale e da ultimo le 4 chiare a densa neve. Versate il composto in una tegghia dove avrete sfatto 50 gr. di burro, spargetevi sopra altri 50 gr. di burro tagliato a fettoline, cuocete il tortino un’ora a forno ardito, rovesciatelo quindi sopra un piatto e spolverizzatelo di zucchero. Volendo fare questo tortino più semplice e meno dolce, ometterete i rossi e 50 gr. di zucchero e vi unirete i soli 4 albumi.

Oppure: Lavorate 4 ova intere con 250 gr. di zucchero, unitevi alternativamente e rimestando sempre 750 gr. di farina e litri uno di latte, trascorsi 30 minuti aggiungetevi 50 gr. di sultanina e 50 gr. di pinoli o di mandorle trite, procedete poi come nella precedente ricetta anche per ciò che riguarda il burro.

L’ozio è la sepoltura d’un uomo vivo.

20. Tortino di farina bianca e gialla senz’ova. — Mettete in una terrina 500 gr. di farina di granoturco fina, 60-70 gr. [130] di farina di frumento, un bel pezzetto di burro, 3 cucchiai di zucchero e poco sale, intridete il composto con acqua calda in quella quantità che necessita a ciò esso prenda l’aspetto d’una pappa. Aggiungetevi un po’ di noci o di mandorle tagliate a pezzetti e una manata di passolina (per pulire queste frutta vedi il N.º 18), versate il composto in una tegghia unta, cuocetelo un’ora a forno caldo. Sfornato che sia lo spolverizzerete di zucchero.

21. Tortino di farina bianca e gialla colle ova. — Misurate con un bicchiere 3 quartucci di farina gialla grossa, 2 quartucci di farina bianca. Sbattete 4 ova in una terrina, prima sole, poi con 4 cucchiai di zucchero, unitevi le due farine mescolate e salate alternativamente con un po’ di latte (la quantità che necessita per ottenere una pappa di media consistenza) e continuate a rimestare. Trascorsi 30 minuti di lavoro procedete come nelle precedente ricetta senza più nulla aggiungere.

Chi ha difetto e non tace, ode sovente quel che gli dispiace.

22. Torta Simona. — Mescolate 3 ova intere con 3 decilitri (circa gr. 210) di farina bianca, salate e diluite a poco a poco il composto con mezzo litro scarso di latte, sbattendolo a lungo e colla massima diligenza. Versatelo quindi in una tegghia che avrete unta abbondantemente col burro e mettetelo subito al forno. Questo piatto, che servirete spolverizzato di zucchero, ma che volendo si può gustare anche con qualche umido, deve riescire tutto irregolare e a sgonfiotti.

23. Frittatine dolci. — Sbattete 2 rossi d’ovo con 2 quartucci di latte, 90 gr. di farina e un po’ di sale unendovi da ultimo i 2 albumi a neve. Riscaldate un pochino di strutto in una piccola padella bassa, quando è bollente versatelo fuori e stendete sul fondo unto della padellina un cucchiaio di composto. Quando la frittatina arrossa di sotto e si stacca, sollevatela colla paletta, voltandola a ciò pigli colore anche dall’altra parte. Le cuoche esperte la fanno voltare da sè con un colpetto maestro.

Quand’è ben cotta, spolverizzatela di zucchero, rotolatela su se stessa e mettetela in disparte al caldo per ripetere l’operazione finchè la pasta è esaurita. S’intende che bisogna rinnovare anche l’unto. Se gradite il forte, spruzzate le frittatine con un po’ di rhum [131] e spolverizzatele nuovamente di zucchero. Si può fare anche a meno di rotolarle sovrapponendole le une alle altre. Queste dosi servono per 3-4 persone.

Ogni momento è grazia.

24. Frittate grandi col ripieno. — Servitevi del composto della precedente ricetta e fate invece due frittate grandi che poi rovescierete sopra un tagliere e spalmerete di marmellata, di frutta cotte in poltiglia con acqua e zucchero, di ricotta raddolcita ecc. ecc. Rotolatele quindi, spolverizzatele di zucchero e, prima di portarle in tavola, tagliatele a grosse fette regolari.

Se le frittate nel cuocere non si staccassero bene dal fondo della padella, fatevi scorrere sotto un cucchiaio di strutto bollente.

25. Fritto dolce alla trentina (Grostoli). — Raccogliete in un bel mucchietto sulla spianatoia 400 gr. di farina, praticatevi una fossetta nel mezzo, versatevi 3 pizzichi di sale con un cucchiaio d’acqua per scioglierlo, 2 grosse ova intere, un bicchierino scarso d’acquavite, e 30 gr. di burro tagliato a fettoline o diviso a fiocchetti, amalgamate ogni cosa, prima coll’indice e col pollice della destra, poi con tutta la mano aggiungendo a poco a poco l’acqua che necessita per farne un pastone piuttosto sodo che lavorerete con ambe le mani. Spolverizzate la spianatoia di farina e tirate una sfoglia non troppo sottile. Tagliate questa sfoglia a pezzi regolari e intanto fate riscaldare l’olio o lo strutto in una larga padella. Gettatevi pochi pezzi alla volta. Il grasso dev’essere così abbondante che i grostoli friggendo possano nuotarvi, altrimenti non si gonfierebbero. Prima di tutto farete la prova con un pezzetto di pasta la quale deve prendere adagio un colore dorato. Se diventasse presto rossa e secca, vi converrebbe ritirare la padella sull’angolo del fornello. Quando tutti i grostoli sono fritti (li collocherete di mano in mano sopra un pezzo di carta bianca) disponeteli in un piatto e spolverizzateli di zucchero a velo. Si può dar loro l’odore di cannella o di limone. Questa dose serve per 6-8 persone.

NB. Tanto l’olio come lo strutto a lavoro finito si passano da un colino entro la pentola e si ripongono per la prossima occasione. Possono servire benissimo, specie se non furono portati a un troppo alto grado di calore. L’arte del friggitore non è facile ed esige molta esperienza. In massima, il grasso dev’essere così caldo che nel mettervi la roba da friggersi lo si possa ritirare sull’angolo del fornello, senza che il fritto vi rimanga bianchiccio, flaccido, untuoso. Esso deve prendere colore e gonfiarsi a poco a poco. A questo scopo si rimette adagio la padella verso il fuoco. Un cucchiaio d’acquavite o di rhum misto nelle paste da friggere impedisce loro d’assorbire molto unto.

[132]

Meglio cento beffe che un danno.

26. Fritto in forma di nastrini. — Procedete come nella precedente ricetta con 400 gr. di farina bianca, 50 gr. di burro, un ovo intero e un rosso, un bicchierino di vino bianco, sale e acqua. Il pastone dev’essere piuttosto sodo che no e la sfoglia va tirata assai sottile. Poi si taglia a listarelle e queste si annodano a guisa di nastrini i quali si friggono come i grostoli e si spolverizzano di zucchero.

27. Pasticcetti fritti di lievito di soda. — Sbattete 3 rossi d’ovo con 3 cucchiai di latte e 50 gr. di zucchero nonchè una buona presina di cannella, aggiungetevi un cucchiaio di lievito di soda, cioè di quelle polveri che si trovano nelle drogherie, e tutta la farina che il liquido assorbe per farne una bella pasta soda e liscia che finirete di lavorare sulla spianatoia. Dopo averla lasciata riposare 20 m. tirate la sfoglia della grossezza d’una moneta da 5 lire, tagliatela a piacimento e friggetela come i grostoli (vedi n. 26) spolverizzando i pasticcetti di zucchero.

Fanciulli angeli, in età, son diavoli.

28. Crescentine. — Amalgamate sulla spianatoia 300 gr. di farina bianca con un buon pizzico di sale, due cucchiai d’olio buono e l’acqua occorrente per farne una pasta simile a quella delle tagliatelle, che lavorerete molto bene, e lascerete poi riposare una trentina di minuti sotto una catinella. Tirate la sfoglia non troppo sottile, tagliatela a pezzi piuttosto grandi di forma quadrilunga, p. e. come il palmo d’una mano, e friggete subito questi a uno a uno nello strutto o nell’olio bollente, ritirando ciascuna volta la padella sull’orlo del fornello e scuotendola spesso. Le crescentine, nuotando nel grasso, devono prendere un bel colore di pancotto e gonfiarsi come piccoli cuscini. Esse si servono spolverizzate di zucchero, ma sono ottime anche come fritto semplice.

29. Gnocchi fritti di patate. — Mondate delle patate, tagliatele a pezzi, cuocetele nel latte, con poco sale, e fate asciugare il composto al fuoco mescolandolo finchè è ridotto come una densa pappa. Incorporatevi quindi un po’ di farina e friggetelo nello strutto o nell’olio bollente in forma di piccoli gnocchi, che staccherete con un cucchiaio. Questi gnocchi si servono spolverizzati [133] di zucchero e di cannella. Non occorre che nuotino nel grasso, esso dev’essere però così abbondante che non possano attaccarsi al fondo della padella. Un ovo o due li renderebbe ancora migliori.

30. Gnocchi fritti di pane. — Levate la crosta a 6 pani (225 gr.) servendovi della grattuggia, tagliatene la midolla a fettine e fate cuocere queste in mezzo litro di latte bollente. Quando il pane è sciolto unitevi un pezzetto di burro, un po’ di scorza gialla di limone, e la farina necessaria per formarne una pasta piuttosto soda, senza dimenticare il sale e un po’ di zucchero. Aggiungetevi da ultimo due ova, riducete il composto in tante pallottole regolari, panatele e friggetele per poi spolverizzarle di zucchero.

Figliole e frittelle quante più se ne fa più vengon belle.

31. Fritto di ricotta. — Mescolate in una terrina 400 gr. di buona ricotta dolce con un po’ di zucchero e di farina e con due ova. Non dimenticate la scorza di limone o la vaniglina. Friggete a tocchetti nello strutto questo composto ben tramenato e spolverizzate di zucchero e di cannella.

32. Fritto di crema. — Mettete al fuoco due quartucci d’acqua con un pezzetto di burro come una noce. Quando bolle, ritirate la padella sull’angolo del fornello e versatevi da un cartoccino di carta due quartucci scarsi di farina stacciata e salata, mestando in fretta a ciò non si formino bozzoli. Rimettete la padella al fuoco e dimenate il composto finchè si stacca dal recipiente. Gettatelo in una catinella e unitevi uno alla volta 3 ova intere, lavorandolo sempre. Se vi aggrada dategli un po’ di odore di limone o d’arancio colle scorze trite fine, stendetelo poi all’altezza di un centimetro sopra un tagliere cosparso di pangrattato finissimo e lasciatelo freddare. Tagliatelo quindi a pezzi regolari, e involti questi da tutte le parti nel pangrattato, friggeteli. Potete anche indorare questa pasta prima di panarla. Essa si frigge anche a bocconi nuotanti nello strutto senza ovo nè pane.

Oppure: Prendete per ogni rosso d’ovo un cucchiaio di zucchero, un cucchiaio di farina, un bicchiere di latte, poco sale. Dimenate prima i rossi collo zucchero, aggiungetevi poi la farina stemperandola con una piccola parte del latte il quale verserete a poco [134] a poco nella padella lavorando continuamente il composto tre quarti d’ora finchè il liquido sarà esaurito. Procedete come sopra.

33. Michette fritte. — Raschiate con una grattuggia la crosta di alcune michette (6 pani per 4 persone), tagliate queste in croce riducendole in quattro parti e, collocatele sopra un piatto, bagnatele con un po’ di latte freddo, inzuccherato, in cui avrete frullato un ovo, badando che diventino morbide ma non molliccie. Trascorsa un’ora circa, involgete ciascun pezzo, separatamente, nella raschiatura che avrete messa in serbo, friggete il pane nello strutto bollente e, mentre è ancor caldo, spolverizzatelo di cioccolata grattata. Potete fare lo stesso dolce con semplici fette di pane servendovi di pangrattato fino.

Oppure: Bagnate i pezzi di michetta con un po’ di vino bianco in cui avrete messo una presa di cannella, la scorza trita d’un limone e zucchero a piacere, involgeteli poi nell’ovo sbattuto e nel pangrattato, friggeteli e spolverizzateli bollenti di zucchero misto di cannella.

34. Fette fritte di pane col ripieno di marmellata. — Bagnate nel latte delle fette di pane (grossezza 1⁄2 cent.), ma non tanto che si sciupino, unitele a due a due con un ripieno di marmellata, involgetele nel pangrattato fino, friggetele nello strutto bollente, spolverizzatele di zucchero. Alla marmellata si può sostituire un po’ di crema (vedi N.º 91) o di sciroppo denso di frutta, o di frutta cotte in poltiglia, o di fragole crude, inzuccherate.

Volendo rendere il fritto ancor migliore, prima di gettarlo in padella, intingerete le fette nell’ovo frullato, oppure nelle chiare a neve (2-3) miste con un rosso, oppure nella seguente:

Pastina da friggere. — Un quartuccio di farina bianca stacciata. Versatevi sopra un po’ di latte caldo in cui avrete sciolto un pezzetto di burro, tanto da ridurlo come una pappina colante, aggiungete un ovo e sale a discrezione.

Figlio senza dolore, madre senza amore.

35. Frittelle di semolino. — Cuocete 150 gr. di semolino in mezzo litro di latte bollente, zucchero e sale a piacere. Appena è cotto aggiungetevi un pezzetto di burro, due ova intere, 50 gr. di mandorle sbucciate e pestate fine delle quali un terzo di amare. [135] Amalgamate bene ogni cosa, formate col composto polpettine piatte, involgetele nel pangrattato e friggetele nello strutto bollente.

36. Frittelle di mele o di pere. — Mondate buone mele o pere grandi non troppo mature e tagliatele per il largo a fette rotonde della grossezza di mezzo centimetro levando via con un coltellino la parte dura del torsolo. Collocate tutte queste fette sovra un piatto largo, bagnatele con qualche goccia d’acquavite o meglio di rhum e spolverizzatele di zucchero. Trascorsi 30-40 m. involgetele a una a una nella farina, poi nella seguente pastina, e friggetele nell’olio o nello strutto come indicano le precedenti ricette. In questo modo si possono preparare anche le pesche spiccagnole mondate e inzuccherate.

Pastina da friggere. — Un quartuccio (misurate con un bicchiere) di farina passata allo staccio, ben salata e diluita con un quartuccio di vino bianco.

Tempo, vento, signor, donna, fortuna Voltan e tornan come fa la luna.

37. Bombe «(Crafen)» di lievito di soda. — Sebbene non possano vantare il sapore degli esotici crafen di lievito di birra, queste bombe di lievito artificiale hanno il vantaggio d’una lesta e facile preparazione.

Dimenate in una catinella 70 gr. di burro, unitevi un ovo intero e 3 rossi, 5-6 cucchiai di latte, due cucchiai di zucchero, la scorza gialla d’un limone trita finissima, e circa 325 gr. di farina fina che avrete passata tre volte allo staccio con 20 gr. (una cartina) di buon lievito di soda. La quantità della farina non si può precisare, essa dipende dalla sua qualità. Se il composto riescirà troppo sodo vi aggiungerete qualche cucchiaio di latte, se sarà invece troppo molle lo rassoderete, sempre ben rimestando, che s’intende, con un po’ di farina. Rovesciatelo quindi sulla spianatoia infarinata e stendetelo col matterello della grossezza d’una moneta di 5 lire. Tagliatelo con un bicchiere in tanti rotondini, sulla metà di questi collocate un pezzetto di marmellata densa di frutto della grossezza d’una bella nocciola passando giro giro al dischetto (sopra, non dalle parti) una penna intinta nell’albume naturale. Copriteli quindi coi rotondini rimasti, comprimendone gli orli a ciò non si aprano friggendo, ritagliateli con un bicchiere più piccolo e rimpastate [136] i rimasugli. Compiuta l’operazione gettateli nello strutto bollente, ove devono nuotare in uno spazio sufficiente per potersi gonfiare. Ritirate di quando in quando la padella sull’orlo del fornello a ciò il calore non sia eccessivo e badate di tenerla coperta e di scuoterla col manico. Quando le bombe sono fritte da una parte, voltatele affinchè prendano un bel colore dorato. Servitele calde e spolverizzate di zucchero. Se voleste farle col lievito di birra non avreste che a prendere il composto della ricetta N.º 66 mettendovi i soli rossi delle ova, scarseggiando col burro e tenendo la pasta più soda. Le bombe di lievito di birra devono fermentare su d’una assicella infarinata, coperte d’un pannolino prima d’andare in padella.

Chi non crede alla buona madre crede poi alla mala matrigna.

38. Dolce di mele o di pere colla schiuma. — Cuocete con un po’ d’acqua, di vino bianco e di zucchero mele o pere mondate e tagliate a fette, unendovi anche un po’ di scorza di limone. Quando sono ridotte in poltiglia, asciugatele un poco, rimestandole al fuoco, collocatele quindi al forno in una padella bassa o in un piatto resistente, distendendovi sopra 2-3 albumi sbattuti a densa neve e mescolati con 2-3 cucchiai di zucchero finissimo. Se volete rendere questo piatto ancor più gradevole, spolverizzatelo da ultimo con un cucchiaio di mandorle o di nocciole trite. Appena ha preso un po’ di colore, cioè in 15-20 m., portatelo in tavola.

39. Zuppa dolce di ciliege. — Cuocete mezzo chilogr. di ciliege con un po’ di vino nero amabile, 2-3 chiodi di garofano e un pezzetto di cannella, fate condensare il sugo solo, levandone fuori le droghe, e versate poi le frutta col sugo ristretto in una scodella dove avrete disposte delle fette di focaccia, di panettone o di pan di Spagna bagnandole con un pochino di latte misto di rosolio o di rhum.

40. Frutta cotte. — Il modo più semplice di cuocere le frutta è quello di metterle, ben lavate, in tegghia con poc’acqua, sia al forno, sia fra la brace. Nel forno possono restare dalla sera alla mattina, ma questo si fa soltanto colle pere e colle mele che, divise poi a metà, si spolverizzano di zucchero, a meno che la loro dolcezza non lo renda superfluo.

Le altre frutta, ciliege, pesche, albicocche, susine nere e della [137] regina si fanno cuocere con poc’acqua e zucchero a discrezione, badando che divengano morbide senza sciogliersi. Alle frutta di sugo rosso si può aggiungere nella cottura un po’ di vino nero, a quelle di sugo chiaro un po’ di vino bianco. Le spezie (cannella e garofani) in giusta dose e chiuse in un sacchettino di velo s’addicono alle ciliege e alle susine nere. Le pesche, le albicocche e le susine della regina gradiscono la vaniglia. Le pere e le mele preparate a questo modo si mondano e si tagliano a quarti o a fettine sopprimendone il torsolo. Esse amano il limone. Le pesche vanno mondate e divise a metà. Le castagne lessate si possono anche raddolcire con un po’ di zucchero, ma in massima esse si cuociono al forno o in padella con un taglio per traverso (certi ne sopprimono soltanto un pezzettino di guscio lasciando intatta la scorza interna). Volendo lessarle si mettono al fuoco nell’acqua tutte intere, oppure mondate dal guscio, badando che resti la buccia interna. All’acqua si aggiunge un po’ di salvia o di semi di comino, se ciò piace, più sale a discrezione.

Per un miracolo non si va sull’altare.

41. Strudel con diversi ripieni. — Allestite una pasta da Strudel come quella indicata a pag. 47, collocatela sotto una terrina rovesciata e, trascorsi trenta minuti circa, tirate la sfoglia come insegna la succitata ricetta, ungetela con una penna intinta nel burro fuso, distendetevi regolarmente il ripieno fino a due dita dall’orlo, poi, sollevando la salvietta o la tovaglia che avrete posta sulla spianatoia, formate un rotolo lungo e compatto, in modo che la pasta raccolga bene il ripieno. Rivolgete questo rotolo sopra se stesso in forma di spirale, collocatelo in una tegghia unta di burro e cuocetelo un’ora al forno, bagnandolo una volta col latte freddo e ungendolo una volta col burro sciolto.

Ripieno di mele. — Alcune mele di qualità fina, tagliate a fettoline finissime, una manata di passolina e una manatella di pinoli o di noci ridotte a pezzettini, zucchero in abbondanza. Se non aveste nè noci, nè pinoli a disposizione, potreste unire alle mele alcuni cucchiai di pangrattato arrostito nel burro e qualche presina di spezie a piacere. Alle mele si sostituiscono con successo anche le pere.

Ripieno di ricotta. — Mezzo chilogr. di ricotta dolce scolata, [138] mista con due ova, 2-3 cucchiai grandi di zucchero, un po’ di cannella e, se vi conviene, 2-3 amaretti pestati.

Ripieno di zucca marina. — Cuocete della zucca marina al forno, pesatene 300-400 gr. secondo la grandezza dello strudel, passatela allo staccio, unitevi il sugo e la buccia trita d’un limone e zucchero a discrezione.

Ripieno di castagne. — Cuocete 30-40 belle castagne nell’acqua, mondatele, schiacciatele e passatele allo staccio, unitevi mezzo panetto di cioccolata grattata e 3-4 cucchiai di zucchero, diluendo il composto con un po’ di latte.

Sezione II. PIATTI DOLCI PIÙ FINI.

Gli spaventi sono peggio dei mali.

42. Flammeri, dolce freddo. — Mescolate 100 gr. di farina d’amido con un decilitro di farina solita e 4 decilitri di latte freddo. Versate il composto entro 7 decilitri di latte che avrete fatto bollire con 4 cucchiai di zucchero, 50 gr. di pinoli macinati, alcune mandorle amare e un po’ di vaniglia e che sarà ancora in ebollizione. Formate una densa pappina, unitevi 4 albumi a neve e collocate il composto entro uno stampo liscio bagnato coll’acqua. Trascorse alcune ore rovesciatelo sopra un piatto e copritelo con un po’ di sciroppo di frutta.

I rossi si possono adoperare in diverse maniere anche per fare dello zabajone (vedi N.º 90) da sostituirsi allo sciroppo. Lo zabajone si fa anche col latte, aumentandone un poco la dose in confronto a quella del vino.

43. Cacciata, dolce freddo di ricotta. — Foderate una cazzarola bene stagnata (sulle cui pareti avrete passato una penna intinta nel rosolio) di fette di pane di Spagna. Riempitene tutto il vano con buona ricotta fresca che avrete raddolcita a piacere e mescolata con un po’ di rosolio di vaniglia e con alcuni dadolini di cioccolata e di candito di cedro. Coprite il composto con altre fette di biscotto e lasciate riposare il dolce in luogo fresco. Al momento di gustarlo rovesciatelo sopra un piatto.

[139]

Chi non teme pericola.

44. Budino di pangrattato colla cioccolata. — Mettete in una padella di ferro 3 manate di pangrattato fino e fatelo tostare. Dimenate 6 rossi d’uovo con 6 cucchiai di zucchero pesto, aggiungetevi il pane, 50 gr. di mandorle tritate colla loro buccia, da ultimo mezzo panino di cioccolata grattata, rimestando sempre, poi con mano leggera gli albumi a fitta neve. Se vi piace, mettetevi anche una buona presina di cannella. Cottura nello stampo unto e infarinato 40 m. circa al forno. Per sei persone.

NB. Gli stampi per i budini devono avere sempre un cilindro nel mezzo, perchè ciò facilita la cottura. Essi si ungono diligentemente con un pezzettino di burro crudo tenendolo in mano con una carta, poi si spolverizzano di farina. La loro capacità dev’essere tale che la pasta cruda occupi soltanto due terzi scarsi del vano e abbia perciò un bel largo per salire.

I budini riesciranno bene soltanto se avrete molta cura e pazienza nel rimestarne il composto.

45. Budino di pane coi pinoli e con la sultanina. — Tagliate 150 gr. di pane a quadrettini. Sbattete 10 minuti in una pentola 3 ova intere, diluitele con un cucchiaio di latte freddo, poi con un quartuccio di latte bollente e versatele sul pane. Collocate poi questo pane nello stampo unto e infarinato disponendolo a strati con 150 gr. di pinoli e di sultanina misti e ben puliti (vedi N.º 18). Cuocete 3⁄4 d’ora al forno. Questo budino è ottimo anche freddo e si può coprire di zabajone o di sciroppo. Eccellente riesce se lo stampo è preparato collo zucchero caramellato. Per far ciò metterete al fuoco in una padellina 4 cucchiai di zucchero pesto con un cucchiaino scarso di acqua, e lo farete arrossare senza rimestarlo scuotendo soltanto l’arnese a ciò si sciolga tutto. Quando ha preso un bel colore rosso lo verserete nello stampo unto (non infarinato) cercando di diffonderlo. Non occorre che tutto l’interno dello stampo ne sia coperto, la cosa s’aggiusta durante la cottura. Per 5 persone.

Chi si scusa s’accusa.

46. Budino di semolino tostato. — Tostate in una padella 170 gr. di zucchero e 170 gr. di semolino finissimo finchè lo zucchero comincia a sciogliersi, versatevi 7 decilitri di latte e cuocete il composto. Quando è denso levatelo dal fuoco, unitevi mentr’è ancor caldo un pezzo di burro come mezz’uovo, che avrete lavorato [140] a parte con 5 rossi d’uovo e 3 cucchiai di zucchero, da ultimo 5 chiare a neve. Cuocete il budino al forno in uno stampo unto e infarinato.

47. Budino di semolino coll’arancio. — Mettete al fuoco 6 decilitri di latte con una presina di sale, quando bolle versatevi 130 gr. di semolino e cuocetelo un poco continuando sempre a rimestare. Aggiungetevi poi 110 gr. di zucchero fino e non cessate di dimenare. Quando il semolino è cotto, cioè quando saranno trascorsi in tutto 12-15 minuti, versatelo in una terrina e mischiatevi, lavorandolo sempre, 40 gr. di burro fresco, più la buccia gialla d’un arancio che avrete tritata finamente, poi un uovo intero e 4 rossi uno alla volta, da ultimo le 4 chiare a neve e, se volete renderlo un po’ migliore, una dozzina di amarettini grattati. Mettete il composto in uno stampo unto e spolverizzato di pangrattato e cuocetelo una trentina di minuti al forno.

48. Budino di riso. — Mettete al fuoco mezzo litro d’acqua, quando bolle versatevi 160 gr. di riso e un pizzico di sale. Appena riprende il bollore scolate l’acqua e sostituitevi mezzo litro abbondante di latte bollente, rallentando di molto il calore perchè il riso deve cuocere adagio circa 3⁄4 d’ora. Lo terrete coperto e spesso lo rimesterete unendovi da ultimo 5 cucchiai di zucchero fino e continuando a dimenare. Mettetelo poi in una terrina, mescolatevi un pezzetto di burro come mezz’ovo che avrete ridotto a fiocchetti, poi due ova intere e 3 tuorli, un po’ di vaniglina o la buccia gialla trita finissima di un limone e, se volete rendere il budino ancor migliore, una manata di pinoli e una dozzina di amarettini tritati.

Amalgamatevi finalmente 3 chiare a neve e cuocete il composto al forno in uno stampo unto e spolverizzato di pangrattato fino. In 30 m. circa sarà cotto. Se volete fare un budino di lusso, appena sformato irroratelo di rhum, e accendetelo nel portarlo in tavola.

Chi non vuol perdere non giuochi.

49. Budino di limone colle mandorle. — Prendete un grossissimo limone sugoso o due limoncini, cuoceteli (ben ravvolti in un pezzetto di mussolina) nell’acqua, cambiando questa per lo meno due volte durante la cottura a ciò perdano l’amaro. Quando [141] i limoni sono molli, pestateli in un mortaio levandone i semi. (Certi limoni esigono quasi tre ore di cottura). Lavorate 3 belle ova intere con 150 gr. di zucchero, finchè il composto si presenti molto bianco e spumoso, cioè 3⁄4 d’ora circa, aggiungetevi la polpa di limone e dimenate un altro quarto d’ora, finalmente 150 gr. di mandorle mondate e finamente macinate e un cucchiaio di rosolio fino. Cuocete questo budino fino come il precedente, al forno. Potete anche dimenare i rossi soli collo zucchero e sbattere da ultimo le chiare a neve. Per 4 persone.

50. Torta di zucca barucca o marina. — Cuocete la zucca al forno sopprimendone i granelli e la parte filacciosa. Pesatene poi 500 gr. (polpa senza scorza) e passatela allo staccio a meno non vi riesca di schiacciarla in una scodella in modo che non vi restino bozzoli. Dimenate intanto in un’altra terrina 50 gr. di burro, unitevi poi uno alla volta 5 ova intere e 150 gr. di zucchero a cucchiai e, dopo aver lavorato a lungo il composto, mescolatevi 50 gr. di pangrattato, la zucca, la scorza d’un limone trita finamente, anche un po’ di sugo di questo frutto se il sapore vi piacesse. Cuocete la torta 3⁄4 d’ora a forno moderato. Essa si fa ancor migliore se vi si aggiunge una manatina di mandorle grattate. Ottima riesce se cotta tra due sfoglie di pasta frolla.

NB. La riuscita delle torte dipende dalla maniera con cui si lavorano i rossi collo zucchero e col burro, cioè con mano leggera, sempre dalla stessa parte per una durata di tempo sufficiente (3⁄4 d’ora o un’ora), dalla densità degli albumi sbattuti a neve, dall’esperienza del forno o del calore in genere.

51. Torta di patate. — Lessate buone patate farinose levando via l’acqua alla fine della cottura acciò asciughino bene. Mondatele, passatele allo staccio o schiacciatele colle mani entro un tovagliolo a ciò non vi restino bozzoli, e pesatene mezzo chilogr. Lavorate pure 4 rossi d’ovo con 250 gr. di zucchero, trascorsi 20 minuti aggiungetevi la raschiatura d’un limone dimenando sempre, poi le patate, e rimestate in tutto un’ora il composto, sempre da una parte. Amalgamatevi da ultimo le 4 chiare sbattute a densa neve e cuocete la torta al forno o tra la brace in una tortiera unta col burro e spolverizzata di pangrattato. Se vi unirete una manatella di mandorle grattate, tra le quali tre o quattro d’amare, la torta si farà ancor migliore. Tempo della cottura un’ora circa.

[142]

Pazienza vince scienza.

52. Torta di castagne. — Mondate delle castagne crude (560 gr. circa), cuocetele nell’acqua finchè si possa levar loro la buccia interna, finite di lessarle con un po’ di latte, rimestandole spesso, schiacciatele e passatele allo staccio. Lavorate intanto 280 gr. di zucchero con 5 rossi d’uovo finchè il composto si sia fatto spumoso e biancastro, unitevi 280 gr. di polpa di castagne, un bicchierino di rhum o meglio di rosolio di vaniglia, dimenandolo sempre, quindi con mano leggera le chiare a densa neve. Cuocete la torta 3⁄4 d’ora circa a forno non troppo caldo in una tortiera bassa unta e infarinata e, prima di metterla in tavola, spolverizzatela di cioccolata.

Oppure. Pesate 560 gr. di castagne colla scorza, preparatele come indica la precedente ricetta, unitevi 280 gr. di zucchero, 2 rossi d’ovo, un panetto di cioccolata grattata, un bicchierino di rosolio, 2 chiare a neve e cuocete come sopra.

53. Torta di noci col lievito di soda. — Pestate finamente colla mezzaluna 315 gr. di noci; lavorate 6 rossi d’ovo con 315 gr. di zucchero aggiungendovi di quando in quando qualche goccia di latte; unite poi a questo composto le noci, 100 gr. abbondanti di pangrattato bagnato con un po’ di rhum o di rosolio versando sempre nel composto qualche cucchiaio di latte finchè ne avrete consumato circa un bicchiere. Mescolatevi da ultimo 20 gr. di lievito di soda, cioè l’intero contenuto d’una cartina, e cuocete la torta a forno ardito.

Chi è nelle pene Iddio sostiene.

54. Torta di mandorle. — Grattate 400 gr. di mandorle colla buccia, unitevi 420 gr. di zucchero pestato, poi 6 albumi montati a densa neve, oppure 3 ova intere, ungete una tortiera col burro, foderatela con una cialda (si comperano dai pasticceri), versatevi il composto e cuocetelo molto adagio. A questa torta darete un sapore a piacere vostro, sia colla scorza e con un po’ di sugo di limone, sia con due pizzichi di cannella in polvere.

Chi si lamenta non può guarire.

55. Torta di pane. — Lavorate 6 cucchiai di zucchero fino con 6 rossi d’uovo, unitevi a poco a poco, sempre dimenando, 6 cucchiai di pangrattato finissimo, poi i 6 albumi a neve. Cuocete la [143] torta a forno moderato in una tegghia unta col burro e spolverizzata di pangrattato. Potete darle l’odore di limone come alla precedente, oppure vi mescolerete un po’ di cannella, o di vaniglia, o di cioccolata grattata.

56. Torta di riso. — Cuocete 250 gr. di riso in un litro di latte bollente e lasciatelo freddare. Unitevi poi 3-4 rossi d’ovo che avrete dimenati con 4 cucchiai di zucchero fino e con la buccia gialla trita finissima d’un limone, da ultimo le chiare a neve, e cuocete il composto in una tegghia unta e spolverizzata di pangrattato. Forno caldo ma non troppo ardito. Potete aggiungere al riso una manata di nocciole e alcune mandorle amare grattate.

57. Torta di semolino. — Cuocete 500 gr. di semolino in un litro abbondante di latte, aggiungetevi mentre è ancor caldo un pezzetto di burro, come due noci, 150 gr. di zucchero e una presa di sale, e quand’è freddato 4 ova intere che avrete frullate a parte in un pentolino. Date a questa torta l’odore di vaniglia, di limone o di cannella come meglio v’aggrada, e cuocetela come le precedenti.

58. Torta di ciliege. — Raschiate con la grattuggia la crosta di 5 pani (170 gr. circa), tagliatene poi la mollica a fette e cuocetela con mezzo litro di latte e colla buccia gialla trita finamente di mezzo limone. Dimenate a parte un pezzetto di burro come due noci, unitevi, sempre dimenando, 4 rossi d’uovo e 4 cucchiai di zucchero, poi 4 chiare a neve e 500-700 gr. di ciliege nere sugose, senza gambo e bene lavate. Cuocete la torta a forno moderato in una tegghia o tortiera preparata a norma delle ricette precedenti.

59. Torta di lievito di soda col burro. — Lavorate 80 gr. di burro in una terrina, unitevi 4 rossi d’uovo e 250 gr. di zucchero insieme alla scorza gialla, tritata finamente, di un limone, dimenate a lungo il composto, aggiungendovi poi 500 gr. di farina alternativamente con un po’ di latte finchè ne avrete consumato un bicchiere, amalgamatevi da ultimo 30 gr. di lievito di soda (una cartina e mezza), poi le 4 chiare a densa neve e un cucchiaio di rhum. Cuocete la torta in una tegghia o tortiera unta e infarinata. Cottura 3⁄4 d’ora circa a forno caldo.

[144]

60. Torta di lievito di soda senza burro. — Lavorate due rossi e 4 ova intere con 250 gr. di zucchero e la scorza gialla trita finissima di un limone, unitevi poi 125 gr. di farina fina di frumento e 125 gr. di fecola di patate alternativamente con 6 cucchiai di latte crudo, sempre dimenando, più una cartina di lievito di soda. Cuocete il composto 3⁄4 d’ora a forno caldo, però non troppo ardito, in una grande tortiera unta e infarinata. Le ova devono essere lavorate lungamente collo zucchero.

61. Torta di lievito di soda col sapore di caffè e di cioccolata. — Lavorate in una scodella 75 gr. di burro, aggiungetevi, uno alla volta, 3 ova intere alternativamente con 250 gr. di zucchero finissimo, due panetti di cioccolata grattata, un cucchiaino di polvere di caffè. Unitevi quindi, a poco a poco, un cucchiaio di farina e uno di latte finchè avrete consumato 270 gr. dell’una e un quartuccio e mezzo dell’altro, amalgamandovi da ultimo 22 gr. di cremor di tartaro e 8 gr. di bicarbonato di soda (si comperano in farmacia), versate subito il composto in una tortiera unta e infarinata e cuocetelo a forno ardito.

62. Torta di farina nera di grano saraceno. — Lavorate un’ora 200 gr. di zucchero con 5 rossi d’uovo, aggiungete 60 gr. di mandorle pestate colla buccia, 60 gr. di farina nera fina, poi le 5 chiare a neve. Cottura lenta in tortiera come sopra. Si può rendere questa torta ancor migliore con l’aggiunta di un po’ di cannella, di garofani e di fettine di candito di cedro.

Chi mangia la torta del comune la paga in piazza.

63. Torta di papparelle alla veronese. — Fate della pasta da tagliatelle (vedi pag. 27) con un paio di cucchiai d’acqua per sciogliere il sale, 3 ova intere e la farina che assorbono. Badate che riesca soda e ben lavorata e tiratene una sfoglia finissima. Quando è un po’ asciugata, tagliatela a filetti sottilissimi come i capellini e spargete questi sopra una tovaglia. Preparate intanto 120 gr. di mandorle dolci e 60 gr. di mandorle amare, sbucciatele coll’acqua bollente e tritatele con gran cura; preparate pure 180 gr. di zucchero in polvere, 120 gr. di burro, due bicchierini di buon rosolio e la scorza gialla d’un limone grattata minutamente.

Ungete e infarinate la tortiera e spargetevi leggermente uno [145] strato di papparelle, poi uno strato di mandorle e uno di zucchero e di burro a fiocchetti, quindi ripetete l’operazione badando che l’ultimo strato sia di pasta. Le mandorle, lo zucchero e il burro vanno sempre spruzzati col rosolio, tanto da consumarne la metà, il secondo bicchierino si versa sulla torta quando essa è cotta. Il calore dev’essere moderato, oltre a ciò il composto si copre con una carta.

64. Torta di fregolotti (bozzoletti) alla trentina. — Mettete sulla spianatoia 500 gr. di farina, 400 gr. di burro, 300 gr. di zucchero, 300 gr. di mandorle mondate e tritate. Fate passare quest’ingredienti fra le mani, riducendoli in tante briciole regolari, e spruzzandovi un buon cucchiaio d’acquavite. Ungete e infarinate la tortiera e lasciatevi piovere leggermente i bozzoletti. Cuocete poi la torta a forno caldo.

65. Torta di pan di Spagna. — Per questa torta occorre che la farina come lo zucchero siano molto asciutti. Per ogni uovo calcolerete 28 gr. di zucchero e altrettanta farina. Lavorate i rossi collo zucchero finchè diventino spumosi e finchè appaiano triplicati di volume (per far ciò occorre il fuscello di vimini o il battichiare), aggiungetevi allora le chiare sbattute a densissima neve e, lavorando sempre con mano leggera, la farina, che farete piovere adagio nel composto. Se non avete una tortiera a disposizione ungete di burro crudo una cazzarola o una tegghia larga, spolverizzatela di pangrattato finissimo e cuocetevi il pan di Spagna a forno moderato. Con 6 ova vi procurerete una bella torta. Se vi pare, potete aggiungervi un po’ di buccia gialla di limone trita finamente. Se volete agevolare la riuscita della torta unitevi, prima di cuocerla, mezza cartina di lievito di soda.

66. Torta di lievito di birra colla marmellata. — Sciogliete 40 gr. di lievito di birra molto fresco in una pentola grande con un po’ di latte crudo, unitevi 3 cucchiai colmi di farina fina e il latte crudo e intiepidito che necessita per farne, sbattendo bene, una pappina di media consistenza. Collocate la pentola, che terrete ben coperta e difesa dall’aria, in un luogo caldo, cioè in vicinanza della stufa o del fornello. In capo a 30-40 m. il composto fermentando (se il lievito è fresco) si sarà quasi triplicato di volume. (Badate che se dal fondo della pentola penetrasse un calore troppo [146] forte nel fermento esso si guasterebbe). Mettete intanto sulla spianatoia 300 gr. di farina e 150-180 gr. di burro, 5 cucchiai di zucchero e 3 rossi d’ovo, la raschiatura di un limone e due pizzichi di sale. Quando il lievito è pronto, aggiungetelo ai suddetti ingredienti, e amalgamate ogni cosa con un pochino di latte crudo maneggiando con diligenza il pastone. Staccatene l’ottava parte circa per formare i rotolini, e componete col rimanente un disco della dimensione della tortiera o della tegghia stagnata di cui disponete e che avrete unta e infarinata. Collocate il disco sul fondo della tegghia, poi, colla pasta lasciata da parte preparate dei bachini, uno dei quali assai lungo per disporlo giro giro sul rotondo. Spalmate il vano interno con buona marmellata o con uno dei seguenti ripieni, poi disponetevi sopra i bachini rimasti, in forma di gratella. Collocate la tortiera in luogo caldo a ciò il composto possa nuovamente lievitare e, quand’è raddoppiato di volume, cuocete la torta a forno caldo. Essa sarà pronta in un’ora circa e si potrà gustare tanto calda come fredda. Sformata che sia (s’intende che la gratella deve sempre restare dalla parte di sopra, condizione per cui si presta la tortiera a cerniera) la spolverizzerete di zucchero.

Ripieno di noci. Noci grattate miste con zucchero e chiare d’ovo tanto da farne una pappina un po’ soda oppure con miele riscaldato.

Ripieno di papaveri. Semi di papavero schiacciati nel macinino del caffè, misti con sciroppo di zucchero, con cannella e garofani.

67. Torta di lievito di birra colla cioccolata. — Fate fermentare, come indica la precedente ricetta, 20 gr. di buon lievito di birra con due cucchiai di farina e poco latte crudo. Lavorate intanto in una catinella 60 gr. di burro, unitevi poi 3 cucchiai di zucchero, due ova, un po’ di vaniglina, il lievito, quando è quasi triplicato di volume, 280 gr. di farina e il latte crudo e tiepido che occorre per formare un pastone di media consistenza, che sbatterete (questo composto non va tramenato) con forza contro l’orlo della terrina con una spatola di legno finchè si stacca dalla stessa. Mettetelo allora sulla spianatoia infarinata, appianatelo dolcemente colle mani, tagliatelo a pezzetti quadrati, spalmate questi col seguente ripieno, rotolateli in forma di salsiccette e collocateli in una cazzarola unta e infarinata per farli nuovamente lievitare in luogo caldo. [147] Quando la torta si mostra leggera e tremolante collocatela a forno abbastanza ardito. Cottura 3⁄4 d’ora circa.

Ripieno: Cuocete 150 gr. di zucchero con due decilitri d’acqua, unitevi 140 gr. di cioccolata e formate una pappina non troppo densa. Mescolatevi poi una manatella di pinoli interi.

Serva tornata non fu mai buona.

68. Cugluf «Kugelhupf» di lievito di birra. — Fate fermentare 40 gr. di buon lievito di birra con un po’ di latte crudo e intiepidito e 3 cucchiai di farina come indica la ricetta N.º 66, rimestate in una terrina 80-100 gr. di burro, aggiungendovi poi 4 ova intere, uno alla volta alternativamente con 5-6 cucchiai di zucchero, la scorza gialla trita finamente di mezzo limone, poi il lievito fermentato insieme ad altri 300 gr. di farina, a un po’ di sale e a quella quantità di latte tiepido e crudo che può occorrere per farne una pasta molle anzi che no. Lavoratela fortemente nella terrina che, stando a sedere, terrete sulle ginocchia, e invece di dimenarla come si fa coi composti delle torte, continuate a sbatterla e ad attrarla a piccole porzioni col cucchiaio o colla spatola di legno verso di voi sulle pareti del recipiente. Quand’essa si stacca dal cucchiaio e lo lascia pulito, e fa anche delle grosse bolle, aggiungetevi una manatina d’uva sultana e una manatina di pinoli ben puliti (l’uva sultana si mescola con un po’ di farina e si mette in uno staccio donde la farina passa coi gambi; i pinoli si soffregano entro un tovagliolo) e versatelo nello stampo da cugluf che ha in genere la forma di turbante e, in mancanza di esso, in qualunque altro stampo col cilindro in mezzo e che avrete, s’intende, debitamente unto e infarinato. Collocatelo in luogo caldo dove possa fermentare e, quand’è raddoppiato di volume, cuocete il cugluf al forno a discreto calore. In un’ora sarà pronto. Sformatelo e spolverizzatelo di zucchero a velo.

Ai pinoli si possono sostituire le mandorle e le nocciole, anche le noci.

Qualche fettolina di candito di cedro rende il dolce più fino.

Onestà e gentilezza sopravanza ogni bellezza.

69. Cugluf di lievito di soda. — Dimenate in una terrina 100 gr. di burro, unitevi uno alla volta 4 ova intere, alternativamente con 120 gr. di zucchero a cucchiai, poi 300 gr. di farina e [148] un piccolo bicchiere di latte crudo, pure alternando, due cucchiai di rhum e quell’odore (limone o vaniglia) che preferite, da ultimo una cartina (20 gr.) di lievito di soda. Ben lavorato che sia il composto, versatelo in uno stampo eguale a quello indicato nella precedente ricetta che avrete unto e infarinato, e cuocetelo un’ora a forno caldo.

Altre dosi: Farina 500 gr., burro 100 gr., zucchero 250 gr., 4 rossi d’ovo, 4 chiare a neve (queste si mettono da ultimo), la buccia d’un limone tritata finamente, 30 gr. di lievito di soda (una cartina e mezza).

Colle spezie: Come la prima ricetta aggiungendo al composto 3 cucchiaini di cannella e uno e mezzo di garofani in polvere, più l’odore di limone.

Colle frutta: Potete aggiungere a questo biscotto un po’ di sultanina, o di mandorle mondate e dimezzate, o di noci o nocciole pestate grossolanamente; qualche fettina di candito di cedro lo rende migliore assai.

Non tutte le ciambelle riescono col buco.

70. Ciambella di lievito di soda. — Amalgamate sulla spianatoia 500 gr. di farina che avrete passata tre volte allo staccio col contenuto di una cartina, cioè con 20 gr. di lievito di soda, 2 ova intere, la buccia gialla d’un limone trita finissima, 40 gr. di burro e 180 gr. di zucchero, più mezzo bicchiere di latte formando un pastone di media consistenza; riducete poi questo pastone in forma di palla, praticatevi un buco nel mezzo colle mani infarinate allargandolo a guisa d’anello, collocate la ciambella sulla piastra unta e infarinata e, dopo averla lasciata riposare due ore, bagnatela coll’albume sbattuto, cospargetela di granelli di zucchero (queste ultime operazioni non sono necessarie) e cuocetela un’ora a forno caldo ma non troppo ardito. Essa deve prendere un bel colore rosso chiaro. Per mantenere alla ciambella la forma d’anello mettetevi in mezzo da bel principio una scodelletta.

71. Ciambella di lievito di birra. — Fate fermentare 25 gr. di lievito di birra con 4 cucchiai di farina e con un po’ di latte crudo come indica la ricetta N.º 66. Sciogliete intanto 50 gr. di burro in 1⁄6 di litro di latte tiepido ma crudo, sbattetevi due ova intere e con questo liquido impastate il fermento che dev’essere triplicato di volume, [149] 300 gr. di farina, 70 gr. di zucchero e un po’ di raschiatura di limone. Maneggiate ogni cosa con forza sulla spianatoia formando un pastone elastico e lavorandolo finchè si stacca dalle mani. Riducetelo in forma d’anello come insegna la precedente ricetta, fatelo lievitare sulla piastra unta e infarinata che terrete in luogo caldo, per esempio in vicinanza del fornello. Quand’è raddoppiato di volume bagnatelo mediante una penna col latte tiepido e cuocetelo a forno ardito. Si può allestire anche tra la brace in una tegghia.

72. Pane di latte col lievito di soda. — Amalgamate sulla spianatoia 750 gr. di farina fina, 60 gr. di burro, 200 gr. di zucchero, un cucchiaio d’anici lavati, 22 gr. di cremor di tartaro e 8 gr. di carbonato di soda. (Queste polveri sarebbe bene mescolarle e passarle due o tre volte allo staccio insieme alla farina). Formate un pastone ben lavorato, intridendolo con quella quantità di latte che può occorrere per ottenere una certa morbidezza, cioè con un bicchiere circa. Riducete il composto come un lungo salsiccione cilindrico e disponetelo sulla piastra del forno un po’ unta e infarinata. Lasciatelo riposare un paio d’ore e poi cuocetelo a calore vivo nel forno. Cottura 3⁄4 d’ora circa.

Pane e feste tengon il popol quieto.

73. Pane di latte col lievito di birra. — Procuratevi 40 gr. di buon lievito di birra fresco, mettetelo in una pentola e scioglietelo con un paio di cucchiai di latte crudo. Aggiungetevi 6 cucchiai di farina e dell’altro latte crudo, ma lievemente intiepidito, quanto basti per formare una pappina di media consistenza. Collocate la pentola in un luogo caldo, p. e. accanto al fornello ma non tanto che il lievito possa scottarsi dalla parte di sotto e perciò andare a male, e quando è quasi triplicato di volume per l’azione del calore, portatelo sulla spianatoia dove avrete disposto 750 gr. di farina intiepidita, 100 gr. di zucchero e 60-80 gr. di burro, amalgamatelo col resto unendovi quella quantità di latte tiepido ma crudo che vi occorrerà per formarne un pastone compatto. Non dimenticate 2-3 buoni pizzichi di sale e, se vi piacessero, un cucchiaio d’anici ben puliti entro un tovagliolo o lavati. Lavorate con forza il pastone finchè non s’attacca più nè alle dita nè alla spianatoia, sbattendolo con forza e riducendolo quindi alla forma di un lungo pane cilindrico che disporrete sulla piastra del forno unta [150] e infarinata per lasciarvelo di nuovo fermentare in luogo caldo. Quando è gonfio e tremolante e si è bene alzato senza troppo diffondersi dalle parti, indizio di buona manipolazione, passatevi sopra una penna intinta nel latte caldo e cuocetelo un’ora a forno allegro.

Meglio onore che boccone.

74. Pane dolce di lievito di birra senza latte. — Fate il fermento come insegna la ricetta N.º 66 con 60 gr. di lievito, 3 cucchiai di farina e poc’acqua. Quando è pronto aggiungetevi 750 gr. di farina, il sale necessario e mezzo litro scarso d’acqua, e sbattete bene il composto in una terrina che poi coprirete e collocherete in un armadio. Tutto questo alla sera. La mattina seguente preparate sulla spianatoia 250 gr. di farina, versatevi il lievito che troverete molto bene fermentato, unitevi due ova, 4 cucchiai di zucchero, un pezzetto di burro come mezz’uovo, un cucchiaio d’anici, se li gradite, o un po’ di vaniglia. Lavorate mezz’ora il pastone colle mani stracciandolo e ricomponendolo, battendolo col matterello e col pugno. Riducetelo quindi come un lungo salsiccione, collocatelo sulla lamiera unta e infarinata, lasciatelo bene lievitare, bagnatelo con albume e cuocetelo a forno caldo un’ora circa.

75. Pane dolce di patate col lievito di birra. — Fate un fermento come quello indicato nella ricetta N.º 66 con 60 gr. di lievito, un po’ di latte crudo e 4 cucchiai di farina. Lavorate in una scodella due ova intere con un pezzo di burro come mezz’ovo, che avrete prima ben rimestato da solo, unitevi 60-70 gr. di zucchero, il lievito fermentato, 500 gr. di patate cotte tra la cenere e passate calde allo staccio, e un chilogr. di farina col latte che occorre (3⁄8 circa) per farne un pastone di media consistenza, che poi finirete di preparare e di cuocere come il pane di latte (ricetta N.º 73).

Oppure. Mettete in una catinella un litro di farina (misurata con un bicchiere), sciogliete 60 gr. di lievito di birra nel latte crudo (un quartuccio circa) e intridete con questo latte la farina riducendo il composto come una pappina. (Se la farina fosse molto assorbente aumentate la dose del latte). Fate fermentare la pappina a tiepido calore e, quando il suo volume si è abbondantemente raddoppiato, aggiungetevi 70 gr. di burro che avrete lavorato prima solo poi [151] con due ova e con 80 gr. di zucchero, più un chilogr. di patate lesse e passate calde allo staccio. Sbattete e amalgamate il pastone nella catinella, gettatelo quindi sulla spianatoia, lavoratelo lungamente colle mani, come il pane, aggiungendo farina ove ciò occorresse, formate un lungo panettone, fatelo lievitare come il precedente sulla lamiera unta e infarinata e cuocetelo a forno caldo. Potete unire alla pasta, se vi piace, un cucchiaio di anici di Puglia.

Chi non ha Dio gliene dà.

76. Focaccia. — Fate un fermento come i precedenti con 60 gr. di lievito di birra, circa 1⁄8 di litro di latte crudo intiepidito e 250 gr. di farina. Quand’è triplicato di volume lievitando (vedi ricetta N.º 66), versatelo nella farina rimanente (750 gr.) che avrete intiepidita e collocata sulla spianatoia in forma di fontana, con entro 4 ova intere (dalle quali avrete sottratto un cucchiaino di rosso, per indorare), 100 gr. di zucchero, 60 gr. di burro tagliato a fettoline, un cucchiaio di sale e un altro quartuccio circa di latte crudo e tiepido. Amalgamate ogni cosa con destrezza, senza che il liquido vi sfugga, e lavorate 30-40 m. il pastone maneggiandolo e sbattendolo con forza in tutti i sensi. Esso deve riescire piuttosto duro che no. Dividetelo quindi in due parti, una grande, l’altra piccina, riducendole in forma di palle, e fate lievitare queste due palle diverse sulla lamiera unta e infarinata. Quando sono raddoppiate abbondantemente di volume, sovrapponete la palla piccola alla grande, lavorando con destrezza a ciò non si ammacchino. Indoratele poi col rosso d’ovo messo da parte e diluito con un po’ di latte, e cuocete la focaccia per un 40 minuti a forno caldo, senza aprirlo.

Ride bene chi ride l’ultimo.

77. Genovesi per i bambini. — Fate fermentare 40 gr. di lievito di birra con 270 gr. di farina e un bicchiere di latte tiepido ma non bollito e ciò dopo aver sbattuto a lungo il composto.

Amalgamate intanto sulla spianatoia 350 gr. di farina con 90 gr. di burro e 90 gr. di zucchero, unitevi il lievito fermentato e formate una bella pasta morbida, elastica, ma piuttosto consistente, unendovi un pizzico di sale e, se occorresse, un altro pochino di latte crudo. Stendetela quindi della grossezza di un centimetro abbondante e mediante un tagliapasta ovale, che abbia circa un diametro [152] di 9 cent. per 7 cent., tagliatela in tante formette che lascerete ben lievitare sulla lamiera unta e infarinata. Cuocetele a forno abbastanza caldo, il giorno seguente tagliatele in due parti per traverso con un coltello affilato e fatele biscottare.

Questi genovesi sono indicati per fare la pappa dei bambini con un po’ di latte caldo.

78. Pane di frutta (Zelten) col lievito di soda. — Sciogliete 100 gr. di burro in 1⁄6 di litro d’acqua bollente. Lavorate diligentemente 4 ova con 4 cucchiai colmi di zucchero pestato fino, aggiungetevi 560 gr. di farina intrisa coll’acqua suddetta e, quando il composto è ben dimenato e freddo, amalgamatevi 22 gr. di cremor di tartaro e 8 gr. di bicarbonato di soda, che avrete comperati in farmacia, 50 gr. di sultanina ben pulita, 50 gr. di pinoli, 50 gr. di mandorle intere mondate nell’acqua bollente, 50 gr. di noci a spicchi, 50 gr. d’arancetti triti, 50 gr. di candito di cedro, 70 gr. di fichi secchi, questi due ultimi ingredienti tagliati a fettoline, versandovi ancora un po’ d’acqua, se occorresse. Stendete il pastone molto basso in una larga tegghia unta e infarinata e cuocetelo subito a forno caldo 3⁄4 d’ora circa.

Se ti vuoi mantener sano Caccia via il rispetto umano.

79. Pane di frutta (Zelten) col lievito di birra. — Preparate chilogr. 1 1⁄4 di farina, 160 gr. di burro, 160 gr. di zucchero, 60 gr. di lievito di birra, mezzo litro scarso di latte tiepido ma crudo, 160 gr. di noci ridotte a pezzetti, 160 gr. di fichi secchi tagliati a filetti fini, 160 gr. di mandorle mondate pure a filetti, 160 gr. di cedro confettato a fettoline, 160 gr. di uva sultana, un po’ di maraschino di Zara, due tuorli d’uovo, mezzo cucchiaio di sale, la scorza trita finamente di due aranci, alcune mandorle mondate e intere.

Sciogliete il lievito con la terza parte della farina e col latte necessario e lasciatelo fermentare: quando il composto è abbondantemente raddoppiato di volume, unitevi un altro terzo di farina e un po’ di latte e riponetelo in luogo caldo. Quando la pasta è lievitata per la seconda volta, amalgamatevi i tuorli d’uovo che avrete uniti al burro, lavorato prima solo poi collo zucchero, più il latte rimanente, il sale e un altro po’ di farina (non tutta) e fate fermentare [153] per la terza volta. Versate finalmente il composto sulla spianatoia dove avrete disposto la farina che vi rimane, la scorza d’arancio e le frutta in disparte (queste le avrete messe un’ora in fusione nel maraschino), fate un impasto più sodino, unitevi tutti gl’ingredienti, stendete il pastone dell’altezza di un centimetro scarso, e servendovi d’uno stampo di carta, ritagliatelo in forma di grandi pani eguali a foggia di mandorla (queste dosi vi daranno 3 pani), guerniteli sopra con le mandorle mondate e dimezzate e fateli lievitare per la quarta volta sulle lamiere unte e infarinate. Quando i pani sono sollevati e morbidi, dorateli col tuorlo d’uovo sbattuto e cuoceteli a forno ardito un’ora e più.

NB. Il composto si deve sbattere bene ad ogni impasto finchè si stacca dalla spatola e maneggiare poi con forza sul tagliere, lacerandolo, riunendolo e bastonandolo bene prima d’introdurvi le frutta che non vanno sciupate.

Il padre è l’ospite migliore alla tavola domestica.

80. Pane semplice colle frutta. — Questo non si potrebbe chiamare un dolce, perchè non c’entra zucchero, ma lo raddolciscono tuttavia i fichi e l’uva sultanina. Preparate pasta di pane come dice la ricetta N.º 1 pag. 1. La mattina, nel rimaneggiare il composto, unitevi 250 gr. di noci a spicchi, 250 gr. di uva sultana e 250 gr. di fichi tagliati a fettoline. Formate quindi i pani, lasciateli lievitare e cuoceteli a norma della stessa ricetta. Essi si prestano anche molto per le escursioni alpine. I ragazzi ne sono ghiotti.

81. Ravioli o «fiadoni». — Impastate sulla spianatoia 400 gr. di farina, 200 gr. di burro, 100 gr. di zucchero, la scorza trita finamente d’un limone, una cartina scarsa di lievito di soda (15-18 gr.) col latte che necessita per farne un composto morbido ma non troppo maneggiato. Tirate una sfoglia di media grossezza, tagliatela a quadratini della dimensione di 9 cent. su ogni lato, collocate su ciascuno di questi quadratini un cucchiaio di ripieno e ripiegate la sfoglia a triangolo facendo bene aderire gli orli. Dorate i fiadoni coll’ovo sbattuto, cospargeteli di zucchero a granelli e cuoceteli a forno caldo sulla lamiera unta e infarinata.

Ripieno: Tre manatelle di mandorle, di nocciole o di noci pestate fine, miste di pangrattato e legate con un po’ di miele caldo. Spezie, cioè cannella e garofani, a piacere.

[154]

Chi più mangia meno mangia.

82. Ciambellette di lievito di soda. — Amalgamate sulla spianatoia 450 gr. di farina fina, due ova (dalle quali avrete sottratto per metterlo da parte un pochino d’albume), 35 gr. di burro, 180 gr. di zucchero, la scorza gialla d’un limone trita finissimamente, mezzo bicchiere di latte crudo e una cartina di lievito di soda. Questo, fareste bene a passarlo da bel principio tre volte allo staccio colla farina. Tirate una sfoglia dell’altezza di mezzo centimetro circa, tagliatela a rotondini con un bicchiere grande o con una scodelletta, poi ad anelli forandoli nel mezzo con un bicchiere più piccolo. Rimpastate i dischetti che vi restano e gli avanzi e ripetete l’operazione. Bagnate coll’albume messo da parte (servendovi d’una penna) i pasticcetti, cospargeteli di granellini di zucchero (questi si ottengono schiacciando lo zucchero con una bottiglia liscia che s’adopera a guisa di matterello) e cuoceteli a forno caldo.

Queste ciambellette sono ottime da gustarsi col vino, e si conservano a lungo.

83. Mostazzini (Basini forti). — Mettete sulla spianatoia 300 gr. di farina fina, 300 gr. di zucchero pesto finissimo, 12 gr. di cannella e 9 gr. di garofani in polvere, se v’aggrada anche un pizzico di noce moscata, più un cucchiaino di carbonato d’ammoniaca fortissimo pesto assai fino. Impastate quest’ingredienti con due albumi d’ovo e con un po’ d’acqua, oppure con acqua e con un po’ di vino bianco, senza gli albumi, stendete il pastone sulla spianatoia infarinata spianandolo all’altezza di mezzo cent. scarso, poi tagliatelo con un bicchiere in tanti tondini. I ritagli si rimpastano e si ripete l’operazione. Collocate i mostazzini a qualche distanza uno dall’altro sulla lamiera unta e infarinata, bagnateli con acqua pura o con albume, cospargeteli di granelli di zucchero e cuoceteli a forno moderato. Essi devono restar grigi, senza prendere colore di sorta; bisogna quindi sfornarli prima che siano duri.

84. Amaretti. — Dimenate 3⁄4 d’ora 560 gr. di zucchero con 3 albumi naturali, unitevi 280 gr. di mandorle dolci e 280 gr. di mandorle amare mondate e grattate. Cuocete il composto sulla lamiera coperta da una carta unta, disponendovelo in forma di pallottole [155] che poi s’allargano. Il calore del forno dev’essere moderato e durante i primi 12 m. di cottura non si può aprire lo sportello. Badate che le mandorle e lo zucchero siano perfettamente asciutti e che nell’albume non si veda traccia alcuna del tuorlo. Queste sono condizioni indispensabili per la buona riescita degli amaretti.

Chi fa bene fa presto.

85. Amaretti di mandorle di pesca. — Sbattete due albumi a neve assai densa, incorporatevi un pochino di zucchero, poi un bicchiere ordinario di mandorle di pesca macinate, in fine il rimanente dello zucchero, la cui quantità si regola secondo la grandezza degli albumi. Se sono molto grandi ne occorrono 500 gr. Il composto dev’essere denso, altrimenti si dilata troppo sulla lamiera, la quale va unta e infarinata prima di disporvelo in forma di pallottole.

Chi ha la sanità è ricco e non lo sa.

86. Dolcetti di cioccolata. — Lavorate a lungo, 40-50 m. 3 albumi naturali con 315 gr. di zucchero, aggiungendovi a poco a poco 100 gr. di cioccolata grattuggiata. Dopo avere cosparso la spianatoia di farina e di zucchero, stendetevi il composto col matterello infarinato, dell’altezza di mezzo dito, tagliatelo a rotondini con un cerchiello di latta, e cuocete questi a forno moderato sulla lamiera unta e infarinata. Questi pasticcini devono gonfiarsi molto.

87. Pastine di pasta zuccherina. — Impastate in fretta (altrimenti il composto si brucia, cioè non resta compatto) farina, burro e zucchero in queste proporzioni: il burro deve avere il doppio peso dello zucchero e la farina il doppio peso del burro. Aggiungete un pizzico di sale e legate gl’ingredienti con un po’ di vino bianco. Oppure prendete egual peso di zucchero e di burro e il doppio di farina e sostituite al vino bianco il sugo di limone aggiungendovene anche la scorza trita. Stendete (sempre sulla spianatoia) una sfoglia della grossezza d’una moneta da 5 lire o poco più, e tagliatela poi a rotondini con un bicchiere. Dorate le pastine con un po’ d’ovo sbattuto, dopo averle collocate in una tegghia o sulla lamiera infarinata per cuocerle a calore abbastanza vivo, sia tra la brace, sia al forno. Potete anche cospargerle di noci, o di mandorle grattate, o di granelli di zucchero.

Lo zucchero per la pasta deve essere fino, non finissimo.

[156]

88. Pastine di pasta frolla. — Calcolate metà peso di burro della farina (a Roma si prende un quarto di burro, un quarto di strutto fino e due quarti di farina) e per 400 gr. di farina e 200 gr. di grasso 4 rossi o due ova intere e un po’ d’acqua, aggiungetevi il sale necessario, un po’ di scorza trita di limone, se vi piace anche un po’ di cannella. Intridete e impastate in fretta ogni cosa sulla spianatoia, procedete quindi come nella precedente ricetta senza omettere i granelli di zucchero che sono indispensabili, mancando questo elemento nel pastone.

Prima di stendere la sfoglia potete lasciarlo riposare ben coperto in luogo fresco.

Meglio un ovo oggi che una gallina domani.

89. Biscottini. — Pesate le ova e mettete sulla bilancia un egual peso di zucchero e altrettanta farina. Lavorate poi le ova collo zucchero e in seguito colla farina; quando il composto è omogeneo e liscio, unitevi quanto sta sulla punta di un coltello di carbonato d’ammoniaca in polvere (comperatela in farmacia, badate che sia forte, e non crucciatevi per l’odore che svanisce), versatelo subito in una tegghia o tortiera unta e infarinata, cuocetelo a forno caldo, ma non troppo ardito e, sformato che sia, tagliatelo a listarelle o a quadratini. Potete dare a questi biscottini l’odore di vaniglia o di spezie a piacimento, essi gradiscono anche gli anici di Puglia.

90. Zabaione. — Mettete in una padellina un rosso d’ovo con un cucchiaio di zucchero finissimo, aggiungetevi mezzo guscio d’ovo d’acqua e mezzo di vino bianco buono, sbattete a fuoco dolcissimo il composto con una forchetta, con un battichiare o col fuscello di vimini finchè cresce di volume facendosi schiumoso. Bollire non deve mai, anzi alla prima bolla si ritira dal fuoco e si sbatte un pochino a freddo. Dosi per una persona. Si può aggiungervi da ultimo la chiara a neve, come si può adoperare l’ovo intero aumentando la quantità dello zucchero, ma se si tratta di qualche ammalato, il primo sistema è preferibile.

91. Una chicchera di crema per un bambino o per un vecchio. — Dimenate un rosso d’ovo nella padella, come sopra, con un cucchiaio colmo di zucchero e con un cucchiaino di farina fina, [157] diluite il composto con un quartuccio di latte bollito e dimenatelo a fuoco dolce finchè compare la prima bolla. Bollire non deve mai. Se v’aggrada aggiungete alla crema la chiara sbattuta a neve. Dategli anche l’odore del limone o della vaniglina. Volendo allestire una crema di cioccolata ne scioglierete prima mezzo panino nel latte che lascierete freddare.

A ferite atroci cure disperate.

92. Caramelle per la tosse. (Zucchero d’orzo). — Se avete dell’orzo non macinato, fatene bollire un pugno nell’acqua e prendete un bicchiere di quest’acqua, nel caso contrario servitevi d’acqua pura.

Mettete in una padella 300 gr. di zucchero tagliato a pezzi, versatevi sopra il bicchiere d’acqua e fatelo cuocere a lento fuoco pulendo, da principio, gli orli del recipiente con una penna bagnata. Guardatevi però dal rimestare lo sciroppo che si guasterebbe. Quand’esso ha preso cuocendo un bel color d’oro, cioè che il liquido n’è tutto svaporato, lasciatene cadere una goccia in un bicchiere pieno d’acqua. Se questa goccia diventa subito secca e scricchiolante, lo zucchero è cotto, se si mantiene molle conviene lasciarlo un altro pochino sul fuoco senza però ravvivarlo, ma badando anzi che rallenti.

Intanto avrete lasciato cadere una goccia d’olio sopra un pezzo di marmo liscio qualunque asciugandone poi bene la superficie con un pannolino. Su questo marmo verserete lo sciroppo bollente che si stenderà per subito indurire. Prima che ciò avvenga, tracciatevi sopra con un coltello caldo una rete di linee, cioè una specie di gratella. I segni rimarranno impressi nello zucchero che spezzerete poi, freddato che sia, in tante caramelle.

[158]

CAPITOLO DECIMO. CONSERVE DI FRUTTA.

NB. Le conserve di frutta si devono allestire con esemplari sani e che abbiano raggiunto tutti lo stesso grado di maturità, entro un paiolo di rame non stagnato (lo stagno altera i colori) e rimestare con un cucchiaio o con una paletta di legno che non abbiano servito ad altri usi sempre toccando il fondo del recipiente. Lo sciroppo va sempre pulito diligentemente, con una penna bagnata, dalle impurità che porta a galla e contro le pareti del recipiente; le conserve durante la bollitura si schiumano colla massima cura e, appena sono cotte, si versano dal paiolo entro una catinella e da questa nei vasi di vetro che si lasciano due tre giorni scoperti. Trascorso questo tempo si stende sulla conserva un disco di carta imbevuto d’acquavite o di rhum e si coprono i vasi col loro turacciolo o con una carta pergamena. Se dopo qualche mese le conserve apparissero troppo dense, cioè prive di sugo, vi converrebbe aggiungervi un po’ di sciroppo di zucchero filante; se fossero troppo liquide potreste cuocerle a bagno maria (mettendo il vaso in una cazzarola piena d’acqua fredda e lasciando poi bollire questa a lungo e rifondendola anche all’occorrenza), se v’apparisse qualche traccia di muffa, dovreste levare questa con diligenza e poi versare la conserva in un piccolo paiolo e rimestarla alcun tempo a moderato calore per poi riporla come prima. Le conserve si cuociono sempre a calore moderato e eguale e si rimestano di continuo acciò non s’attacchino al fondo del paiolo.

Le radici della virtù sono amare ma i frutti dolci.

1. Conserva di pesche. — Mondate buone pesche spiccagnole non troppo mature, dimezzatele e lasciatele asciugare mezza giornata sopra un graticcio al sole. Pesatele quindi e per ogni chilogr. di pesche prendete 3⁄4 di chilogr. di zucchero, per ogni chilog. di zucchero un bicchiere d’acqua. Mettete lo zucchero al fuoco coll’acqua, in un paiolo, depuratelo mediante una penna dalle impurità che vengono a galla e che si radunano sugli orli del recipiente; quando appaiono alla superficie dello sciroppo tante bolle dense, [159] come gemme, gettatevi le pesche con un bicchierino di vin secco e con la scorza di un limone tagliata fina per ogni chilogr. di frutta (avverto che questi due ultimi ingredienti non sono necessari), cuocete il composto rimestando sempre finchè diventa denso senza pigliare odore di zucchero bruciato, cioè un’ora circa, versatelo in una catinella e riponetelo quindi nei vasi.

2. Marmellata di pesche. — Come la precedente, soltanto le pesche dopo averle asciugate al sole, le metterete in un paiolo e rimestandole fortemente le farete riscaldare e così calde le passerete allo staccio prima d’unirle allo sciroppo. Il vino e il limone si possono omettere, sostituendovi invece alcune mandorle di pesca pestate finissime.

Meglio esser dotto che dottore.

3. Conserva d’albicocche. — Dimezzate senza mondarle le albicocche non troppo mature ed esponetele un paio d’ore al sole. Pesatele, fate bollire lo zucchero (di egual peso delle frutta) come nella ricetta N.º 1, gettatevi le frutta e cuocete il composto dimenandolo sempre finchè abbia raggiunto una certa densità cioè un’ora scarsa.

4. Marmellata d’albicocche. — Dimezzate le albicocche senza mondarle e passatele allo staccio. Fate cuocere lo zucchero (di egual peso delle frutta) finchè mostra le gemme (vedi ricetta N.º 1), gettatevi la poltiglia di albicocca e rimestate continuamente il composto a fuoco dolce finchè esso è diventato consistente. Fatene la prova versandone una goccia sopra un piatto o su un pezzo di carta asciugante. S’essa rimane intatta, senza scorrere nè dilatarsi, la marmellata è cotta.

5. Conserva di susine bianche. — Prendetele piuttosto immature, foracchiatele con un ago grosso, gettatele nell’acqua bollente, levatele subito con la schiumarola e fatele scolare. Pesatele quindi, poi fate cuocere lo zucchero di peso eguale delle frutta finchè fa le gemme come al N.º 1, con un bicchiere grande d’acqua per ogni chilogrammo, unitevi le frutta, cuocetele 30 m. circa.

6. Marmellata di susine bianche. — Levate il nocciolo alle susine che devono essere un po’ più mature di quelle destinate alla [160] ricetta precedente, passatele allo staccio, fate cuocere in un po d’acqua una quantità di zucchero che abbia lo stesso peso della poltiglia di frutta finchè appaiono le gemme (vedi N.º 1), unite ogni cosa e rimestate a fuoco dolce finchè il composto si fa denso. Fate la prova come al N.º 4.

7. Conserva semplice di susine nere. — Come quella di susine bianche.

8. Conserva di susine nere coll’aceto. — Foracchiate 3 chilogr. di susine nere di buona qualità, mettetele al fuoco con 2 chilogr. di zucchero pestato fino (non in polvere), 1⁄2 litro d’acqua, litri 1 1⁄2 d’aceto forte, 100 gr. di cannella e 10 garofani legando queste spezie in un sacchettino di velo.

Levate le frutta dal fuoco appena cominciano a rammollirsi e collocatele in vasi di vetro, condensate il sugo, e levato via il sacchetto versatelo tiepido sulle frutta. Trascorsi otto giorni fatelo ribollire e rimettetelo nei vasi.

La maraviglia dell’ignoranza è figlia.

9. Marmellata di susine nere collo zucchero. — Scottate le susine nell’acqua bollente, mondatele subito, passatele allo staccio, unitevi la metà del loro peso di zucchero pesto e, se v’aggrada, per ogni chilogr. di frutta 20 gr. di cannella e 10 gr. di garofani in polvere. Cuocete il composto a fuoco dolce rimestandolo continuamente finchè si condensa. Questa marmellata spalmata sul pane piace ai bambini ed è per loro cibo salubre sovratutto se si omettono le spezie.

10. Marmellata di susine nere senza zucchero. — Le susine molto mature si dividono per toglierne i noccioli, e senza null’altro aggiungervi, si mettono a fuoco vivo in una larga cazzarola e si rimestano continuamente finchè hanno formato una densa poltiglia nera, ciò ch’esige una lunga cottura. Il fuoco da ultimo va gradatamente rallentato e la mano che dimena il mestolo deve essere bene difesa da un guanto o da uno strofinaccio perchè dal composto sprizzano goccioline bollenti. Si può migliorare questa marmellata con un po’ di spezie o di scorza di limone e con due manatine di mandorle di susina pestate fine. Vi s’addicono molto anche le noci a pezzi.

[161]

11. Marmellata di susine nere con altre frutta. — Prendete 2 chilogr. di susine nere, pesate senza noccioli, 1 chilogr. di mele o di pere mondate e tagliate a fettine e 2 chilogr. di zucchero pestato ma non in polvere, mettete ogni cosa al fuoco in un paiolo di rame e rimestate a calore moderato senza mai desistere finchè il composto si condensa senza farsi troppo scuro.

Il sapere è il bastone della vita.

12. Marmellata dolce di mele. — Mondate buone mele e tagliatele a pezzetti, pesatele e cuocetele, con un piccolo bicchiere d’acqua in un paiolo, finchè, rimestando sempre sono ridotte come una poltiglia abbastanza densa. D’altra parte, mettete al fuoco in una padella dello zucchero tagliato a pezzetti che abbia lo stesso peso delle mele, bagnatelo con un bicchiere d’acqua per ogni chilogrammo e fatelo bollire finchè appaiono le gemme, cioè le bolle grosse, depurandolo come dicemmo al principio del capitolo. Versatelo allora nella poltiglia di mele che non avrete cessato di rimestare e, tramenando ancora con diligenza, tirate a cottura a lento fuoco la marmellata, finchè sollevandola con un cucchiaio essa ricade a belle falde nel paiolo. Le bucce di limone (uno per chilogr. di frutta) al principio della cottura, e il sugo dello stesso alla fine ne avvalorano di molto il sapore, ma non sono necessari. Versate subito la marmellata in uno stampo o in una scodella dove fra pochi giorni si rapprenderà. Per sciroppare lo zucchero potete adoperare l’acqua in cui furono cotte le mele.

A male piccolo gran fascia.

13. Conserva d! pere. — Molte qualità di pere si prestano a questo scopo, specie le moscatelle. Mondatele, tagliatele a fettine, fatele cuocere un momento nell’acqua bollente. Mettete al fuoco con un po’ d’acqua una quantità di zucchero che abbia lo stesso peso delle fettine di pera e quand’esso comincia a filare (vedi ricetta N.º 15), unitevi le frutta e continuate a rimestarle a lento fuoco finchè il composto si condensa. Potete anche diminuire la quantità dello zucchero e unire alla conserva un po’ di scorza di limone pestata fina.

14. Marmellata di pere. — Mondate buone pere morbide, tagliatele a sottili fettoline, passatele allo staccio, unitevi metà del [162] loro peso di zucchero pesto, cannella e garofani a piacere, mettete il composto in un paiolo e rimestatelo a fuoco dolce con gran diligenza finchè si condensa.

Chi non fa prima fa dopo.

15. Conserva di mele cotogne. — Fate bollire alcune mele cotogne in un paiolo grande pieno d’acqua, quando sono cedevoli al tatto mondatele e tagliatele a spicchi oppure a fette traversali, levando loro il torsolo. Pesatele quindi e messa al fuoco una quantità di zucchero che abbia un peso eguale a quello delle frutta con un bicchiere grande d’acqua per ogni chilogrammo, fatelo filare, e unitevi le fette. Cuocete ancora il composto finchè lo sciroppo torna a filare, cioè finchè prendendone una goccia fra l’indice e il medio e allontanando le dita vi si forma un filo. Riponete allora la conserva.

Se v’aggrada potete unirvi durante la cottura la buccia gialla grattata d’un limone per ogni chilogrammo di frutta oppure un sacchettino di velo con entro spezie a piacere.

16. Conserva di mele cotogne coll’aceto. — Mettete al fuoco 120 gr. di cotogne, colte di fresco e di ottima qualità, mondate e tagliate a fette con mezzo litro abbondante d’acqua e 3 decilitri e mezzo di aceto forte, 740 gr. di zucchero, cannella e garofani a piacere. Quando le fette, che sono piuttosto grosse riescono morbide al tatto levatele e riponetele in una catinella. Condensate lo sciroppo e versatelo caldo ancora sulle frutta passandolo da uno staccio.

A tela ordita Dio manda il filo.

17. Conserva di mele cotogne coll’acquavite. — Mondate alcune cotogne, grattatele e spremetene il sugo. Fate bollire questo con poc’acqua, schiumandolo. Tagliate altre cotogne a fette, sempre dopo averle mondate, unitele al sugo con una quantità di zucchero eguale al loro peso. Cuocetele finchè sono morbide al tatto, aggiungetevi da ultimo un bicchiere d’acquavite, lasciatele al fuoco alcuni minuti ancora, riponetele.

18. Marmellata di mele cotogne. — Cuocete in un paiolo con acqua abbondante 12 belle cotogne e 4 mele reinette, queste non troppo mature, ben lavate ma non mondate. Quando sono morbide passatele allo staccio e pesatele. Sciogliete una quantità di zucchero [163] eguale al peso delle frutta con una parte dell’acqua in cui furono cotte, e sciroppatelo secondo le norme indicate al principio del capitolo. Quando fa le gemme unitevi la poltiglia e rimestando sempre, a ciò non s’attacchi al fondo, tirate il composto a cottura facendo la prova indicata al N.º 4.

19. Conserva di fichi. — Scegliete piccoli fichi verdi dottati, cioè dalla goccia, lavateli e gettateli nell’acqua bollente. Levateli fuori appena questa riprende il bollore e pesateli. Mettete al fuoco con un bicchiere d’acqua per ogni chilogrammo una quantità di zucchero pari al peso delle frutta e quando lo sciroppo fila (vedi N.º 15) immergetevi i fichi e fate cuocere il composto a lento fuoco finchè si condensa. Se si tratta d’un chilogrammo di fichi o poco più basterà un’ora circa di cottura, per una conserva più abbondante occorre maggior quantità di tempo.

A chi crede non duole la morte.

20. Conserva di nespole. — Le nespole, che saranno ancor dure, si gettano nell’acqua bollente e si lasciano cuocere finchè si possano facilmente foracchiare. Bagnate con poc’acqua una quantità di zucchero eguale al peso delle frutta, fatelo filare (vedi N.º 15), unitevi le nespole e cuocete il composto finchè si condensa. Se, trascorso qualche giorno dovesse mostrarsi più liquido, fate ribollire lo sciroppo.

21. Conserva di ciliege. — Prendete ciliege nere, duracine, lavatele, levate loro il gambo, mettetele al fuoco con egual peso di zucchero, e mezzo litro di vino nero per ogni chilogrammo di frutta, aggiungete un po’ di spezie in un sacchetto, se ciò v’aggrada. Quando le ciliege cuocendo si saranno rammollite (schiumate sempre la conserva) levatele, condensate lo sciroppo e, quand’è tiepido, versateglielo sopra.

22. Conserva di carote. — Cuocete le carote nell’acqua bollente dopo averle bene lavate. Tagliatele a listarelle per il lungo, omettendo la parte coriacea cioè l’anima della radice, pesatele, fate filare (vedi N.º 15) con poc’acqua una quantità di zucchero eguale al loro peso, unitevi le fettoline colla buccia gialla tagliata finissima d’un limone per ogni 500 gr. di carote, condensate il composto e riponetelo.

[164]

Onestà sta bene anche in chiasso.

23. Conserva di zucche marine. — Procuratevi una zucca marina non troppo matura, dividetela in quattro parti, mondatela, levatene la parte molliccia interna, tagliatela a pezzetti, cuocete questi nell’acqua bollente, procedete quindi come nella precedente ricetta, unendo al composto invece della buccia di limone, cannella e garofani chiusi in un sacchetto di velo e sciroppando lo zucchero con forte aceto. Da ultimo levate la zucca e condensate il sugo.

24. Conserva di semi di rosa. — I semi di rosa si raccolgono quando è già caduta la brina, si puliscono e si vuotano dai semi e dalla interna peluria con una penna d’oca, poi si cuociono con poc’acqua finchè si possono passare facilmente allo staccio, vi si unisce una quantità eguale di zucchero pesto, spezie in polvere se si vuole, e si rimesta la poltiglia a fuoco dolce finchè si condensa.

Il troppo zucchero guasta le vivande.

25. Marmellata di zucca marina. — Cotta che abbiate la zucca a lesso o al forno, passatela da uno staccio, pesatela e fatela asciugare un momento in un paiolo tramenando sempre. Cuocete intanto dello zucchero che abbia lo stesso peso della zucca, con poc’acqua (vedi N.º 1) e, quando fa le gemme, unitevi la zucca passata, colla buccia gialla trita fina di un limone per ogni chilogrammo e rimestate finchè cuocendo il composto si condensa. Versatevi da ultimo il sugo del limone.

26. Conserva di frutta e verdure col mosto (sapore, sugoli). — Pigiate una certa quantità d’uva molto dolce e possibilmente nera per cavarne il sugo, oppure mettetene i grani prima al fuoco per farli scoppiare, poi schiacciateli con un cucchiaio e passate il liquido attraverso un panno bagnato. Cuocete il mosto schiumandolo finch’è ridotto alla metà, a questo punto, se non fosse dolce, unitevi un po’ di zucchero e le frutta di cui disponete, fichi interi, pesche, mele, pere e mele cotogne tagliate a spicchi, barbabietole, zucche marine e carote ridotte a pezzetti (queste si fanno bollire prima un poco nell’acqua). Quando il liquido già ristretto alla metà è di nuovo ridotto a un terzo la conserva è pronta. Per ogni 4 litri di mosto crudo potete calcolare circa un chilogrammo di frutta.

[165]

Suocera e nuora tempesta e gragnola.

27. Mostarda. — Mondate 3 chilogr. di pere e 3 chilogr. di mele e tagliatele a fettine. Mettete al fuoco con 3 quartucci d’acqua, un chilogr. di zucchero tagliato a pezzetti, quando è sciolto unitevi le frutta e cuocetele 2-3 ore rimestando sempre. La durata della cottura non si può stabilire, essa dipende dalla qualità delle frutta. Quando il composto vi dà l’idea d’una densa pappa, versatelo in una terrina, continuate a rimestarlo finchè si fredda, unitevi allora la senapa in polvere (qualità Colman) in quella quantità che vi conviene. Il minimo sarebbero gr. 200, il massimo gr. 800. Riponete poi la mostarda in una pentola di terra, copritela bene e servitevene come appresso per le carni e anche per la polenta.

Neve marzolina dura dalla sera alla mattina.

28. Frutta nello spirito. — Molte frutta si possono mettere nello spirito: le pesche, le albicocche, le susine, l’uva, le ciliege, i fichi ecc. ecc. Esse devono essere senza macchia e non troppo mature. Quando sono collocate nei vasi di vetro (le ciliege e le susine collo stelo tagliato alla lunghezza d’un centimetro) si coprono d’acquavite genuina e si ripongono. All’acquavite si può sostituire lo spirito di vino. V’ha chi unisce al composto un po’ di sciroppo di zucchero e un po’ di spezie.

29. Pesche, pere, susine seccate. — Le pesche spiccagnole, mondate che siano si dividono in due parti, e si espongono alcuni giorni al sole sui graticci, poi si conservano in sacchetti di carta bucherellata. Le pesche duracine si mondano e si tagliano a grandi fette prima di seccarle. Le pere dolci d’estate si mondano, si tagliano a quarti levando via il torsolo e si seccano al forno o al sole, se è cocente, oppure si fanno bollire mondate ma intere nell’acqua, poi si schiacciano comprimendone la punta e si fanno disseccare alcuni giorni al forno. Le susine (ci vogliono qualità speciali, nere e spiccagnole) si immergono mediante un mestolo forato nell’acqua bollente e si asciugano sui graticci al sole, voltandole ogni dì. I fichi non si possono seccare che nei climi molto caldi.

[166]

CAPITOLO DECIMOPRIMO. SCIROPPI E BIBITE.

Sezione I. GLI SCIROPPI.

Chi non comincia non finisce.

1. Sciroppo di amarasche. — Procuratevi 4 chilogr. di amarasche genuine e 6 chilogr. di zucchero in pane. Levate i gambi alle ciliege, lavatele e mettetele da parte. Cuocete con 3 litri d’acqua lo zucchero ridotto a pezzetti, badando di non dimenarlo ma di levar via con una penna bagnata la schiuma impura che si forma alla superficie. Quando vi appaiono bolle grosse e compatte unitevi le amarasche, fatevele sobbollire parecchie volte, poi levate lo sciroppo dal fuoco e, prima di riporlo nelle bottiglie, lasciatelo giacere tre giorni in una catinella. Questo è il sistema più semplice.

Oppure: Sopprimete i gambi di 4 chilogr. di amarasche, levatene pure i noccioli e questi metteteli da parte, badando che non si disperda il sugo delle frutta. Pigiate la polpa e mettetela su uno staccio a scolare, raccogliendo tutto il liquido in una catinella che avrete pesata. Unite ai noccioli i pochi avanzi che vi restano nello staccio. Pesate di bel nuovo la catinella (se non possedete una bilancia potete ricorrere al droghiere) per farvi un’idea esatta di quanto pesa il liquido a ciò vi possiate procurare un peso eguale di zucchero. Versate il sugo in un paiolo di rame non stagnato, e fatelo [167] bollire un quarto d’ora; trascorso questo tempo unitevi lo zucchero che avrete ridotto a minuti pezzettini, lasciate cuocere molto adagio il composto, schiumandolo diligentemente con un ramaiolino forato e badando di raccogliere le impurità dello zucchero che si radunano sulle pareti del paiolo. Appena il composto cessa di dare schiuma versatelo in una catinella e, freddo che sia, riponetelo in bottiglie che turerete soltanto dopo 3-4 giorni per conservarle in luogo fresco e asciutto.

Se bramaste aggiungere allo sciroppo qualche ciliegia non avreste che a metterne da parte 200 o 300 gr. (le più belle) lasciandole intere, che s’intende. Queste ciliege le fareste poi sobbollire 3-4 minuti nello sciroppo prima di riporlo. Ricordate però che vi necessita aggiungere allo zucchero anche il peso delle ciliege intere.

Se non aveste le amarasche a vostra disposizione, vi converrebbe sostituirle con buone ciliege nere duracine ma sugose. In questo caso farete sobbollire collo sciroppo una manata di noccioli di ciliegia pestati con 8-10 mandorle di pesca e ben raccolte in un sacchettino di velo, chiuso con un filo.

Coi noccioli e cogli avanzi delle amarasche si fa il maraschino (vedi più sotto «Liquori»).

Chi tardi vuol non vuole.

2. Sciroppo di ribes. — Procuratevi 4 chilogr. di ribes rosso ben maturo, sgranate tutti i grappoletti con una forchetta e pigiate fortemente i grani in una scodella, collocateli quindi in uno staccio (badate che la tela non dev’essere nè di rame nè di ottone) e lasciate colare il sugo una notte intera. Il giorno appresso comprimete il ribes a ciò ne esca ancora quel po’ di liquido che vi fosse rimasto e pesate questo sugo come dicemmo nella precedente ricetta. Prendete egual peso di zucchero, tagliatelo a pezzi, bagnatelo coll’acqua (un bicchiere per ogni chilogrammo di zucchero) e mettetelo al fuoco in un paiolo di rame non stagnato. (Lo stagno altera il colore delle frutta). Guardatevi dal dimenarlo mentre cuoce, abbiate cura soltanto di levar via, con una penna di volatile bagnata, i rifiuti della bollitura che vengono a galla e si fermano contro le pareti del recipiente. Quando sulla superficie del liquido appaiono molte bolle grosse e dense le une vicine alle altre, versatevi il sugo di ribes, rallentate il fuoco, schiumate il composto con diligenza [168] come dice la precedente ricetta e, appena cessa la schiuma, riponetelo servendovi delle regole sopraindicate.

3. Sciroppo di lamponi. — Ben puliti che abbiate i lamponi, pigiateli fortemente in una catinella e riponeteli per due o tre giorni in cantina. Passate quindi il sugo da uno staccio, premendo un poco sulle frutta, procedete poi esattamente come nella precedente ricetta.

4. Acetosa di lamponi. — Fate cuocere chilogr. 1 1⁄2 di zucchero con un bicchiere e mezzo d’acqua finchè fa le bolle grosse come nella ricetta di «Sciroppo di ribes», unitevi 2 bicchieri di sugo di lamponi che avrete ottenuto a norma della ricetta N.º 3 e 2 bicchieri d’aceto forte di vino nero, mescolate bene, lasciate bollire un paio di minuti e riponete.

5. Acetosa di ribes e di lamponi. — Come la precedente prendendo metà ribes e metà lamponi. S’intende che l’acetosa si può fare anche col ribes solo, ma riesce meno buona. Se si trattasse di ribes bianco converrebbe prendere anche l’aceto bianco. Il sugo di ribes si può spremere anche a traverso un sacchetto di tela.

Misura tre volte e taglia una.

6. Sciroppo di mirtilli. — Questo sciroppo non è molto gustoso ma altrettanto ricercato quale astringente per i bambini. I mirtilli contengono difatti molto tannino. Procuratevi 3-4 chilogr. di mirtilli (giasene, cesarelle), lavateli bene, metteteli in una pentola di terra e questa in un recipiente pieno d’acqua che manterrete a continuo bollore finchè il sugo è uscito dalle bacche. Collocate allora le frutta in un vecchio sacchetto di tela, previamente bagnato (badate che il colore dei mirtilli è difficile a svanire anche in bucato) e comprimetelo con forza finchè n’è uscito tutto il liquido, senza traccia di granelli. Pesate poi il sugo, prendete egual peso di zucchero pestato grossolanamente, mettete ogni cosa al fuoco in un paiolo di rame non stagnato, e cuocete lo sciroppo adagio schiumandolo e riponendolo poi come indica la ricetta N.º 1. Potete far bollire insieme al composto, che se ne avvalora, 2-3 pezzetti di cannella e un po’ di buccia fina di limone, ingredienti che alla fine si levano via.

[169]

Ogni domane porta il suo pane.

7. Sciroppo di berbero (crespino). — Questo sciroppo è eccellente ed economico per chi vive nei paesi dove cresce il berbero e può procurarsene le frutta senza spesa.

Occorre tuttavia una bella paniera di berbero per ottenere un paio di litri di sciroppo. Le piccole bacche si levano via con cura dai grappoletti e si mettono al fuoco con l’identico sistema dei mirtilli (vedi ricetta precedente), cioè a bagno maria. Il sugo, quando sono bene rammolliti, si estrae comprimendoli fortemente in uno staccio. Pesato che abbiate il sugo come indica la ricetta N.º 1, mettete al fuoco egual peso di zucchero (ridotto in briciole) con un bicchiere d’acqua per ogni chilogrammo.

Pulitelo bene, come dicemmo nella ricetta dello «Sciroppo di ribes» e quando comincia a fare le bolle o gemme unitevi il sugo di berbero. Rallentate il fuoco, schiumate con diligenza (vedi sempre ricetta N.º 1) e riponete colle regole precedenti. Se volete avvalorare il sapore di questo sciroppo mettetevi a bollire le buccie di un arancio e di un limone per ogni chilogrammo di zucchero, e quand’è cotto aggiungetegliene anche il sugo passato da un pannolino, mescolando bene. Il paiolo in cui fate lo sciroppo dev’essere di rame.

8. Sciroppo di vino. — Fate bollire un litro di vino nero di prima qualità con 1⁄2 chilogr. di zucchero; quando sono trascorsi 15 minuti, aggiungetevi il sugo di 3-4 limoni, levatelo dal fuoco subito e riponete lo sciroppo in bottiglie che chiuderete appena sarà freddato. Se gradite che il sapore di limone sia forte, strofinate lo zucchero sulla scorza delle frutta prima di unirlo al vino.

Meglio onore che boccone.

9. Sciroppo di menta. — Fate bollire un chilogr. di zucchero con mezzo litro scarso d’acqua, pulendolo bene come indica la ricetta dello «Sciroppo di ribes». Quando appaiono sulla superficie una quantità di bolle grosse e dense, ritiratelo dal fuoco e versatevi alcune gocce (per il gusto conviene assaggiare) di essenza di menta che vi procurerete in qualche buona drogheria. Mettete lo sciroppo freddato in un paio di bottigliette lasciandovi un piccolo vuoto, chiudetele bene, collocatele in piedi in una padella piena d’acqua [170] fredda, portate questa a bollitura e, trascorsi 15 minuti, ritirate dal fuoco la padella lasciandovi le bottiglie finchè ogni calore ne è svanito.

La menta dev’essere di prima qualità.

10. Sciroppo di caffè. — Fate mezzo litro di caffè fortissimo e di buona qualità. Fate pure bollire un chilogr. di zucchero con mezzo litro d’acqua finchè comincia a prendere un colore d’oro chiaro e versatevi, senza troppo mescolare, il caffè caldo e passato da un tovagliolo, chiudete la cazzarola a ciò l’aroma non si disperda e, freddo che sia lo sciroppo, riponetelo in bottiglie.

Badate che lo zucchero sia purgato con una penna come indica la ricetta N.º 1. Servitevi di una cazzarola bene stagnata o di terra.

11. Agro di limone. — Fate bollire un chilogr. di zucchero con un bicchiere d’acqua, badando di pulire con una penna gli orli del paiolo dove si raccolgono i rifiuti della schiuma. Quando appaiono le bolle grosse e dense, unitevi le scorze di 5 bei limoni tritate finissime e cuocete ancora lo zucchero finchè comincia a filare, versatevi allora il sugo delle frutta, passate subito il liquido allo staccio e riponetelo.

Lo zucchero fila, quando prendendone una goccia fra l’indice e il pollice e allontanando le due dita uno dall’altro vi resta frammezzo un filo.

12. Mosto. — Pigiate dell’uva matura e dolce per farne uscire il sugo. Passate questo con forza da un tovagliolo, mettetelo al fuoco e cuocetelo finch’è ridotto alla metà. Il mosto si può bere coll’acqua ma serve principalmente per fare le conserve di frutta. (Vedi Cap. 10).

Sezione II. LE BIBITE.

Non essere il primo a provare il nuovo.

1. Bibite fatte cogli sciroppi precedenti. — Due tre cucchiai di sciroppo diluiti con acqua calda o fredda possono costituire una bibita omogenea, piacevole, e più sana d’un bicchiere di cattivo vino.

[171]

2. Limonata (per una persona). — Prendete 8-10 pezzetti di zucchero, strofinateli sulla scorza d’un limone ben lavato finchè la parte gialla è quasi tutta scomparsa, mettete questi pezzetti in un bicchiere, versatevi sopra il sugo scolato del limone e, mescolando, riempite il bicchiere d’acqua.

Limonata calda (vedi thè di limone).

3. Aranciata (per una persona). — Come la precedente prendendo un arancio invece di un limone. Squisita riesce con un arancio e un limone per mezzo litro d’acqua e lo zucchero necessario.

4. Aranciata e limonata gasosa. — Invece di diluire il sugo coll’acqua sola, aggiungetevi oltre qualche cucchiaio d’acqua un po’ di Seltz.

5. Agresto. — Sugo d’uva bianca immatura raddolcito collo zucchero.

6. Uovo alla marsala (per infermi o per convalescenti). — Sbattete in un bicchiere un ovo intero con 2 buoni cucchiai di zucchero pestato fino, finchè il composto riesce schiumoso. Versatevi adagio un pochino d’acqua (3-4 cucchiai) ma sempre mescolando, poi riempite il bicchiere di marsala o di altro buon vino bianco.

7. Latte di gallina. — Preparate un uovo sbattuto come sopra, ma invece d’impiegare acqua o vino prendete latte caldo o freddo.

8. Latte di semi di melone (Semata). — Pestate 3-4 cucchiai di semi di melone in un piccolo mortaio aggiungendo acqua a poco a poco. Quando v’accorgete ch’entro il guscio dei semi non vi è più polpa alcuna, levate via il latte, che sarà circa un bicchiere, raddolcitelo con un po’ di zucchero e servitevene come di bibita rinfrescante. Questa semata, prima d’adoperarla, va passata da un pannolino.

9. Acqua d’orzo. — Fate bollire un cesto (piede) di lattuga con due manate d’orzo naturale in due litri d’acqua finchè i grani s’aprono. Passate il liquido da un tovagliolo, aggiungetevi quel tanto di miele che occorre per raddolcirlo, tenetelo in luogo caldo e servitevene, prendendone una tazzina ogni mezz’ora, per le costipazioni di petto.

[172]

10. Acqua di riso. — Fate bollire due ore, con molt’acqua, 250 gr. di riso con due tre pezzetti di cannella della regina. Spremete poi il liquido da un tovagliolo, raddolcitelo con un po’ di zucchero e servitevene per uso astringente.

11. Acqua di pane per persone convalescenti. — Fate bollire 2-3 pani bianchi con molt’acqua. Colate poi il liquido da un tovagliolo e aggiungetevi, se v’aggrada, qualche cucchiaino di vino o di limonata.

La fretta fa rompere il bicchiere.

12. Grog freddo. — Mettete 2 cucchiai di zucchero in un bicchiere, versatevi sopra acqua fresca e 2-4 cucchiai di rhum.

13. Grog caldo. — Come sopra, impiegando acqua calda.

14. Vino cotto. — Mettete al fuoco due litri di buon vino nero non troppo dolce, 500 gr. di zucchero tagliato a pezzi, due stecche di cannella della regina, 10 chiodi di garofano, la scorza gialla e sottile d’un limone. Lasciate bollire il composto circa 40 m., accendete il vino con un pezzetto di carta, quando è spento unitevi il sugo del limone, passatelo da un colino e servitelo fumante.

15. Il caffè. — Per preparare buon caffè e con giusta economia occorrono anzitutto fondi ben custoditi in un’apposita pentola di ferro smaltato. Oltre a ciò si può aggiungervi un po’ di surrogato (Frank) calcolandone un pezzetto come mezza noce per ogni persona. Dunque misurerete la quantità di fondi che v’occorre, ponendoli al fuoco in una padella e, appena bollono, vi farete sciogliere l’estratto; quand’è scomparso allora soltanto vi aggiungerete la polvere di caffè (dai 5 agli 8 gr. per persona), e quando il liquido ripiglia il bollore, lo solleverete due tre volte con un cucchiaio e lo verserete nel suo bricco. Il caffè si fa con miglior successo ancora tra la brace, nel bricco stesso che si leva via appena esso è all’ordine. Per il caffè nero conviene abbondare colla polvere.

Versato che abbiate il caffè dal bricco entro le chicchere, risciacquate l’arnese con un po’ d’acqua e versate il fondo entro l’apposita pentola, che avrete cura di mettere giornalmente una volta al fuoco per farne ribollire il contenuto. Di quando in quando si ripulisce la pentola e si raccolgono fondi freschi.

[173]

16. Il cacao. — Il cacao è una bevanda sana e anche abbastanza economica per bambini, vecchi e convalescenti. Calcolate per ogni chicchera di latte un cucchiaio giusto di zucchero e un cucchiaio scarso di cacao, sciogliete lo zucchero e il cacao con un po’ d’acqua in una tazzina, poi versateli nel latte bollente lasciandoveli cuocere un minuto prima di portare in tavola.

Non esser l’ultimo a metter le cose vecchie da parte.

17. La cioccolata. — Potete calcolare per ogni chicchera dai 15 ai 20 gr. di cioccolata grattata, che metterete al fuoco con una quantità di latte un po’ più abbondante di quanto la chicchera contiene, e sbatterete col fuscello 20-25 m. a fuoco moderato.

Se voleste cuocere invece la cioccolata nell’acqua, vi converrebbe metterla al fuoco intera con poco liquido, e rimestarla finchè si riduce come una pappina, e versarvi poi l’acqua necessaria continuando a sbattere. Lo zucchero lo potete aggiungere tanto nella padella, come nelle chicchere. Vi sono qualità di cioccolata che non hanno bisogno d’essere raddolcite.

18. Thè cinese. — Mettete in un bricco che chiuda bene un cucchiaino per ogni persona di buon thè cinese. Versatevi sopra, mescolando, 2-3 cucchiai di acqua bollente, possibilmente piovana, poi trascorsi 2-3 minuti, per ogni persona, una chicchera intera della stessa acqua che abbia bollito alcun tempo. Passate il thè da un colino aggiungendovi zucchero e latte e, se v’aggrada, una goccia di rhum.

19. Thè di limone. — Fate bollire la scorza gialla, tagliata finissima, di mezzo limone con un quartuccio d’acqua. Scolate l’acqua, aggiungetevi un po’ di zucchero, il sugo del mezzo limone e un po’ di rhum. Se lo gradite più forte potete impiegare un limone intero.

20. Thè di foglie d’arancio. — Si versa l’acqua bollente su alcune foglie d’arancio, si copre bene la cucuma, e trascorsi 8-12 m. si versa dal colino.

21. Thè di tiglio, thè di camomilla. — Come quello d’arancio, impiegando i fiori di queste piante.

[174]

CAPITOLO DECIMOSECONDO. I LIQUORI.

Chi tardi fa i suoi lavori tardi raccoglie i suoi liquori.

1. Maraschino casalingo. — Versate sui noccioli delle amarasche e sugli avanzi della loro polpa (vedi pag. 166 «Sciroppo d’amarasche») due litri di buona acquavite. Scuotete spesso la boccia e in capo a 4-5 mesi filtrate il liquido da un pannolino. Potete aggiungervi anche un po’ di cannella e di garofani.

2. Rosolio di vaniglia. — Mescolate 1⁄2 litro di buon latte con 1⁄2 litro di spirito di vino, mettetevi in fusione un guscio di vaniglia e 500 gr. di zucchero che avrete sciolto al fuoco con 1⁄2 litro d’acqua e bene freddato, più la scorza gialla di mezzo limone; dopo tre giorni passate il rosolio da una carta da filtro. Essa si trova nelle cartolerie, si taglia a quadrati, si piega a guisa di cartoccio e s’introduce in un imbuto collocato nel collo d’una bottiglia. Il liquore da filtrarsi si versa molto adagio nella carta donde esso passerà a goccia a goccia entro la bottiglia. Se la filtrazione si sospendesse converrebbe rinnovare la carta.

3. Rosolio di menta. — Procuratevi in drogheria 8 gr. d’essenza di menta finissima e mettetela in fusione in 1⁄2 litro di spirito. Il giorno seguente sciogliete al fuoco chilogr. uno di zucchero in un litro d’acqua finchè comincia a essere denso, senza però mutar colore (durante la cottura pulirete con una penna gli orli della padella). Quando questo sciroppo è freddato, unitelo allo spirito e filtratelo come il rosolio di vaniglia.

[175]

4. Rosolio di limone. — Mettete in fusione in 1⁄2 litro d’acquavite buona la scorza gialla tagliata finissima di 3 limoni. Sciogliete al fuoco 500 gr. di zucchero in un litro d’acqua, quand’esso è ridotto a sciroppo piuttosto denso (non deve però filare, cioè quando vi s’immerge la schiumarola e vi si soffia sopra non si devono scorgere fili sottilissimi partirsi dalla stessa), versatevi l’acquavite e mettete il recipiente, ben coperto, in disparte sul fornello, badando che si mantenga molto caldo senza bollire. In capo ad un’ora filtratelo come il rosolio di vaniglia. Lo sciroppo va pulito con una penna come nella ricetta precedente.

Dove non vedi non ci metter le mani.

5. Rosolio d’arancio. — Scegliete 3 begli aranci dalla scorza grossa rugosa e di color giallo oro, lavateli e guarniteli ciascuno con 6 chiodi di garofano. Pestate pure una noce moscata e mettete in fusione quest’ingredienti in litri 1 1⁄3 d’acquavite unendovi pure 250 gr. di zucchero. Scuotete ogni giorno il composto. In capo ad una settimana, cuocete altri 250 gr. di zucchero con un piccolo bicchiere d’acqua finchè prende un bel color d’oro, diluitelo con poca acqua calda, levatelo dal fuoco e versatelo entro l’acquavite che poi filtrerete, prima da un pannolino e poi dalla carta, come il rosolio di vaniglia.

6. Rosolio o acqua di cedro. — Procuratevi un cedro di media grandezza, levatene via la buccia e mettetela 48 ore in fusione in 1⁄2 litro di spirito, sciroppate quindi (come indica la ricetta N.º 2) 500 gr. di zucchero con un bicchiere d’acqua, quand’è denso aggiungetevi un altro bicchiere d’acqua, cuocendolo ancora qualche minuto, poi versatelo bollente entro lo spirito. Filtrate quindi come il rosolio di vaniglia.

7. Rosolio di noci (nocino). — Raccogliete N.º 39 noci quando sono ancora verdi, cioè col mallo e così morbide che si possano passare da parte a parte con uno spillo, tagliatele in minuti pezzettini e mettetele in fusione in litri uno d’acquavite con 5 chiodi di garofano, e 3 pezzetti di cannella della regina, collocando quindi la bottiglia al sole o in un luogo caldo e scuotendola ogni giorno. Trascorse 5 settimane circa aggiungetevi 600 gr. di zucchero pesto, e in capo ad altre due settimane filtrate il liquore da un pannolino fitto.

[176]

Ogni bello alfine svanisce Ma la fama mai perisce.

8. Ratafià di noccioli. — I noccioli delle frutta si prestano quasi tutti a fare liquori casalinghi, specie quelli delle susine nere, coltivate, e quelli delle susinette selvatiche, cioè dei prugnoli di siepe. Di quelli di ciliegia ci siamo già occupati nel maraschino. Essi si possono anche mescolare con quelli di susina in parti eguali.

I noccioli di pesca danno un liquore calmante del quale non si deve fare abuso.

Per un bicchiere di noccioli finamente pestati prendete litri uno d’acquavite. Uniteli in una bottiglia e collocateli al sole. Trascorse 6 settimane circa aggiungetevi un po’ di sciroppo di zucchero preparato come indica la ricetta N.º 2 e filtrate dalla carta pure a norma di essa. Lo sciroppo, volendo, si può omettere.

Questo stesso liquore si fa anche colle sole mandorle, ma riesce meno buono.

Alle mandorle di pesca si può aggiungere la buccia fina d’un limone, 2 gr. di cannella, 1 gr. di macis e 1 di noce moscata. In questo caso il liquore si chiama «Persichino».

9. Mistrà. — Versate in 1⁄2 litro di spirito 1 gr. d’essenza d’anici, 1 gr. d’essenza di finocchio, 1 gr. d’essenza di comino. Il domani sciroppate (vedi N.º 2) 200 gr. di zucchero con un bicchiere d’acqua: freddato che sia, unitelo allo spirito e filtrate il liquore a norma della ricetta N.º 2.

Amaro tienlo caro.

10. Amaro. — Mettete in fusione in litri 1 d’acquavite, 3 gr. di corteccia di china, 2 gr. di legno quassio, 12 gr. di radice di genziana, 3 gr. di cannella fina, 1 gr. di garofani, una noce moscata (piccola) grattata, la scorza tagliata fina di un piccolo limone e di un grosso arancio e 3 fogliette d’assenzio. Collocate il composto al sole o in luogo caldo e, in capo a 4-5 settimane, passate il liquido da un pannolino e unitevi 250 gr. di zucchero sciroppato con un bicchier d’acqua secondo le regole indicate al N.º 2. Filtrate pure a norma della stessa ricetta.

11. Vino chinato. — Mettete in fusione 35 gr. di corteccia di china calissaia in un piccolo bicchiere d’acquavite. Trascorsi 2-3 giorni aggiungetevi un litro abbondante di buon vino nero. Lasciate una settimana ancora in fusione, poi filtrate come indica il N.º 2.

[177]

CAPITOLO DECIMOTERZO. I GRASSI.

A grassa cucina, povertà vicina.

1. Il burro. — Il burro è il più caro dei grassi che necessitano in cucina, ma siccome ai giorni nostri esso si falsifica in tutte le maniere con danno sicuro della salute, non mette conto di scegliere qualità di prezzo troppo inferiore, perchè senza dubbio adulterate ed è più proficuo il sostituirvi addirittura la «Margarina» (vedi sotto) o il burro vegetale.

Il burro giallo non è sempre grasso ma è spesso colorito artificialmente, e il burro troppo duro e friabile contiene senza fallo elementi eterogenei.

Gli abitanti dell’Italia settentrionale hanno grande ripugnanza a servirsi dello strutto, mentre questo grasso, che si può preparare da sè con assoluta garanzia del risultato, nella maggior parte dei casi può sostituire efficacemente il burro. Necessita soltanto ch’esso sia bollente quando vi si mettono altri ingredienti.

La Romagna, assai scarsa di burro, non esita a introdurre lo strutto in tutte le salse e in tutti i condimenti. A Roma si allestisce perfino la delicata «Pasta sfoglia» collo strutto.

Da qualche tempo è apparsa in commercio la «Margarina», grasso non certo da disprezzarsi, e sotto diversi nomi il «Burro vegetale».

Gran nave, gran pensiero.

2. Il burro di cocco o burro vegetale. — Esso serve a sostituire senza danno alcuno delle vivande e con vantaggio degli stomachi delicati il burro di latte animale, premesso sempre che [178] questo prodotto non sia adulterato, perchè pur troppo l’onestà del commercio si fa sempre più dubbia.

Il burro di cocco costa la metà circa dell’altro e sembra uno strutto fino lucido e quasi trasparente. Per i dolci non è consigliabile, ma si può adoperare in moltissimi cibi. Si deve tuttavia osservare che ne occorre sempre una quantità maggiore del burro, oltre a ciò conviene metterlo al fuoco freddo con gli altri ingredienti, perchè rosolato piglia qualche volta un sapore poco gradevole. Quindi non lo consiglierei mai per condire la pasta.

L’assai basta, il troppo guasta.

3. Il burro cotto. Maniera di prepararlo. — Se avete burro in abbondanza e non così fresco da poterlo conservare nei vasi (vedi conservazione del burro), mettetelo al fuoco in un grande paiuolo e fatelo sciogliere lentamente, badando di non lasciarlo bollire, e aggiungendovi alcuni pezzetti di pane, a cui spetta l’ufficio di assorbire le parti impure. Quand’esso vi apparirà trasparente come l’olio, passatelo adagio adagio (dopo averlo schiumato se occorresse) da un pannolino rado, entro un vaso di terra cotta e inverniciata, dove si raffredderà (e dove potrete conservarlo parecchi mesi coperto con una carta), badando che non esca dal paiolo la feccia, colla quale ammannirete il becchime per i polli.

Il burro cotto si può adoperare per carni, per verdure, anche misto col burro fresco, per qualche pasta di lievito.

Non cercar miglior pane che di grano.

4. Lo strutto di maiale. Maniera di prepararlo. — Lo strutto, del quale si fa sì grande uso nelle Romagne e a Roma stessa dove il burro manca o si vende a caro prezzo, è fatto interamente col grasso di maiale, e per la buona qualità dei maiali riesce sì squisito da poterlo adoperare, senza paura, invece del burro per paste dolci, paste frolle, sfogliate ecc. ecc.

Se bramate preparare dello strutto perfetto vi procurerete del grasso di maiale, quello del dorso, la membrana che involge l’intestino, i ritagli di lardo che non si salano, e dopo una minuziosa lavatura, taglierete tutto in minuti pezzetti che collocherete in un grande paiolo o calderone con mezzo litro di acqua circa per 10 chilogr. di grasso, esponendoli a fuoco dolce. Rimestate un pochino [179] e, quando il grasso comincia a sciogliersi, ravvivate il calore. Vi sono delle parti nel grasso che non possono fondersi ma che si cuociono. Badate che questi pezzettini, che si chiamano siccioli e che servono a preparare diverse gradite vivande, non diventino rossi, altrimenti lo strutto sarebbe passato di cottura. In genere potrete riconoscerne il giusto momento quando dal paiuolo non si innalzerà più alcun vapore. Procedete allora come col burro cotto, versando il grasso fuso in alcuni vasi di terra inverniciata o di porcellana ordinaria, e badando d’empirli fino all’orlo, perchè lo strutto nel condensarsi diminuisce di volume. Esso dev’essere bianco e appetitoso.

V’ha l’usanza in certi luoghi d’unire al grasso una cipolla o due che poi si levano, ma è cosa poco pratica, perchè lo strutto si può adoperare per vivande a cui il sapore di cipolla riuscirebbe molesto. Potete fare lo strutto anche senza il lardo. Nelle provincie dell’Italia settentrionale usano unire al grasso di maiale del grasso d’arnione di vitello o di manzo, e di mescolare i grassi in tre parti eguali.

Meglio minuzzoli con amore che polli grassi con dolore.

5. Lo strutto di manzo e di vitello. — Prendete parti eguali di grasso di arnione di manzo e di arnione di vitello e procedete come nella ricetta precedente aggiungendovi invece dell’acqua un po’ di latte.

6. Il midollo di manzo. — Il midollo può servire per vari condimenti e per fare gnocchi, risotti ecc. ecc. Esso si depura prima nell’acqua fresca, quindi nella tiepida finchè ha perduto ogni traccia di sangue, poi si scioglie molto adagio in una cazzarolina, oppure in una chicchera, che si porrà al fuoco entro una padella piena per metà d’acqua bollente, cioè a bagno maria, in fine si passa da un colino per il caso che vi fossero rimasti degli ossicini.

Tutti i fiori non sanno di buono.

7. I grassi economici.

Grasso delle carni crude. — Prima di cuocere le carni levate via tutto il grasso superfluo, tanto se si tratta di manzo come di vitello o di maiale (l’agnello e il montone danno un grasso meno buono che sa un poco di sugna), lavatelo bene, mettetelo in una tegghina, copritelo di latte, fatelo sciogliere a fuoco lento, rimestandolo, [180] passatelo allo staccio e riponetelo in piccoli vasi. Ottimo per friggere e per condire verdure andanti.

Grasso del brodo. — Quando il brodo è freddo, levategli la crosta di grasso che si sarà formata sulla sua superficie, scioglietela con un po’ di latte e riponetela in piccoli vasi. Questo grasso serve benissimo per rosolare le verdure colle quali si prepara il consommé.

8. L’olio per friggere e per condire. — Esso serve egregiamente e, se è buono, dà un ottimo sapore alle carni e alle verdure, ma in massima dev’essere molto caldo, come lo strutto, quando vi si mettono altri ingredienti.

Aiuta i tuoi e gli altri se tu puoi.

9. Il lardo. — Ottimo condimento di certe verdure e di certe carni che si può preparare anche in casa (vedi Cap. 16).

[181]

CAPITOLO DECIMO QUARTO. LE CONSERVE DI VERDURE E LA MANIERA DI CUSTODIRE LE DERRATE ALIMENTARI.

Non lasciare il poco per l’assai, che forse l’uno e l’altro perderai.

1. Peperoni sotto l’aceto. — A questo scopo si scelgono generalmente piccoli peperoni, si mozza loro il gambo, si lavano, si fanno asciugare e un pochino appassire, poi si collocano in una pentola, a strati, spolverizzandoli di sale in abbondanza e, quando la pentola è colma, vi si versa sopra dell’aceto freddo, fortissimo, e si copre ogni cosa con una carta e con un tondino di legno, a ciò i peperoncini non marciscano venendo a galla e sporgendo dal liquido. Di tratto in tratto conviene esaminarli e mescolarli con un cucchiaio di legno. Essi si possono gustare in capo a 6-8 settimane. Volendo renderli più morbidi non avete che a farvi un taglio per il lungo nella punta. Se l’aceto diventasse debole e torbido converrebbe cambiarlo. V’è chi leva ai peperoni anche il piccolo calice verde.

2. Cetrioli sotto l’aceto. — Vi sono gli appositi cetriolini per quest’uso, non più lunghi di un dito mignolo. I cetrioli un po’ appassiti che siano, si lavano con uno spazzolino, poi si accomodano bene gli uni accanto agli altri in una pentola di terra spolverizzandone ogni strato di sale. Quindi si coprono d’aceto mantenendoli fermi con un coperchietto di legno. Se vi aggrada, potete unirvi qualche grano di pepe, qualche cipolletta, sovratutto una manata di serpentaria, se la coltivate nell’orto. I cetrioli si gustano in capo [182] a tre mesi. Se v’occorressero prima, vi converrebbe farli bollire nell’acqua salata e molto acidulata d’aceto, prima di riporli nei vasi e di coprirli d’aceto crudo con qualche po’ di sale ancora.

Ben dire val molto, ben fare passa tutto.

3. Cipolle sotto l’aceto. — Sceglietele piccole molto e tutte eguali, mondatele e mettetele in un boccale con un pugno di sale e col solito aceto forte e freddo. Se le adoperaste presto vi converrebbe scottarle un paio di minuti nell’acqua bollente.

4. Altre verdure sotto l’aceto. — Sono molte le verdure che cotte o crude si possono mettere sotto l’aceto come i peperoni e i cetrioli. Fra le verdure cotte noteremo le patate, che si tagliano a dadi, i broccoli e i cavolfiori, che si dividono a grumoletti, le barbabietole, che si affettano (esse danno il colore rosso a tutta la miscela), le carote, che si riducono pure a fette, i fagioli in erba, i fagioli sgranati, i pomidori piccoli verdi, immaturi, che appena lessati si guerniscono di spezie, il sedano ecc. ecc. Fra le verdure crude i grumoli dei cavoli cappucci, tagliati a fette, le pannocchiette piccole di granturco, che hanno la virtù di rendere forte l’aceto, il rafano, i ramolacci, i ravanelli, le ciliegine immature ecc. ecc.

Le erbe odorose, fra cui a preferenza la serpentaria, l’erba cipollina e i grani di pepe danno a queste verdure sotto l’aceto un gusto più gradevole.

5. Funghi sotto l’aceto. — Servono particolarmente a questo scopo i piccoli funghi del pino (Agarici deliziosi) e le «brise» (boleti) giovanissime. Ai primi si mozza il gambo, nei boleti si pulisce soltanto. Questi funghi vanno poi cotti in parti eguali d’acqua e d’aceto forte con 2-3 cipollette, pepe e sale in abbondanza. Dopo 30 m. circa di bollitura si fanno sgocciolare, si collocano in vasi di vetro o in pentolini di terra, vi si versa sopra dell’aceto puro e forte bollito e freddato, e si coprono d’olio o di grasso sciolto (un dito circa). I vasi vanno chiusi con carta forte e conservati in luogo fresco.

La mano che dà raccoglie.

6. Pomidori in conserva. — Esistono molti metodi per conservare i pomidori, ma quasi tutti poco vantaggiosi all’economia. Uno dei più semplici è il seguente:

[183]

Fate bollire lungamente dell’acqua pura, quand’è fredda mescolatevi una quantità di sale sufficiente perchè essa possa portare un uovo a galla (conviene far la prova), disponete quindi in una pentola dei bei pomidori maturi, sani, puliti, lavati e asciugati, copriteli coll’acqua salata freddata e fate colare su questa uno strato di grasso sciolto. S’intende che non si devono lasciar trascorrere lunghi mesi senza adoperare questi pomidori, che si considerano come freschi dopo averli fatti giacere qualche ora nell’acqua pura per levar loro il sale.

Se volete allestire invece della salsa densa, prendete pomidori molto maturi, divideteli a metà, spremetene coi semi il sugo acquoso, pigiateli un poco in una pentola di ferro smaltato o in un brentino di legno lasciandoveli fermentare 24 ore. Passateli quindi con forza allo staccio e raccogliete il passato in una salvietta grossa che avrete stesa, legandola con delle cordicelle ai quattro piedi d’una sedia rovesciata. Sottoponete al tovagliolo una terrina per raccogliervi il liquido che adopererete al momento. Quando nella salvietta rimane la sola parte densa, raccoglietela, mettetevi un terzo del suo peso di sale e riponetela ben coperta in piccoli vasetti per poi servirvene all’occasione.

Chi ha la fortuna di poter coltivare un orto non dimentichi la qualità di pomidori «Principe Umberto» i quali si possono raccogliere colla pianta stessa e appendere ad un chiodo in cucina dove si conservano parecchio tempo.

Colla pazienza s’acquista scienza.

7. Fagiolini verdi in conserva. — Prendete dei fagioli giovani, levate loro il filo, collocateli a strati in una pentola di terra inverniciata o in un recipiente di pietra con un pugno di sale per ogni strato. Collocatevi sopra un peso e lasciateli in luogo fresco. Riempito che sia quasi per intero il vaso, coprite i fagiolini d’olio. L’acqua che si forma li conserva. Quando volete servirvene, metteteli alcune ore nell’acqua fresca per levar loro il sale.

8. Fagiolini seccati. — Levate il filo ai fagiolini, scottateli tre volte nell’acqua bollente gettandoli poi sempre nell’acqua fredda, asciugateli bene con dei pannolini, collocateli a forno dolce e fateli lentamente seccare.

[184]

Chi vuol ben parlare ci deve ben pensare.

9. Maniera di conservare:

Le verdure. — Se possedete un orto e avete delle verdure da riporre per l’inverno conservatele in cassettine di legno, ben coperte di sabbia. La sabbia che vi può servire tutti gli anni deve essere lavata finchè non vi rimanga traccia di terra e asciugata al sole. Questo per le radici. I cavoli, le verze si conservano uno discosto dall’altro su assicelle, colla radice rivolta all’ingiù.

Le patate si seppelliscono sotto uno strato di 15 cent. di terra.

Le noci e le nocciole. — Qualche giorno dopo che fu tolto loro il mallo o l’involucro si asciugano alcune ore al sole, poi si ripongono in piccoli sacchi.

Le castagne. — Tolte che siano dal riccio si lasciano asciugare finchè cominciano a mutar colore. Allora si mettono in una cassa, si coprono, e si collocano in cantina.

Le pesche. — Esse si conservano qualche tempo se si sprofondano nell’orzo o nel frumento asciutto.

Le pere e le mele. — Le frutta da conservarsi si devono cogliere assolutamente in un giorno molto asciutto e con una parte dello stelo. Le mele si lasciano alcuni giorni ammucchiate, poi si dispongono come le pere, che non vanno ammucchiate, sui graticci, in un luogo asciutto e un po’ discoste le une dalle altre. Di tratto in tratto conviene esaminarle, adoperare gli esemplari che minacciano di guastarsi, scartare quelli che fossero già guasti.

La farina. — La farina, se è di fresco macinata, si stende su una tovaglia in luogo arieggiato, trascorso qualche giorno si ripone nell’apposita madìa che si tiene aperta.

L’orzo. — Come sopra.

Il latte. — Il metodo più sicuro di conservare il latte è la scrupolosa nettezza degli utensili che devono contenerlo. Tuttavia, se entro l’estate non aveste un luogo abbastanza fresco per riporlo, vi mescolerete per ogni litro una presina di acido salicilico (si trova nelle drogherie).

Il burro. — In inverno si mette sopra un tagliere di legno, in estate nell’acqua rinnovandola ogni giorno.

Il brodo. — Si conserva alcuni giorni facendolo bollire ogni sera.

Le carni. — Senza lavarle affatto, si salano un poco, si pigiano in una pentola e vi si mette sopra una carta e un sasso pesante.

[185]

Le salumerie, salsicce, salami ecc. — Appesi al soffitto in un locale asciutto.

L’uomo lento non ha mai tempo.

10. Maniera di preparare i cavoli acidi (crauti). — Procuratevi dei cavoli cappucci di buona qualità, levatene via le foglie grosse, tagliate tutto il resto a minutissime striscioline (vi è la macchina apposita a questo scopo). Collocate sul fondo d’un mastello, munito d’un foro e d’un tappo, uno strato di foglie intere, poi uno strato di striscioline e uno di sale e di spezie regolandovi con queste proporzioni: per chilogr. 50 di cavoli gr. 500 di sale, mezzo gr. di zafferano e 250 gr. di comino, il tutto misto, lo zafferano sciolto con un po’ d’acqua. Riempito in tal modo il mastello, mettete sopra i cavoli un pezzo di tela, un coperchino di legno e un grosso peso e collocateli in un luogo asciutto e fresco. Quando comincia a formarsi la salamoia, lasciatela scorrere fuori dal foro, e tornatela a versare sui cavoli, continuando così tutti i giorni finchè l’acqua comincia a sorpassare il coperchio. Allora desistete, ma se venisse a galla un po’ di schiuma, affrettatevi a levarla. In capo a due mesi potete cominciare a servirvi dei cavoli, prendendo quelle porzioni che vi occorrono e spremendone sempre il liquido che deve restare nel mastello. La tela che si trova sotto il coperchio si lava ogni settimana e si ripone al suo posto bene asciutta.

[186]

CAPITOLO DECIMOQUINTO. ERBE UTILI A COLTIVARSI PER CHI POSSIEDE UN ORTO.

Il miglior podere è un buon mestiere.

Se un piccolo orto costituisce una fonte di risparmio e di benessere, non è soltanto per le verdure che vi si coltivano, ma anche per le erbe svariate che possono servire a quelle di contorno e che si prestano a insaporire molti cibi, fornendo altresì buon numero di semplici rimedi casalinghi. Le più comuni sono le seguenti:

NB. Gli asterischi indicano le piante utili o necessarie.

[188]

CAPITOLO DECIMOSESTO. COME S’IMPIEGA UN MAIALE E MANIERA DI SALARE LE CARNI DI MANZO E DI VITELLO.

Lagrime di donna, fontana di malizia.

Le famiglie che hanno la fortuna di poter allevare un maiale con buon successo, trovano una grande fonte d’economia. Nessuna parte di questo, all’apparenza, ignobile animale rimane infruttuosa.

I peli del maiale servono, se lunghi, come setole per i calzolai; coi corti si fanno spazzole per lucidare gli stivali. Per staccarli bene dalla cotenna occorre tuttavia bagnare il maiale appena macellato con l’acqua bollente, ma ciò nuoce alla bontà della carne. Taluni rinunziando ai peli li abbrustiano con un mazzetto di paglia accesa, insistendo presso i piedi onde poterne staccare le unghie, poi, lavato che sia il maiale coll’acqua calda (non bollente) lo risciacquano coll’acqua fredda.

Questa operazione esige grandi cure.

Il sangue del maiale serve a fare i sanguinacci (vedi più oltre N.i 1 e 2).

La cotenna (i salumieri l’adoperano come ingrediente dei cotichini); se non rimane unita al lardo, si mette come condimento negli ortaggi e nelle minestre.

Il lardo (quando non si voglia scioglierlo insieme al grasso) si sala e qualche volta anche si fa affumicare. Così la ventresca in cui vi sono delle parti magre.

Il grasso che non occorre per i salati, si scioglie a norma della ricetta N.º 4 pag. 178.

[189]

Dal frutto si conosce l’albero.

I siccioli, o rimasugli del grasso, servono per fare un saporito tortino o per condire la polenta (vedi ricetta N.º 3 pag. 41).

Il grasso dei visceri, sciolto, costituisce la sugna.

Il capo del maiale serve a fare la Coppa alla romagnola, le mascelle salate (vedi più oltre ricette N.º 3 e 8), oppure si sala colle altre carni.

Col capo, colla cotenna e colla coppa del maiale si fanno anche i cotichini, colle zampe i famosi zamponi ripieni di carne ecc., ma questi sono cibi costosi.

La lingua si sala, ma si può cuocere anche a lesso.

Le orecchie si possono allestire separatamente dal resto del capo (vedi pag. 83 ricetta N. 77).

I piedi si preparano a norma della ricetta N.º 78 pag. 83, oppure si fanno cuocere nei cavoli, nelle rape, nel Sauerkraut (crauti).

Il codino si cuoce pure negli erbaggi.

Il cervello s’impiega come quello degli altri animali, il fegato, i polmoni, il cuore, gli arnioni si allestiscono in diverse maniere e si devono consumare poco tempo dopo che il maiale è macellato; v’è tuttavia chi fa cuocere il fegato nel grasso e coperto di grasso lo conserva, oltre a ciò i tedeschi preparano col fegato e col cuore un genere di salumeria da loro molto ricercato.

Le due coscie si possono vendere per fare prosciutti, ma esse vanno tagliate con una certa abilità badando che la pelle sopravanzi dalla carne e che non venga intaccato l’osso che entra nell’anca, altrimenti i prosciutti non si conserverebbero. Cogli avambracci del maiale disarticolati alla spalla si possono fare prosciutti piccoli, ma non è cosa nè utile, nè economica.

Le altre parti carnose del maiale, qualora non servano a preparare salsicce, lucaniche e salame, si salano. Ottima a salarsi è la lombata o parte del dorso.

Le trippe e lo stomaco rovesciato e raschiato dalla pelle interna si allestiscono come le trippe di manzo (vedi pag. 19) e si possono anche preparare in umido come quelle di vitello (vedi pag. 71). In parecchi luoghi si scelgono i budelli più belli per insaccarvi il rimanente delle trippe (vedi ricetta N.º 4). Essi vanno diligentemente lavati con acqua calda e fredda più volte e poi raschiati colla massima cura.

[190]

Finalmente gli ossi si fanno cuocere colla minestra di riso o meglio d’orzo, ma esigono stomachi forti.

Lo sparagno è il primo guadagno.

1. Sanguinacci. — Quando il maiale è macellato conviene raccoglierne diligentemente il sangue in un catino e poi smuoverlo qualche tempo con un bastoncello a ciò, freddandosi, esso non faccia troppi grumi. Durante quest’operazione potete versarvi 2-3 cucchiai d’olio. Si passa quindi il sangue da un crivello onde lasciar da parte i bozzoletti che vi si trovano, vi si aggiungono due litri di latte in cui si avranno sfatti (cominciando con pochi cucchiai) 400-500 gr. di farina di frumento (certuni la fanno arrostire nel grasso di maiale, però non tanto che arrossi), 2-3 cucchiai di cipolle trite finissime e rosolate con abbondante strutto, alcuni cucchiai di mandorle o di pinoli o di noci pestate fine, il sale che occorre e droghe a piacere. Introducete poi mediante l’apposito imbuto (che vi farete prestare da qualche salumiere) il composto nei budelli più regolari del maiale stesso, che avrete lavati diligentemente nell’acqua corrente, poi nell’acqua calda e nella fredda daccapo e molto bene puliti e raschiati in modo che restino trasparenti, legate questi budelli a regolari distanze con uno spago fino, metteteli al fuoco nell’acqua fredda e, appena essa comincia a gorgogliare, foracchiateli con uno spillo: se non danno più traccia di sangue sono cotti. Lasciateli freddare sopra un tagliere, poi all’occorrenza tagliateli a fette e cuocete queste ai ferri o in tegghia con del grasso di maiale.

Per fare i sanguinacci occorre lavorare in luogo caldo a ciò il sangue non si coaguli. Chi vuol fare sanguinacci migliori aggiunge subito il latte al sangue e omette la farina.

Chi non vede il fondo non passi l’acqua.

2. Sanguinacci più fini, col riso. — Questi sanguinacci sono meno economici ma migliori dei precedenti. Per il sangue di un maiale ordinario calcolate due litri di latte e fatevi cuocere 120 gr. circa di riso, tagliate una decina di cipolle a fette, mettetele al fuoco con un po’ d’acqua e un po’ di burro, riducetele come una pappina, unitele mescolando al sangue e al riso intiepidito aggiungendovi circa 600 gr. di grasso crudo di maiale tagliato fino, più sale, pepe, prezzemolo e altre erbe, come timo e maggiorana, queste ultime rosolate in una padella prima di pestarle (in tutto, col prezzemolo [191] 60-70 gr.) inoltre quelle spezie che più v’aggradano. Procedete quindi come indica la precedente ricetta.

Per giudicare se la quantità del sale e delle spezie è sufficiente, cuocete un cucchiaio di composto in una padella finchè prende un colore scuro e assaggiatelo per correggerne i difetti. Tanto il sale come le droghe devono sembrare quasi troppo abbondanti perchè durante la cottura essi scemano d’efficacia.

Questi sanguinacci si mettono poi al fuoco nell’acqua bollente e vi si cuociono una decina di minuti.

3. Coppa di maiale alla romagnola. — Spaccate a metà la testa di maiale, estraetene gli occhi e il cervello e asportatene le guance (parte grassa), mettetela quindi nell’acqua limpida per mezz’ora almeno, lavandola poi per bene a ciò tutte le particelle di sangue raggrumato vengano tolte via. Fatela quindi bollire alcune ore in una caldaia, con acqua pura, finchè la carne si stacca facilmente dall’osso. Se volete avere una coppa magra dovete aggiungere alla testa dei pezzi di muscolo della spalla o d’altre parti del maiale. Separate la carne dall’osso badando che non ve ne resti nemmeno un pezzettino. Praticate quindi dei tagli nei pezzi più grossi per poterla bene insaccare e, mentre è ancora calda, procedete al condimento nelle seguenti proporzioni: sale pesto fino gr. 50, pepe rotto gr. 3 1⁄2, spezie miste gr. 3 1⁄2, carne gr. 1000. La quantità del pepe e delle spezie può variare secondo i gusti. Mescolate tutto insieme, procedete quindi all’insaccamento, operazione che richiede l’intervento di due persone. Vi sarete procurato allo scopo dei budelli di bue del diametro di 7-11 centim. lavati con acqua tiepida e poi risciacquati con la massima cura. Legate il budello a uno dei suoi capi e, di mano in mano che v’introdurrete la carne, foracchiate con una forchetta o con un punteruolo la parte che si va riempiendo e fatevi dei massaggi perchè l’aria e l’acqua escano. Finita l’insaccatura legate strettamente il budello nella sua parte superiore, praticate quindi con uno spago la legatura traversale allacciata ad uno spago longitudinale. Applicate finalmente uno spago libero di rinforzo e sostegno e appendete la coppa all’aria libera. Raffreddata che sia pulitela esternamente, con un canevaccio, dall’untume che vi sarà rimasto. Dopo tre giorni potete cominciare a tagliarla.

Questa coppa si conserva soltanto nella stagione fresca.

[192]

La pigrizia è la chiave della povertà.

4. Trippe insaccate. — Si scelgono i budelli più grandi e più regolari del maiale e, lavati e preparati che siano come indica la ricetta n.º 1, si mettono da parte. Si tagliano quindi con le forbici in lunghe liste gli altri budelli unendovi, se fosse possibile, delle trippe di vitello freschissime, poi si mettono nel sale, misto di spezie a piacere, vi si versa sopra qualche cucchiaio di vino bianco e si lasciano giacere 3-4 giorni in questa marinata. Si riuniscono quindi con cura le listarelle, si legano a metà, si ripiegano e s’introduce l’estremità dello spago nel budello che deve servire da sacco, poi si lega strettamente quella bocca del budello che si trova più prossima alla legatura delle listarelle e, tenendo lo spago con una mano, coll’altra vi si rovescia sopra come un guanto il budello praticandovi un’ultima legatura in fondo.

Queste trippe insaccate vanno poi cotte circa quattro ore nell’acqua drogata con sale, spezie, foglie di lauro ed erbaggi a piacere. Cotte che siano, si sottopongono ad un peso fra due assicelle, per prepararle poi all’occorrenza ai ferri. Affumicate si conserverebbero qualche mese, mentre così possono durare 2-3 settimane al più, e sempre in tempo d’inverno.

Grassa cucina, magro testamento.

5. Salsicce di maiale. — I budelli del maiale, essendo troppo grandi per fare la salsiccia, vi converrà prenderli di castrato. Ricordatevi sempre la necessità d’una scrupolosa lavatura. Il composto della salsiccia si fa con queste proporzioni:

Chilogr. 2 di carne di maiale, 500 gr. del suo grasso crudo, 60 gr. di sale, 2 gr. di cannella in polvere, 9 gr. di tamaro (spezie riunite), 2 gr. di badiana, acqua 1⁄16 di litro, se v’aggrada un po’ di formaggio di grana. La carne, il grasso e il formaggio si macinano insieme in una macchina dai fori grossi perchè non devono essere ridotti a poltiglia, poi vi si aggiungono il sale, le spezie e l’acqua, e rimestata bene ogni cosa, s’insacca il composto nei budelli dando loro una stretta sicura collo spago fino di otto in otto centimetri. Queste salsicce s’impiegano fresche, vedi pag. 85.

Per la macchina da tritare la carne e per l’imbuto che occorrono vi converrà rivolgervi a qualche macellaio o salumiere. Nelle città non è cosa facile ad ottenersi, nei paesi invece l’aiuto viene più spontaneo.

[193]

6. «Lucaniche» di maiale. — Prendete carne di maiale magra e grassa, sottraetene la parte magra che deve abbondare assai e aggiungetevi il 25% del suo peso di buona carne di manzo, unitela quindi al grasso e al lardo, pesate ogni cosa e per chilogr.

8.40 di questo composto preparate 250 gr. di sale, 10 gr. di salnitro, 30 gr. di pepe pesto, 15 gr. di polvere di garofani, 30 gr. di aglio pesto fino. Riducete tutti gl’ingredienti (vi sono macchine apposite) in una poltiglia uniforme, introducete questa in budelli di maiale non troppo grossi lavati diligentemente come indica la ricetta N.º 1, legandoli a regolari distanze collo spago.

Queste salsicce, che si gustano poi crude o cotte a piacere nei cavoli, non si affumicano ma si asciugano alcun tempo in una camera, dove si lasciano penetrare i raggi del sole e si fa fuoco alternativamente. Per questa operazione delicata conviene ricorrere a gente del mestiere.

Troppo dormire fa impoverire.

7. Salame di maiale. — Come il composto delle lucaniche nella precedente ricetta, soltanto prenderete il 30% della carne magra di maiale, di carne di manzo, ometterete i garofani e sostituirete il pepe granito al pepe pesto.

Oppure: Proporzioni: carne magra di maiale (della migliore) chilogr. 2, grasso di maiale gr. 400, sale gr. 66, salnitro gr. 4, pepe gr. 6, aglio pestato finissimo gr. 12.

Tanto per il primo come per il secondo di questi composti, ch’è più fino, si procede a norma della precedente ricetta insaccando la poltiglia coll’apposito arnese entro budelli più o meno grandi di bue o di maiale preparati colla massima diligenza. La lunghezza dei salami varia a piacere. Le estremità vanno legate con gran cura. Per asciugare i salami serviranno le regole della precedente ricetta.

Assai sa chi non sa, se tacer sa.

8. Modo di preparare i siccioli (grassoli) di maiale alla romagnola.

I siccioli si allestiscono coi cascami grassi del maiale, i quali tagliati a pezzi e ben salati si fanno cuocere in un paiolo a lento fuoco. Quando coloriscono e quando il grasso che ne cola comincia a fare un piccolo rumore caratteristico si mettono in un sacchetto di tela rada per spremerne l’unto soverchio, ottenendo così una specie [194] di tortino saporitissimo che si gusta poi colla polenta. Col grasso colato si fa lo strutto.

9. Mascelle di maiale salate. — Procuratevi due mascelle di maiale col loro osso e per ogni chilogrammo del loro peso prendete 60 gr. di sale e 5 di salnitro che mescolerete unendovi un buon pizzico di spezie miste, pestate non troppo fine. Soffregate colla metà di questa miscela le mascelle, e, dopo averle collocate in una catinella, versategliene sopra l’altra metà, copritele quindi con un forte peso. Trascorse due settimane circa, mettete le mascelle in molle e dopo 24 ore cuocetele finchè sono morbide nell’acqua che aromatizzerete più o meno a piacer vostro.

10. Modo di salare la carne di maiale. — Per 10 chilogr. di carne di maiale, calcolate 500 gr. di sale e 50 gr. di salnitro. Mescolate bene il sale e il salnitro, unitevi una discreta quantità di pepe, e con tale miscela soffregate molto bene le carni. Disponete poi queste in un brentino di legno provveduto di un esattissimo coperchio, badando di comprimerle in modo che non vi restino vani frammezzo, spolverizzate l’ultimo strato di sale, copritele con diligenza aggiungendo ancora un forte peso, per esempio una grossa pietra. Versate fuori tutti i giorni l’acqua che manda la carne e rimettetegliela sopra di bel nuovo. Quest’operazione sarà facilitata, se il brentino avrà un foro munito di tappo presso al fondo. In capo a 10 giorni affumicate la carne come dicemmo nelle precedenti ricette, e se disponete d’un largo camino, appendetevela per pochi giorni.

Se aggiungerete al sale erbe trite, come timo e maggiorana e un po’ di pimento, la carne riescirà migliore, un po’ di zucchero pesto le farà mantenere un bel colore rosso.

Potete salare in questo modo la lingua del maiale, le parti del ventre e del petto, il capo ecc. ecc. Le gambe davanti, il capo, la coppa, il collo dove fu ferito l’animale, si conservano meno a lungo del rimanente.

Tanto va la gatta al lardo finchè ci lascia lo zampino.

11. Maniera di salare il lardo. — Il lardo si taglia generalmente a pezzi grandi, i quali si strofinano con sale in buona dose, si dispongono in un brentino o in una cassetta quadrata, apposita (spolverizzata anch’essa di sale misto d’erbe odorose e foglie d’alloro trite), gli uni sopra gli altri, colla cotenna di sopra, si coprono di [195] sale e si comprimono col coperchio e con un forte peso. Se il lardo mandasse acqua, si procede come indica la precedente ricetta. Trascorse tre settimane si fanno asciugare i pezzi semplicemente all’aria.

12. Modo di salare la carne di vitello. — Procuratevi dei pezzi di carne di vitello di fresco macellato, soffregateli ciascuno con un po’ d’aglio, poi con sale misto di salnitro nella proporzione di 33 gr. di sale e gr. 1 1⁄2 di salnitro per ogni chilogr. di carne. Collocateli in un mastellino, spolverizzato di sale, unendovi alcune bacche di ginepro, la scorza fina di mezzo limone, un cucchiaio di zucchero, 2 foglie d’alloro, un cucchiaio d’erbe fine, alcuni pizzichi di pepe e di pimento; mettetevi sopra un coperchio e un forte peso. Voltate la carne ogni due giorni. Dopo dieci giorni potete levarla e cuocerla a lesso; affumicata riescirà però migliore. Per far ciò la affiderete al macellaio o la esporrete 4-5 giorni al fumo in casa seguendo la regola indicata più sopra. Prima di cuocere il vitello affumicato vi converrà metterlo alcune ore in molle nell’acqua fresca e spazzolarlo bene.

13. Modo di salare la carne di manzo. — Per preparare buona carne salata la prima condizione esige ch’essa sia di ottima qualità, morbida e macellata da 2-3 giorni. La parte del bove più adatta a questo scopo è la coscia. Sopprimetene gli ossi, il grasso e i filamenti, badando di non tagliarla a pezzi troppo piccoli, soffregatela quindi con sale e salnitro in queste proporzioni: Per 10 chilogr. di carne mezzo chilogr. di sale e 50 gr. di salnitro. Collocatela poi in un brentino, o nell’apposito recipiente per conservare la carne fresca, sul cui fondo avrete sparso del sale avendo cura che fra un pezzo e l’altro non restino vani di sorta e cospargendola, se v’aggrada, con un battutino d’erbe (timo, maggiorana) misto con un po’ di pepe e di pimento; spolverizzatela da ultimo con 2-3 cucchiai di zucchero. (Lo zucchero contribuisce molto a mantenere il bel colore rosso alle carni salate). Comprimetela fortemente con un peso o col coperchio a vite. Versate fuori tutti i giorni l’acqua che manderà la carne e rimettetegliela sopra di bel nuovo. Trascorsi 10 giorni fate affumicare la carne dal macellaio, o, se avrete modo di occuparvene in casa, prendetevi voi stessi questa cura.

La carne di manzo salata si fa bollire prima nell’acqua poi si tira a cottura nella verdura.

[196]

CAPITOLO DECIMOSETTIMO. I PRINCIPALI UTENSILI CHE OCCORRONO IN UNA PICCOLA CUCINA.

[199]

INDICE ALFABETICO

  Pag.
 
A
 
Abbacchio 80
Acetosa di lamponi 168
Acetosa di ribes ivi
Acqua di pane 172
Acqua di riso ivi
Acqua d’orzo 171
Agnello alla cacciatora 80
Agnello alla cacciatora colle patate ivi
Agnello arrosto 79
Agnello fritto 80
Agresto 171
Agro di limone 170
Amaro 176
Amaretti 154
Amaretti di mandorle di pesca 155
Anguilla d’acqua dolce arrosto 117
Anguilla d’acqua dolce in umido ivi
Anguilla di mare in umido ivi
Anitra arrosto 94
Anitra lessa 98
Aranciata 171
Aranciata o limonata gazosa ivi
Arnioni di maiale alla gratella 84
Arnioni di maiale in tegame 85
Arnioni di vitello 70
Aringhe (Le) salate 120
Arselle o telline 121
Asparagi (Gli) 95
 
B
 
Baccalà ai ferri 120
Baccalà fritto ivi
Baccalà in tegghia, diverse maniere di prepararlo 119
Baccalà lesso ivi
Baccalà (maniera di bagnarlo) 118
Barbabietole (Le) 95
Basini forti 154
Bibite fatte cogli sciroppi 170
Biete (Le) 95
Bisato alla veneziana 117
Biscottini 156
Bistecche (Le) 65
Bombe di lievito di soda 185
Braciole di maiale ai ferri 82
Braciole di maiale colle erbe ivi
Braciole di maiale col vino ivi
Bracioline di vitello o di manzo in umido 72
Bracioline fritte di vitello 78
Broccoli e cavolfiori 96
Brodo d’erbe 10
Brodo di farina abbrustolita ivi
Brodo di patate 9
Brodo di pesce 11
Brodo di rane 10
Brodo in bottiglia per malati gravi 9
Brodo per malati e convalescenti ivi
Brodo scuro fatto col fegato di manzo 8
Budino di limone colle mandorle 140
Budino di pane coi pinoli e colla sultanina 139
Budino di pangrattato colla cioccolata ivi
Budino di semolino tostato 139
Budino di semolino coll’arancio 140
[200]
Budino di riso 140
Burro (Il) 177
Burro (Il) di cocco o vegetale ivi
Burro cotto (Il), maniera di prepararlo 178
 
C
 
Cacao (Il) 173
Cacciata (dolce freddo di ricotta) 138
Caffè (Il) 172
Calamari (I) 122
Cannocchie o cicale (Le) 121
Capretto alla cacciatora 87
Capretto arrosto 86
Capretto fritto 87
Capretto in umido 86
Caramelle per la tosse 157
Carne salata di maiale 86
Carciofi (I), diverse maniere di prepararli 96
Carote (Le) 97
Castrato o montone arrosto 77
Castrato o montone a uso Gulasch ivi
Castrato o montone in intingolo ivi
Castrato o montone in umido ivi
Castrato o montone lesso ivi
Castrato o montone nel sugo di cipolle 78
Castrato o montone stufato 77
Cavoli (I), diverse maniere di prepararli 99
Cavoli cappucci (I), diverse maniere di prepararli 97
Cavoli navoni (I) 100
Cavoli rapa (I) ivi
Cavoli rutabaga ivi
Cavolo verza (Il), diverse maniere d’allestirlo 99
Ceci (I) 100
Cefali in tegghia 117
Cervello di manzo 66
Cervello di vitello fritto 68
Cervello di vitello in umido ivi
Cetrioli (I) 101
Cetrioli sotto l’aceto 181
Chicchera (una) di crema per un bambino o per un vecchio 156
Chiocciole (Le) 123
Ciambelle di lievito di birra 148
Ciambelle di lievito di soda ivi
Ciambellette di lievito di soda 154
Cicoria (La) 101
Cipolla (La) 101
Cipolle sotto l’aceto 181
Cioccolata (La) 173
Coniglio arrosto 88
Coniglio a uso Gulasch 81
Coniglio cotto nel latte 88
Coniglio in umido 87
Coniglio lesso per il brodo ivi
Coniglio marinato 88
Conserva d’albicocche 159
Conserva di carote 168
Conserva di ciliege ivi
Conserva di fichi ivi
Conserva di frutta e verdure nel mosto 164
Conserva di mele cotogne 162
Conserva di mele cotogne coll’aceto ivi
Conserva di mele cotogne coll’acquavite ivi
Conserva di nespole 163
Conserva di pere 161
Conserva di pesche 158
Conserva di semi di rosa 163
Conserva di susine bianche 159
Conserva di susine nere coll’aceto 160
Conserva di zucche marine 163
Conserva semplice di susine nere 160
Coppa di maiale alla romagnola 191
Coratina di capretto 87
Coratina di lepre 89
Coscia di castrato al forno 78
Costolette di maiale alla romagnola 83
Costolette di maiale colla polenta ivi
Costolette di luccio 115
Costolette di palombo ivi
Costolette di vitello 71
Costolette di vitello ai ferri 72
Costolette di vitello pestate ivi
Costolettine di castrato o di montone 78
Costolettine di castrato o di montone ai ferri 79
Costolettine di castrato o di montone alla spiccia ivi
[201]
Cotichini, bondiole, zampetti ecc. ecc. 85
Crafen (fritto) 135
Cren (Il) 101
Crescentine (fritto) 135
Crescione (Il) 102
Cugluf di lievito di birra 147
Cugluf di lievito di soda ivi
Cuore, arnioni e fegato di manzo 67
Cuore di vitello 71
 
D
 
Dente di leone (Il) 102
Desinare (Il) nella pentola 20
Dolce di mele o di pere colla schiuma 136
Dolce di pane e latte per bambini 125
Dolce di ricotta fredda ivi
Dolce semplice di farina gialla per bambini ivi
Dolcetti di cioccolata 155
 
E
 
Erba (L’) cipollina 102
 
F
 
Fagioli sgranati, verdi, bianchi, freschi, secchi 103
Fagioli verdi, diverse maniere di prepararli 102
Fagiolini seccati 182
Fagiolini verdi in conserva ivi
Farinata di ceci 39
Fava (La) 103
Fegato di maiale ai ferri 84
Fegato di maiale alla contadina 83
Fegato di maiale col pangrattato 84
Fegato di maiale col pomodoro col ramerino ivi
Fegato di maiale colla salvia e coll’alloro ivi
Fegato di maiale nella rete, semplice 83
Fegato di vitello al forno 69
Fegato di vitello alla barcarola 68
Fegato di vitello alla gratella 69
Fegato di vitello all’ungherese ivi
Fegato di vitello fritto ivi
Fegato di vitello rosolato nel burro 69
Fette fritte di pane col ripieno di marmellata 134
Finocchio (Il) 103
Flammeri (dolce freddo) 138
Focaccia 151
Folaghe (Le) 93
Frittata all’italiana 51
Frittata colla farina di frumento ivi
Frittata colla farina di granturco 52
Frittata colla farina di patate ivi
Frittate grandi col ripieno (dolce) 131
Frittatine dolci 130
Frittelle di mele e di pere 136
Frittelle di semolino 134
Fritto dolce alla trentina 131
Fritto dolce di crema 133
Fritto dolce di ricotta ivi
Fritto dolce in forma di nastrini 132
Frutta cotte 136
Frutta nello spirito 165
Funghi (I) 111
Funghi sotto l’aceto 181
 
G
 
Gamberi e gamberetti 122
Genovesi per i bambini 151
Gnocchi all’italiana 34
Gnocchi alla tedesca 35
Gnocchi di farina abbrustolita 38
Gnocchi di latte 35
Gnocchi di patate 36
Gnocchi di polenta di granturco 37
Gnocchi di polenta di grano saraceno ivi
Gnocchi di semolino ivi
Gnocchi di spinacci 36
Gnocchi fritti di pane 133
Gnocchi fritti di patate 132
Gnocchi grandi di magro alla tedesca 35
[202]
Granceole (Le) 122
Grassi economici (I) 179
Grog freddo 172
Grog caldo ivi
Grostoli 131
Gulasch 164
 
I
 
Indivia (L’) 163
Intingolo di vitello 74
Intingolo di vitello alla tedesca ivi
Intingolo di vitello colle patate 75
Intingolo di vitello colle verdure ivi
Intriso di farina bianca e di mele 126
Intriso di farina gialla e di mele ivi
Intriso di pane colla passolina 127
Intriso di riso e di mele ivi
Intriso di semolino colle frutta 126
Intriso di farina e acqua 43
Intriso semplice di farina gialla 125
Intriso semplice di semolino 126
 
L
 
Lardo (Il) 180
Latte di gallina 171
Latte di semi di melone ivi
Lattuga (La) 103
Lenticchie (Le) ivi
Lepre arrosto 89
Lesso (Il) 61
Lingua di maiale salata 86
Lingua di manzo 66
Limonata 171
Lucaniche di maiale 192
Lucanichette alla tedesca 86
Luccio lesso 114
Luppoli (I) 104
 
M
 
Maiale a uso gulasch 81
Maiale arrosto ivi
Maiale bollito 80
Maiale colle erbe 81
Maiale col pomodoro ivi
Maiale in umido 80
Mais, zuccherino (Il) 104
Maniera d’adoperare gli avanzi di manzo lesso 62
Maniera d’accertarsi se le ova sono fresche 52
Maniera di conservare varie derrate alimentari 184
Maniera di cuocere la pasta 28
Maniera di fare il brodo colla carne 7
Maniera di fare il brodo coll’estratto Liebig 8
Maniera di preparare la sfoglia delle tagliatelle 27
Maniera di preparare i cavoli acidi 185
Maniera di salare il lardo 194
Maniera di spellare il coniglio 99
Maniera di spellare la lepre 88
Manzo arrosto 75
Manzo in intingolo 64
Manzo in umido col burro e colle erbe 63
Manzo in umido col lardo e col pomodoro ivi
Manzo in umido colle cipolle ivi
Manzo in umido col soffritto di strutto 64
Manzo in umido col soffritto d’olio ivi
Maraschino casalingo 174
Marmellata d’albicocche 159
Marmellata di mele cotogne ivi
Marmellata di pere 161
Marmellata di pesche 159
Marmellata di susine bianche ivi
Marmellata di susine nere collo zucchero 160
Marmellata di susine nere senza zucchero ivi
Marmellata di susine nere con altre frutta 161
Marmellata di zucca marina 164
Marmellata dolce di mele 161
Marsoni in frittata 117
Mascelle di maiale salate 194
Melanzana (La) 104
Merluzzo fresco o nasello 120
Merluzzo secco ivi
Michette fritte 134
[203]
Midollo (Il) di manzo 179
Migliaccio alla trentina, diverse maniere di prepararlo 46
Minestra dei tre erre 14
Minestra di bozzoletti nel latte 15
Minestra di castagne 25
Minestra di cavoli cappucci 21
Minestra di fagioli 26
Minestra di fave, ceci, piselli secchi 24
Minestra di fegato 19
Minestra di gnocchetti di farina di granturco 17
Minestra di gnocchetti di pane 15
Minestra di gnocchetti di pangrattato 16
Minestra di gnocchetti di semolino ivi
Minestra di grandi gnocchi di pane alla tedesca 16
Minestra di lenticchie 24
Minestra di pasta grattata 14
Minestra di riso, diverse maniere di prepararla 11
Minestra di semolino 18
Minestra di taglierini ed altre paste 15
Minestra d’ova 17
Minestra d’orzo 14
Minestrone d’erbe col riso 32
Minestrone di legumi colla pasta 31
Mistrà 176
Modo di preparare i siccioli di maiale alla romagnola 193
Modo di salare la carne di maiale 194
Modo di salare la carne di manzo 195
Modo di salare la carne di vitello ivi
Molluschi e crostacei (piccoli) misti 122
Monchi, dolce di farina gialla 125
Mostarda 165
Mostazzini 154
Mosto 170
 
O
 
Oca arrosto 93
Oca lessa ivi
Olio per friggere e per condire 180
Orecchie di maiale 83
Ortaggi (Gli) 95
 
P
 
Pancetta di maiale 85
Pane (Il) 1
Pane di burro 6
Pane (Il) di farina di granturco 5
Pane di frutta (Zelten) col lievito di birra 152
Pane di frutta (Zelten) col lievito di soda ivi
Pane di frutta semplice 153
Pane di latte 5
Pane di latte dolce col lievito di birra 149
Pane di latte dolce col lievito di soda ivi
Pane di patate 5
Pane di segale 4
Pane dolce di patate col lievito di birra 150
Pane dolce di lievito di birra senza latte ivi
Pane intrecciato 3
Pane lungo di frumento 1
Pappa di biscotti genovesi per bambini 38
Pappa di farina di granturco 39
Pappa di farina di granturco e di farina di frumento ivi
Pappa di latte per bambini 38
Pappa di latte più andante 39
Pasta alla bolognese 29
Pasta alla genovese ivi
Pasta alla napoletana 28
Pasta alla tedesca 30
Pasta col condimento semplice 28
Pasta col lardo rosso 30
Pasta col sugo 29
Pasta col tonno e colle sardelle 30
Pasta condita coll’olio 28
Pasta, risotto, gnocchi al salto 38
Pasticcetti fritti di lievito di soda 132
Pasticcio di maccheroni 50
Pastine di pasta frolla 156
Pastine di pasta zuccherina 155
[204]
Peperoni (I) 107
Peperoni sotto l’aceto 181
Peri di terra 107
Pesce alla gratella 114
Pesce fritto 113
Pesche, pere, susine seccate 165
Piccioni 92
Piedi di maiale 88
Piedi di vitello 71
Piselli (I) col guscio 107
Piselli (I) sgranati ivi
Pizza colla salvia 49
Pizza di lievito di pane col lardo 48
Pizza di lievito di pane col lardo e le cipolle 49
Pizza di lievito di pane colle sardelle alla ligure 50
Pizza o farinata di ceci col lievito di pane 49
Polenta (La) 40
Polenta alla carbonara 41
Polenta al forno 42
Polenta arrostita ivi
Polenta coi siccioli 41
Polenta colla salsiccia alla romagnola ivi
Polenta condita con burro e formaggio ivi
Polenta di fagioli 48
Polenta di grano saraceno 42
Polenta di patate ivi
Polenta (finta) e uccelli 41
Polenta fritta 42
Pollastri alla gratella 92
Pollastri fritti ivi
Pollo arrosto 91
Polli, capponi, galline, piccioni lessi 90
Pollo colle verdure 92
Pollo in intingolo ivi
Pollo in umido alla cacciatora ivi
Polmone di manzo in intingolo 67
Polmone di vitello in intingolo 70
Polmone di vitello saltato ivi
Polpettine di cervello 68
Polpettone 66
Pomidori (I), diverse maniere di prepararli 107
Pomidori in conserva 182
 
R
 
Rafano (Il) 101
Ramolacci (I) 110
Rane (Le) 123
Rape, diverse maniere di prepararle 109
Ratafià di noccioli 176
Ravioli di pasta da tagliatelle 31
Ravioli o fiadoni 153
Riso alla cappuccina 34
Riso in cagnoni ivi
Riso nel latte collo zucchero caramellato 124
Risotto alla milanese 33
Risotto coi funghi ivi
Risotto coi gamberi 34
Risotto coi piselli 33
Risotto coi ranocchi ivi
Risotto colla salsiccia alla romagnola ivi
Risotto semplice 32
Rosolio d’arancio 175
Rosolio di limone ivi
Rosolio di menta 174
Rosolio di noci 175
Rosolio di vaniglia 174
Rosolio o acqua di cedro 175
Rossumata 11
Rostisciana 38
 
S
 
Salame di maiale 193
Salsa agrodolce 56
Salsa d’aglio 58
Salsa d’aringhe (calda) 60
Salsa d’aringhe (fredda) ivi
Salsa d’erba cipollina 58
Salsa di cetrioli (calda) 59
Salsa di cetrioli (fredda) ivi
Salsa di menta 58
Salsa di cipolle 57
Salsa di pepe N.º 1 56
Salsa di pepe N.º 2 ivi
Salsa di peperoni 59
Salsa di pomodoro 57
Salsa di pomodoro più fina ivi
Salsa di pomodoro colle patate ivi
Salsa di prezzemolo (calda) 58
Salsa di prezzemolo (fredda) ivi
[205]
Salsa di rafano 59
Salsa di sardelle (calda) ivi
Salsa di sardelle (fredda) ivi
Salsa di sciroppo di frutta 60
Salsa dolce d’arancio ivi
Salsa d’ova ivi
Salsiccia di maiale, maniera di farla 192
Salsiccia fresca di maiale 85
Salsicce (lucaniche) a uso salamini ivi
Sanguinacci 190
Sanguinacci più fini col riso ivi
Sardelle fresche 118
Scalogno (Lo) 10
Scaloppine di vitello al latte 173
Scaloppine di vitello al pomodoro ivi
Sciroppi (Gli) 166
Sciroppo d’amarasche ivi
Sciroppo di berbero 169
Sciroppo di caffè 170
Sciroppo di lamponi 168
Sciroppo di menta 169
Sciroppo di mirtilli 168
Sciroppo di ribes 167
Sciroppo di vino 168
Scorzonera e Scorzobianca 110
Sedano (Il) ivi
Seppie (Le) 122
Smacafam 46
Spaghetti coi piselli 80
Spalla d’agnello cotta nel latte 79
Strichetti 81
Strudel 47
Strudel dolce con diversi ripieni 187
Strutto (Lo) di maiale, maniera di prepararlo 178
Strutto (Lo) di manzo e di vitello 179
 
T
 
Tacchino arrosto 93
Tacchino lesso ivi
Testina di vitello ai ferri 67
Testina di vitello colla salsa agrodolce ivi
Thè cinese 173
Thè di camomilla ivi
Thè di foglie d’arancio 173
Thè di limone ivi
Thè di tiglio ivi
Tinca in umido, diverse maniere di prepararla 116
Tinche in tegame 115
Torta di castagne 142
Torta di ciliege 143
Torta di farina nera di grano saraceno 144
Torta di fregolotti alla trentina 144
Torta di lievito di birra colla marmellata 145
Torta di lievito di birra colla cioccolata 146
Torta di lievito di soda col burro 143
Torta di lievito di soda col sapore di caffè e di cioccolata 144
Torta di lievito di soda senza burro 141
Torta di mandorle 142
Torta di noci col lievito di soda ivi
Torta di pan di Spagna 145
Torta di pane 142
Torta di papparelle alla veronese 144
Torta di riso 143
Torta di semolino 143
Torta di zucca marina o barucca 141
Torta Simona alla trentina 47
Torta Simona dolce 130
Tortino di farina bianca col latte, diverse maniere di prepararlo 44
Tortino di farina bianca (dolce) 129
Tortino di farina bianca e gialla senz’ova (dolce) ivi
Tortino di farina bianca e gialla colle ova (dolce) 130
Tortino di farina di ceci 44
Tortino di farina di granturco 45
Tortino di farina gialla (dolce) 128
Tortino di farina gialla più fino 129
Tortino di farina nera 45
Tortino di pane 46
Tortino di pane, mele o altre frutta (dolce) 127
[206]
Tortino di pane colle noci e coll’uva sultana (dolce) 128
Tortino di patate 45
Tortino di semolino ivi
Tortino di semolino coll’uva sultana (dolce) 128
Tortino di semolino nel latte colle ova (dolce) ivi
Trippe di vitello 71
Trippe insaccate 191
 
U
 
Uccellini allo spiedo 94
Uccellini in tegghia ivi
Uccelli scappati di vitello 74
Uova a bere 53
Uova affogate 54
Uova affrittellate ivi
Uova al burro 53
Uova al lardo 54
Uova bazzotte 53
Uova fritte 54
Uova sode 55
Uova sode ripiene ivi
Uova (Le) di Pasqua ivi
Uovo al marsala 171
Uovo nel brodo per malati e convalescenti 11
 
V
 
Verdure sotto l’aceto 182
Verzata 21
Vino chinato 176
Vino cotto 172
Vitello arrosto 76
Vitello cotto nel latte 76
Vitello in umido 75
 
Z
 
Zabaione 156
Zelten 152
Zucche gialle 111
Zucche verdi ivi
Zuppa di cipolle o di porri 21
Zuppa di finta cioccolata 18
Zuppa di lattuga 22
Zuppa di milza 19
Zuppa di panbollito 17
Zuppa di panbollito coll’olio ivi
Zuppa di pane colle ova 18
Zuppa di pane col latte ivi
Zuppa di pane colla cioccolata ivi
Zuppa di patate, diverse maniere di prepararla 25
Zuppa di pomidori 22
Zuppa di trippe 19
Zuppa di zucca marina nel brodo 22
Zuppa di zucca marina nel latte 23
Zuppa di zucchini 22
Zuppa dolce di ciliege 136
Zuppa semplice di pane 17

[207]

INDICE DELLE MATERIE

  Pag.
 
Il Pane.
 
Pane di burro 6
Pane di farina di granturco 5
Pane di latte ivi
Pane di patate ivi
Pane di segale 4
Pane intrecciato 3
Pane lungo di frumento 1
 
Il Brodo.
 
Brodo d’erbe 10
Brodo di farina abbrustolita ivi
Brodo di patate 9
Brodo di pesce 11
Brodo di rane 10
Brodo in bottiglia per malati gravi 9
Brodo per malati e convalescenti ivi
Brodo scuro fatto col fegato di manzo 8
Maniera di fare il brodo colla carne 7
Maniera di fare il brodo coll’estratto Liebig 8
Ovo (un) nel brodo per ammalati e convalescenti 11
 
Minestre in brodo.
 
Desinare (Il) nella pentola 20
Minestra dei tre erre 14
Minestra di bozzoletti nel latte 15
Minestra di castagne 25
Minestra di cavoli cappucci 21
Minestra di fagioli 23
Minestra di fave, ceci, piselli secchi 24
Minestra di fegato 19
Minestra di gnocchetti di farina di granturco 16
Minestra di gnocchetti di pane 15
Minestra di gnocchetti di pangrattato 16
Minestra di grandi gnocchi di pane alla tedesca ivi
Minestra di lenticchie 24
Minestra di pasta grattata 14
Minestra di riso, diverse maniere di prepararla 11
Minestra di semolino 18
Minestra di taglierini e altre paste 15
Minestra d’ova 17
Minestra d’orzo, diverse maniere di prepararla 14
Verzata 21
Zuppa di cipolle o di porri ivi
Zuppa di finta cioccolata 18
Zuppa di lattuga 22
Zuppa di milza 19
Zuppa di panbollito 17
Zuppa di panbollito coll’olio ivi
Zuppa di pane colle ova 18
Zuppa di pane col latte ivi
Zuppa di pane colla cioccolata per i bambini 11
Zuppa di patate, diverse maniere di prepararla 25
Zuppa di pomodoro 22
Zuppa di trippe 19
Zuppa di zucca marina nel brodo 22
[208]
Zuppa di zucca marina nel latte 23
Zuppa di zucchini 22
Zuppa semplice di pane 17
 
Minestre asciutte.
 
Farinata di ceci 39
Gnocchi all’italiana 34
Gnocchi alla tedesca 35
Gnocchi di farina abbrustolita 38
Gnocchi di latte 35
Gnocchi di patate 36
Gnocchi di polenta di granturco 37
Gnocchi di polenta di grano saraceno ivi
Gnocchi di semolino ivi
Gnocchi di spinaci 36
Gnocchi grandi di magro alla tedesca 35
Maniera di preparare la sfoglia delle tagliatelle ecc. 27
Maniera di cuocere la pasta 28
Minestrone di erbe col riso 32
Minestrone di legumi colla pasta 31
Pappa di biscotti genovesi per bambini 38
Pappa di farina di granturco 39
Pappa di farina di granturco e di farina di frumento ivi
Pappa di latte per bambini 38
Pappa di latte più andante 39
Pasta con condimento semplice 28
Pasta condita alla bolognese 29
Pasta condita alla genovese ivi
Pasta condita alla napoletana ivi
Pasta condita alla tedesca 30
Pasta condita al sugo 29
Pasta condita col lardo rosso 30
Pasta condita coll’olio 28
Pasta condita col tonno e colle sardelle 30
Riso, risotto, gnocchi al salto 38
Ravioli di pasta da tagliatelle 31
Riso alla cappuccina 34
Riso in cagnoni ivi
Risotto alla milanese 33
Risotto coi funghi ivi
Risotto coi gamberi 34
Risotto coi piselli 33
Risotto coi ranocchi 33
Risotto» colla salsiccia alla romagnola ivi
Risotto semplice 32
Rostisciana 38
Spaghetti coi piselli 30
Strichetti 31
 
Piatti di farina.
 
Frittata all’italiana 51
Frittata colla farina di frumento ivi
Frittata colla farina di granturco 52
Frittata colla farina di patate ivi
Intriso di farina e acqua, diverse maniere di prepararlo 43
Migliaccio alla trentina, diverse maniere di prepararlo 46
Pasticcio di maccheroni 50
Pizza colla salvia 49
Pizza di lievito di pane col lardo 48
Pizza di lievito di pane col lardo e con le cipolle 49
Pizza di lievito di pane colle sardelle alla ligure 50
Pizza o farinata di ceci col lievito di pane 49
Polenta (La) 40
Polenta al forno 42
Polenta alla carbonara 41
Polenta arrostita 42
Polenta coi siccioli 41
Polenta colla salsiccia alla romagnola ivi
Polenta condita con burro e formaggio ivi
Polenta di fagioli 43
Polenta di grano saraceno 42
Polenta di patate ivi
Polenta (finta) e uccelli 41
Polenta fritta 42
Strudel 47
Torta Simona alla trentina ivi
Tortino di farina bianca, diverse maniere di prepararlo 44
Tortino di farina di ceci ivi
[209]
Tortino di farina di granturco 45
Tortino di farina nera ivi
Tortino di pane 46
Tortino di patate 45
Tortino di semolino ivi
 
Le uova.
 
Maniera d’accertarsi se le uova sono fresche 52
Uova a bere 53
Uova affrittellate 54
Uova affogate ivi
Uova al burro 53
Uova al lardo 54
Uova bazzotte 53
Uova fritte 54
Uova sode 55
Uova sode col ripieno ivi
Uova (Le) di Pasqua ivi
 
Le Salse.
 
Salsa agrodolce 56
Salsa d’aglio 58
Salsa d’aringhe (calda) 60
Salsa d’aringhe (fredda) ivi
Salsa d’erba cipollina 58
Salsa di cetrioli (calda) 59
Salsa di cetrioli (fredda) ivi
Salsa di menta 58
Salsa di cipolle 57
Salsa di pepe N.º 1 56
Salsa di pepe N.º 2 ivi
Salsa di peperoni 59
Salsa di pomodoro 57
Salsa di pomodoro più fina ivi
Salsa di pomodoro colle patate ivi
Salsa di prezzemolo (calda) 58
Salsa di prezzemolo (fredda) ivi
Salsa di rafano 59
Salsa di sardelle (calda) ivi
Salsa di sardelle (fredda) ivi
Salsa di sciroppo di frutta 60
Salsa dolce d’arancio ivi
Salsa d’ova ivi
 
Le Carni.
 
Abbacchio 80
Agnello alla cacciatora ivi
Agnello alla cacciatora colle patate ivi
Agnello arrosto 79
Agnello fritto 80
Anitra arrosto 94
Anitra lessa 93
Arnioni di maiale alla gratella 84
Arnioni di maiale in tegame 85
Arnioni di vitello 70
Bistecche (Le) 65
Braciole di maiale ai ferri 82
Braciole di maiale colle erbe ivi
Braciole di maiale col vino ivi
Bracioline di vitello o di manzo in umido 72
Bracioline fritte di vitello 73
Capretto alla cacciatora 87
Capretto arrosto 86
Capretto fritto 87
Capretto in umido 86
Carne salata di maiale (carnesecca) ivi
Castrato o montone arrosto 77
Castrato o montone a uso Gulasch ivi
Castrato o montone in intingolo ivi
Castrato o montone in umido ivi
Castrato o montone lesso 76
Castrato o montone nel sugo di cipolle 78
Castrato o montone stufato 77
Cervello di manzo 66
Cervello di vitello fritto 68
Cervello di vitello in umido ivi
Coniglio arrosto 88
Coniglio a uso Gulasch 81
Coniglio cotto nel latte 88
Coniglio in umido 87
Coniglio lesso per il brodo ivi
Coniglio marinato 88
Coppa di maiale alla romagnola 191
Coratina di capretto 87
Coratina di lepre 89
Coscia di castrato al forno 78
[210]
Costolette di maiale alla romagnola 83
Costolette di maiale colla polenta ivi
Costolette di vitello 71
Costolette di vitello ai ferri 72
Costolette di vitello pestate ivi
Costolettine di castrato o montone 78
Costolettine di castrato o montone ai ferri 79
Costolettine di castrato o montone alla spiccia ivi
Cotichini, bondiole, zampetti ecc. ecc. 85
Cuore, arnioni e fegato di manzo 67
Cuore di vitello 71
Fegato di maiale ai ferri 84
Fegato di maiale alla contadina 88
Fegato di maiale col pangrattato 84
Fegato di maiale col pomodoro e col ramerino ivi
Fegato di maiale colla salvia e coll’alloro ivi
Fegato di maiale nella rete, semplice 83
Fegato di vitello al forno 69
Fegato di vitello alla barcarola 68
Fegato di vitello alla gratella 69
Fegato di vitello all’ungherese 68
Fegato di vitello fritto ivi
Fegato di vitello rosolato nel burro 69
Gulasch 64
Intingolo di vitello 74
Intingolo di vitello alla tedesca ivi
Intingolo di vitello colle patate 75
Intingolo di vitello colle verdure ivi
Lepre arrosto 89
Lesso (Il) 61
Lingua di maiale salata 86
Lingua di manzo 66
Lucaniche di maiale, maniera di farle 192
Lucanichette alla tedesca 86
Maiale a uso gulasch 81
Maiale arrosto ivi
Maiale bollito 80
Maiale colle erbe 81
Maiale col pomodoro ivi
Maiale in umido 80
Maniera d’adoperare gli avanzi di manzo lesso 62
Maniera di spellare il coniglio 99
Maniera di spellare la lepre 88
Manzo arrosto 75
Manzo in intingolo 64
Manzo in umido col burro e colle erbe 63
Manzo in umido col lardo e col pomodoro ivi
Manzo in umido colle cipolle ivi
Manzo in umido col soffritto di strutto 64
Manzo in umido col soffritto d’olio ivi
Oca arrosto 93
Oca lessa ivi
Orecchie di maiale 83
Pancetta di maiale 85
Piccioni 92
Piedi di maiale 83
Piedi di vitello 71
Pollastri alla gratella 92
Pollastri fritti ivi
Pollo arrosto 91
Polli, capponi, galline, piccioni lessi 90
Pollo colle verdure 92
Pollo in intingolo ivi
Pollo in umido alla cacciatora ivi
Polmone di manzo in intingolo 67
Polmone di vitello in intingolo 70
Polmone di vitello saltato ivi
Polpettine di cervello 68
Polpettone 66
Salsiccia fresca di maiale 85
Salsicce (lucaniche) a uso salamini ivi
Scaloppine di vitello al latte 173
Scaloppine di vitello al pomodoro ivi
Spalla d’agnello cotta nel latte 79
Tacchino arrosto 93
Tacchino lesso ivi
Testina di vitello ai ferri 67
Testina di vitello colla salsa agrodolce ivi
Trippa di vitello in umido 71
Trippe insaccate 191
Uccellini allo spiedo 94
Uccellini in tegghia ivi
[211]
Uccelli scappati di vitello 74
Vitello arrosto 76
Vitello cotto nel latte ivi
Vitello in umido 75
 
Gli ortaggi.
 
Asparagi (Gli) 95
Barbabietole (Le) ivi
Biete (Le) ivi
Broccoli e cavolfiori (I) 96
Carciofi (I), diverse maniere di prepararli ivi
Carote (Le) 97
Cavoli cappucci (I), diverse maniere di prepararli ivi
Cavoli acidi (I), diverse maniere di prepararli 99
Cavoli rapa (I) 100
Cavoli rutabaga ivi
Cavoli navoni (I) ivi
Cavolo verza (Il), diverse maniere di prepararlo 99
Ceci (I) 100
Cetrioli (I) 101
Cicoria (La) ivi
Cipolla (La) ivi
Cren (Il) ivi
Crescione (Il) 102
Dente di leone (Il) ivi
Erba cipollina (L’) ivi
Fagioli verdi (I), diverse maniere di prepararli ivi
Fagioli (I), sgranati, verdi, bianchi, freschi, secchi 103
Fava (La) ivi
Finocchio (Il) ivi
Indivia (L’) ivi
Lattuga (La) ivi
Lenticchie (Le) ivi
Luppoli (I) 104
Mais, zuccherino (Il) ivi
Melanzana (La) ivi
Pastinaca (La) ivi
Patate (Le), diverse maniere di prepararle ivi
Peri di terra (I) 107
Peperoni (I) ivi
Piselli col guscio (I) ivi
Piselli sgranati (I) ivi
Pomidori (I), diverse maniere di prepararli 107
Rapa (La), diverse maniere di prepararla 109
Ramolacci (I) 110
Scalogno (Lo) ivi
Scorzonera (La) ivi
Spinaci (Gli) ivi
Zucche verdi 111
Zucche gialle (barucche o marine) ivi
I funghi ivi
 
Il pesce, i crostacei e i molluschi.
 
Anguilla d’acqua dolce arrosto 117
Anguilla d’acqua dolce in umido ivi
Anguilla di mare in umido ivi
Aringhe salate 120
Arselle o telline 121
Baccalà ai ferri 120
Baccalà fritto ivi
Baccalà in tegghia, diverse maniere d’allestirlo 119
Baccalà lesso ivi
Baccalà (maniera di bagnarlo) 118
Bisato alla veneziana 117
Calamari (I) 122
Cannocchie o cicale (Le) 121
Cefali in tegghia 117
Chiocciole (Le) 123
Costolette di luccio 115
Costolette di palombo ivi
Gamberi e gamberetti (I) 122
Granceole (Le) ivi
Luccio lesso 114
Marsoni in frittata 117
Merluzzo fresco o nasello 120
Merluzzo secco ivi
Molluschi (piccoli) e crostacei misti 122
Pesce fritto 113
Pesce alla gratella 114
Rane (Le) 123
Sardelle fresche 118
Seppie (Le) 122
Tinca in umido, diverse maniere di prepararla 116
Tinche in tegame 115
[212]
 
Piatti dolci semplici.
 
Bombe di lievito di soda (fritto) 135
Crafen (fritto) ivi
Crescentine (fritto) ivi
Dolce di mele o di pere colla schiuma 136
Dolce di pane e latte per bambini 125
Dolce di ricotta freddo ivi
Dolce semplice di farina gialla per bambini ivi
Fette fritte di pane col ripieno di marmellata 134
Frittate grandi col ripieno 131
Frittatine dolci 130
Frittelle di semolino 134
Frittelle di mele o di pere 135
Fritto dolce alla trentina 131
Fritto dolce di crema 133
Fritto dolce di ricotta ivi
Fritto dolce in forma di nastrini 132
Frutta cotte 136
Gnocchi fritti di pane 133
Gnocchi fritti di patate 132
Grostoli 131
Intriso di farina bianca e di mele 126
Intriso di farina gialla e di mele ivi
Intriso di pane colla passolina 127
Intriso di riso e di mele ivi
Intriso di semolino colle frutta 126
Intriso semplice di farina gialla 125
Intriso semplice di semolino 126
Michette fritte 134
Monchi, dolce di farina gialla 125
Pasticcetti fritti di lievito di soda 132
Riso nel latte collo zucchero caramellato 124
Strudel dolce con diversi ripieni 137
Torta Simona dolce 130
Tortino di farina bianca 129
Tortino di farina bianca e gialla senz’ova ivi
Tortino di farina bianca e gialla colle ova 130
Tortino di farina gialla 128
Tortino di farina gialla più fino 129
Tortino di pane colle noci e coll’uva sultana 128
Tortino di pane, mele o altre frutta 127
Tortino di semolino coll’uva sultana 128
Tortino di semolino nel latte colle ova ivi
Zuppa dolce di ciliege 136
 
Piatti dolci più fini.
 
Amaretti 154
Amaretti di mandorle di pesca 155
Basini forti 154
Biscottini 156
Budino di limone colle mandorle 140
Budino di pane coi pinoli e colla sultanina 139
Budino di pangrattato colla cioccolata ivi
Budino di semolino tostato ivi
Budino di semolino coll’arancio 140
Budino di riso ivi
Cacciata (dolce freddo di ricotta) 138
Caramelle per la tosse 157
Chicchera (una) di crema per un bambino o per un vecchio 156
Ciambella di lievito di birra 148
Ciambella di lievito di soda ivi
Ciambellette di lievito di soda 154
Cugluf di lievito di birra 147
Cugluf di lievito di soda ivi
Dolcetti di cioccolata 155
Flammeri (dolce freddo) 138
Focaccia 151
Genovesi per i bambini ivi
Mostazzini 154
Pane di frutta (Zelten) col lievito di birra 152
Pane di frutta (Zelten) col lievito di soda ivi
[213]
Pane di frutta semplice 153
Pane di latte col lievito di birra 149
Pane di latte col lievito di soda ivi
Pane di lievito di birra senza latte 150
Pane di patate col lievito di birra ivi
Pastine di pasta frolla 156
Pastine di pasta zuccherina 155
Ravioli o fiadoni 153
Torta di castagne 142
Torta di ciliege 143
Torta di farina nera di grano saraceno 144
Torta di fregolotti alla trentina ivi
Torta di lievito di birra colla marmellata 145
Torta di lievito di birra colla cioccolata 146
Torta di lievito di soda col burro 143
Torta di lievito di soda col sapore di caffè e di cioccolata 144
Torta di lievito di soda senza burro 141
Torta di mandorle 142
Torta di noci col lievito di soda ivi
Torta di pan di Spagna 145
Torta di pane 142
Torta di papparelle alla veronese 144
Torta di riso 143
Torta di semolino ivi
Torta di zucca marina o barucca 141
Zabaione 156
Zelten 152
 
Conserve di frutta.
 
Conserva d’albicocche 159
Conserva di carote 163
Conserva di ciliege ivi
Conserva di fichi ivi
Conserva di frutta e verdure nel mosto 164
Conserva di mele cotogne 162
Conserva di mele cotogne coll’aceto ivi
Conserva di mele cotogne coll’acquavite ivi
Conserva di nespole 163
Conserva di pere 161
Conserva di pesche 158
Conserva di semi di rosa 163
Conserva di susine bianche 159
Conserva di susine nere coll’aceto 160
Conserva di zucche marine 163
Conserva semplice di susine nere 160
Frutta nello spirito 165
Marmellata d’albicocche 159
Marmellata di mele 161
Marmellata di mele cotogne 159
Marmellata di pere 161
Marmellata di pesche 159
Marmellata di susine bianche ivi
Marmellata di susine nere collo zucchero 160
Marmellata di susine nere senza zucchero ivi
Marmellata di susine nere con altre frutta 161
Marmellata di zucca marina 164
Mostarda 165
Pesche, pere, susine seccate ivi
 
Gli sciroppi.
 
Acetosa di lamponi 168
Acetosa di ribes ivi
Agro di limone 170
Mosto ivi
Sciroppo d’amarasche 166
Sciroppo di berbero 169
Sciroppo di caffè 170
Sciroppo di lamponi 168
Sciroppo di menta 169
Sciroppo di mirtilli 168
Sciroppo di ribes 167
Sciroppo di vino 169
 
Le Bibite.
 
Acqua di pane per persone convalescenti 172
[214]
Acqua di riso 172
Acqua d’orzo 171
Agresto ivi
Aranciata ivi
Aranciata e limonata gazosa ivi
Bibite fatte cogli sciroppi 170
Cacao (Il) 173
Caffè (Il) 172
Cioccolata (La) 173
Grog caldo 172
Grog freddo ivi
Latte di gallina 171
Latte di semi di melone ivi
Limonata ivi
Thè cinese 173
Thè di foglie d’arancio ivi
Thè di limone ivi
Thè di tiglio ivi
Thè di camomilla ivi
Uovo alla marsala 171
Vino cotto 172
 
I Liquori.
 
Amaro 176
Maraschino casalingo 174
Mistrà 176
Ratafià di noccioli ivi
Rosolio d’arancio 175
Rosolio di limone ivi
Rosolio di menta 174
Rosolio di noci 175
Rosolio di vaniglia 174
Rosolio o acqua di cedro 175
Vino chinato 176
 
I Grassi.
 
Burro (Il) 177
Burro cotto (Il), maniera di prepararlo 178
Burro (Il) di cocco o vegetale 177
Grassi economici (I) 179
Lardo (Il) 180
Midollo (Il) di manzo 179
Olio (L’) per friggere e per condire 180
Strutto (Lo) di maiale, maniera di prepararlo 178
Strutto (Lo) di manzo e di vitello 179
 
Le conserve di verdure e la maniera di conservare le derrate alimentari.
 
Cetrioli sotto l’aceto 181
Cipolle sotto l’aceto 182
Fagiolini seccati 183
Fagiolini verdi in conserva ivi
Funghi sotto l’aceto 181
Maniera di conservare le derrate alimentari 184
Maniera di preparare i cavoli acidi 185
Peperoni sotto l’aceto 181
Pomidori in conserva 182
Verdure (Altre) sotto l’aceto ivi
Erbe utili a coltivarsi per chi possiede un orto 186
 
Come s’impiega un maiale e maniera di salare le carni di manzo e di vitello.
 
Coppa di maiale alla romagnola 191
Lucaniche di maiale 192
Maniera di salare il lardo 194
Mascelle di maiale salate ivi
Modo di preparare i siccioli di maiale 193
Modo di salare la carne di maiale 194
Modo di salare la carne di manzo 195
Modo di salare la carne di vitello ivi
Salame di maiale 192
Salsicce di maiale ivi
Sanguinacci 190
Sanguinacci più fini col riso ivi
Trippe insaccate 191
 
I principali utensili che occorrono in una piccola cucina 196

Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.

Copertina elaborata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.