The Project Gutenberg eBook of Lettere di molte valorose donne

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Title: Lettere di molte valorose donne

Author: Ortensio Landi

Release date: January 26, 2021 [eBook #64393]
Most recently updated: October 18, 2024

Language: Italian

Credits: Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at https://www.pgdp.net (This transcription was produced from images generously made available by Bayerische Staatsbibliothek / Bavarian State Library.)

*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK LETTERE DI MOLTE VALOROSE DONNE ***

LETTERE DI MOLTE VALOROSE DONNE


LETTERE DI
MOLTE VALOROSE
DONNE, NELLE QUALI
CHIARAMENTE APPARE.
NON ESSER NE DI ELOQUENTIA
NE DI DOTTRINA ALLI
HUOMINI INFERIORI.

Di nuovo stampate & con sommo studio reviste;
& in molti luoghi corrette.

CON PRIVILEGIO.

IN VINEGIA APPRESSO GABRIEL
GIOLITO DE FERRARI.
MDXLIX.


INDICE


[2-r]

AL S. SIGISMONDO ROVELLO
AMBASCIATORE DEL
POTENTISSIMO RE D'INGHILTERRA.

PRESSO L'INCLITA SIGNORIA DI VINEGIA.

Havendo in un picciol volume ridotto molte lettere, da vari luoghi raccolte et da savie donne scritte, per publicarle poi al mondo per opra di diligente impressore: hò fra me stesso pensato esser quasi di necessità il dargli alcun protettore di molta autorità & di molto giudicio ornato; & questo accioche le maligne lingue nemiche de gli honori feminili, sbigottite si rimanessero di mordere, [2-v] et di lacerar le Donne, anzi letto che si havessero coteste lettere, imparassero hormai à riverire et honorare questo nobilissimo sesso: ne hò saputo per hora, dove meglio ricorrere che à voi, il quale, di cortesia, & di lealtà potete fronteggiare con il piu honorato Cavalliere che il Sol vegga, ò che la terra calchi, à voi adunque le dedico, & à voi per conseguente toccherà la difensione contra la nequitia de Calumniatori (se alcuno ne apparirà) ne altro intorno a ciò mi accade dirvi. Iddio da mal vi guardi. Di Vinegia alli XXIII di Ottobre. [3-r]


ISABELLA SFORZA À BUONA SFORZA REINA DI POLONIA.

Doppia molestia mi recò Altissima Reina chi mi dette la nova del stato vedovile, nel quale, hora vi ritrovate: doppia dico veggendo V. Altezza priva di si gran Re & di si amabile consorte; & a voi hora toccare quasi che di necessità l'amministratione di si ampio & di si florido Regno. Non mi stenderò già io a consolarvi per hora & supplicarvi che con forte animo sofferir vogliate si grave angoscia; sapendo di quanta prudentia ornata foste sin nelle fascie, & che persuasa siete dalle piu sante lettere, non morir mai quelli che muoiono nel Signore, ma dolcemente dormire, fin che il suono della Angelica tromba nel novissimo giorno li risvegli; ma sol pigliarò prosuntione, sospinta dalla riverentia & abondante affettione, quale hò sempre portato alla Corona vostra, di ricordarvi quanto sia grande il peso che in su le spalle havrete per l'avenire a reggere, vi pesarà forse piu che non pesò al forte Atlante la celeste macchina: imperoche tutte le Donne del Regno vostro & de vicini stati, si specchiaranno hora in voi, & da voi, torranno l'essempio & la norma di santamente governar le lor giuridittioni. Converavi Signora molte cose prudentemente dissimulare, & il tutto [3-v] però sapere: alla sembianza del magno Iddio, che il tutto vede, ne in parte alcuna è simile a quei che vegono & converavvi conferir ne commodi de vostri vasalli quanto di giudicio, di consiglio, & di prudentia v'ha communicato la bontà d'Iddio, a quella guisa a punto che veggiamo la Luna refunder al mondo quanto di lume le hà communicato il Sole, ma sopra ogni altra cosa vi esorto Altissima Reina al non esser nell'esseguir la giustitia precipitosa: imitate Saturno, ilquale, quantunque fra i sette erranti tenga il supremo luogo, tardissimo però si move. Piacciavi anchora signora mia non disgiunger mai la sapientia di che Dio vi ornò, dalla Potentia ch'egli similmente vi dette: osservarno già que savi che scrissero dell'amministratione de Regni che si come era prodigiosa cosa il vedere le facelle di Castore & di Polluce disgiunte & di ottimo augurio il vederle accompagnate, cosi facesse di mestieri che in colui che regge altrui, apparissero accompagnate la Sapienza con la possanza. Habbiate cura che i poveri vassalli non sieno da piu potenti oppressi. Usisi ogni diligentia che la gioventu Polacca sia instrutta nelle buone arti & nelle honeste discipline, fatte ogni opra che si viva nel Regno vostro con amore et con timor d'Iddio, osservinsi le giuste leggi & le buone usanze. Governate Signora i sogetti vostri con quello affetto come se del proprio ventre usciti vi fussero: cosi facendo, l'altezza vostra, non havrà bisogno di esterni agiuti; non dico già per questo, che non facciate stima de vicini Potentati; perche nel vero, si come la Luna move spetialmente le cose inferiori, non per esser piu delli altri efficace, [4-r] ma sol per esser piu vicina. Cosi nell'amministrar de stati, l'amichevol vicinanza sempre recò altrui de molti commodi. Io non voglio piu fastidire con la prolissità delo scrivere l'altezza vostra; ma sol la voglio riverentemente supplicar, a ricevere in buona parte quanto m'ha fatto subitamente scrivere la mia pura affettione, con la persuasione dell'apportator presente, qual raccomando di cuore, all'alta vostra protettione. Di Piacenza alli X. di Maggio.

ISABELLA GONZAGA A PACIENTIA PONTREMOLA, HEBREA MANTOVANA.

La fama che per tutto risuona della virtù et bontà vostra, mi muove a scrivervi & essortarvi a voler farvi Christiana, acciò che si bell'anima non rimangi privata delle celesti consolationi, & doventi preda & rapina del rapace Sathanasso. Dovereste pur hormai rimaner chiarita della cecità giudaica, & che state voi più ad aspettare? non dice il vostro propheta Rhaù che trapassato è il tempo che venir debba il Messia? non havete voi questo piu di una fiata letto nel libro intitolato Sanidrin? non sono compiute le settanta settimane di Daniele? non è levato il scettro dalla casa di Giuda? Ho io pur molte volte letto nel medesimo Sanidrin, che il Messia nacque quell'istesso giorno che fu destrutto il Tempio: che aspettate adunque? che non confessate Giesu Christo esser vero Signore & vero Redentore del mondo? del quale, favellando già un nostro Hebreo per santità & per singolar dottrina eccellente, teme di [4-v] confessarlo huomo & non piu tosto predicarlo per Iddio. deh ravedetivi, deh lavative hormai nel sacro fonte che vi sarà scala di salir al Cielo, & di eternalmente fruire la resplendente faccia del Padre eterno. non vi lasciate piu ingannare da questi vostri Perfidi Rabini ignoranti delle dottrine & humane & Divine: attendete al mio consiglio perche fedelmente, & con perfetto zelo vi consiglio, fatevi christiana, perche se questo farete per una madre carnale che voi lasciarete, ne troverete per amor di Giesu Christo dieci. Vi sarà madre Madama di Mantova specchio di rara santità: vi doventeranno Madri mia sorella, Ambedue le mie Cognate & io con molte altre, ne gratioso marito v'è per mancare poi che Marco Antonio Sidonio tanto vi brama che per vostro amore è stato il meschino a rischio di perdere il capo: languisce il poverello & si distrugge come falda di neve che habbi scoperto il Sole e da lui mi rendo sicura che havrete ottima compagnia: & ne riporterete honore & riputatione per essere egli grato, oltre il Reverendissimo nostro a tanti savi Principi & a tante honorate Donne. so che scordata non vi siete dell'honore che vi fu già fatto dal Reverendissimo, dal .S. Duca & dal .S. D. Diego di Mendozza: voi gusterete un Consortino astuto & non frodolento, Audace & non temerario, di una eloquentia libera & chiara; ma non importuna & satievole: i suoi morsi con quali trafigge volentieri l'avaritia de Preti, non sono di cane, ne di lupo, ma di mansueto Agnello: tutte le volte che mi accade d'udire le sue facete narrationi, accompagnate da piu ben composti gesti che non hebbe mai Roscio; temo [5-r] di non morir di riso come già morirno Philemone poeta, & il Comico Philistione: non albergarà mai nella casa vostra alcuno humore maninconico: i saturnini pensieri ne staranno da voi lontani, non patirete disagio di cosa veruna, anzi vi parerà che sotto il vostro tetto habiti del continuo la Dea Copia col suo corno: & quando tutto'l mondo vi mancasse, supplirà sempre a vostri bisogni la liberalità del suo Reverendissimo padrone, poi che dalle sue facetie sente infinito alleggiamento a suoi gravi pensieri: v'assicuro di più & statene sopra della fede mia, che voi sarete da lui piu amata che non fu Euridice da Orpheo, Aspasia da Pericle, Orestilla da M. Plautio ò Lisidica da Antimaco Poeta. deh non indugiate adunque a farvi di Christo amica, a far gioconda la chiesa nostra & render lagrimosa la trista sinagoga. deh non indugiate più la vostra santa conversione & di accrescere in Cielo il numero delli Eletti, & finalmente di far beato il povero Marco Antonio, il quale, già tanti anni fervidamente vi ama, & per voi hà sostenuto longamente tante fatiche che tante non ne sostenne Hercole ne suoi tempi: ne per hora vi dico altro delle sue qualità: pensate & essaminate bene quanto v'hò detto: pregate Iddio che v'illumini con i vivi raggi de lo Spirito santo, acciò facciate cosa utile, honorevole, et insieme dilettevole: Nostro .S. vi consigli. Da Puvino alli XX. d'Ottobre. [5-v]

PACIENTIA PONTREMOLA HEBREA MANTOVANA ALLA ILLUSTRE .S. LA .S. ISABELLA GONZAGA.

Hieri hebbi le lettere che le piacque di inviarmi, lequali, m'hanno molto travagliato la fantasia: le ragioni vostre mi parevano piene di nerbo, & di spirito, le persuasioni fatte con si dolce modo, facevano quasi violentia all'intelletto mio: non mi dispiacevano le offerte anzi mi facevano arrossire conoscendomi indegna di si gentil consorte come voi mi proponete: dall'altro canto, stommi dubbiosa di non offendere col farmi christiana la divina Maestà: vivo in angoscia se Christo per il vero Messia confesso, di non provocarmi contra, il sdegno di Mose et la maledittione di tutta la Sinagoga; non so (misera me) dove mi volga per aiuto & per consiglio: le vostre lettere m'hanno infinitamente commossa, & se ritenuto non mi havessero alcuni duri passi ratto ita me ne sarei all'Episcopal Chiesa & importunamente chiesto havrei il sacro Battesimo: ma considero Signora mia le promesse della scrittura sacra che quando verrà il Messia, l'Israel sarà riscosso, & noi poveri Hebrei siamo pur anchora tuttavia dispersi: leggo nel libro intittolato Badra che nella venuta sua redificarassi Gierusalemme & il tempio di pietre preciose, il che non è però anchora avvenuto. Veggo di più che la nostra legge fu data publicamente da Iddio per mano di Mose sul monte Sina, con testimoni de spaventevoli tuoni & lampi: ilche voi christiani senza alcuno contrasto confessate, la dove la vostra è data celatamente per mano [6-r] & per confessione de duodici poveri scalzi, oltre che non mi posso contenere di non prestare intiera fede a nostri Rhabini, li quali hanno del vostro Redentore molto diversa opinione da voi, & affermasi nel libro intitolato Ghittin al quinto capo, ch'egli è per i suoi gravi eccessi & enormi peccati condennato dalla divina sententia. non vi paia per tanto istrano, se si tosto non mi arrendo & se vi paio alquanto pertinace. Quanto al marito del quale, mi parlate credo, anzi chiaramente conosco, esser piu che non ne dite, sò fermamente che per la sua rara leggiadria egli meriterebbe di haver Donna piu bella di Deiopeia, di Amarilli & della fuggitiva Galatea: Iddio mi inspiri a far cosa che li sia d'honore & di gloria, & voi fra tanto, che lo Spirito mi riveli ciò che hò da fare, pregate per me, & fate fare il simile alla purissima & innocentissima Grataphilea degna creata di V. Eccellentia: alla quale riverentemente bascio le belle & liberali mani. Di Mantova alli XXIII. d'Ottobre.

PANTASILEA LUNARDA GIORDANI A M. PHILENA VISCONTE.

Io vi hò mandato alcuni ritratti accioche veggendoli a tutte l'hore, imitiate la virtù delle ritratte donne: lequali, furono l'honore del sesso nostro: giovò ad Alessandro molto il vedere il sepolchro di Achille: fu di gran giovamento a Giulio Cesare il veder a Gade nel tempio di Hercole l'imagine di Alessandro: l'emulatione c'hebbe Theseo alla virtù di Hercole, fu cagione ch'egli sterpasse in [6-v] Grecia de molti mostri, ammazzasse Scirone, Procusta, et Scine, ladroni rapacissimi: fu cagione ch'egli ammazzasse Creonte tiranno, col Minotauro, & debellasse li Centauri, fu cagione ch'egli domasse Thebe et sin'all'inferno penetrasse: li trophei di Milciade punsero si fattamente l'animo di Temistocle, che lo fecero divenire valorosissimo, la gloria anchora di Pompeio, fece gran giovamento à .M. Crasso: Cosi prego Iddio che a voi intravenga: il primo ritratto guarnito d'oro è di quella constantissima Ligo, dellaquale favella si honoratamente Cornelio Tacito. Il maggiore si è di quella fortissima Tomiri, di cui, con gran loda parla Erodoto: li altri so che li conoscerete senza che ve li dimostri: attendete a conservarvi in sanità & amatime. Da Pesaro alli III. d'Aprile.

PANTASILEA LUNARDA GIORDANI ALLA ILLUSTRISSIMA DONNA. N. N.

In molti errori siete .S. mia caduta per voler prestar gli orecchi alli Adulatori, & me ne maraviglio, havendovi io tante volte riverentemente ammonita, & dettovi che si come il buon medico usa ogni opra per difendere, & per accrescer la sanità, che cosi l'adulatore pone ogni studio per infermarne ogn'hora più l'animo, & solamente tocca le più ulcerose et contaminate parti che in noi sono: fuggite adunque li lor ragionamenti: so che sapete da chi guardarvi havendoveli piu fiate con i propri colori dipinti. Ricordative .S. di ciò che soleva dire Protagora; che si come ritrovavansi alcuni cibi [7-r] li quali non erano atti per generar ne sangue, ne spiriti, ne per giovar alli nervi, ne alle midolle, ma sol a gonfiare il ventre, & a rendere il corpo turgido: che cosi li ragionamenti delli adulatori erano di poco frutto & atti solamente ad irritar le parti piu vitiose. soleva Phocione rassimigliare li Adulatori alle superficie, & alle linee, & diceva che si come elle per se stesse non si piegavano mai, ne si prolungavano, ne si movevano, salvo che con i propri corpi; cosi l'Adulatore dalli suoi propri affetti non esser mai ò di rado mosso, ma rider & piagnere con l'amico che similmente ò rida ò pianga: fuggiteli .S. mia per l'avenire, schivate la lor conversatione: & vedrete che infinita contentezza ve ne risulterà & pareravvi d'haver sgombrato la casa vostra di un grave & pestifero morbo. Iddio da mal vi guardi.

Da Pesaro alli X. di Novembre.

PANTASILEA LONARDI GIORDANI A .M. FAUSTINA BENZONA.

Sarebbe per il mio consiglio ben fatto, che vostro figliuolo attendesse a casa sua, & lasciasse star le donne delli altri (che pur amici gli sono) altrimenti io temo in suo servigio, ch'egli non faccia concorrentia à Phaone, à Speusippo, à Tigilino prefetto, à Rodoaldo Re de Longobardi, & à Giovanni duodecimo pontefice; li quali in adulterio ritrovati, furono crudelmente svenati: essortatelo a ciò che io vi dico, astringetelo per virtù della materna ubidienza, acciò non sia cagione di farvi un giorno dolente & lagrimosa. state sana & lieta.

Da Pesaro alli VII. d'Agosto. [7-v]

MARGHERITA MARIA A .M. LUCIA TRIVULZA.

Certamente se non vi astenete di ber tant'acqua & di mangiar tanti frutti, quanto voi fate, voi cascarete in Idropisia, alla quale, già buona pezza fa paruta mi ci siete molto disposta. guardatevene, guardatevene: voi dovete pur sapere che per non volersene guardare Eraclio Imperadore morì Idropico nel trigesimo secondo anno del suo Imperio: il medesimo avenne per non sapersene guardare, a Michel Imperadore, & a Crantore Solense auditore di Xenocrate philosopho: ve ne hò voluto avisare: perche troppo m'increscerebbe che il mondo perdesse si bella cosa come voi siete. Di Pesaro alli XX. d'Aprile.

ARTEMISIA SCOTTA ALLA CONTESSA AURELIA MADRE HONORATISSIMA.

Dogliomi stremamente madre mia honoranda, che da me, che tanto vi amo, stiate si longamente absente. & perche poi? per litigare? & dove in una città, dove credo nato sia il litigioso Parno, che già co suoi litigi fece luoco al proverbio, & dove non mancano mai novi Patacioni, Iperboli, & Verginij: dove (per quanto intendo) dieci mille si troverebbono piu atti al calunniare, di quello Eurimno che cercò di por lite fra Castore & Polluce: si che vedete come state, & qual affanno esser debba il nostro per voi stessa consideratelo. Deh cara signora madre ispeditevi da questi intrichi, quanto piu tosto potete, & ritornate a noi, che vi aspettiamo [8-r] con maggior desiderio che non fa l'ostinato Giudeo il già venuto Messia: Tutti siamo sani, ne altro ci manca per consolarci pienamente che la vostra dolcissima presentia: Di casa alli XX. d'Ottobre.

CECILIA VALERI A M. ORSOLA STELLA.

Dite a vostro figliuolo che tenga la lingua fra denti et che non straparli hor di questo Prencipe & hor di quell'altro: ma che si ramenti alcuna fiata di quel verso. AN NESCIS LONGAS REGIBUS ESSE MANUS? Ramentisi che il Re Antigono uccise Theocrito chio per la sua mordacità: Ramentisi come Daphita gramatico fu crucifisso nel monte Thorace per non sapersi astenere di lacerar la fama & l'honore de Prencipi. Ramentisi come furono stranamente trattati Anasarco da Anacreonte Cipriotto, Calistene da Alessandro, Antiphone da Dionigi, Mevio dal Triumvirato, & Esopo dalli Delphici: ne piu di questo per hora vi parlo. Di Vinegia alli X. d'Agosto.

LODOVICA GAVARDA A .M. N. N.

La vostra importuna loquacità molti n'ha condotti à liti, & a dure controversie, & hora piu che mai perturba tutta la vicinanza; deh ricordative che Giove tolse la lingua a Lara nimpha, per esser troppo loquace: & che fu relegato nell'inferno Tantalo per non saper tener la lingua fra denti cosi potrebbe un giorno accadere à voi, poi che non sapete, ne volete tacere; ma perche [8-v] non vi viene un giorno desiderio d'imitare il silentio di Paulo Semplice, di Agatone, & di Secondo philosopho, acciò non caschiate piu in tanti errori: & gli amici non pogniate in infinito travaglio: ma forse mi potreste dire quel che già disse Zenone alli legati del Re Antigono, difficil cosa essere il poter tacere. io vel confesso, & dicovi all'incontro esser difficil cosa il poter uscire delli affanni, ne quali ci pone sovente volte la sfrenataggine della nostra lingua. vi doverebbe pur esser per un bastevole precetto l'haver scritto Sophocle in una Tragedia che il silentio era l'ornamento delle donne. non altro, attendete a conservarvi sana & senza veruna infamia. Da Brescia alli XXV. di Febraio.

GIULIA ROSA A .N. F.

Acciò non vi facciate monaca v'ho proveduto d'un marito: il quale, da che nacque, non fu mai udito ne mentire, ne giurare, ne adirarsi, ne ociosamente favellare: col quale spero haverete vita giocondissima: avisatemi adunque se siete risoluta di volervi maritare o pur monacarvi. quando voi di ciò mi avisarete, daretemi similmente aviso della quantità della dote, non si cercherà d'onde la sia venuta essendo noi certi della bontà vostra & dell'honestà de vostri maggiori. Di Brescia.

FRANCESCHINA DA DRESSINO ALLA .S. OLIMPIA TAMISONA.

Nelle vostre lettere ultimamente scritte, mostrate sentire istremo dolore, perche vostro figliuolo a singolar [9-r] battaglia combattendo, habbia perduto; questo non è cosa tanto inusitata che habbiate per ciò a disperarvene. Scrisse Archiloco Poeta, che meglio fusse il gittar via lo scudo che lasciarsi ammazzare: & cosi fece presso di Aristophane Cleonino: Taurea poi Campano, dovendo da solo a solo combattere con Claudio Asello soldato Romano, come egli vide l'inimico circondar lo steccato spronò il cavallo, & pieno di sbigottimento fugi in Capoua: almeno vostro figliuolo non si è portato poltronescamente: hà pur combattuto quanto piu virilmente hà potuto; ma era di necessità che l'uno de dua rimanesse ò morto ò prigione. Consolative ch'egli non hà mai (per quanto m'è rifferito) mostrato in quella battaglia che durò piu di sei hore un'atto vile & codardo: pregovi adunque per quanto so & posso, a darvene pace, & pregar Iddio c'habbi pietà de suoi errori: cosi farò anch'io senza fallo: non altro. di Vinegia.

ISABELLA GONZAGA SIGNORA DI PUVINO A LUCIANA .N.

Hò inteso che vi siete molto sdegnata con esso meco, ne mi volete piu viva, per haver io detto, che vostra madre pazzamente facesse, comportando che tutto l'altro giorno & publicamente, & privatamente danzasi alla gagliarda; si che l'è vero che l'ho detto, & lo raffermo, & di novo lo biasimo. oh che bella honestà di Matrona pudica & savia tenuta: & forse che ella non sa quanto sia pericolosa cosa l'avicinar la paglia alle accese facelle; & chi non sa che molte ne vennero [9-v] già caste & vergognose a balli che ritornarno poi sfacciate & piene di lascivia. & qual utilità potete voi sperare da quel toccar de mani, da quel lascivo dimenarsi, & dalo spesso scoprir alcuna parte del corpo che celata si stava? Niuno (disse colui, che scrisse contra Verre) danzò mai, che sobrio fusse. Non so veramente che ragion v'habbiate di si forte adirarvi, essendomi mossa sol dalla gelosia, qual sempre hebbi del donnesco honore. et che siamo noi da fare come l'habbiamo perduto? a che siamo noi buone? Quando il propheta David disse spirato da celeste virtù. IN CIRCUITU IMPII AMBULANT. volle per il parer d'un dotto Rabino ch'egli intendesse de balli: Mi potreste per aventura dire che già danzasse Scipione (quell'huomo si grave et di tanta auttorità:) danzasse David, danzasse Maria sorella di Mose, danzasse Delbora, & tante altre savie profetesse. al che rispondo, che tutte le volte che voi danzerete come quelli danzarono, non me ne turberò punto, ne ve ne saperò dir male. Danzava Scipione per eccitar il calor naturale, per consumare le reliquie del cibo indigesto & per esser piu leggiero & disciolto ne militari esercitij, donde ne dependeva la salute Romana: Danzò già David mosso da una santissima letitia causata dalla ricuperatione dell'Arca del patto: Danzarono le prefate Donne più di una fiata a suono di Cembalo spinte da un devotissimo fervore, et da un'amoroso zelo verso d'Iddio: danzasi hora a cotesto modo? usasi nel mover la vita quella gravità che si usava alhora? ben pare a gesti, ben si conosce à sguardi, se con si pura & con si semplice intentione hoggidi si danza. [10-r] Io non dirò per hora altro di quel c'ho detto, so che havete ingegno (se lo volete adoperare) & che fra voi stessa quando sarà acchetata quella grand'ira ch'hora vi tiene il lume abbarbagliato, direte c'ho ragione da vendere, & che voi a gran torto vi siete meco turbata. Da Luzzara alli. VII. di Febraio.

ISABELLA CAVALLERIA GUALENCA A .M. ZENOBIA FALCONI.

Hò letto quanto mi scrivete di alcuni, liquali sendo capitati nelle mani d'infideli, per timore de supplitij altri hanno rinegato Giesu Christo, & altri s'erano nelle spelonche nascosti: & questo quando più era tempo di mostrare l'animo loro. veramente m'è ciò assai, & non poco per la gloria di Dio dispiacciuto: l'è pero d'havergli compassione poi che molti de nostri antichi, liquali parevano colonne della fede nostra, cascarno per timidità in simili errori. Giurò Pietro Apostolo, ch'egli non abbandonarebbe mai il suo Signore (anchora che tutti li altri Apostoli l'abbandonassero,) & pur quando si venne al fatto per paura dell'impietà Giudaica non sol si sottrasse al pericolo, & seguitollo dalla lunga, ma tre volte lo negò avanti che il gallo cantasse. Athanasio Vescovo di Alessandria conoscendo non poter resister all'invidia che contra concitata gli havevano li Arriani, per timore della morte, stette sette anni nascosto in una Cisterna: Marcelino Papa temendo l'ira di Domitiano, sacrificò a gli Idoli. Si che non ve ne date maraviglia; ma habbiate compassione all'altrui [10-v] fragilità accioche Iddio habbi compassione à noi: ne altro mi occorre a scrivervi: state sana. & quanto piu potete lieta pregando del continuo & per voi, & per noi; accioche nostro Signor dia a tutti fortezza contra li infideli: & finalmente ne conduca a vita eterna. Di Vinegia alli XV. di Novembre.

CICILIA DA CA PESARO TRIDAPALO A. M. MARGHERITA POBBIA.

Con dispiacer grande hò inteso c'havete lasciato quella vostra tanta attilatura, & quella diligente opra di ricamare, & di cucire; la quale, vi faceva risplendere sopra tutte le donne della città vostra; & vi siete data tutta in preda alla vana poesia; & odo di più che ve n'andate a guisa di spiritata, hor per la casa, hor pel giardino, cercando delle desinentie per concordar di molte rime; Ditemi (di gratia) non sapevate voi trovar piu agevol via per farvi tener pazza che darvi nelle mani di poeti? huomini per la maggior parte maligni, iracondi, satievoli, bizarri, & maninconici? Certo, non senza cagione il divino Platone li scacciò dalla sua divina Republica: & Aristotile ne suoi miracolosi scritti li publicò per bugiardi & per mentidori. Non vedete voi che la maggior parte de santi huomini consigliò fusser abbrugiati i lor poemi, come cose di malo esempio, & che facilmente potesse impedire la nascente gloria del sacro santo Vangelo? et che altro trovate voi ne poeti, che lagrime, sospiri, singhiozzi, & amorose passioni dalle quai cose, vorrei foste, (quanto vi sie [11-r] possibile) aliena? Veramente in essi, altro non trovo che stupri, adulterij, Metamorphosi, sanguinolenti sagrificij, & altre favole, atte con il lor mortal veleno, ad ammorbare qualunque ben riformata Republica & eternalmente sbandeggiarla dal celeste Regno: scrisse già .S. Girolamo à Papa Damaso; che i versi de Poeti, erano il vero pasto de demoni; scrisser molti altri, non di minor santità ornati esser li poeti perniciosi, nemici del nome christiano, malefici senza piatà et senza fede: Sono i poeti seduttori delle semplici & tenerelle menti con la lor mortifera dolcezza, ne altro credo fusse il pestifero canto dette Sirene, che li poemi di questi scioperati briconi. Non crederò io mai che maggior danno, ò maggior corruttione recar ci potesse la setta di Arrio, la scuola di Pelagio, il Dogma di Nestorio, ò l'impietà di Giuliano Apostata. Non pensarò io mai potessemi esser tanto pernitiosa la conversatione di Protagora, di Sardanapallo, di Luciano, di Apollinare, ò di Diagora, quanto mi sarebbe la lettione di miscredenti et lascivi Poeti. Sono anchora di piu nemici delle cittadinesche usanze: ne per altro rispetto essi alle selve riccorrono, & à monti rifuggono. poi che Homero hebbe longamente peragrato il mondo, egli si ridusse ad habitar, hor tra l'ombrose selve, & hor tra duri scogli. Così Virgilio, lasciata Roma; si ridusse ad habitar doppo il promontorio di Pausilippo & di Pozzuolo: non vi voglio per hora tesser il Catalogo di Poeti che nemici furono dell'urbanità, vi confermerò bene che se non lasciate da canto la lor malvagia lettione, diverrete di giorno in giorno men Christiana che non siete, & pericolo [11-v] ci è che di pazzo & di furioso amore impaniata tosto non vi vegga: & se questo aviene, che sarà allhora di voi? che se ne dirà per le piazze, per le loggie, & per le chiese? sarete mostrata a dito fin da fanciulli: & diranno ecco Sapho, ecco Corinna, ecco la Petrarchessa, che sputa versi dal furor poetico agitata. Deh fate a mio modo, lasciateli star in Parnaso a trastullarsi con le Muse: & tornate voi all'ago, al fuso, & all'ordir quelle vostre belle tele, che facevano vergogna alle Lodegiane, alle Bresciane, alle Cremasche, alle Pozzolane, alle Rochegiane; a quelle di Holanda et di Cambrai: state lieta: Di Mantova alli .VI. di Maggio.

ISABELLA SFORZA A .M. MARGHERITA POBBIA.

Hò ricevuto le vostre carissime lettere alli .xx. d'Agosto; scritte però alli .x. & insieme la copia di una lettera che molto duramente flagellava, anzi crocifigeva i Poeti: sonomi assai maravigliata, che si bell'ingegno habbi esercitato l'eloquentia sua in biasimar cosa degna di somma loda, & di somma riverentia. Io per me Poetessa non sono, ne giamai fui: pur per l'amor grande c'ho sempre alla poesia portato, & portero fin che vivo, non mi posso rattemperare odendone dir male, che tutta non mi turbi: ne mi posso contenere che a mio potere non la difenda; non voglio già per difenderla, usar alcuna peripatetica dimostratione, ma procederò sol per grosse congietture, & noti essempij & per la prima dicovi: che se se la Poesia non fusse cosa piena di riverenza, [12-r] non si sarebbe degnato il grande Apostolo di Tarso cittar nelle sue divine pistole, versi di Epimenide, & di Menandro: il che fece anche essendo nell'Ariopago (si come n'habbiamo ne gli atti de li Apostoli) per confermar il suo fruttifero sermone, cittò un verso di Arato Poeta: dal cui essempio mosso. S. Dionigi, di lui discepolo, & di Christo martire constantissimo; molto della poesia ne suoi scritti si prevalse: & quante volte Girolamo, (lume della fede nostra) si serve a suo proposito di Virgilio, di Oratio & di Persio? leggete le sue Pistole, leggete il prologo delle quistioni Ebraiche & chiaramente il vederete: fa il medesimo Ambrogio, maestro di santa Chiesa: fa il medesimo piu fiate Agostino quell'unico flagello de Manichei. Ma che vi si dirà di Fulgentio dottor catholico & Pontefice molto Reverendo che si copiosamente ne scrisse? ma lascio star il dir de sacri Dottori: quante cose hà detto il Salvator nostro per parabole convenienti a lo stil comico? sdegnossi forse di usar le parole di Terentio contra Paulo, quando li disse: dura cosa ti è il calcitrar contra lo stimolo; ma lascio per hora star le cose sacre, ditemi che non havrebbe fatto Alessandro (il magno) per haver un scrittor tale, qual fu Homero? per amor del quale, sette gran città, cioè Smirna, Rhodo, Colophone, Salamina, Io, Argo, & Athene contendono di volerlo per lor cittadino & li Smirni li edificarno già un bellissimo tempio. Parve a voi che li Scipioni stimassero Ennio povero Poeta Brondusino, havendolo fatto partecipe del medesimo sepolchro et contentandosi che le ceneri insieme si rimescolassero? non fu caro altresi per la poesia Theophane Mitileno [12-v] à Pompeio? (à quel Pompeio dico) che adeguò la virtù con la fortuna. Vegniamo a tempi piu moderni: quanto fu ben caro il nostro divino Petrarca al Re Roberto: à persuasione del quale, essendo di sessant'anni, s'incominciò a far legger Virgilio, stupendosi che sotto si rozza, et dura scorza stesser nascosti si alti sensi, & si segreti misteri: ma forse ch'egli volle in questo imitar Solone, il quale, essendo vecchio poi che dato hebbe le leggi alli Atheniesi; si ridusse alla poetica. Non fu mai huomo, ne donna al mondo, tanto stoica, ne tanto di gloria nemica, che amato & riverito non habbia li Poeti: dalla penna de quali immortal gloria già lor ne venne. Non sono forse chiamati li Poeti sotto nome di Theologi? non furon tenuti per gran Theologi Orpheo, Lino, Museo, & altri molti? non hà trattato Dante sotto Poetico velame quanto si contiene nel sacro senno della santa Theologia? non si sono co versi egregiamente descritti da Mose, da Giobbe & dell'inclito David i divini concetti de lo Spirito santo? d'onde ancho si mosser Sedulio & Prudentio, a trattar poeticamente la christiana verità, ma che dirò di Giuvenco Spagnuol poeta che sotto coperta di huomo, di bue, di lione, & di aquila si felicemente espresse le divine attioni di Giesu Christo? Io, per me, non leggo mai la divina Eneida di Virgilio, che non mi paia di legger una perpetua loda della virtù: sentomi tutta commovere all'opre della carità quando leggo la clementia ch'usano li nemici Troiani verso di Achimenide: parmi veramente di veder posto in pratica l'esortatione che il Salvator ne fa perche si giovi di cuore alli nemici. Quando contemplo [13-r] quelle infiammate parole di Enea, a suoi compagni dette, perche pacientemente sofferir voglino li disagi del viaggio, le angoscie del mare, & li terrestri pericoli: dico fra me stessa questo fu un'animo invitto, una fronte intrepida, & una mente, più che 'l diaspro salda: da Virgilio imparo l'amor che alla patria di deve: da Virgilio imparò la pietà paterna veggendo Enea sopra delle spalle portarne il vecchio padre per mezo delle radenti spade, delli ingordi fuochi, & de rovinati Tempij. Quando pongo mente con qual fortezza di animo & con qual altezza di cuore, spezzi quel gran capitano, le cathene del petulante & lascivo Cupidine, sentomi tutta armare, & robusta divenire contra li assalti d'amore & rafreddarsi in me, ogni concupiscibil appetito. Imparo da Didone di esser cortese & liberale à calamitosi stranieri, & à fortunosi fuor'usciti. Imparo in molti altri luoghi da quante passioni sia sbattuta & infestata l'humana fragilità: et appresso, con quali forze anchora rimanghino supperate da li animi costanti. Quando leggo i giuochi fatti da Enea presso di Aceste, nell'anniversario del padre, parmi a punto leggere i sacri libri de Machabei, & al mio dispetto divengo piatosa verso de poveri defunti: non vi dico nulla quanto poi ben'apprenda ad esser prudente & circunspetta, considerato lo scender ch'egli fa all'inferno. Infinitamente mi accendo alla verace & immortal gloria, dando le orecchie ben purgate alle saggie persuasioni che fa il vecchio padre all'animoso figlio. Imparo da Virgilio bellissimi accorgimenti nel far delle amicitie & somma fede nel conservarle. oh come se mi intenerisce [13-v] il cuore di pietosa dolcezza, ramentandomi le molte lagrime versate nella morte del fedel Palante; Quando leggo quella affettuosa oratione: IUPITER OMNIPOTENS PRECIBUS SI FLECTERIS ULLIS, viemmi voglia di gittarmi incontanente in ginocchione, & con fervor grande adorare l'eterno Padre, ma perche tanto mi diffondo? Io tutte le volte che peso le parole, et considero le profonde sententie di questo alto poeta; egli mi pare tutto pieno di santità. Che diro di Oratio, di Giovenale, & di quel Persio honor di Volterra? qual philosopho, qual mathematico, ò qual legista riprese mai con maggior vehementia & acrimonia il vitio & lodò la virtu? Paruta mi sarebbe cosa piu ragionevole il solamente dir male di alcuni licentiosi Poetastri, & non indifferentemente di ogn'uno: Dovevalo pur almeno ritener la maesta di Homero, qual chiamano le sacre leggi padre di tutte le virtù; & spesse volte per dentro di quelle, si ci mescolono molti de suoi versi: si come veggiamo nel fine del prohemio del Codico; & sotto'l titolo de giustitia & iure: nel trattato delle compre; & nella materia de legati & fede comissi, & in altri luoghi, come vedrete, se leggerete le Pandete Pisane. Qui voglio far fine al mio scrivere; perche sentomi hormai la mano debole & stanca: questo per hora bastivi, poi che il mio giudicio ricercate circa la lettera scritta in vituperio de Poeti: & se commodo vi serà, rimovetegli dall'animo si stolta et si falsa opinione, & à voi per sempre, di perfetto cuore mi raccomando; & paratissima alli vostri servigi mi offero. Di Piacenza alli .XXV. di Marzo. [14-r]

ISABELLA GONZAGA A .M.

Galeazzo vostro amantissimo fratello m'ha rifferito che siete doventata molto inferma, di che vi attristate piu di quello che ad una christiana donna si conviene: vi dovereste in tutti i modi confortare & prendere speranza d'haver tosto a mutare allogiamento: questo corpo chiamato da molti casa & albergo dell'animo ci è stato dalla natura dato per brieve tempo: il che, doverebbe esser cagione di farci morire piu volentieri di quel che noi facciamo: si come dicesi quel vento esser piu felice, il quale piu tosto ne conduce in porto, cosi piu fortunati sono quelli che da veloce morte tratti sono fuori delle malvagità della presente vita et nell'eterno regno traportati, si che non ve ne dolete, si come non si duole l'incarcerato perche la sua prigione sia piena di fissure, & minacci da ogni lato rovina, cosi sperando di poterne piu tosto uscire: guardate che la voluptà non sia stata cagione di questa vostra debolezza, anzi che la mala compositione del corpo vostro: sono le voluptà simili a quei ladroni dell'Egitto detti volgarmente Philisti, liquali n'abbracciano per strangolarci: cosi fanno ancho li carnali diletti essi ci ammazzano mentre ci lusingano: ò beati & aventurati noi, se d'altro piacere non ci lasciassimo mai invaghir li animi nostri, che dell'eterna vita, & che a poco a poco ci avezzassimo a morire: ma noi facciamo come quelli fanno che sono tanto amici del vino, che sorbiscono fin'alla fece di quello: siamo tanto desiderosi di prolungar questa nostra miserabil vita che ne anche [14-v] nell'estrema vecchiezza ci contentiamo di morire. Di Puvino.

ISABELLA GONZAGA ALLA .S. LUCRETIA GONZAGA.

Dative hormai pace carissima sorella, ne piu vi tribolate della prigionia del vostro caro consorte: ma sperate nella bontà Estense: che si come fu si pronta al donargli la vita, cosi sarà anchora pronta a restituirgli la desiderata libertà: & quando pur a Dio piacesse, ch'egli morisse nella prigione, non li haverebbe però cosa che non sia avvenuta a maggior huomo di lui: morì prigione Iugurta, morì Siphace, morì Enrico .iii. Imperadore, morì prigione Celestino quinto, Gioanni primo, & Giovanni quarto decimo pontefice: morì prigione Aldegisio figliuolo di Desiderio Re de Longobardi & Aristonico doppoi che egli fu menato in triumpho da Aquilio console. sperate in Dio che vi consolerà, & ve lo restituerà nelle caste braccia forse piu savio et accostumato che prima non era. Nella casa mia del continuo si prega Iddio & per la sua liberatione, & per la vostra pace. Di Luzzara alli .VIII. d'Aprile.

ISABELLA GONZAGA A .M. CLARA CARAFFA.

Pregovi a non dolervi piu di me, perche io sia mancata di memoria, ne servigi vostri, habbiatemi (vi prego) per iscusata: poi che non mi è conceduto la memoria, [15-r] ne di Cinea, ne di Mitridate, ne di Theodette, ne di Lucullo ne di quel Ortensio: se hà peccato di memoria verso di voi in simil caso .M. Lucina la quale, si giudica da savi che superbi Seneca, Elio Adriano, Cirro, Carmide, & Portiolatrone, & pur l'havete havuta per iscusata, perche non fate cosi a me; la quale, di debolezza di memoria, avanzo Messalla Corvino, Bamba Re de Gothi, Calvisio Sabino, Orbilio Beneventano & il smemorato Curione? sforzerommi per lavenire di sodisfarvi piu intieramente che non ho fatto, pur che vi degniate di commandarmi: Iddio da mal vi guardi: Da Puvino alli .IIII. d'Agosto.

SUSANNA VALENTE.

Sono stata pregata da chi mi potrebbe commandare che io vi voglia quanto piu dolcemente posso, riprendere dell'esser voi troppo loquace, & di non poter contenere alcun segreto che communicato vi sia. se l'è cosi (come intendo) certo havete gran torto & poco prudentemente vi portate: non vi accorgete voi che se stanno male le case senza uscio, le finestre senza antenne, le borse senza i legami, cosi star male anchora le bocche senza freno: si come non è facil cosa il lasciarsi di mano uscire alcuno uccello, per volerlo poi ripigliare, cosi non è facile di rivocare le parole, poi che una volta di bocca uscite sono: sogliono esser loquacissimi sol quelli, che hanno poco cervello: si come i vasi che pieni non sono, fanno sempre maggiore strepito, cosi le persone vane et sciocche abondano sempre più di ciancie che quelli non [15-v] fanno che saggi & prudenti sono istimati: si come per il parere de Medici il seme che tosto si sparge, è infecondo & al generar inutile, cosi inutili, anzi nocive sono tutte quelle parole che dalla bocca n'escono senza ritegno, o senza farvi sopra alcuna matura consideratione: non vedete voi, che niuna donna si fida hormai più della taciturnità vostra? & la cagione si è, perche mai non restate di cicalare. Sono le persone loquaci simili alli fanciulli c'hanno il ghiaccio nelle mani & quello per l'innata lubricità ne possono ritenere, ne perder lo vorrebbono. Si come le vipere sono da propri parti rotte & fieramente uccise, cosi i loquaci scuoprono li commessi segreti anchor che aggiunta vi sia la propria rovina & destruttione: astenetevene adunque & state sana. Di Mantova alli .XII. d'Agosto.

CATHERINA ANG. MARCHESA GONZAGA A .M. LIVIA FRANCA.

Mi è rifferito che vi siete fortemente adirata con vostro marito, ne volete con esso lui pace, per havervi negato alcuni ornamenti havendone molti di soverchio: & che havete voi finalmente deliberato di fare? di mandar vostro marito all'ospedale. oh bello honore che vi farete: il pover huomo hà fatto piu di quel che doveva, & poteva (se ben esamino le sue forze) & voi non vi contentate mai di cosa che v'habbiate. Havete vesti da comparar a quella di Antistene Sibarita, la quale si soleva ogni anno sospendere per miracolo nel tempio di Giunone Licinia: havete veste di non minor pregio [16-r] di quella c'hebbe Lollia Paulina, laquale fu stimata quattro cento Sestertij: egli v'hà fatto sottanne, da star al paragone di quella veste: nella quale Triumphò Tarquinio Prisco, & di quelli che donò Silofonte a Dario figliuolo di Histapo; & tutta via n'andate importunamente chiedendo dell'altre? Deh vergognative di questa vostra importunità & di questa vostra intollerabil arroganza. non l'havete voi hormai posto al fondo con tanti zibelini, con tanti martori, & con tanti lupi cervieri? non l'havete voi quasi che destrutto con tante, carrete, cavalli, ricami, & paviglioni? che potreste far piu se recato li havessi l'imperio di Roma in dote? cieche nel vero siamo, adornando con tanto studio questa nostra carnaccia: ch'altro però non è che fango, & polvere & cosi coprendo questo nostro Capo di si pretiosi coprimenti, non capendovi dentro salvo che pensieri vani, sogni, & folle de romanzi: Io vorrei sorella mia, c'hoggimai si ravedessimo & pensassimo che non siamo piu fanciulle; i capei di fino oro tosto incominciaranno a farsi d'argento, & n'anderemo tosto in luogo, dove non si renderà conto del vestir leggiadro, ne di legar i crini con piu grata maniera, ma renderemo ragione della fede, della charità, & del tempo mal speso in frascherie: voi havete intelletto, adoperatelo, adunque riconciliatevi col vostro consorte, honoratelo, contentative di ciò ch'egli vuole, fateli vezzi, come faccio io al mio signor Luigi.

Di castel Giuffrè alli XXV. di Febraio. [16-v]

CATHERINA .C. GONZAGA ALLA .S. LIVIA MORTELLA.

Mi sono doluta assai della sententia, che voi havete havuto nella possessione che vi lasciò vostro marito; et ho per vostro servitio, et per honore della giustitia desiderato, che hoggidì presso di noi regnasse qualche novo Cambise che facesse scorticare questi iniqui giudici come già fece quel Sisamne, che dette l'iniqua sententia: sofferite pacientemente poi che sempre questo iniquo sesso Mascolino fu nemico di noi povere donne; & sempre a suo potere ci conculcò & a mal termine ridusse: state sana & confortative, tenendo per cosa ferma che Iddio non vi debba punto mancare, pur che in esso riponiate le speranze vostre. Dal nostro castello di Luzzara: alli IIII. d'Aprile.

SUSANNA VALENTE A .M. N. D.

Voi mi fate sapere per vostre lettere, che desiderareste havere per vostro marito quel dottore, del quale l'altro giorno diffusamente mi parlaste; pregandomi che far voglia ogn'opra perche il fatto si congiunga; mi credo fermamente che habbiate perduto il cervello. & che Diavolo volete voi far di Dottori? non sapete che sono questi litterati per la maggior parte tisichi, gelosi & franetichi? oltre che il studio li fa sempre catarrosi, ne sentirete mai altro che sputacchiare & tossire; fate a mio senno, lasciateli stare & questo ispetialmente: non vedete voi che ceffo d'asassino egli hà? non vedete che guardatura [17-r] crudele et che maniere contadinesche son le sue habbiate un poco di patientia, che se à quest'hora è vivo il figliuolo d'un mio honorato amico farò ogni opra perche vi sia & sposo & servidore: egli deve fra pochi mesi ritornar dalla corte di Cesare, l'è il piu bello & attilato cavagliere che havesse mai la città nostra: state sana. Di Mantova alli XX. di Aprile.

IPPOLITA CREMA A .M. FULVIA RULLA.

Strana cosa mi pare che gli huomini si vantino tanto di esser soli nati alle lettere, essendoci tante & tante femine non meno di loro alli buoni studi atte: Aspasia Milesia fu pur maestra di Pericle avanti che le fusse moglie. Fa pur honorata mentione Gellio della dottrina di Pamphila, la quale scrisse tanti belli commentari nella Grammatica: fassi pur mentione di Phemonoe, di Sofipatra, di Theano, di Alpaida, di Demophilia, & di altre infinite? perche adunque si impudentemente si vantano? perche vogliono si sfacciatamente che di loro solamente sia l'ingegno? di lor sieno le forze & di lor sia finalmente ogni valore? attendete pur figliuola mia a li studi, & lasciategli gracchiare quanto vogliono, che alla fine saranno astretti a starsi cheti & ammirar la donnesca virtù; state sana & lieta, che Dio sempre da dishonore vi difenda, & in prosperità vi conservi. Di Mantova alli III. d'Aprile. [17-v]

IPPOLITA CALCATERA A .M. PERLA.

Alli X. di Dicembre hebbi le vostre lettere, nellequali molto vi dolevate che vostro figliuolo fusse riuscito si mal sano et delle gambe si mal disposto. io certamente non molto me ne maraviglio veggendolo tutto dato all'otio & al riposo, ne mai esercitarsi il corpo in alcuno utile & honesto esercitio. Venga un poco a starsi con esso noi a Perego per qualche giorno, dove ritrovarà si perfetti cacciatori, quanto mai fussero ne Elimo, ne Panope, delli quali, favellando Virgilio cosi già disse TUM DUO TRINACRII IUVENES HELYMNUS PANOPESQUE ASSUETI SYLVIS, COMITES SENIORIS ACESTAE. Potrassi anchor esercitar (s'egli vorra) nel cavalcare essendoci il cavaglier Pozzo mio honorato consorte, del quale si pò meritamente dire quel che disse Virgilio di Lauso figliuol di Turno LAUSUS EQUUM DOMITOR, DEBELLATORQUE FERARUM. si che venga a vedere questi nostri monti Brianceschi pieni di ogni vaghezza s'egli vuole per l'avenire scordarsi il bel Palerno della Campania, il Berecinto della Frigia & l'Aracinto dell'Etolia. venga a contemplar almeno per dieci giorni i Monti di Brianza & sprezzarà per l'avenire l'amenità di monte l'Abbate, la serenità del monte Idalio, & la fecondità di Artemisio, monte dell'Arcadia. s'egli ci viene mentre ci è il mio consorte promettetegli da parte mia che non passerà mai giorno ch'egli de rari animali non faccia grassa preda; imperoche [18-r] ci habbiamo cani di velocità non inferiori a Vertego del quale, fassi degna memoria presso di Martiale. Troverà cani li quali non cederebbono d'ardire & di prestezza ne a Liscica, ne ad Ila, ne ad Umbro da Virgilio cotanto lodati. certamente, quando gli havrete veduti & isperimentati, direte che Ateone non ne hebbe mai de simili, & che il Melampo, con l'Oribaso aggiuntovi anchora il Pamphago, il Dorceo & il Ladone, non potrebbono stare al paragone con i nostri: ne ci mancano cavalli per seguirli migliori assai di Orneo, di Etone, di Nicteo, di Alastro, di Amatheo, & di Abastro cavalli di Plutone, de quali fassi honorata memoria presso di Claudiano: oltre che donò alli di passati CESARE al mio consorte per ricompensa (anzi per testimonio del valore ch'egli hà mostrato ne suoi servigi) alcuni corsieri atti a far parer poltroni i cavalli di Achille, di Marte & del Sole, & atti a far vergognare Cillaro, Rhebo, Pegaso, Arion, Hirpino, Cireo, Pedaso, & Illerda. Se ci verrete voi con esso lui (come credo che farete) mentre essi anderanno a dar la caccia alle fiere, noi ci tratteneremo attorno le nostre peschiere, le quali (benche stia male a lodare le proprie cose) ardisco però di dire, ch'elle avanzino quelle di Sergio Orata, di Licinio Murena, di Fulvio Hirpino, di Ortensio, & di Vedio Pollio: non restate adunque di venire, & con quella servitu che vi si conviene, per timore, che siamo stretti di alloggiamento, imperoche il mio consorte hà fabricato da che non ci foste, una casa si grande & si ben'intesa che non ci è huomo che non si pensi che Spintare, Meleagene, Democrate, [18-v] Philo, Sostrato, et Ermodoro ne sieno stati li istessi architetti: & pur altro disegno non ci è stato, salvo quello ch'egli è dal suo capo uscito: ne piu mi stendo nel scrivere, sol questo vi affermo & raffermo, che se ci verrete, sarete da ambidui amorevolmente raccolti; & sforzerenci di porgervi tutti que piaceri che per noi possibil saranno. anderemo a Ravagnano, a Ugionno, a Merà, a Brianzuola, a Galbià, & a Calco, dove vostro figlio haverà grata compagnia dal .S. Antonio Maria, dal .S. Pier Francesco, dal Marchese, & dal .S. Entimacho: la cui gentilissima consorte vi porgerà infinita consolatione, insieme con la .S. Veronica mia honoranda madre: state sana. Da Perego fiore de monti Brianceschi.

GIOVANNA CAVALLERIA A M. CLARA GUALANDA.

Intendo .M. Clara che di me vi siete molto maravigliata, perche hò detto di non poter piu sofferire di legger in alcun libro che sia fuor della sacra scrittura: si che l'è vero che l'hò detto, ne me ne pento, ne mia colpa ne dico ne dirò mai: & dove posso io trovare la miglior lettione? Altro piacer per certo sento legendo IN PRINCIPIO CREAVIT DEUS COELUM ET TERRAM: che non faccio ne la Phisica, nel cielo, & nella generatione di Aristotele. Altra consolatione prendo ne proverbi di Salomone, nell'Ecclesiaste, & nell'ecclesiastico del figliuolo di Syrach, che non prendo in legger ne Ethica, ne Politica, ne Economica, ne magni Morali [19-r] di Aristotile: Sento altro diletto in volger sossopra i libri de Re, & de Giudici che non faccio legendo Suetonio, Plutarco, Sesto Aurelio: Flavio Vopisco: & altri simili che scrissero le vite de Cesari, godo molto piu di cuore, legendo i fatti di Mose, di David, di Habraamo, di Giuda Machabeo, di Giosuè, di Sansone & di Gedeone; che non godo per legger Dione, Cesare, Appiano, Livio, Polibio, Xenophonte & altri historici: credetelo a me, che non senza causa fu la sacra scrittura chiamata Biblia, che vuol dir libro; & cosi fu detto per eccellenza, come se questo solo, fusse il vero libro: & ne gli altri vi si contenessero sogni d'infermi, et folle de Romanzi: & d'onde credete voi che Platone habbi abbellito i suoi scritti con quelle vaghe figure, con quelle si convenevoli similitudini? non d'altronde certamente tolse i colori & gli ornamenti suoi che dalle sacre lettere, si come il Beatissimo Ambrogio piu di una fiata afferma & chiaramente ne dimostra: non è publico consentimento de dotti ch'egli udisse predicar Geremia profeta, & li pervenesse alle mani il pentateuco di Mose? dove vedrete voi ne libri Pagani, si alto principio come è quel di Giovanni Apostolo IN PRINCIPIO ERAT VERBUM ET VERBUM ERAT APUD DEUM; dove in un versetto solo ci dipigne di tre sorti Mondi: dicendo, in Mundo erat: Mundus per ipsum factus est; & Mundus eum non cognovit: ecco l'ideal mondo, ecco il materiale, ecco gli huomini che vi habitano sotto nome di mondo dall'apostolica voce chiamati: leggete quanto n'hanno scritto i philosophi che non ne trarrete tanta intelligentia quanta da questo sol verso trarne potete. [19-v] deh ditemi per vostra fe; parvi che in altro libro ritrovar si possino le consolationi, & l'eterne speranze che nelle sacre lettere si ritrovano? Se havete in M. Tullio un perfetto oratore, se havete in Xenophonte un perfetto Re, se havete in Platone una perfetta Repubblica, se havete nel conte Baldesare un perfetto Cortigiano con la donna di Palazzo, se havete ne scritti del conte di Monte l'Abbate, il perfetto gentilhuomo d'honore: havete ancho nelle scritture sante, il vero patiente sotto titolo di Giobbe, havete l'essempio della verace ubidienza in Abraamo, della santissima hospitalità in Lotto, dell'ottimo Re in David, del savio S. in Solomone, del forte cavalliero in Sansone, del buono Imperadore in Mose & nel fratello Aarone, et dell'ardito capitano in Giosue: ma che non ci havete voi di buono in questo santo libro? forse ch'egli vi fa miscredente & dubbiosa dell'immortalità come fanno i philosophi: forse ch'egli vi fa impazzire attorno le zone, le sphere, et i zenit, come far sogliono i Matemattici, forse che vi oscura il vero, come veggo far i legisti: forse che vi puon in compromesso la vita, come fanno i Medici. Delli bugiardi et appassionati historici non vi parlo, liquali spesse volte fanno, che i poltroni paiano Marcelli & i Marcelli sieno tenuti timidi et vili piu di quel Pluto indutto da Luciano & da Aristophane ch'ogni cosa teme et sbigottito rimane. Vengomi hora alli Poeti, & vorrei che alcuno mi dicesse che utilità si cavi del rapto di Ganimede: dal formoso Alexi ò dal bruno Menalca: vorrei che alcuno mi dicesse che profitto mi faccia l'amor della Luna et del suo Endimione con l'importuno chiamar d'Hila, [20-r] di cui si finge invaghito Hercole presso di Propertio et di Valerio Flacco. Vorrei detto mi fusse di giovamento esser mi possa l'amor di Hiacinto et di Apollo, di Ampelo, & di Bacco, di Adone & di Venere; di Titone & dell'Aurora; di Atis, & di Cibele, di Siringa & del Dio Pan. Bramo detto mi sia che honestà si apprenda leggendo gli amori di Valerio Flacco et dell'amazonico fanciullo: che religione si apprenda per sapere che Tibullo amò Cherinto, Anacreonte Batillo, Alceo Lico, Valgio Misti, Asinio Hippolito, Voconio Testilo, Oratio Ligurino, Q. Catulo Epigrammatario amasse Roscio, Euripide Agatone, & Arato Philino. Credete voi Madonna Clara, che venir mi possa desiderio di unirmi con Dio per leggere che Daphne fusse amata da Apollo, Tiro di Nettuno, Hebe da Hercole, Philace da Stratocle, & Atalanta da Meleagro? mai non che non me ne verrà giamai voglia. si ben leggendo nella sacra Biblia di Sarra et della riverentia che à suo marito portava chiamandolo suo signore: si ben leggendo di Hester, di Susanna; di Giudit & di Anna figliuola di Elcane laquale, non si partiva mai dal tempio sempre alle orationi, & a digiuni intenta. Non vorrei pensaste che io vi scrivessi come una trassognata: hò anch'io letto la parte mia de scrittori Pagani et me ne pento, et ne chieggo perdono a Dio sopra tutte le colpe mie: non vorrei da che appresi la santa Croce haver mai letto altra cosa che la divina scrittura: vorrei haver mangiato questo sacro volume come per il profeta Iddio comandò: vorrei havermelo convertito in succo et in sangue, perche egli sarebbe stato come una lucerna a piedi miei, & havrei [20-v] guidato ogni mia impresa secondo la parola d'Iddio, da quella sarei sempre stata pendente, quella m'havrei io tolto per mia guida, per scorta, & per tramontana, con quella mi sarei piu dottamente governata che forsi non hò fatto, ma meglio è tardi che mai; si che non vi maravigliate più per l'avenire, che lasciato habbi qualunque altra lettione, & data mi sia tutta alla verace Theologia: anzi vi essorto a far il medesimo c'ho fatto io; seguite (vi prego) le mie pedate, ne vel recate a vergogna, perche sia piu giovane di voi, fate vostro pensiero che la mia voce, con la quale vi invitto a si gloriosa impresa, sia voce celeste, & non terrena, persuadetevi che le mie parole sianvi dettate dalo Spirito Santo & non d'altrui. Ricordatevi di ciò che disse il beatissimo Girolamo, che l'ignoranza delle scritture si era l'ignoranza di Giesù Christo. Ricordative di ciò che disse il Salvator nostro: SCRUTAMINI SCRIPTURAS, ILLAE ENIM TESTIMONIUM PERHIBENT DE ME. cosi facendo, noi saperemo che cosa sia veramente Christo, & quel che egli habbi fatto per noi, & cosi l'ameremo con tutto il cuore, & amandolo il fruiremo insieme col padre, col figliuolo, & con lo spirito santo: amen. Di Vinegia.

LUCRETIA MASIPPA ALLA S. CAMILLA MARCHESA PALAVICINA ET S. DI CORTE MAGGIORE.

Quando mi fu data la nova che havevate partorito un bel figlio maschio, io ne sentì tanta allegrezza al cuore, [21-r] quanta ne sentisse Diagora Rhodiotto, quando egli vide in un medesimo giorno coronare tre suoi figliuoli vincitori et spargerli addosso dalle piu alte finestre un nembo di vari fiori. Non sentì tanta gioia Philippide scrittor de Comedie, quando in un Poetico certame fuor di ogni speranza si trovò vincitore: direi liberamente d'haver superato di letitia Chilone Lacedemonio, quando egli vide ne giuochi Olimpici coronar il figliuolo. Di che mai havessero Policrata nobile Romana, & Marco Iuventio console, sel non fusse, che quelli di allegrezza morirno, et io son pur viva; benche mal viva mi senta, sendo privata della vostra gratiosissima conversatione; non potendo più udir la dolcissima favella, non veder le accorte maniere, non finalmente, con attentione contemplar le honorate vostre attioni: Iddio mi faccia gratia che vi rivega prima che io muoia; altrimenti morte mi fora pur troppo acerba & troppo dolorosa, ma non posso credere che non vi venga un'altra fiata desiderio di rivedere questa nostra inclita & gloriosa città di Vinegia, dove il male muore, & il bene si nodre & si cria. state sana insieme col vostro amatissimo consorte: le mie figlie riverentemente vi salutano. Di Vinegia alli X. di Novembre.

CHIARA FEDERICI CONTESSA MARTINENGA A M. LELIA CANOSSA.

Hò pur havuto il gran dolore, intendendo la morte di vostra madre, che fu a nostri tempi uno specchio di [21-v] patientia, una norma d'honestà & una infallibil regola dell'honorato vivere. Deh quante volte hò io pregato Iddio che si come già si permesse & si acconsentì risuscitassero Aviola, L. Lamia, Corfidio, Gabieno, Tindareo, Hercole, Esopo, & altri molti, cosi ci fusse hora conceduto ch'ella tosto risuscitasse. Deh perche non posso io fare come si legge haver fatto .S. Cataldo che risuscitò la madre da cui era stato poco avanti partorito. se ciò potessi fare, so ben io certo che sin'a quest'hora non la desideraremo piu: ma sapete voi come l'è? ci bisogna haver patientia in tutto quello, che ne vien ordinato dalla divina potentia, & non dolersene, & non turbarsene punto: attendiamo a consolarci scambievolmente, imperoche mi sento di non haverne minor bisogno di voi: non altro: Iddio ci guardi da male. Di Brescia alli XXV. d'Agosto.

MADDALENA BARATTIERA A M. LODOVICA CORNARISA.

Non credo che alcuno di quelli, iquali finsero i poeti esser condennati alli supplitij infernali, senta tanta angoscia, quanta sente un'anima che sia presa di gelosia: l'affanno veramente delle figliuole di Danao, il tormento di Prometheo, l'afflittione di Sisipho, la molestia di Titio, il cordoglio di Theseo & di Isione è nulla, rispetto a quel che per gelosia si pate. questo vi dico io, perche ve ne guardiate, intendendo che siete assai vicina per intrare in questo inestricabil laberinto. Deh lasciate per vostra fe correre l'acqua all'ingiù & non vogliate rizzar [22-r] le gambe a cani: tengo fermamente che se voi perseverate a cotesto modo, che diverrete la favola del volgo. Di Piacenza.

FRANCESCHA TRIVULZA CONTESSA VEDOVA DELLA MIRANDOLA A M.

Hò ricevuto le vostre lagrimose lettere, et m'è rincresciuto infinitamente che vostro figliuolo si porti tanto male con esso voi. Voi non siete però la prima, ne credo sarete l'ultima che riceva da figliuoli simili torti. Alphonso il primo Re di Portogallo, puose già la madre in prigione, sol perche tentò di rimaritarsi & non per alcuno difetto. Michele Calafatta imperadore spogliò la madre violentemente d'ogni giuridittione ch'essa possedeva: cosi fece Constantino figliuolo di Lione, verso la madre Irene et molto peggio di lui portossi anchora Tiberio Cesare. si che datevene pace, poi che di voi sola non è questa infelicità, dell'haver pessimi et ingratissimi figliuoli. Di Mantova alli XX. d'Agosto.

ISABELLA BORROMEA TRIVULZA A M. F. N.

Che vostro marito sendo huomo da bene, sia stato si mal trattato dalla sua Republica, non vi paia ciò strano poi che per il passato fecero molte fiate alcune Republice simili de trattamenti alli lor cittadini: li Atheniesi per ricompensa delli triomphi Maratonij puosero il buono [22-v] Milciade in stretta prigione: la republica di Siracusa ammazzò con infinita rabbia Dione, per opera del quale, havea già ricuperata la desiderata libertà: li Atheniesi anchora scordatisi li molti beneficij dal giustissimo Aristide ricevuti, lo sbandeggiarno dalla città. Sofferite adunque in pace, & ringratiate Iddio d'ogni cosa ch'egli vi manda; imperoche noi spesse fiate giudichiamo male, quel che veramente è bene, & tall'hora bene, quel che è male. Iddio ci porghi lume di saper discernere il bene dal male, acciò non si cada precipitosamente in qualche errore, dal quale poscia rilevare non ci possiamo. Di Milano alli X. d'Agosto.

IPPOLITA DI LAMPUGNANA A M. PHILIPPA SAGRATA.

Mi piace stremamente della compra che voi havete fatto, perche cosi ci vedremo piu spesso, & goderenci senza disturbo: ma molto piu mi dispiace che nel comprar non havete usato quella equità che a voi si conveniva: l'è celebrato dalli antichi Ermete Egittio per esser stato si giusto, che non fu mai da veruno di giustitia avanzato: Sempre, per non peccare contra la ragione, comprava piu caro di quello che il venditore istimava: non intraverrà già, a voi, se a cotesto modo perseverate di fare, come intravenne di Aristide, il quale presso delli Atheniesi, per l'incorrotta sua giustitia meritò di havere il cognome di giusto: ma sia ogni cosa in nome d'Iddio, forse vi ravederete un giorno di questo errore, & lo emendarete, havendo compassione a que poveri [23-r] pupilli a quali tal heredità si apparteneva. Da casal Pusterlengo alli XX. d'Agosto.

CAMILLA SUSIA A M. BARBARA MOSTA.

Intendo che alberga nelle vostre case un'Arabesco, tenuto (da chi sa giudicare) il piu scientiato huomo, che nato sia al mondo de molti anni in qua, al quale vorrei dimandaste d'onde nasca che a Locri et a Cotrone mai fusse pestilentia; perche non piovesse mai per alcun tempo nel cortile del tempio di Venere che si vedeva già in Papho: vorrei li dimandaste s'egli reputa vero ciò che di Hercole scrive Celio, cioè ch'egli havesse tre ordini de denti & donde questo procedesse, & cosi li dimanderete di Direptina figliuola di Mitridate, della quale leggo che dui ordini n'havesse: dimandategli perche havesse Aristomene Messenio il cuore tutto peloso: dimandategli donde avenisse che Antipatro Sidonio fusse ogni anno di febre infestato il giorno a punto ch'egli nacque: me ne farete di questo gran piacere, et avisatemene quanto più tosto potrete: se il mio dottor Susio fusse presso di me, non vi darei questo disturbo, perche egli mi sodisfarebbe: ma le Sirene di Vinegia insieme con un Cigno d'Aquileia con mio gran dispiacere lo tengono da me lontano.

Dalla Mirandola. [23-v]

LUCRETIA AGNELLA A M. CATHERINA OLDRADA.

Per le vostre lettere hò inteso dolcissima sorella, il desiderio che voi havreste di maritar vostra figlia col figliuolo de M. Achille Zenardo, & sopra di ciò richiedete con instanza il parer mio. Non mi conosco già io tale, che consigliar vi possa in si fatto caso, pur per quella santa amicitia che con esso noi dalla prima fanciullezza con scambievoli ufficij crebbe, io vi dirò quanto già intorno a simil fatto raccolsi dalli dolci ragionamenti del mio consorte piu fiate havuti in cotal materia, con M. Gioanni agnello, che fratello li fu, non so per natura, ma per animo anchora & per costumi. Se ben adunque le passate cose per la memoria vado rivolgendo, & più internamente considero il danno che ne risulta dalli accerbi matrimoni, da tal parentela per ogni modo vi asterrete: imperoche far debbonsi i matrimoni quando l'huomo è atto a generare, & la donna a concepire; altrimenti, liti & discordie per la casa tutta via s'odono: & sarebbe d'avertir diligentemente che sempre la matrimoniale Copula, in tal età si facesse, che li Padri potesseno a figliuoli sovvenire, et li figliuoli riferir le dovute gratie a padri loro: la qual cosa felicemente avverebbe se l'età paterna, da quella de figliuoli, fusse con giusta proportione distante. Tutti li antichi scrittori (per quanto intendo) che a me, da molte liti impedita, non fu mai lecito di volger sossopra di molte carte: vogliono che l'età della moglie & del marito, sia talmente proportionata, che da un medesimo tempo l'un [24-r] cessi di generare, & l'altra di concepire, il che all'huomo avviene nel settuagesimo & alla donna nel cinquantesimo anno. Hò io certamente molte volte avvertito che quando in troppo giovinil età le persone si congiungono, rade volte a perfetta statura i parti loro pervenire, oltre che le fanciulle, per la debolezza de corpi spesso nel partorir muoiono, o vero con istrema fatica partoriscono: aggiungoli di piu, che le nozze alquanto tarde, dispongono le fanciulle a continenza & a le troppo acerbe disfrenata libidine son cagione. Ma voi mi potreste forsi addimandare quale è adunque la piu convenevol età: al che rispondo che l'età della femina è nelli dieci otto anni, & quella de maschi nelli trenta sei, percioche alhora i corpi hanno conseguito sommo vigore, & ad un medesimo tempo cessa d'ambidui il naturale ufficio. Qui per hora farò fine al mio scrivere, ma non lo farò se prima non vi aggiungo il tempo, che a savi parve piu commodo per la generatione, che sarà la vernata, & quando i venti Boreali spirano, & non mai quando li Australi soffiano: state sana che Dio prosperi li successi vostri, & a lieto fine sempre li conduchi. Da Carbonaruola alli XX. di Marzo.

ISABELLA LONARDI CONTESSA DI MONTE L'ABBATE A M. MADDALENA PEVERELLA.

Grande è stata l'allegrezza c'hò sentito intendendo che secondo il desiderio vostro, habbiate partorito un bellissimo figliuolo; per il che, prego di buon cuor Iddio [24-v] lo faccia campar doppo voi, & voi, che lo partorite, imiti sempre nelle vostre piu honorate attioni. Hora non vi sarà piu lecito di gir a spasso come solevate fare, & se vorrete esser tenuta pietosa madre, vel converrà con le proprie mammelle lattare, & non gittarlo nell'altrui grembo, il che non fanno le piu nocevoli & dannose fiere c'habbia la Libia: vi converà avertire che le membra per l'innata tenerezza storte non divengano, & per il consiglio di Galeno sparger del sale fra le fascie, acciò che la pelle dura doventi, & resista alle esterne ingiurie; darli di piu à poco à poco alcuni soavi movimenti, per consumar la soverchia humidità de corpi. bisognerà anche por attentione che l'aumento del corpo suo per smoderata fatica non sia impedito, guardarlo dal vino sin'à più provetta età; assuefarlo destramente & al caldo & al gielo: isviarlo da lussuriosi spettacoli, da compagnie dissolute; et avezzarlo a dir sempre il vero di ciò che li viene richiesto. cosi sperava io di fare, se mai a Dio fusse piacciuto di far feconda la mia sterilità: & credo che agevolmente mi sarebbe ogni mio desio venuto ad effetto, solo specchiandosi i miei figliuoli nel essempio del mio amabile, & honorato consorte, ilquale, non sol Padre li sarebbe stato: ma ancho fedel precettore & diligente balio. Veramente se mi sono rallegrata che lo habbiate partorito al mondo; molto piu rallegrerommi vedendo per l'avenire che lo ripartorite a Christo, insegnandoli la vera pietà con la via dell'honore & della virtù; ne altro vi dico a questo appartenente; confidatami nella felicità del vostro ingegno, & nella maturità del senno. Di Vinegia alli X di Marzo. [25-r]

GIRONIMA CAVALLERIA A M.

Se vi hò & detto & piu volte scritto che schiviate le male pratiche, non è ciò stato senza cagione: imperoche so quanto nuocer sappino le maligne persone, benche alle volte il contrario dimostrino: soglio io rassimiglia re questi tali al serpente, ilquale, anchora ch'egli sia di sua natura pestifero, mentre però si aggiaccia di freddo, si puo senza nocumento alcuno maneggiare & questo non perche egli non habbi in se stesso il solito veleno, ma sol perche non lo puo come ei vorrebbe mandar fuori. oh quanto male commetterebbesi da molti, se con l'animo rio havessero accompagnate simiglianti forze. Se io fussi nel grado che voi siete so che mi leverei dalla conversatione di alcuni, nati sol al mondo, per malignare: ma a questi tristi & malvagi huomini hoggidi non ci si avvertisce, per esservene forse troppo gran copia in ogni luogo: si come non siamo ne anche soliti di maravigliarci per vedere un albero, la dove le folte & alte selve a tutte l'hore si scorgono: attendiamo sorella mia a ben vivere lasciandoci guidare dalla ragione; & non sol a far quello che il fallace senso et l'altrui male persuasioni v'invitano: non vogliamo per cagione alcuna commettere che l'altrui pratica ci renda infami & vitiosi (come essi sono) ci faccia reputare, la vita nostra diceva gia un savio Philosopho è simile alle favole; che publicamente si recitano, delle quali non si considera quanto lunghe ò brevi sieno, ma sol quanto sieno ben recitate: altre cose occorrerebbomi di dirvi in questo [25-v] proposito; ma me ne rimango sperando tosto di rivedervi: tra tanto state sana. Di Vinegia.

APOLLONIA ROVELLA ALLA S. ISABELLA SFORZA.

Le acerbe querele che voi fate delle tribulationi che tutto 'l giorno vi pioveno sopra del capo, mi fanno dubitare che l'altezza del vostro nobilissimo cuore, non si sia alquanto piegata et piu molle di quel che l'era divenuta: quasi S. che non sappiate non altro esser la vita del Christiano, che una perpetua croce, & pessimo segno esser per quelli che senza croce a questo mondo viveno? questo è veramente il triompho di Giesu Salvatore dell'humana generatione. per il mezzo della croce vinse egli il mondo, superò Sathanasso, & distrusse l'inferno a noi insegnando che caminar ci bisognava per la via d'essa croce. Soleva dir il gran Demetrio che la vita perpetuamente tranquilla et quieta senza veruna incursione di fortuna era simile al mar morto. Se siete quella valorosa donna qual v'hò sempre giudicata, fate mi vedere che li incommodi della fortuna non vi commovino, ne vi pertubino punto. siete pur hormai tanto assuefatta alle asprezze di questo mondo che niuna cosa (quanto calamitosa ch'ella sia,) vi doverebbe esser piu molesta ò dura. Se la grandine che sopra de tetti cadde, salta di qua & la con grande strepito: ma il piu delle volte senza nocumento d'essi tetti, perche dovemo pensare che li insulti della fortuna possino atterrar l'animo di una donna istimata tanto savia? Se havete insegnato alli altri [26-r] con i vostri dolci componimenti come tranquillar debbano l'animo perche non usate per voi quella istessa medicina? l'animo del savio è simile a raggi del Sole, liquati benche la terra tocchino, sono però sempre in quell'istesso luogo d'onde n'uscirono: non vi lasciate adunque si vanamente perturbare; ma consolative nel S. Dio. Di Vinegia alli XII. d'Agosto.

LA CONTESSA ISABELLA DE LUNA AFFAITA ALLA S. CLARA VISMARA.

L'è vero che io mi rallegro molto quando alli amici miei succedono le cose secondo il voto loro: non posso però fare che alle volte io non tema, che si come la smoderata fecondità amazza et soffoca molte fiate gli alberi & le viti, che cosi la troppo lieta fortuna non ci distrugga, & sciocchi non ci faccia del tutto divenire: sempre piu nocque la prosperità che l'adversità. Si come il vetro quanto piu risplende tanto piu dimostra la sua fragilità, cosi la fortuna quanto piu l'è splendida, tanto è men durabile & maggior rovina ci minaccia: di questo v'hò io voluto avvisare; perche non v'insuperbiate, & non facciate come molti fanno, liquali dalla smoderata felicità si lasciano talmente accecare che par loro d'esser fatti eterni, ne piu conoscono i vecchi amici, ne credeno che mai piu lor habbi da mancar cosa veruna. oh Dio quanto sono questi fuori del buon senno: quanto dimostrano d'haver poca cognitione della instabilità delle cose humane, oh quanto mal considerano questi tali, le [26-v] sue instabili & volubili attioni non per altro fu dalli antichi pittori dipinta la fortuna sopra d'una rotonda pietra che per dimostrarci quanto la sia volubile: ne per altro disse quel Terentiano O FORTUNA UT UNQUAM ES PERPETUO BONA? che per farci diffidenti & per non lasciarci riposar in lei, ma in sol Iddio, ilquale non si muta mai; ma stabilissimo rimane: non altro. Iddio vi guardi. Di Cremona alli X. d'Aprile.

ISABELLA SFORZA ALLA S. FULVIA COLONNA.

Vi hò molte volte & per lettere et con la viva voce essortata al studio delle sacre dottrine: & per quanto m'è rifferito havete incominciato a dargli diligentemente opera (vi prego) a perseverare senza stanchezza ò satietà dimostrare: imperoche la sacra Theologia è di tal qualità che s'ella profondamente non scenda alle piu secrete parti del cuore, la non vi fa sentire il frutto che di lei coglier si suole: ne vi offenda il vederla stratiata & da vani intelletti variamente esposta & spesso con danno dell'anime nostre, imperoche questo è vitio & mancamento del giudicio & de l'intelletto et non della sacra scrittura a quella guisa che veggiamo molte cose drittissime, poste nell'acqua, rappresentarsi storte & di altra forma che veramente non sono: attendete a caminar (come intendo che fate) contentandovi della dolcezza & della consolatione che la virtu di sua natura porge senza cercarne gloria ò fama imperoche si come [27-r] l'ombra al nostro dispetto ne segue & accompagna cosi la gloria seguita la virtu anchora ch'ella se ne fugga: dico anchora di piu che si come l'ombra alcuna fiata precede & alcuna fiata ne viene doppo le spalle, cosi ad alcuni subitamente gli ne segue la fama doppo l'haver operato virtuosamente et ad altri indugia fin doppo la morte certa cosa è però che quanto piu dalla lunga ella se ne viene, tanto maggiore è solita essere. Deh perche non mi è lecito di esservi piu vicina per accendermi tutta via piu alla virtu: ma chi sa forse che un giorno mi sarà conceduto fra tanto vivete lieta & amatime. Di Milano.

CELESTINA SEREGNA A M. GIULIA DEL BORGO.

Non vi hò piu per tempo scritto per il gran cordoglio c'ho sentito nella morte del mio pappagallo, dal quale, ero piu amata, che non fu mai Hermia dal suo caro delphino, piu che Argis dall'oca, piu che Glauce Citarista dal suo montone, piu che Amphiloco dall'amantissimo gallo. Se io fussi morta prima di lui, credo fermamente, ch'egli sarebbe di dolor morto, si come fece quella gratissima aquila poi ch'ella vide abrusciar il corpo della Virginella che allevata l'haveva: hora che il mio dolore è alquanto sminuito, io scrivo a parte a parte della vostra che mi fu gratissima: & per la prima cosa pregovi a confermare, et stabilire l'animo vostro con la ragione & non con false opinioni: i buoni marinari quando preveggono la tempesta, fermano la nave con le [27-v] anchore non compiacete punto all'ira poi che ella suole per la smoderata indulgentia sempre piu esasperarsi. Si come per il parer d'Hippocrate quel morbo suol esser pericoloso molto che fa sovente cangiar volto all'infermo: cosi fra tutti i mali che sogliono infestar li animi nostri non ci è il piu dannoso dell'ira; facendone di maniera mutar viso, voce, & andatura che paremo in tutto diversi da quel che da prima solevano essere. Se le nodrici sogliono dire a piangenti fanciulli non piangere & haverai quanto desideri, perche non diciamo parimente noi all'animo commosso & alterato non gridare, non ti affrettare & con maggior commodità conseguirai quanto desideri. vorrei che volentieri comportassi che la ragione togliesse di mano all'ira la vendetta. Quanto al desiderio che voi havresti di punire chi vi offende si attrocemente, io vi ricordo che li castighi dar si deveno quando l'animo è ben quieto, accioche poi sforzati non siamo di punir altrui, quando l'animo habbiamo alterato & mal disposto: ne altro mi occorre a dirvi. Di Milano.

GIROLAMA CAVALLERIA A M. DIANA SCARAMPA.

Gran dispiacere è stato il mio intendendo dell'amara discordia nata novellamente tra vostri fratelli, allaqual cosa, dovereste voi tosto soccorrere con la vostra senil prudentia & pensar che si come le macchie tosto levar si debbono, perche nel soggetto drappo altamente non si profondino a tal che poscia levar non si possino [28-r] senza molta fatica & senza danno del luogo dove elle cadero: cosi le fraterne dissensioni doversi mitigare, prima che partorischino malevoglienza et amaro odio. l'è troppo brutta cosa che un fratello habbisi a male l'esaltatione dell'altro: si doverebbe imitar la bilancia, la quale, quando una parte si leva in alto, l'altra senza molestia & senza gridore alcuno cede, & si deprime, ne fa alcuna resistenza. Siano benedetti per tanto Castore & Polluce, liquali tanto si amarno che fra di loro divisero l'immortalità: siano benedetti Hercole & Iphiclo, Apollo et Diana che si dolcemente sempre si abbracciarno, ne mai fu tra loro alcuna picciola ombra di rancore. Affaticative quanto piu tosto potete, per che si riuniscano queste divise anime, dalla qual divisione, ne veggo nascere infamia, dishonore, calunnia & gran giattura di facultà. Dal canto mio vi prometto non mancare di provedere perche di un fuscello non se ne faccia un grosso trave: state sana, che Iddio sia la guardia vostra. Di Vinegia alli XX. di Gennaio.

LAURA CONFALONIERA A M. GIULIA ROZZONA.

Non so se io debba admettere questa vostra scusa di non poter ne scrivere, ne visitar gli amici per esser carica de figliuoli. deh che fareste voi se havessi venti come hebbe Euticha? che fareste voi se ne havessi cento, come leggo haver havuto Combe Calcidica, donde poi ne nacque il proverbio. TANQUAM CALCIDICE PEPERIT NOBIS UXOR: Niobe figliuola di [28-v] Tantalo n'hebbe quatordici ben strani & malvagi: ne perciò rimaneva di esser ufficiosa verso gli amici. Io non accetto questa scusa: ma in qualche modo mi vendicherò di questa vostra negligentia se non con altro, almeno con pertinace silentio. Di Piacenza.

CORNELIA PICCOL'HUOMINI CONTESSA DI ALIFFE A M. LELIA SCARAMPA.

Antonio, vostro fratel cugino, fu l'altro giorno a visitarmi & doppo molti ragionamenti insieme familiarmente havuti mi disse ch'eravate in grand'affanno, per la pestilentissima lingua di alcuni scellerati, che vi laceravano la buona fama qual con tanto sudore acquistato vi havete, & con acuti morsi vi trafiggevano il cuore; & che di questo, non ve ne potevate dar pace in modo alcuno: Io mi maraviglio grandemente di voi, che si leggiermente, rimagniate offesa: ma se non sofferite con forte animo le parole de nemici vostri, come sofferirete voi i fatti? quasi che sia cosa moderna il ritrovar che si diletti di morder altrui? & di qual cosa prega con maggior vehementia il profeta David, salvo che di esser liberato dalle labra inique, & dalla lingua dolosa? Ho io sempre creduto che maggior danno si senti dal lusingheuol amico, che dal feroce et mordace nemico, soleva il S. mio padre rassmigliar le persone virtuose che da niuna infamia macchiar si possono, a quell'herba detta Adianthon, laquale, anchora che ben si bagni et nell'acqua tutta si sommerga, sempre però par che secca et arida sia: [29-r] Assuefate (vi prego) gli orecchi a ricever simil veleno, et non piu vi nuocerà che si nuocesse gia a Mitridate ricevendo per bocca essendoci da fanciullo avezzo. Attendete pur a guardarvi prudentemente (come fin'hora havete fatto) & poi lasciateli sfogare questo lor insanabil morbo, ilquale a voi non nuocerà punto. nuocerà bene a lor stessi facendoli scoprir l'innata lor malignità. Ringraziate Iddio che a cotesto modo vi si dia materia di esercitare la patientia vostra, laquale per si fatti modi si raffina & illustre doventa. Avviene veramente alle persone afflitte, come veggiamo avenir al zaffrano et al fien Greco, lequali quanto piu son calpestrati, tanto piu facilmente fioriscono & mostrano la lor bellezza. Voi havete pel passato et nella vostra piu giovenil età, tolerato con istrema patientia tante ingiurie della fortuna fatte, tanti duri incommodi, & hora per si lieve cosa v'attristate, vi sgomentate, & non volete con voi stessa pace? mi parete fatta simile alla Murena, laquale con noderoso bastone uccider a fatica si po' et uccidesi poi agevolmente con la lieve ferula: non ha potuto piegar la grandezza del vostro animo, non ha potuto scemare, ne indebolir la fortezza del vostro petto la morte di tre fratelli, che furono di Scipione, di Annibale, et di Leonida assai piu valorosi: non vi ha pur un tantino sbigottito la morte d'un figliuolo, che avanzava di bellezza l'Adone di Venere: & hora vi po' contristare una parola detta (per aventura) da soverchio caldo di vino? Deh acchetativi sorella mia (se punto mi amate) poiche da queste male lingue niuno guardar si puote: elle travagliorno sempre i buoni, trafisser Christo Re del [29-v] cielo, non sol quando tra peccatori conversò, ma anche poi ch'egli fu confitto sul legno della croce. Siavi la morte di Christo in luogo di quella virtuosa Panace c'ha rimedio efficace contra tutti i mali; & qui fo termine al scriver mio, scongiurandovi per quella altezza di animo, che gia tanto in voi per passato ammirai et ammiro tuttavia, vogliate generosamente por i piedi su queste frivole ciancie, nelle quali ne la giustificatione, ne la condennagion vostra consiste: state lieta. Di Napoli alli XX. d'Agosto.

MARTA VIDASCA A M. AGATA FERRERA.

Volesse Iddio che le ingiurie che dette vi furono l'altro giorno da vostro cognato, facessero in voi di quelle operationi che fece la ferita di colui che uccider volle il Tessalo Prometheo; so che l'istoria vi è nota, ne accade ripeterla; & chi sa che quelle villanie non vi sieno una salutevole ammonitione perche vi guardiate se in voi è vitio alcuno da correggere et da emendare? Telepho, perche non haveva amici, fu costretto ricevere la salute dell'inimico: cosi intraviene a noi quando non habbiamo liberi amici, che ci dichino la verità sul viso; siamo sforzati udirci rinfacciare li difetti dalli nemici: ma noi doveremo veramente fare come egli fece, ilquale non abadò a colui di cui era l'hasta, ma sol la salute che sporta l'era per il mezo dell'hasta: se l'è vero ciò ch'egli vi disse di male, fate di maniera che piu non lo possa dir con verità: se l'è bugia, fate vostro conto ch'egli non [30-r] habbi detto a voi, poi che in voi non è cio che egli vi rinfaccia: consolative adunque & ricorrete sempre a Dio nelle vostre tribulationi: sia l'oratione il vostro rifugio, sia la prora, sia la poppa, sia l'anchora della vostra fluttuante navicella. oh se sapeste quanta forza ella habbi; vi fermareste, tutta, tutta, ne suoi giusti presidij & per virtu de lo spirito, conoscereste che ella ha tanta forza ch'ella pò mutare i fermi proponimenti d'Iddio, pur che sia fatta con humiltà, il che ne dettero ad intender li dottori Ebrei, dicendo che chi ha da far oratione, deve star in luogo basso & non punto alto, il che conferma parimente la divina scrittura dicendo ORATIO HUMILIANTIS SE PENETRAT NUBES ne piu oltre mi stendo a favellarvi di cotal materia, Iddio vi doni fortezza. Da Trento alli XV. d'Aprile.

LA MARCHESA MALASPINA NICELLA A M. FLAVIA NEGRA.

Tre partiti mi sono hor hora capitati alle mani per vostra figlia (s'è pur siete disposta di volerla come mi diceste maritare:) l'uno è non meno ricco che gia si fusse Crasso ilquale poteva nodrire delle sue annuali rendite una legione, ma l'è furioso piu di Clomede: l'altro è bello a par di Nireo, et similmente povero come Iro. Il terzo è piu brutto di Esopo Phrigio, savio però & astuto quanto mai ve ne fusse alcun'altro. Ulisse sarebbe nulla, comparato con esso lui: eleggete hora qual piu vi piace, perche farò andar avanti la prattica & [30-v] in brieve spatio di tempo con il mezzo della S. Emilia Rangona la conchiuderò: state sana. Di Piacenza alli: XX. di Gennaio.

ALUVIGIA CAROLEA A M. LIVIA BENCIA.

Mi dimandaste alli di passati per vostre lettere d'onde avvenuto sia che alcuni Philosophi habbino scritta ogni cosa esser di acqua composta, & Pindaro nobile poeta habbi nel suo poema scritto che ottima cosa sia l'acqua: credo io fermamente che la virtu che nell'acque in diversi luoghi si ritrova, sia stata cagione di fargli cotal cosa scrivere. sono veramente sopra ogni fede gli effetti che noi veggiamo dalle acque uscire. soviemmi d'haver letto, che l'acque Suvessane, toglievano la sterilità delle femine, & insieme la pazzia dal capo a gli huomini. Hò letto che nell'Isola Enaria con l'acqua si guarisse chiunque pate il male della pietra. Vicino di Roma le acque dette Albule, risanano le ferite: il lago Amphione, toglie le vitiligini: Cidno fiume della Cilicia, medica la podagra. Ho letto d'un fonte posto fra Napoli & Pozzuolo, che medica gli occhi infermi: le acque che sono nelle paludi d'Ariete; fanno stremamente indurar le unghie de giumenti. Ecci anchora un fonte a Cerome, che fa divenire le pecore negre, & un'altro detto Mele, che le fa doventar bianche. Chiunque beve del fonte di Arcadia chiamato Clitorio, incontanente li viene il vino in odio: chi beve del fonte Zizico, si spoglia subitamente d'ogni amore, che altrui porta il fiume [31-r] Lico presso di Leontini, è di tal proprietà che chi ne beve doppo tre giorni muore. Infiniti altri & miracolosi effetti delle acque si veggono: liquai non sol ci possono far credere quel che Pindaro n'ha scritto: ma cio che anchora Empedocle n'ha detto: altro circa questo per hora non vi saprei che dire, ne piu altamente vinta dalla debolezza del mio ingegno vi saprei philosophare: state sana & lieta, ne abbandonate per alcun tempo li incominciati studi, acciò veggiamo di voi, tosto uscire li desiderati & lungamente aspettati frutti. Di Pausilippo: alli XII. d'Aprile.

La Contessa di Nola, mia S. vi saluta.

LUCIETTA SORANZA A M. LUCRETIA MASIPPA.

L'altro giorno mi vennero (per lor gratia) a visitare alcune honorate Madonne, lequali molto di voi si dolsero per havervi udito biasimare le donne litterate, & che quando udite che alcuna donna habbi composto qualche bella opera, ve ne ridete, ne fate scherno et ne pigliate giambo, ne vi si puo per alcun modo persuadere che ciò sia vero. Credereste piu agevolmente la natura della Chimera, & del Tragelafo anzi che le femine possino esser dotte: poverella voi chi v'ha posto in capo si strana opinione? adunque crederete non esser vero che una femina detta per nome Carmenta fusse quella che ritrovò le lettere? & pur questo confessano tutti li antichi istorici. Se adunque le lettere sono inventione delle Donne: perche vi dispiace che le donne con [31-v] ogni studio ci attendino? Adunque non potrete voi credere che Polla Argentaria moglie di Lucano scrivesse della guerra di Cesare & di Pompeio, scrivesse dieci libri di selve, scrivesse Saturniali, scrivesse dell'incendio di Roma, dell'incendio di Troia, & della calamità di Priamo? Adunque crederemo che Claudia moglie di Statio dottissima non fusse? adunque mosse dalla vostra falsa openione non crederemo che Corrina la Tebana facesse cinque libri de Epigrammi et cinque fiate superasse Pindaro tenuto il prencipe de poeti Lirici? Saranno favole per voi le cose memorabili che si raccontano della dottrina, di Pamphila, di Damophila, di Sosipatra, di Carisena, & di Istrina Reina de Scithi: laquale, per il testimonio di Erodoto, insegnò al figliuolo detto Sile, lettere Greche? ma lasciamo stare le antiche Donne: diciamo de le moderne. havete voi inteso della dottrina rara delle figliuole del Moro Inglese, & delle Bilibalde figliuole di Bilibaldo Alemanno? havete considerato mai con attentione che poesia sia quella ch'esce della poetica fantasia della Reina di Navara, della S. Laura Terracina, della S. Violante Sanseverina, dalla S. Genevra Villa fuora, della S. Emilta Angosciola, et della nostra virtuosa M. Giulia Ferreta? havete voi mai letto il libro della vera Tranquillità che ne dette gli anni passati la dotta penna della S. Isabella Sforza? Vorrei leggeste le faconde prose della S. Princessa Anna Estense, et della sua creata Olimpia morata; io vi supplico a non lasciarvi piu di bocca uscir si fatte parole per quanto vi è caro l'honore. oh se ciò sapessero tante & tante grandi & valorose donne, lequali, lasciato l'ago, poste si sono [32-r] alli studi, vi lacerarebbono con Iambi piu che Anacreontici et con satire piu mordaci che non sono quelle di Persio & di Giuvenale. fate a mio modo, (che da madre vi consiglio,) datevi anchora voi alle buone lettere, perche non ci è altra via di ricuperare i nostri primi honori, & la nostra vecchia reputatione: non ci è il miglior modo per fuggir la tirannia de gli huomini, & per guardarsi da le lor insidie, che di riccorrere alli santi studi delle dottrine & divine et humane. Vi ho voluto avisare di questi rumori che sparsero le parole che alli di passati diceste alla presentia di alcune forastiere, dove si ritrovò similmente il vostro M. Ortensio, & di voi stranamente si scandalizò, & m'hebbe a dire che s'egli creduto havesse che ciò dicessi di buon cuore che piu non vi voleva come era di suo solito ne amare, ne riverire. hor pensate da voi stessa, quanta perdita sarebbe questa: state adunque in voi raccolta, & se aviene che alla presenza vostra piu di cotai cose si favelli, parlatene altrimenti di quel che fatto havete per il passato overo per mio consiglio tacerete. Di Villa: alli X. d'Agosto. baciate da parte mia le vostre belle figlie.

LA CONTESSA DI NOLA A M. FLAVIA BORGHESE.

Per quanto intendo, tutto'l male che è avenuto a M. Clara, è proceduto dall'ira vostra: la colpa è adunque di voi stessa, se danno sostenuto havete ne casi vostri veramente si come i fanciulli sovente si feriscono mentre altri vogliono ferire, per l'inesperienza che hanno delle [32-v] arme, cosi l'ira spesse fiate nuoce a noi stessi, mentre cerchiamo d'offender altrui. non dovevate gia voi si leggiermente credere che M. Priamo vi havesse ingiuriato, perche si come soliti non siamo di credere alle prime novelle che ci vengono ò liete, ò triste ch'elle sieno: cosi non dovemo subitamente credere a quello che ne persuade l'ira nostra: ma devesi differir la fede ch'ella desidera per alcun giorno. Si come per la nebbia i corpi, cosi per il sdegno le cose ci paiono sempre maggiori di quel che sono. perdonatemi se vi dispiaccio cotai cose dicendovi: non dovevate voi mai correre si impetuosamente alla vendetta come fatto havete. si suole da savi far il contrario nel vendicarsi, di quel che si fa de cibi nel mangiarli. niuno mangia salvo quando ha fame, ma la vendetta non si deve usare, salvo quando non se n'ha voglia di farla, perche non accenda troppo. temo io grandimenti che questa vostra strabocchevole & quasi perpetua ira non vi travagli, & conturbi la desiata quiete a quella guisa, che noi veggiamo l'assidua tosse conquassar il corpo. Se io circa questo potrò in qualche cosa giovarvi, non pretermetterò cosa veruna a fare (pur che sappia che vi risulti a utile, & a piacere) ne aspetterò giamai che l'opera mia mi sia da veruno richiesta: state sana, & amatime. Da Pusilipo alli XIII. di Marzo. [33-r]

CATHERINA DELLI OLDRA A M. CLORIDA N.

Mi scrivete per l'ultime vostre, che portate grande invidia alla S. Tirinthia per haver piu belle gioie, & piu belle vesti di voi. di che non posso io fare che non vi riprenda facendovi sapere che si come non è alcuno miglior marinaio (ò nocchiero che vogliamo dire) per haver piu bella & meglio armata nave: cosi non è miglior donna alcuna per haver piu ricche gioie ò piu vaghi monili; non è la fortuna splendida quella che ci fa risguardevoli al mondo; ma l'è la virtù et l'honestà non finta et simulata, ma sincera & pura: laquale suol lungamente durare, la onde le cose false stano picciolo tempo in un medesimo stato: soviemmi di haver già letto qualmente una molto savia & prudente Donna tacitamente schernì una femina Campana superba per molti pretiosi ornamenti mostrandoli alcuni suoi figliuoletti virtuosi & ben creati & dicendoli; questi, Donna, sono le mie gioie & li miei piu belli adobamenti. Habbiate invidia a chi piu di voi si mostra & in effetti, & in parole, amica dell'honore, & della verace gloria: bisogna stimar la persona non da quello ch'ella possiede, ma da quel che è veramente suo: le ricchezze non sono propiamente nostre, ma sono della fortuna, & per questo le veggiamo sovente volte esposte alle predatrici mani hor de vincitori soldati, & hor de rapacissimi Tiranni. Questo è pur troppo publico errore cercare con infinito studio, & con infinita sollicitudine gli ornamenti esterni, & delli interni non curarsi punto. ben hà gli occhi [33-v] di ferro chi non piange tanta nostra cecità. Hor per conchiudervela in poche parole, scacciatevi dal petto questi vani & fanciulleschi desiderij, & aspirate hormai di buon cuore all'eterna gloria, caminate contra la generale opinione delli Idioti & fate come veggiamo far le stelle, le quali vanno per un viaggio contrario al mondo, & questo vi basti per una semplice ammonitione: Dio da mal vi guardi et vi consoli di quanto honestamente desiderar si puote. Da Chiavena de Grisoni alli XXV. d'Agosto.

LUCRETIA GONZAGA A MADAMA LIVIA PASETTA.

Hò ricevuto il ritratto di vostra madre che mi havete mandato: veramente non credo che ne Phidia, ne Zeusi, ne Polignoto, ne Timante l'havessero potuto ritrar piu del naturale; parmi che solamente il fiato li manchi: hora vel rimando & pregovi insieme à voler caminare come ella caminò sempre di virtu in virtu senza mai esser colpevole di alcun picciolo maleficio, ò pur darne un tantino di sospetto: studiate (vi prego) di rassimigliarli nelle qualità dell'animo, come le rassimigliaste nelle qualità corporali: non furono instituite l'arti del pignere, & del scolpire per altro che per eccitarci anzi per infiammarci il cuore alla imitatione di quelli, la cui pittura ò vero statua contempliamo. soleva dir un valoroso capitano che le statue rizzate per testimonianza delli altrui gloriosi fatti, li toglievano il sonno, ne lo lasciavano dormire, sentendo sempre nell'animo [34-r] acutissimi stimoli che lo pungevano et lo trafiggevano perche simile a quelli divenisse: faccia Iddio che il ritratto della virtuosissima vostra madre faccia questo medesimo effetto in voi, & tal vi faccia tosto doventare, qual vi desideriamo, et voi commossi ne havete ad aspettarvi. nostro .S. lungamente vi conservi in sanità & del continuo di bene in meglio vi faccia prosperare. Dalla Fratta alli XXV. di Gennaio.

LA CONTESSA DI SCANDIANO A M. FAUSTINA GIOIELA.

Vorrei esser molto piu faconda che non sono, per consolarvi della tribulatione, qual sentite per haver un figliuolo mutolo, ma perche prattica non siete del mondo, ne molte storie letto havete, vi date forsi ad intendere, che sol vostro figliuolo sia caduto per ira del cielo, in questa strana sciagura, & questo vi accresce l'affanno & vi raddoppia il cordoglio, siete veramente ingannata se cio credete. n'hò io veduti le migliaia, et pur vecchia non sono: hò letto anchora che mutolo fusse Q. Pedio nipote di Q. Pedio consolare, per il che Messala giudicò ch'egli si dovesse instruire nella pittura: ma chi sa che vostro figliuolo non si risani un giorno? parerebbevi si gran cosa? Narra Erodoto & doppo lui Gellio nelle sue chiare notti che Atys figliuolo di Creso, veggendo correre un soldato impetuosamente per uccidergli il padre, fatto un gran sforzo gridò ò soldato, non ammazzar Creso. Hò parimenti letto come Egle Athleta veggendosi apertamente ingannare ruppe con violenza [34-v] que forti legami che li tenevano impedita & legata la lingua, & ispeditamente dimostrò che a torto riceveva inganno. Sovviemmi anchora d'haver letto come Zoè moglie di Nicostrato martire, per una infirmità che le sopravenne, stette sette anni mutola & finalmente fu dal beatissimo Sebastiano ottimamente curata: & chi sa che simil cosa non li accaggia? TARDE NON FUR GIAMAI GRATIE DIVINE. non vi diffidate voi della bontà d'Iddio perche non se li possono raccorciar le braccia della pietà: fidatevi in lui, & egli quando tempo li parerà vi consolerà non sol di temporale, ma di eterna consolatione. Da Scandiano, alli III. d'Ottobre.

POLISSENA RANGONA A M. LELIA VISMARA.

Parerebbemi ben fatto che vi partissi di Villa, et ne venissi ad habitar alla città, perche intendo che il possente Re di Francia se ne viene in Italia con piu numeroso esercito che non hebbero Tigrane Re di Armenia, Radagaso Re de Gotti, et che non hebbero ne Xerse ne Seleuco, et hà seco huomini si bellicosi quanto mai havesse Cleomene, Pirro, Timoleone, Leonida, & Themistocle. mi è stato di piu rifferito, esservi molti & molti nel suo esercito, li quali di fortezza di corpo oltre l'esser esperti nell'arte militare non cederebbono a Cacco, a Milone, ad Erillo, & a Monico. paiono veramente a vederli di lontano tanti Poliphemi, tanti Enceladi, tanti Tiphei, & tanti Cromedonti: non so come questi Spagnuoli [35-r] lor potranno star a petto, li quali paiommi in comparatione loro di statura simili al Nano di M. Antonio detto Sisipho, il quale era minore de dui piedi: & a quel picciol Canopa ch'era in delitie a Giulia nipote di Augusto lungo dui piedi & un palmo. Iddio ci aiuti & ne difenda dal gallico furore, ne ci lasci più vedere, quelle tante rovine che nell'Italia fecero pel passato & Iddio da mal vi guardi. Da Carpaneto alli VI. d'Aprile.

ISABELLA SFORZA A M. ISABETTA CASTIGLIONA CONFALONERA.

Mi dimandate la cagione perch'io non vada questa quaresima ad alcuna predica: la cagione si è, perche tutti questi nostri predicatori mi paiono non predicatori, & ministri della parola d'Iddio, ma istrioni certamente parerrebbemi di commettere minor peccato andando a vedere i giuochi Circensi, ò li Nemei se hora si usassero, che ad udir questi parabolani che ci contano i lor sogni con le lor cabalistiche fittioni, et lasciano star i sacri misteri della scrittura: mal influsso per certo è stato il nostro questa quaresima; ma chi sa forse che l'anno che viene, saremo ristorati. Iddio lo faccia, ne ci lasci per sua infinita bontà mancare il pane Evangelico, ne chi ce lo ministri con perfetto zelo.

Di casa nostra, alli VIII. Di Febraio. [35-v]

GIULIA LUZAGA A M. PAULA LUZAGA CAVAGLIERA S.

Grandissima maraviglia m'hò preso intendendo quanto con poca patientia comportate che il cavaglier Pompilio, vostro carissimo consorte si sia partito di Vinegia, per veder Baruti, Damasco, Cipri, & il glorioso Sepolcro di Giesù: ma perche tanto mi tribolate voi? Sarà cagione questo viaggio di farlo anchora piu prudente ch'egli non è. pervenne Ulisse in quella maravigliosa prudentia & singolar accortezza per la lunga peregrinatione: ne li seppe dar Homero, il quale anch'esso molto peregrinando si dotto & si sagace divenne, maggior loda, che dire ch'egli veduto havesse molti paesi et molti vari costumi d'huomini, impararno già alcuni ad essere hospitali, per haver havuto lontani da casa loro, spesse volte bisogno dell'altrui hospitio imparerà di piu a sofferire de molti disagi, & cosi diverrà piu forte & piu gagliardo. l'era pur una gran vergogna che un si fatto cavagliere consumasse il fiore degli anni suoi tra Brescia & Manerbio, ne mai altro spettacolo li venesse davanti agli occhi, che vedere le spadoloncie cantare & saltare a guisa di pazzo: potrestemi forse dire non tanto mi doglio dell'absentia sua quanto che mi doglio de maritimi pericoli: temo non li venga voglia di passar Scilla & Caribdi, che sogliano sorbir le navi insieme con i passaggieri per li assidui concorsi de marini flutti: temo non li venga voglia di passare Malea (il promontorio della Laconia) pieno de scogli, il quale tra passando in mare, piu di cinquanta miglia, rende pericolosa [36-r] molto quella navigatione: tutte le volte (direte per aventura) che mi sovviene del Caphareo quell'altissimo monte di Euboia, dove tanti & tanti già fecero irrecuperabil naufragio sono sforzata a tremar dal capo a piedi: cosi faccio quando mi sovviene delle Sirti hoggidi chiamate le Secche di Barberia che temiate .S. Paula mia non mi maraviglio punto, perche chi ama (come voi fate) hà giusta cagione di temere: ma dovereste pur persuadervi che essendo vostro marito amico d'Iddio, & essendo sempre vissuto da buon Christiano: ch'egli debba anchora haverne cura & difenderlo da monstri & terrestri & aquattici & dall'ira del mare, & dall'insidie de malvagi huomini: state sana. Da Manerbo, alli IX. d'Agosto.

CATHERINA BONVISI A LUCIA DA CA MAIORE.

Io ti hò posto Lucia alli servigi della .S. Lucretia da Este S. di Correggio, la quale di cortesia et di discretione credo che avanzi tutte l'altre Signore, non sol di Lombardia, ma di Thoscana: fammi (ti prego) honore servendola diligentemente: perche cosi facendo farai anchora utile a te stessa: l'ufficio tuo non sarà di una sol cosa, ma converatti far il pane, il bucato & aitar alla cucina, operar di tal maniera, che non paia alle lombarde le quali volentieri per la lor morbidezza uccellano le donne Toscane che siamo pastrocchie, & perche alquanto smemorata ti conosco, ne ti ricorderai delle usanze et del stile c'hai appreso in casa Bonvisi, ti voglio far alcuni [36-v] ricordi: mi trema certo il cuore nel seno, che tu non ci facci qualche vergogna: per l'amor d'Iddio, fa di sorte, che tu non sii tenuta una petegola, buona da lavar cenci & non ad altro, & io sia giudicata femina di poco giudicio. fa che i tuoi bucati sieno fatti con ogni studio con ogni diligentia, & che non eschino piu sudici di quello che ne mastelli entrarono: pigliarai tre ò quattro camiscie per volta, et poralle nel rano tepido et chiaro, & col sapone sciacqueralle molto bene di roverscio: fatto che haverai questo; pigliarai tutte insieme que drappi che separatamente havrai lavati nel rano tepido; & li porrai in un gran mastello di rano ben bollente; ne haverai rispetto a logorar sapone, perche n'hanno facilmente copia grande, per la via di Genova, et di Vinegia. sovengati che se tu voi far bei bucati di lavare le camiscie separatamente dalle lenzuola, & le tovaglie similmente & i tovagliuoli, siano apartatamente lavati dall'altre cose. pon nella lisciva qualche poco di rasa di pino, & qualche foglie di alloro, per farli odoriferi: & sopra'l tutto avvertisci di non far bucato nel far della Luna: usa anchora non minor diligentia nel far del pane, ponci un poco di sale, & fa ch'egli sia ben fermentato che questo è precetto di Galeno: se la vernata troppo s'indugiasse a levare scalda il capezzale della piu minuta piuma che tu habbi et cuoprilo, et se vorrai che il lievito tosto anch'esso si lievi, porragli dentro una pietra molto ben infocata, ò vero un teschio caldo di sopra porrai: alla cucina fa che sii parimente netta, polita & sollecita, ne si trovi immunditia nelle cose che maneggierai: avanti che ti parti fammi [37-r] motto, perche ti darò la ricetta di far una polvere che netta il peltro & fallo risplender al par dell'ariento: state sana. Da Forli.

PORTIA MELITA A M. GENEVRA ZIA HONORANDA.

Signora Zia vi faccio sapere per questa mia qualmente io sono in tanto affanno che se soccorsa non sono dal vostro potentissimo aiuto, mi voglio dare morte con la mia mano, et di me stessa voglio divenir micidiale. Mia madre s'è disposta di volermi maritare ad un'huomo losco più di Philippo Macedone anzi (per dir meglio) ceco piu che Tiresia et piu che Antipatro: ha costui la pancia per Idropisia più grande, che non haveva Metrodoro philosopho & compagno dell'Epicuro: li colano del continuo gli occhi, quasi ch'egli sia un'Aristodemo, uno Eurito, & un novo Oratio: l'è piu zoppo di Damone, & di Androclida: Scilinguato piu che Batto et piu che M. Fundo. L'è furioso & maniaco assai piu di Aiace, di Pisandro, manda poi dal corpo un'odore di maggior schifezza che non era quello di Ruffino, di Gorgonio, & di Euripide, ne vi si po riparare ne col Nardino unguento ne col Malobrato, ne con il Narcissino: non si po spegnere questo suo maligno fetore con il calamo odorato, con l'Amomo, col Balsamo, col Telino, col Megalio, ò col Susino unguento: oltre che l'è pazzo piu di Corebo figliuolo di Migdone: hor vedete un poco a che partito mi ritruovo. Io non faccio mai altro che piangere & stracciarmi le treccie: parvi S. Zia che tal huomo [37-v] mi si convenga essendo io servita et vagheggiata da tanti gratiosi & belli cavaglieri che fariano parer brutti Nireo, Narciso, Amaraco, Ippolito, & Hila? certo se non gli lo dissuadete a fatto a fatto, io mi impicherò per la gola, mi gitterò nel pozzo, mi segherò le vene: ò che me ne fuggirò di la dalli Sauromati: voglio piu tosto (per conchiuderla in poche parole) menar mia vita in chiasso, che unirmi con questo horribilissimo mostro, m'havete inteso, provedetegli, provedetegli, se punto vi cale dell'honore & della salute della vostra cara nipotina. Di Roma alli III. d'Aprile.

APOLLONIA ROVELLA A M. LEONORA DA VERTEMA.

Alli di passati, io vi scrissi due mie, d'un medesimo tenore, pregandovi, volessi transferirvi a Vinegia, dove havevamo un predicatore, dotato di tutte quelle eccellentie che desiderar si possono in huomo di tal professione: interpreta & spiana le scritture si santamente quanto Chrisostomo, si acutamente quanto faccia Origene, si dottamente quanto Basilio, & con tanta devotione quanto faccia il devoto Bernardo: non hà nel suo parlare quelle affettate delitie che in molti moderni si vegono, & è di piu lingue ornato, che non fu mai Mitridate, per la qual cosa, egli ci da da veri & propri fonti, tutto quel che noi desideriamo di sapere: l'è mirabile nell'insegnare, gratioso nel persuadere, & potentissimo nell'esortare. Non credo si trovasse mai, da che nacque Christo, il piu fedel dispensatore de divini [38-r] misteri: la voce sua è simile a quella di un Cigno; & l'eloquentia varia secondo, che la materia richiede, alle volte l'è piu severa che non è quella di Gregorio Nazianzieno, & alle volte ancho parmi dolce & temperata al par di Cipriano: egli non storce le scritture, non interpreta malignamente, ne con passione alcuna, ma con gran candore et purità si come conviensi alla pietà christiana che nella sua venerabil fronte a tutte l'hore si scorge: non è gonfio, non è pettoruto, non sputa parole sesquipedali, non si vendica spirito di profetia, usa parcamente le allegorie conoscendo per il lor mezo, non potersi efficacemente insegnar i dogmi della fede, la qual cosa principalmente intende di voler fare; ne in quelle, è violento, come da alcuni si nota S. Girolamo: ma nelle allusioni è quasi al pare di Ambrosio: l'è stupendo nelle amplificationi, salendo sempre dalle cose inferiori, alle superiori: li essordij suoi, ò vero i themi son sempre tolti dal centro della scrittura, & non dalli altrui sogni & strane chimere, & li pronuncia con decoro gesto & con si grata maniera move le pallide labra, che mi par di veder quell'antico Roscio da M. Tullio si valorosamente difeso, si che venite, & venite tosto, se volete udir un'huomo che insegna che diletta, & insieme commove maravigliosamente li affetti nostri. vi prometto, se verrete, oltre l'utilità grande, che dal predicatore potrete riportare, darvi di piu la conversatione della moglie dell'Ambasciator di Mantova, & di quella dell'Ambasciator d'Urbino, l'una è tenuta l'honor di Pesaro, & l'altra, la gloria di Modona: non restate adunque di venire (se mi amate) che non mi potreste [38-v] far cosa piu grata, non sol a me, ma anche al mio carissimo consorte. Di Vinegia alli III. di Febraio.

EMILIA RANGONA CONTESSA DI SARMATO ALLA .S. HIPPOLITA BORROMEA.

Domani (sel vi pare) anderemo a confessarci; cosi restamo alli giorni passati in conclusione (se ben vi ramentate) & vi faccio sapere, che hò fatto elettione d'un confessore, che ne saperà ottimamente pascer l'animo del pane evangelico: egli non è di quelli piu curiosi a investigar l'altrui vita, che diligenti in ammendar la loro: non è di quelli, che vi rendono la conscientia scrupolosa & perturbata: l'è di tanta autorita della chiesa ornato, quanta bastar puote senza haver ricorso ne a Vescovo, ne a Legato: l'è tanto taciturno che non si havrà da temere, ch'ei vada rivelando i fatti nostri, l'è tanto commodo & adagiato de beni temporali, chel non accaderà temere, che tutto'l giorno ti mandi a chieder delle torte, ne che ci vuoti con ingordi fiaschi le cantine nostre. l'è tanto accostumato che non si haverà da dubitare che con suoi ragionamenti contamini, & ammorbi le semplici fanciulle: l'è si vago della sollicitudine, che non cel vedremo con nostro rossore, tutto'l giorno davanti a gli occhi: l'è si discreto, chel non ci porrà in disperatione: l'è si compassionevole alla fragilita humana: ch'egli havrà pietà de nostri falli: l'è tanto esperto nelle sacre dottrine, che meglio di ogni altro saperà discernere tra lepra et lepra: l'è si devoto & verso d'Iddio fedele, [39-r] che facilmente ci potrà impetrar la remission de peccati. resta sol che talmente preparate vi andiamo, che una sol volta ci basti, senza piu ritornar da capo: confessiamoci adunque senza hippocrisia & con fermo pensiero, che la confessione che si fa a Dio, purghi i peccati; & quella che si fa a gli huomini, n'insegni in qual maniera si purghino & scancelar si possino fra tanto state contrita & dolente, insieme con esso meco, del tempo, da noi si malamente dispensato: & della poca carità che n'habbiamo al prossimo nostro. Di Piacenza alli XXV. di Marzo.

GIULIA FERRETA A M. FLAMINIA ZOBOLA.

Mi è stato rifferito da persona, a cui piu credo che non fo all'oracolo di Delpho: che a contemplatione d'un certo goffo venutoci novamente dall'aratro, havete lasciato la musica della quale tanto già vi delettavate: deh che strana voglia & che maninconico pensiero è stato il vostro di abbandonar la musica tanto necessaria alle Republiche che piacque ad Aristotile darla alla gioventu Greca per suo peculiare studio: et il divino Platone tanto già la stimò, che con la mutatione della musica, pensò mutarsi insieme i costumi & le usanze (quantunque invecchiate) delle città: è possibile che l'essempio di David, il quale per virtù della musica raffrenava il maligno spirito di Saul, non vi habbi ritenuta? è possibile che il scorno che n'hebbe publicamente Temistocle di non saperne, non vi habbi fatto ravedere del pessimo consiglio [39-v] che v'era dato? Adunque siete stata si sciocca, si fuor di voi stessa che rifiutato habbiate quel che la santissima Chiesa d'Iddio non sol non rifiuta, ma honora et abbraccia? Adunque siete stata si priva di giudicio che non vi siate avveduta esser la musica atta ad eccitar lo spirito, rallegrar il cuore, & infiammar l'animo alle valorose imprese: conoscendo il divino Ambrogio (quel dottor irrefragabile) di quanto frutto fusse, l'introdusse nella sua chiesa, per rasserenar i cuori di quei che afflisse già l'impietà di Arrio: & che farete voi quando per l'avenir vi abbatterete fra tante et tante signore che studiose ne sono? vi potrete star a raccontar delle favole con qualche rancida vegliarda, o che vi potrete star su le finestre à far la civetta, et che honor vi serà il star ociosa tratenendosi l'altre pari vostre in si honesto esercitio? deh ritornate (vi prego) alla santa musica altrimenti crederemo che qualche spirito fanatico v'habbi disorganizata, & in voi non sia piu armonia, ma ogni cosa lite & contraversia. state sana, che Iddio sia la guardia vostra, & vi conservi da male persuasioni. Di Vinegia alli X. di Settembre.

CATHERINA VISCONTE CONTESSA DI COMPIANO A LAMPRIDIA BELLAIA S.

Hò inteso figliuola mia, che vi volete far monaca: Io non so se mi vi debba riprender, ò pur se debbo lodare questo vostro pensiero: riprendendolo, et per mia cagione non essequendo voi, quanto nell'animo dissegnato [40-r] già v'havete: io temo che da qualche novo Canone, io non fussi condennata à farmi monaca per voi: non oso ne anche di approvarlo, veggendo c'hoggidi si faccia ne monisteri delle suore si poco profitto nelle cose spirituali: poche nel vero, ne veggo io mortificate, poche ne veggo che vaghe non sieno delle secolaresche prattiche, et che non putino dal capo a piedi di sensualità con gli occhi al secolo rivolti; mai, ò di rado me ne vado a monisteri che non vegga i lor parlatoi & le lor grade piene di tante parole, che tante non ne hà un mercato, a tale, che chi vol sapere qualche cosa di novo, vada alle suore: ivi si saperà quanto tempo sia che il prete Giane dell'India non giacque con la sua moglie, ivi si saprà se Vinitiani armeranno quest'anno: se il Papa farà de molti Cardinali: se i Protestanti verranno al concilio: se li Svizzari fanno dieta: presso delle suore si contrattano i matrimoni delle malavviate femine & i divortij de non concordevoli mariti: se tu figliuola mia anderai nell'ordine minore, non potrai forse sofferir quella tanta mendicità alla quale, con infinita hippocrisia a fatica riparar si puote: nell'altre suore intrando, temo d'altri accidenti, come sarebbe della superstitione, & delle molte fattioni che fra loro sono non sapendo adunque che dirti, restami sol che a Dio ti accomandi, a quello ricorrerai tu per consiglio, à quello haverai refugio & da lui chiederai agiuto, imperoche l'è pieno di eterna sapienza, & di veracissimo amore verso noi cattivelli sempre abondò; ma se pur avviene che monaca ti facci, disponti al tutto di morir al mondo, di ammazzar le concupiscenze, di crucifiger la carne tua, di sottoporre all'altrui volere, il voler [40-v] tuo, di soggiogar gli appetiti alla ragione, di ricever Christo nel cuor per tuo legitimo sposo & a quel mai non mancare ne di fede, ne di amore; haver fissi nel petto & ne gli occhi suoi santi precetti. Ricordati di quell'oracolo de lo Spirito Santo detto alla fedel anima. AUDI FILIA ET VIDE, INCLINA AUREM TUAM ET OBLIVISCERE, POPULUM TUUM ET DOMUM PATRIS TUE. questo è il vero monacarsi, governarsi secondo la parola d'Iddio, reggersi per quell'istesso spirito; dalla volunta d'Iddio sempre mai pendente stare morir con Christo & con esso lui per vivace fede resuscitare. Piu oltre per hora non mi diffondo: prego Giesù t'inspiri & illumini a far sempre cosa, che sia all'honor suo & a salute vostra. Dal Seno alli XXVI. di Maggio.

DINA CONTESSA D'ARCO ET BARONESSA DI MADRUCCIO A M. CLARA VALERIANA S.

Antonio Ricardo, mi hà parlato a lungo da parte vostra, & hammi diffusamente narrato, in quanto bisogno siete per la malignità di tempi, & per l'iniquità de malvagi giudici, Iddio sa quanto de casi vostri internamente mi doglio, sa il medesimo come mi sento gli affanni vostri dentro al cuor mio, ne mancherò io mai di soccorrervi & favorirvi in quanto si stenderanno le forze mie; & dogliomi ch'elle sieno si deboli come le sono: opportuna cosa nondimeno mi pare, di pregarvi a sofferire [41-r] piu pacientemente di quel, che fate la poverta vostra laquale, volendola io diffinire (come in vero si deveria) altro non è che una penuria de fragili & de caduchi beni causatrice (per cosi dire) di vita quieta & a tutti i buoni desiderabile. Sappiate M. Clara mia che per il mezzo di questa beata povertà, non si temono le minaccie del mondo, ne li acuti dardi della fortuna: folmini pur il cielo quanto sa: caggiano baleni et tuoni piu che non ne cadddero mai in Flegra: scuoti la rabbiosa furia de venti il mondo a suo piacere, inondino i fecondi campi le assidue pioggie: rompansi i fiumi, sorgan per tutto le tumultuose guerre: lievinsi crudeli Pirrati et i violenti rubbatori, che sempre la povertà lieta si vedrà & ogni spaventevol cosa prenderà a giuoco: la povertà non nocque mai alle buone menti, cosi spero non debba nuocer a voi: la povertà dall'oracolo di Apollo, sotto persona di Aglao Sophidio povero possessore d'un picciol campo fu preferita alli thesori di Gige, fu cagione la povertà che molti si risanassero da gravi morbi et alli piu gratiosi studi volgessero l'animo: di questa santa povertà, tanto gia dilettosi Diogene che fece altrui libero dono di tutte le sue ricchezze, et piu li piacque d'habitar in una versatil botte, che ne reali palagi, & piu tosto contentossi mangiar delle lattuche selvagge, con le proprie mani lavate, che di adular al tiranno: di questa invaghitosi Xenocrate, contentossi di possedere un picciol orto: la medesima non dispiacque punto a Democrito (anzi fu cagione che donasse ciò che possedeva) la non fu odiosa ad Anasagora, poi che abbracciatola non si curò di si ampio patrimonio come egli havea; della poverità [41-v] delettatosi Amicla, povero nocchiero, non hebbe timore d'udir alla sua porta a mezza notte la voce di Cesare temuta dalli piu superbi Re c'havesse l'Oriente: considerate (vi supplico) carissima sorella in quanto affanno vivono sempre li possessori delle ricchezze: se risguardano il cielo, & veggano qualche nuvoletta, temeno incontanente, che il ciel non rovini, & non si guastino i seminati: se vento alcuno soffia temeno che gli alberi non caggiano a terra, se qualche incendio si eccita, tremano di paura, che i fenili, ò pagliai non rimanghino dalla vorace fiamma consumati: credetelo a me, che la povertà pacientemente tolerata, è un bene non conosciuto: l'è una felicità incomparabile, so quel ch'io dico, io non erro, ne vaneggio punto: contentative sorella di esser povera perche cosi non temerete che il rapace soldato rubbi i vostri grassi armenti, non temerete l'invidia delli amici, le astutie de ladroni, le insidie de parenti; & i cittadineschi tumulti: non vi attristate se povera siete: ma conformative con la volontà d'Iddio, non vi sbigottite per essa. ne vi paia di viso brutta, anzi fateveli all'incontro animosamente: io vi ho proposto per vostra consolatione alcuni essempi tolti dalle attioni delli huomini: molto piu n'havrei potuto togliere dalle donne troppo grandi disprezzatrici de thesori, ma questo honore per hora m'è piacciuto di far a gl'huomini per l'amor che porto al mio baron Madruccio di cui non nacque mai il piu leale, ne il maggiore osservatore delle leggi matrimoniali. Da Teno alli V. di Marzo. [42-r]

LUCRETIA MARTINENGA CONTESSA DI PORCILIA ALLA S. LAURA GONZAGA TRIVULZA.

Se mai hebbe il mio cuore alcuna grata nova, l'hebbe intendendo che di legittimo matrimonio con nobilissimo cavagliere congiunta vi eravate. Hor l'allegrezza per tal effetto nel centro delle midolle conceputa, parmi convenevol cosa che almen per lettere, (poi che con la presentia non mi è conceduto) ve la dimostri & iscuopra: ne questo però si faccia senza darvi alcuni savi precetti et utili avisi alla Economia di vostra nobil casa appartenenti: ne veramente dubito che non vi facciano di mestieri, essendo voi si giovinetta, & gran famiglia bisognandovi con la prudentia vostra governare: vi farà certo bisogno di maturo senno in questa vostra giovenil età non potendovi riposare nella diligentia dell'honorata vostra suocera havendo ella (si come da piu persone intendo) deliberato di ritrarsi dal mondo, & unirsi tutta con Christo: a voi adunque toccherà tutto'l peso, (salvo se non voleste forse che le facultà vostre divenisser preda de rapaci ministri) dicovi adunque per la prima cosa, fra molte, che ve n'hò da dire, che vogliate & amare & honorare di perfetto cuore il vostro sposo, & non simulatamente come hoggidi molte fanno, siate a punto verso di lui, come è l'Eliotropio verso il Sole, ilquale sempre risguarda in quella parte, dove egli riluce, & se quel si nasconde per qualche nuvola, ritira a se il suo bel fiore: compiaceteli sempre in ogni honesta cosa [42-v] vezzeggiatelo del continuo; state sempre lieta nel suo cospetto svolgendo l'animo & i pensieri vostri in quella parte dove piu inclinato lo vedrete. siavi in memoria la virtu & humiltà di Sarra, che chiamava il marito Abraam per suo signore: spesso vi occorrerà ammonir et riprender alcuno de vostri famigliari, fate che le vostre riprensioni siano tali, che chi s'ha da emendar, le possa agevolmente sofferire, ne sol attenderete al vitio, ma a colui altresi, il cui vitio cercate di voler correggere: essaminando diligentemente la natura sua: sogliono i dotti scrittori rasimigliar le ammonitioni all'elleboro, il quale quantunque di sua natura efficace sia, si vieta però da medici che non si dia ne a vecchi, ne a deboli, ne a fanciulli; devensi nondimeno con tal vehementia riprendere i transgressori che bastevol sia a sanar il vitio: dovrete anchora attendere quanto piu potrete perche la discordia non si alligni nella vostra casa, & non vi ponga le sue pestifere radici, lequai con difficultà si sbarbano, poi che piantate una volta vi sono: & questo facilmente vi averrà se di una medesima natione sarà tutta la famiglia vostra, trovansi nel vero alcune nationi tra quali è piu natural discordia che non è fra la vite e il cavolo, fra la Quercia & l'Olivo, fra l'Aquila e il Cigno, fra la Cornacchia & la Civetta, fra il Corbo & l'Avoltoio: a me non piacque mai il consiglio di Catone, che buono fusse il tener la famiglia fra se discordevole, perche non conspiri & non congiuri ne danni de padroni: essortovi di piu a far che le vostre damigelle non si dimestichino molto co servidori: so quel ch'io dico, & so quanto per l'amore si disvijno dalli servigi nostri, [43-r] & parimenti quanto il loro amore, a nostra infamia ci risulti: non mi piace ne anche, che tutto'l tempo consumino in far reticelle, punti sfillati, albanesi, a stora, incrocciati, & d'altra sorte. Certo Signora, se io fussi come voi siete, porrei nella minor sala, due paia di telai: & vorrei che la casa mia fusse la piu abondevole di tutte l'altre, di lenzuola, di tornaletti, di sciugamani, di tovaglie, di tovagliuoli, di grembiali, & di fregacapi. Voi direte (per aventura) che io sono una Brescianaccia nemica delle attilature, & sol attendente alle cose utili, & al far masseritia. certa cosa è Signora Laura che io non posso, ne voglio mentire, che l'utile sempre piu mi piacque che il diletto, non mi ci sento però di tal sorte inchinata, che la cortesia et gentilezza n'escluda: vorrei sempre havere un gran forciero pieno di camise, di cuffie, di moccichini, & di calcetti per donar a poveri servidori. Ditemi per vostra fe quante signore troverete hoggidi per Italia, che con verità vantarsi possino di haver mai donato ad alcun servitor tanto di tela, che si potesse fasciar un dito? & poi vogliamo che sieno ne nostri servigi fedeli, & amorevoli, et diligenti? Dannosi ad intender alcune signore che la verace cortesia consista in donare a pomposi cavaglieri; ma ben mostrano questi tali, di non saper le conditioni della liberalità, lequai sono di donare à chi bisogna & quanto bisogna. Vi essorto anchora (se dell'honor vi cale) a non fare come, che una signora di questo mondo far odo laquale da molta avaritia mossa, vuole che senza veruna pausa, giorno & notte le sue donne lavorino, et con istremo sudore il pane si guadagnino: parvi che questa [43-v] sia opera di donna che meriti di esser chiamata Illustre? a me mi par cosa d'ingorda Arpia. Confortovi ad honorare ogn'uno et quelli ispetialmente che con molto sudore hanno conseguito fama & nome di virtuoso: non vi piaccia giamai di imitare il costume di una Signora novamente defonta, laquale havendo forastieri nelle sue case albergati; niuno pensiero si dava perche stessero agiati, sol attendeva che a se stessa non mancasse cosa veruna, & per se voleva sempre qualche particolare intingolo, & privato manicaretto: per se stessa voleva tutti gli avantaggi, ne si recava a vergogna, ma ad honore, che la sua tavola non fusse uniforme: parvi che ella intendesse compitamente la regola della cortesia et della perfetta creanza? L'è molto facil cosa figliuola mia l'introdurre in casa un forastiero, ma non è poi si facile il saperlo gratiosamente tratenere, & honoratamente trattare: si doverebbe far ogni sforzo per riverire i virtuosi, anzi che i ricchi, & honorarli con perseveranza et con giudicio, senza mai mostrar alcun rincrescimento overo rinfacciarli la cortesia che se li usa; & donde credete voi che naschino hoggidi al mondo tanti ingrati? nascono perche non sappiamo noi collocare come si deverebbe i benefici; non sappiamo perseverare in esser cortesi. Per tre giorni siamo ferventissimi, & ce li vogliamo porre nel cuore & stampar nell'anima, poscia divegniamo freddi piu che la gelata. Il far cortesia è simile al giuoco de la palla, laquale spesso cade a terra, ne si pò ne ricevere, ne rimandare per difetto di chi prima la mandò. facciamo adunque la cortesia compiutamente senza rinfacciar i fatti benefici & forse troveremo [44-r] qualche gratitudine in questo nostro guasto mondo. ricordative anchora di esser nelle conversationi delle parti vostre, mansueta, benigna, & humile: percioche l'humiltà si è il fondamento di tutte le virtu: date luogo a tutte, cedete a qualunque vaga si mostra de primi luoghi: bastivi che la modestia vostra vi faccia rilucere ovunque andate: guardatevi per quanto vi è caro l'honore, di non imitare alcune donne che l'anno passato per precedentia s'hebbero a tirar per le treccie. Non vi curerete ne anche per mio consiglio di molto pompeggiare: sia l'habito vostro pieno di leggiadra honestà: quante n'ho io a miei giorni conosciuto, lequali sol con l'habito mal disegnato, & peggio concertato, davano aperto inditio d'haver il capo sventato et pieno de grilli: non vi consiglio a caricarvi d'oro, anzi vi conforto a non portarne punto; poi che tutti i savi Cabalistici affermano ch'egli sia di maligno influsso: Contentatevi (per mio giudicio) d'un bel vezzo di perle orientali al collo, di qualche bel corallo per le braccia & d'un bel Smeraldino ò grato Diamante per le dita: non approvo il costume di sposarsi le orecchie (quantunque molto usitato sia) per esser tal usanza venuta da Barbari costumi: non porrete sul vostro bel viso cosa veruna c'habbi corpo: ma contentatevi di semplice acqua di fontana, o di fior di fava, cosi farete fare alle vostre donzelle, delle quali vi conforto ad haverne quella cura che havreste di voi, non favoreggiandone alcuna particularmente piu dell'altre, per esser cosa di molto sospetto & di mal essempio: altri ricordi vi potrei dare, ma non voglio per hora esservi piu prolissa: sol questo vi vo dire prima che [44-v] conchiuda l'amorevole mia lettera: che sopra ogni cosa vi ingegniate di tener compagnia savia & honesta: imperoche tal sarete tenuta, qual sarà la compagnia che voi havrete. State lieta & conservative in sanità, perche tosto veggiamo di voi li desiderati frutti. Di Porcilia alli X. di Febraio.

LUCRETIA MARTINENGA CONTESSA BECCARIA A M. LUCISTELLA DAL POZZO.

Ho risaputo da Cecilia vostra carissima Zia, che havete determinato di volervi maritare (mal grado de quanti parenti vi ritrovate havere) se ben dovete togliere il piu vil furfante che vegga il Sole: ò pazzarella dove ne havete il senno? siete voi di voi stessa uscita? imparate prima a conoscervi bene, il che è potissima parte di vera sapienza, & poscia diretemi (sel vi pare) di esser donna d'haver marito? saprete voi conservare in casa stando quel che il marito guadagnerà fuor di casa andando? che questo è uno de principali ufficij della buona madre di famiglia? saprete voi discretamente comandare a servidori & allevare i figliuoli come alle buone madri si conviene? Io temo grandemente (per dirvi hora il tutto) senza tenervi alcuna cosa celata che voi sarete di quelle, che vituperano il sesso nostro, & lo fanno alli huomini per la lor dappocaggine abhominevole. Deh fate a mio modo, imparate prima la modestia, la discrettione, & la vigilantia, imperoche alle padrone di casa conviensi sempre esser le prime che la mattina [45-r] si levino, & l'ultime che si corchino: pensate (vi prego) meglio a fatti vostri, & non vogliate (come le bestie fanno) movervi solamente alle cose presenti, non risguardando le future, non vogliate per un poco di prurito di minor dolcezza di quella che sovente ne causa la rogna porvi a rischio di menar perpetuamente mala vita, & farvi schiava dell'intemperanza maschile. vi paio forsi nell'ammonirvi troppo dura & aspra: date la colpa a voi stessa, poscia che sempre foste di si adormentato intelletto, che ne per ammonitioni, ne per gridi, ne per minaccie mai vi potei svegliare da si profondo sonno: date la colpa a vostri maligni affetti, liquali a guisa del morbo regio vi fanno parer amaro il mele. Di Pavia.

HIPPOLITA MARCHESA P. SANSEVERINA A M. CALANDRA GARIBOLDI.

La vergogna, & la taciturnità, che furono sempre due spetiali virtu della donna, risplenderono gia grandemente in voi, mentre nelle nostre contrade famigliarmente conversaste: & hora (se il vero m'è rifferito) sono in voi del tutto spente: odo che siete fatta baldanzosa, loquace, & unica seminatrice di discordie sopra tutte le femine del vostro vicinato. Ah sorella, non sapete voi, che i buoni costumi, sono la nostra vera dote, et il nostro vero ornamento non lo scrive questo Sophocle nelle sue Tragedie? certamente si come nella febbre, l'haver [45-v] buona lingua, è gran segno di salute, cosi nelle donne è segno di grande honestà: frenatela adunque, & ricordatevi che non senza gran misterio, natura la circondò di due ripari, cioè di labra, & di denti: l'è nel corpo la lingua come nella nave il temone: fu la sfrenata lingua spesso cagione de molti mali: per il che gran virtu fu giudicato il saperli per debito modo: l'è pur grande infelicità la nostra, poi che il Sole, la Luna le stelle, il mare, la terra, gli alberi, l'herbe, l'api, le formiche, & le conchilie possono antivedere le future tempeste: & che sol l'huomo non antivegga i danni grandi che la licentiosa lingua lor si spesso procura; fate (vi prego) come far sogliono i dotti marinai, & li esperti contadini, prevedete la rovina, nella quale siete per cadere se non chiudete la lingua fra denti; il che, tosto fareste se poneste misura all'infinita vostra cupidigia; non havesti invidia a chi ha maggior fortuna di voi: dovereste pur sapere, che nelle picciole cose stessi sempre maggior quiete, non voglio esacerbar piu questa mia ammonitione, havendovi di cio piu volte bastevolmente ammonita, & non volendo ci intravenisse, come veggiamo intravenire ad alcune salutifere medicine, lequali per l'assiduo uso perdono la virtu. Di chiavenna nostra giuriditione. [46-r]

LUCRETIA PICINARDA CROTTA A CINTHIA VANNINI.

Tu mi scrivi figliuola carissima come se io dotta fussi al par di quella Leontia, c'hebbe ardire di scrivere contra Teophrasto et vorresti da me sapere, (per quanto dalle tue lettere intendo) onde nasca che la femina sia dalli antichi scrittori reputata piu imperfetta del maschio. Per qual rispetto si soglia dire, che levata ò spenta che sia la lucerna, tutte le femine sieno d'un'animo et d'un volere. Per qual cagione i Romani ci vietassero il vino, perche fusse l'Amore depinto con l'ali: perche naschi la barba a quelle donne, che in Caria fanno l'ufficio de sacerdoti, & cosi chi mosse Phidia a pingere Venere, sopra di una testuggine: Alle presenti questioni per hora risponderoti il meglio che saprò, & quanto alla prima richiesta dicoti, che si reputò la femina piu imperfetta per cagione dell'innata frigidità, che in lei si vede, all'altra dimanda dico haver ciò ritrovato gli huomini, per una pura malignità volendo tacitamente significare, che se la vergogna non ci ritenesse saremo tutte macchiate di una pece, & pur ne mentono: Negaronci il vino i Romani, non perche riputassero nel vino albergare la lussuria; il che però da Paulo s'afferma, ma perche fussimo men animose, & meno ardite nel resistere alla loro iniqua tirannide; Fu dipinto l'Amore con l'ali, perche intendessimo che gli animi delli amanti facilmente s'inalzano, & spesso da vana speranza gonfiati. Nasce la barba alle Sacerdotesse di Caria, perche sia un certo segno della lor divinante [46-v] natura: dipinse Phidia Venere sopra della Testuggine, per insegnare alle donne maritate che debbono starsi in casa: ho risposto alle tue dimande quanto piu brevemente per me s'è potuto: se non sei pienamente sodisfatta, perdona all'imperfettione dell'intelletto. Di Cremona, alli X. d'Agosto.

AGNESA DI BESTA A M. FLAVIA ROVEGA.

Ho presentito (non so sel sia il vero) che siete per gir in Alemagna a riveder vostra sorella, che gia vi fu si felicemente maritata: accadendo adunque che facciate tal viaggio, pigliarete questi pochi ricordi, nati da pura & semplice affettione: armate per la prima molto bene le parti vitali del corpo vostro, & quelle che sono dal cuore piu remote; perche vi so dir che sentirete freddi si aspri, che vi si gelarano le parole in bocca, se sarete sforzata per l'usanza Tedesca, di bere contra la vostra voglia, & temete di non imbriacarvi, mangiate prima delle mandorle amare: bevete ancho doppo pasto un bichiero di acqua fresca, overo usate (si come facevano gli antichi) di portarvi adosso l'ametisto: bevete similmente avanti che mangiate, due dita di succhio di cavolo: quando sarete fra questa natione, laquale di fede & di s. semplicità avanza tutte l'altre: studiarete d'imitar ciò che hanno di meglio, come sarebbe oltre le due prefate cose, il lavarsi il viso di acqua schietta, non lisciarsi, non pelarsi punto, non far i capei ricci, non sbiondeggiar le treccie, spesso lavarsi tutto'l corpo: salutar ogn'uno [47-r] benignamente, legger piu volontieri le sacre historie, anzi che i sospiri del Petrarca, le pazzie d'Orlando, le prove di Gradasso, l'Amadis de Gaula, & altre vanità dalle Italiane scioccamente molto istimate: non imitate gia il peggio c'habbiano in lor stessi, ma imitate il meglio, acciò non si dica che voi facciate come facevano alcuni sciocconi di Athene, liquali non sapendo imitare la divina eloquentia di Platone, nell'ingegnoso artificio di Aristotile, imitavano de l'uno il scilinguato favellar, et dell'altro l'andare con le spalle incurvate: fuggite di seguire l'usitato stile delle fanciulle Tedesche, nemiche di mangiare all'aperta, & vaghe di trangugiar secretamente infino alle pentole: non vi sia maggior maraviglia il veder tutto'l giorno huomini & donne imbriachi, che se voi vedessi presso de Miconij ogn'uno calvo: sarebbe piu facil cosa trovar veleni in Candia, che sobrietà in Alemagna: non altro, ritornate sana et lieta. Di Teio, nel nostro palazzo, alli VI. di Gennaio.

MARGHERITA PELLEGRINI COR. A M. CAMENA LANDRIANA PACE ET SALUTE NEL SIGNORE.

Mi è molto piacciuto d'intendere che habbiate abbandonato il mondo, & vi siate data tutta a Giesu Christo che è porto tranquillissimo de nostri affanni, & delle nostre infinite miserie: ma perche la religione è assai vicina alla superstitione (si come tutte le virtu hanno i vitij per i suoi confini) guardatevi (ve ne supplico) [47-v] per le salutifere piaghe di Giesu Christo, che non ne restiate in parte alcuna macchiata: L'è veramente la piu miserabil cosa che possa avvenir all'huomo Christiano: il superstitioso non ha mai dove ricorrere, per havere a suoi affanni tranquillo porto. Quelli che solevano gia haver paura di Policrate tiranno non lo temevano salvo mentre che erano a Samo: & quelli che temevano Periandro, non stavano in angoscia salvo fin che dimoravano a Corintho, ma il superstitioso non ha dove mai fuggire per liberarsi da quella mala paura che le sta fitta sempre nelle midolle: se il ladro, ò vero l'huomicidiale fugge in chiesa, l'è sicuro, non teme di nulla, ma il superstitioso piu teme in chiesa, piu dubita presso l'altare che altrove non fa, ma se volete dalle sue mani liberarvi, svolgete l'animo alle sacre lettere, & quelle, con tal attentione leggete, che ve le convertiate in succo & in sangue: per il mio giudicio (benche debole) incominciarete dalla Pistola scritta da Paolo alli Romani, qual S. Chrisostomo chiama metodo del christianesimo, & Chrisostomo istesso userete per interprete di quella: doppo questa elettione, ponete poi mano dove piu vi piace: di una sol cosa vi ammonisco io, che la scrittura sacra è fatta da lo Spirito santo, & senza l'opera sua mal si puo intendere: farà adunque bisogno d'imitare il beatissimo S. Bernardo, dal quale si legge, che piu imparasse, orando, che studiando, ma se pur volete adoperar interprete; vi ricordo Girolamo ne profeti, Basilio nel Genesi, Agostino sopra Giovanni, Arnobio sopra i Salmi, Hilario sopra Mattheo, Bernardo sopra Lucca: ma spero che di questo ne parleremo [48-r] a bocca, fra tanto state sana in Giesu Christo: qual sempre prego sia la guardia vostra. Di Correggio alli X. d'Aprile.

MADDALENA DELLI ALBERTI A CASSANDRA LANFREDUCCI S.

Se voi volete che io conversi con esso voi, & che da sorella per l'avenir io vi tenga & ami, si come per adietro v'ho amato: voglio per ogni modo mutiate vita & cambiate costumi: ma che cosa disperata è questa che non sappiate attendere ad altro, che a lisciarvi questo vostro viso, peggio che de baronzi: per amor del quale stillate ogni di una somma di radice di rusta, & consumate quanto lume di piuma potete ritrovar nella citta vostra: & tanti rossi d'uova che tanti non ne consuma la Ciartosa di Pavia: ne contenta delle usate ricette, intendo che havete incominciato nuovamente a stillare ogni settimana un barile di urina di cavallo, & un gran mastello di latte d'asina: che diavolo pensate voi di fare? volete consumare oltre il tempo (che è pretiosissimo) quanto havete in cotai frascherie? & come vi comporta vostro marito? ma egli deve esser un qualche trasognato peccorone: il mio Signor Nicolò non mi comporterebbe gia si fatte cose maffesi, tosto la partirebbe meco, & forse non senza mio scorno et danno. oh come fareste voi il meglio a polire la vostra casa laquale par sempre un porcile, a rapezzar le vesti a vostro marito che pare un stracciaruolo. oh quanto fareste il meglio a [48-v] racconciar le calze a vostri figliuoli che con vostra gran vergogna mostrano le carni & vanno per le contrade con i capelli scarmigliati che paiono tanti piccioli bastasi: credo vi gioverebbe molto se ve n'andaste ad albergare in Vinegia almeno un'anno in Vinegia dico unica maestra delle attilature & della politezza: spero che questa mia ammonitione non sarà del tutto vana: Iddio lo voglia, per sua bontà. Da Tirano alli III. d'Aprile.

CATHERINA MALACRIA A M. MARGHERITA MARLIANA S.

Mai mi ricordo d'haver sentito la maggior molestia di quella ch'io senti l'altro giorno, udendo tanti vantamenti, quanti dava Madonna Fiore a sua figliuola: è possibile ch'ella sia si mentecata che non si avegga & non sappia quanta fragilità consista nella nostra florida età laquale, tante migliaia d'huomini & per il passato ingannò, et ingannerà sempre per l'avenire? oh che momentana letitia n'arreca il fior della giovinezza poi che arido doventa in men che non balena? Qual saggio Architetto si vide mai che l'edificio suo in fragil fondamento fondar volesse? passano i corpi nostri a guisa di ombra, & noi miseri, tanto pazzamente ce ne invaghimo, si che a ragion grande, me ne doglio, che tutto'l tempo, si consumasse in que vani ragionamenti. Ahi quanto sarebbe stato il meglio che delle sante scritture, havessimo insieme ragionato. Pregovi (per tanto) carissima sorella, che piu non me la facciate udire (se d'altro [49-r] non sa favellare) pregovi similmente quanto piu tosto con esso lei favellarete: vogliate (per charità) predicarli, & porgli nel capo che niuna cosa sia da sprezzare con maggior vehementia, della bellezza corporale, qual molti savi la chiamarno domestico nemico, cagion potissima de strani accidenti, et grandissimo fomento di lussuria la reputarno. se io le fussi si vicina et si domestica come voi siete, non vi porrei in su le spalle cotal carico: lo torrei sopra di me molto volentieri, non parendomi che meglio collocare si possa il tempo, che in si fatte cose, grate a Dio, giovevoli a gli huomini, & honorevoli al mondo. altro per hora non mi occorre a scrivervi: attendete a star sana insieme col vostro amatissimo consorte, & carissimi figliuoli. Di Gaspano alli XIII. di Luglio.

OTTAVIA BAIARDA A M. CAMILLA TESTA.

L'havervi io conosciuta savia et ingegnosa piu assai che non fu mai Nicostrata, Diotima, ò Thargelia, mi fa confidente & molto ardita a chiedervi la solutione di alcuni dubij che l'altro giorno nella mia casa di ingegnose donne si trattarno. vorrei saper perche si volentieri li amanti si baciano gli occhi. Vorrei saper per qual rispetto, spesso gli amanti perdino il sonno & perche si di rado le imagini delli amati occorrono in sogno alli amanti. Vorrei da voi sapere, per qual causa vaghi sono li amanti di portar nelle mani & poma & fiori et perche circundino le porte amate di Corone di fiori [49-v] tessute. Vorrei intendere dall'alto vostro sapere, qual sia la causa che li amanti divengano pallidi nel cospetto delli amati, & altri ve ne sieno che rossi si fanno. Vorrei sapere perche sieno li amanti si alle lagrime inchinati & pronti. Desidero sapere, che sia cagione che li amanti nella presentia delli amati, spesso si amutiscano & delle cose premeditate già con gran studio, si scordino. Vorrei sapere, perche cosi ci vergogniamo di confessar i nostri amori. Bramo sapere, per qual causa l'adirarsi sia un rintegrar l'amore. Bramo sapere la causa, perche Amore a nullo amato amar perdoni. Vorrei sapere perche triemi la voce alli amanti. Bramo sapere perche si habbi nelle cose amorose il sternutire per buon segno. Vorrei sapere perche i poeti chiamino Venere, hor Aurea, hor Philomide, cioè amica del riso. fatime saper onde naschi che li amanti tanto sieno facili al spergiurare, fatime sapere perche non vegghino li amanti i vitij delli amati, fatime sapere, perche tanto facilmente si rompino gli amanti la data fede: fatime sapere se l'è maggior piacere nell'amare, ò nell'esser amato: fatime sapere, qual sia piu facil cosa finger l'amore ò dissimularlo essendo amante: fatime saper chi piu facilmente si persuada di esser amato, ò l'huomo ò la donna, & chi di loro sia nell'amor piu costante & fermo. non vi voglio di piu per hora aggravare, benche certa mi renda non vi si poter adimandar cosa si difficile, che scioglier non me la sapeste: aspetto però detta solutione piu volentieri a bocca che per lettere, essendo certa di farci maggior guadagno. non altro. Di Pavia alli V. di Febraio. [50-r]

CAMILLA TESTA ALLA S. OTTAVIA BAIARDA.

Voi mi proponete una Illiada de oscuri quesiti, perche ve li solva, basterebbe certo che io havessi consumato tutta l'età mia ne studi della Philosophia, ò che sempre havessi atteso a le imprese d'amore. parvi che a l'età mia hora si convenga amore ne cotai dimande? certo che le mie grincie con questi miei scalzati dentoni, fanno fugir amore lontano mille miglia, ma poi che nella vostra casa si ragunano delle persone dotte & ingegnose fatemi voi gratia di propor loro perche in tutte le sorti de animali le femine sterili sieno piu libidinose delle feconde. Per qual causa ne principij delle gravidanze ci sentiamo si male, & poi in processo di tempo, stiamo bene. Perche sono piu lussuriosi quei huomini c'hanno le gambe piu sottili. Perche sono più lussuriosi quei uccelli, che meno volano. Perche mutasi il suono della voce cosi ne maschi, come nelle femine, come voi mi havrete mandato la solutione di queste mie quistioni, forse vi solverò le vostre presentialmente (come mi pare che piu desiderate) fra tanto state lieta & sopra tutto guardative d'amore, perche l'è una mala cosa. egli ci fa di savie doventar pazze: ci spoglia d'arbitrio, ci disvia dall'amore de mariti, dalla benivoglienza de figliuoli, ci fa porre in oblio l'honore, il maneggio della casa, & ne conduce sovente fiate all'ultimo sterminio; ricordative di Capronia Vestale, qual amor condusse ad esser strangolata, ricordative a che sconcia opra conducesse già Aufilena da Catullo mentovata, et Ipermestra [50-v] da Ovidio piu di una fiata ricordata: ramentative in quanta follia per amor venessero Valeria Tusculana, Gidica & Tutia Vestali, sovengavi a quanta pazzia venisse Clitennestra per amor di Egisto, Fabia per amor di Petronio, Thimea per Alcibiade: & Postumia, Lollia, Tertullia, Mutia, Servilia & Iunia per Giulio Cesare: si che lasciate andar l'amor da canto & insieme il ragionar d'esso: fate a mio senno, altrimenti egli vi condurà a mal fine. So quel ch'io dico; so quel che hò piu di una fiata nella mia giovanezza per lui amaramente sostenuto: egli mi ridusse già un giorno, che non havea anchora compiuto venti anni a tal partito, che non mangiava se non sospiri, & non beveva salvo che lagrime: oltre che tanta perfidia & dislealtà trovai nell'amato mio signore, che tanta non credo se ne trovasse in Theseo verso Ariadna, in Demophoonte verso Philide, in Iasone ver Medea, in Enea ver Didone, in Ulisse verso di Calipso. Io li fui sempre amante & superai Penelope, Emilia, & Turia di fede, & di amore si che io parlo come esperta. state sana. Da Roma alli VI. di Maggio.

LUCRETIA CORSA ALLE GRATIOSISSIME ET VIRTUOSISSIME FANCIULLE LA S. LAURETTA, ET LA S. LEONORA CAVALLERIE.

Non vi maravigliate bellissime Signore se non conoscendovi di faccia, ma sol di fama, & di nome, io ardisca [51-r] di scrivervi, et di richiedervi humilmente che per amica mi accettiate. L'è veramente si dolce la fama che nelle nostre case di voi risuona, che non v'è donna ne fanciulla, che non brami di vedervi & di servirvi: & qual maraviglia meritamente ad alcuno esser deve di questo nostro si intenso desiderio, poi che figlie siete di quella rara Donna: la quale con la sua gentil creanza innamora di se ciascuno, & ciascuno tira a se con quella prestezza che veggiamo il vento Cecia trar a se le nuvole. Certo è che di niuna cosa con maggior ardore prego l'altissimo Iddio, che di haver un giorno occasione di visitare questa vostra città, acciò che insieme et vedere & la dolce vostra armonia gustar possa. Non è anchora guari che la S. Lucretia Agnella scrivendomi delle vostre rare virtù, fra molte ch'ella me ne disse a Calliope et a Clio vi rassimigliava, tanta è in voi la disciplina della musica congiunta con voce piu dolce et piu grata che se di canoro Cigno fusse. Oh se mai aviene che a degni mariti di voi maritate vi vegga, voglio questi tali piu aventurosi reputare, che se l'uno dell'Oriente, et l'altro del Ponente divenisse Posseditore: se vi volessi narrare carissime figliuole, quanto ho udito ragionare da valorose donne, & che mentir non sanno della vostra singolar bontà, io non terminarei questa mia semplice lettera ch'ella arrivarebbe a piu alto volume che non arrivarno le decadi di Livio Padovano; qui adunque farò fine et il mio scriver terminerò pregandovi & con ogni ardente affetto ripregandovi, a ricevermi & per serva, & per amica, si come a tutte l'hore & chieggio, & di cuor bramo, salutate in nome mio la S. vostra madre et la S. [51-v] Isabella: state sane, & liete. Di Coreggio, alli XIII. d'Ottobre.

MARTIA BENZONA ALLA S. ARTEMISIA SCOTTA.

Mi è rifferito da persone degne di somma fede, che mai non state in ocio, ma tutta siete intenta alli studi delle buone lettere, et a certi lavori che paiono usciti di mano di Aracne. doverebbesi dalla S. vostra Madre raffrenar questo si smoderato studio, a quella guisa che si tagliano i Pampini alle lussuriose viti, acciò non sia cagione la troppo fecundità di farle ò morire, ò picciole divenire. Non vorrei usaste tanta diligentia nel studiare, ch'ella vi fusse di nocumento. non altro state sana. Di Vinegia alli X. d'Aprile.

PACE TASSA A M. ANTONIA PELLIZZONA.

Mi scrivete per l'ultime vostre lettere, che molto vi maravigliate, perche M. Antonio tanta stima faccia di Luigi, essendo huomo tanto infame, (cosa che per aventura non havereste aspettato) fidandovi nella perfettione del suo chiarissimo giudicio, cessi cessi (vi prego) cotesta maraviglia, perche nel vero egli lo conosce ottimamente: ma dovete sapere che a le volte si porta rispetto ad alcune persone, non perche degne ne sieno reputate, ma perche ci fa a le volte bisogno dell'opra loro. L'è cosa capitale l'uccidere in Thessaglia la cicogna, [52-r] & questo avviene perche suole uccidere i serpenti, & cosi hassi in Inghilterra riguardo di ammazzare il Milvio, perche purga la città portandone via l'interiora delle bestie che si ammazzano. ma che havreste voi detto veggendo quel che piu volte veduto hanno gli occhi miei? esser accaduto spesse volte che una buona & santa femina ha hauto mestieri d'una malvagia & trista petegola: un Re è alcuna fiata stato sforzato di accarezzare un'huomo di privata conditione, & di questo sia per hora detto a bastanza: vengo all'altro capo. Piero nostro è ritornato dalla Corte, ne d'altra cosa hora piu voluntieri favella, che de Baroni, & gran Satrapi: egli per la fede mia mi fa ricordare di quell'uccello detto Tauro, ilquale, (quantunque picciolo sia) imita però la voce del Toro, & si fattamente mugisse, che non v'è persona che facilmente non rimanesse ingannata: cosi non ci è huomo che non creda ch'egli nodrichi nel petto lo spirito di quanti Signori ha tutto il Regno di Napoli: qua vi desidero a tutte l'hore, perche vi udirei ridere molto saporitamente. Di Bergomo, alli XX. d'Agosto.

EMILIA BREMBATA SOLCIA, ALLA S. FULVIA ROSSA.

Voi mi scrivete & nelle prime, & nell'ultime vostre, che vi siete mutata di proposito, ne piu vi volete render monaca, per non haver mai saputo ritrovar monistero alcuno, che di qualche errore non sia contaminato. mi maraviglio della prudentia vostra, ch'altrimenti [52-v] pensaste. Soleva dir un santissimo frate che fu ne suoi tempi uno specchio di virtù, che si come nella Candia non si trovava alcun animale velenoso, eccetto che il Phalangio, cosi non potersi ritrovare alcun Monistero si santo & si devoto dove almeno l'invidia & la mormoratione non vi alberghino: guardative pur di non lasciarvi adescare da le lor lusinghe. io vi so dir ch'elle sogliono fare, come l'Hiena far suole, la quale imita la voce humana & impara il proprio nome di alcuno, & chiamatolo fuori di casa, lo lacera, cosi fanno le monache & cosi fanno i frati: con mille lusinghe & segrete astutie ci infrascano il cervello, & infrascato che ce l'hanno ne fanno poi sentire che meglio a le volte sarebbe state di essere ite nell'Inferno. Dite, dite, a vostro padre che ponga giù questo pensiero di farvi monaca, & che vi procuri un bello & honesto marito, con dote conveniente a le sue facultà: ponga mano hormai al thesoro che tanto tempo tien rinchiuso senza godimento ne di se stesso, ne d'altrui: non si ricorda egli forse in quanti pericoli sia già stato per l'insidie che gli furono piu volte apparecchiate per depredarlo: meglio farebbe a imitare il Castore, il quale piu di lui prudente di quella cosa facilmente si spoglia, per la quale, porta pericolo: non altro. state contenta. Di Bergomo alli XXV. d'Aprile.

PETRONIA FRANCA A M. SULPITIA DA VENOSA.

Inestimabil contentezza & incomprensibil gaudio hò sentito quando per più di un messo degno di fede intesi [53-r] che amore con il suo chiodo fissato havea il vostro volubile cervello, & che con suoi lacci strettamente vi teneva legata. Vorrei adunque da voi sapere se questo vostro amore è violento ò volontario: ma se per aventura non vi piacesse di essere innamorata & dal destino guidata fussi anzi che dall'elettione; ricordative che si come le tenerelle piante facilmente si sbarbano & con difficultà fatto che hanno le radici sveller si possono, anzi gagliardamente resistono alla furia de impetuosi venti: si Amore nella sua fanciullezza cioè da cominciamento esser di poca forza; cresciuto poi a tanta possanza pervenire che vincer non si pò ne per forza, ne per arte. sia lodato il Dio d'amore, che vi farà per l'avenire di mezza pazza, doventar tutta savia, di avara, liberale, di timida, ardita & sicura: doventarete vigilante, ingegnosa, & piena di mille accortezze (che cosi suol fare amore i suoi devoti seguaci) di quanto desidero saper da voi, fatemene certa a la venuta di M. Tranquillo, che niuna altra cosa piu grata far mi potreste. Di Palermo alli XX. di Luglio.

MARIA DE BENEDETTI A M. N. R.

Se vostro marito vi da delle busse, s'egli vi stratia, & s'egli vi fa mala compagnia datene la colpa a li vostri mali portamenti, alla smoderata loquacità & all'infinita vostra ritrosia, la quale sarebbe sofficiente di farvi brutta & spiacevole sin' nell'Inferno: sarebbe pur hormai tempo che mutassi costumi & variassi stile: volete voi che di altro mai non si favelli che delle vostre [53-v] pazzie, le quali v'hanno hoggimai fatto infame per ogni contorno. Io mi abbattei (& non è anchora guari) in un bel drapelletto di savie & accostumate signore, lequali & la vita vostra acerbamente biasmavano, & di ogni stratio degna vi giudicavano; per esser voi sopra ogni altra donna al marito vostro ritrosa, & disubidiente; ne vi mancarno di quelle che vi davano colpa d'havergli piu d'una fiata rotta la matrimonial fede, & spezzati i legittimi nodi, & questo per ismisurato amore che portate ad un vilissimo furfante, infame di ladronecci & di homicidij, ebriaco, & malvagio metidore de dadi, con cui non si porrebbe la piu deserta meretrice c'habbi ne Roma, ne Vinegia. altra cosa per hora non vi scrivo. prego Iddio vi doni miglior mente & piu saldo intelletto. Di Luca alli XX. d'Aprile.

LEONORA GONZAGA DUCHESSA DI URBINO A M. FRANCESCHA NEGRA S.

Intendo che non si pò piu vivere con esso voi, per haver una figliuola, tenuta da voi che di bellezza avanzi Amarilli, & a quella Egle che fu creduta la piu bella di tutte le Naiade: & per questo sprezzate tutte le altre fanciulle del vicinato vostro, a tutte dando qualche emenda & tutte giudicando pazzamente ò che hanno gli occhi fatti con i fusi, ò che hanno la bocca storta & i denti negri. ad altre date macchia che portino mal la vita & ad altre che habbino le gole grosse, & siano troppo ne le spalle strette: sol la vostra figliuola secondo il parer [54-r] vostro è compiutamente bella: essa sola ha gli occhi piu vaghi et piu amorosi che non hebbe mai Helena Greca: essa hà piu bella bocca di Atalanta con denti assai piu minuti piu bianchi, & piu eguali di quelli di Argia figliuola del Re Adrasto: essa hà piu vaghe fattezze di Briseida per cui arse d'amore il feroce Achille: essa hà la gola piu candida & piu rotonda di Chione, la quale (se'l vero scrive Ovidio) piacque a mille amanti, essendo appena di quattordici anni; essa anchora, hà piu belle spalle, che non haveva l'amata donna di Acontio, parvi a voi che questa sia una bella vanità di cervello? veramente se l'è tanto bella, quanto voi dite, tanto piu havete voi da guardarvi da le molte insidie che le saranno giorno & notte fatte, da ogni lato apparirà chi mostrerà haver di lei desiderio, & voi ne starete in continua paura, & ne viverete in perpetua sospittione: non vi gioverà il confidarvi ch'ella sia casta, percioche quanto ella sarà di maggior castità, tanto piu vigilante sarà l'altrui libidine verso di lei. Pregate pur Iddio che s'ella è casta, sia perpetua la sua castità et da si santo proposito non si muti. Iddio da dishonor vi guardi. Da Fossombrone, alli III. d'Agosto.

D. GIULIA GONZAGA A M. LIVIA NEGRA S.

Con mio gran dispiacer hò risaputo, esser venuto à voi un scelerato Alchimista, il qual con false lusinghe v'ha pervertito il cervello & vi hà fatto intrare in humore, che tramutar si possino le sostanze de gli elementi, & [54-v] di rame farse argento & l'argento convertire in oro: l'è pur una gran cosa che questi furfanti, mendichi & pidocchiosi, voglino arricchir ogn'uno, quasi che piu molesta lor sia l'altrui povertà & miseria che la propria mendicità l'è pur stolta la credenza nostra: l'è pur infinita la cupidità de mortali, ma che faremo noi se ci havessimo a star perpetuamente? noi ci stiamo a pigione per tre giorni in questo miserabil mondo & mai non ci pare d'esser pieni. Siamo veramente fatti simili all'idropici, quanto più beviamo tanto maggior sete ci nasce: ò infelici noi, poi che non ci ricordiamo di esser mortali et di havere a lasciare un giorno a dietro ogni cosa: ignudi siamo venuti in questo cieco mondo, & ignudi, ò poco meno, converacci uscirne: volete Madonna Livia che io v'insegni una bella alchimia? Thesaurizatevi de thesori in Cielo, dove i ladri non rubbano, dove la rugine non consuma, & dove la tignuola non rode, & non mannuca: quel che si acquista per mala via non è acquisto, ma l'è perdita grande & dannoso guadagno: sono le promesse delli Alchimisti simili a quelle delli Astrologi; li quali vantansi di sapere le cose future, & non sanno ne le presenti, ne le passate & pur ardiscono di manifestar le cose celesti come se del continuo presenti stessero al concilio d'Iddio: non mi so veramente risolvere se la lor frode sia piu brutta, ò di pur la pazzia nostra credendoli come facciamo, sia di maggior scherno degna: tornate in voi M. Livia, & se le facultà non correspondino alli appetiti vostri, poneteli freno, & cosi non vi accaderà far l'alchimia. Di S. Francesco di Napoli alli VII. d'Agosto. [55-r]

D. MARIA CARDONA MARCHESA DELLA PALUDE A M. N.

Non so che pensier sia stato il vostro, di abbandonarci & ridurvi alla villa, hora che havevamo si grande carestia di compagnia (che fusse a nostro modo) l'è stato veramente un'atto di poco amorevol donna; ispetialmente, non havendo voi altra scusa che di cercare un'aria serena: sarei contenta in vostro servigio che piu tosto procacciato havessi un'animo sereno & tranquillo, non ingombrato di alcuna nuvola di maninconia, non alterato da alcun vento d'ira: perche questa sarebbe una stabil serenità & un'utile tranquillità & qual cosa vi potete voi imaginare piu incerta et piu instabile dell'aria che n'andate cercando? se hora è sereno in men che nol dico, sarà forsi nuvoloso il tempo: si che s'altro non vi hà fatto gir fuori, & altro non vi ci tiene, tornate a noi, & sentirete maggior frutto & maggior dolcezza della nostra conversatione che dell'udir cantar i rusignuoli: ecci qui, la .S. Donna Maria di Tocco, la quale, parla del Regno d'Iddio si dolcemente, che la innamora ogn'uno che l'ode, & facci venir voglia di morire per andar tosto a fruire le bellezze eterne del grande Iddio. ecci la .S. Princessa di Salerno: la quale con la sua dolce & real presenza & con le sue gentilissime maniere sarebbe atta a raserenare l'inferno, & ragioir le misere anime de dannati. ci habbiamo poi M. M. Antonio delli falconi, gran segretario della natura, il quale ne trattiene con la dottrina Greca, Toscana & Latina in stupor grande. ecci il nostro M. Hortensio pieno di [55-v] Paradossi. Del nostro fresco che noi godiamo, non ve ne parlo, perche so ne siete ottimamente informata: tornate adunque & non s'indugi piu se non volete che si muoia di desiderio. Di Avelino, alli V. d'Aprile.

SUOR BARBARA DA COREGGIO ALLA S. LODOVICA MANDELLA.

Delle tribulationi che novamente (benche non alla sproveduta) vi sono alle spalle sopragiunte, me ne sono & per la carità christiana, & per il particolar amore che vi porto, istremamente doluta, sperate figliuola nel Signore, & vedrete ch'egli ve ne trarà fuori miracolosamente; & quando meno ci pensarete. & in cui potete voi meglio collocare & stabilire le speranze vostre? Se in altra cosa sperate, non sarà mai quella speranza senza timore, ma piena di vanità & la fortuna haverà mille aditi per turbarla, mille vie per ingannarla, il che non le fie mai conceduto sperando voi nel S. Dio, fontana di tutte le consolationi, refrigerio de tribolati, speranza delli oppressi, sostegno de deboli, verace ricchezza de poveri, il quale vi darà vita eterna & senza dubbio ve la darà, se perseverarete nella toleranza c'ho spesse volte in voi sommamente ammirato, parmi veramente impossibile che havendo in voi questa santissima virtù di patientia, non ci habbiate ancho l'altre virtù, essendo fra di loro, un certo legame, & una certa consanguinità che chi una ne possiede, paia di necessità che tutte l'altre ne possegga; & cosi per conseguente a chi ne manca una tutte l'altre gli manchino; & [56-r] se questo si confessa da savi scrittori esser vero nelle virtù morali, che sarà poi nelle Theologiche? Quando vi piacerà venir a me, spero di darvi tutta quella consolatione che per me si potrà maggiore, & mostrarvi, quanto v'ami, & impressa nel cuor vi tenga: le nostre suore, hanno del continuo pregato Iddio per voi & se havete sentito alli di passati alleggiamento alcuno alli vostri affanni; n'è stato cagione la fede di sor Virginia; la purità di suor Agnola, la patientia di suor Alessandra, l'humiltà di suor Antonia, & la gran devotione della madre suor Catherina. Sarà vostro ufficio ringratiarle cortesemente. vi prometto che elle sono state si assiduamente inginocchioni, che s'hanno fatto il callo in su le ginocchia, come si legge in Egesippo che all'apostolo S. Iacopo per il molto orare avenne; ne altro intorno a ciò vi dico state di buona voglia, mirando con certa fidanza il cielo d'onde vi pioveranno un giorno in su le treccie, tante gratie, quante mai n'hebbe alcuna donna a l'età nostra. Dal Monistero di S. Antonio fuor di Correggio alli XX. d'Aprile.

CATHERINA VIGERA A LUCIETTA SERVAGGIA.

Tu mi dimandi consiglio per tue lettere, se ti dei maritare, & mi preghi con instanza, ch'io ti risponda. ecco che ti rispondo, & poscia che fra me stessa hò ben considerato la tua età, le tue conditioni, & l'humana necessità con la nostra natural fragilità; dicoti liberamente, che ti dei maritare; & qual cosa piu santa si [56-v] pò al mondo fare? non hà instituito Iddio il matrimonio accio non venisse meno l'humana generatione in questo facendo ufficio di padre? non fu egli per meglio manifestar l'eccellentia sua instituto nel paradiso delle delitie? Niuna cosa piu degna, ne piu eccellente del matrimonio ritrovar, ò imaginar mi posso: imperoche in quello consiste la conservatione della generatione humana, la salute degli huomini, delle città & delle nostre facultà. Quante aspre guerre, quante mortali nimistà si spengono per virtù del sacro matrimonio? Qual piu gioconda & dilettevol cosa si pò desiderar di uno honesto marito che ti provegga ne bisogni & che ti difenda l'honore si che piglia marito; ma prima che lo pigli, prega Iddio, ti doni gratia di far buona elettione, pregalo instantemente prima che sposa divenghi. Se per il precetto di Hesiodo non è lecito al contadino di arar i Campi se prima alli Dei non sacrifica; quanto sarà men lecito prender marito ad una donna christiana et non invocar prima l'aiuto celeste? Cosi facendo, non dubiterò che pacificamente non viviate. Si come i legami, dalle Commissure, pigliano le forze, cosi le famiglie prendono vigore da lo scambievole consentimento del marito et della moglie. Si come il corpo nulla pò senza l'animo, ne l'animo suol esser sano, se il corpo non è gagliardo: cosi tra il marito et la moglie ogni cosa esser deve commune: Bisogna sopra ogni cosa che da matrimoni (se ne vogliamo gustare la dovuta dolcezza) sia rimossa ogni amaritudine, il che ne detter già ad intendere quelli, che sacrificavano alla Pronuba Giunone, cavandone il fele del sacrificato animale, & gittandolo all'altare: starai [57-r] adunque di buon cuore riverentemente soggetta à tuo marito; perche tale la volontà del signore, Dio & maggior loda ne riporterai sendoli ubidiente, che rubella & contumace; non imitare alcune sfacciate femine che ad altro no aspirano che à tirranneggiare, à far nelle case delle sette, à rubare le maritali facultà & altri brutti eccessi commettere reputa che ogni cosa sia del marito, anchora che tu piu di lui recato ci habbi: si come il vino, dove molta acqua mescolata sia, non rimane per ciò di esser detto vino, cosi la casa sempre è detta del marito, anchora che la moglie ci habi la miglior parte; habbi di piu avertenza, che si come le linee & le superficie si moveno insieme con i corpi, cosi le buone mogli & nelle cose gravi & nelle giocose, & nelle prospere, & nelle avverse, accommodaransi sempre al marito, fatti vedere alla presentia di tuo marito: & nella absentia nascondeti, fa il contrario della Luna, laquale, si nasconde alla presentia del sole.

CATHERINA FREGOSA CONTESSA AVOGADRA A M. LUCIA SPINELLA.

Io vi hò con gran diligentia proveduto d'una Balia (partorite hora quando vi piace,) laquale fa piu latte, & migliore, che non faceva Philix nodrice di Domitiano: l'è piu amorevole verso de figliuoli, che non fu mai Ericlea balia di Ulisse: l'è di corpo piu sana, che non era Caphirna balia di Nettuno, & è solita di tenere i figliuoli con maggior politezza che non teneva Isiphile balia di Archemoro. se altro posso per voi, commandatime. Di Brescia. [57-v]

F. N. ALLA R. ET IL. SUOR BARBARA DA CORREGGIO.

Leggendo alli di passati per sminuir l'affanno mio, come essendo gia Claudio adirato con Messallina sua moglie, ne potendo essa in alcun modo raddolcirlo, adoperò per mezo di cotal cosa Ubidia Vestale, che tanto è, come à dir Ubidia Monaca, & per virtù della detta donna si fece la pace, et riconciliaronsi quegli animi, che parevano si disuniti, & fra di loro si alienati, credei all'hora che non senza virtu celeste mi fussi abbattuta in cotal lettione, & cosi pensai di supplicar la riverentia vostra si volesse per carità intraporre à riconciliarmi col mio consorte, ilquale, à gran torto, et contra ogni ragione, s'è ingelosito di me per havermi ritrovata favellare di segreto, con un mio parente. Iddio sa la mia innocentia & chiamo in testimonio tutti li spiriti et celesti & aerei & terrestri & acquatici se si ragionò di cosa che casta & honorevole non fusse: se mai Reverenda madre la mente mia fu contaminata di impudico amore, et di dishonesta voglia, prego la terra mi si apra sotto i piedi, et mi ingiottisca à quella guisa che leggiamo che ingiottì Amphiaro Anchurro, Valerio, Torquato: Curtio, Core, Datan, & Abirone, & prego il Cielo mi caschi in su le spalle. affaticatevi adunque per l'amor d'Iddio in cosi santa opera perche innocente sono. so ben'io quanto sia grande l'auttorità vostra, non sol presso di lui, che vi adora, ma dico presso di ciascun che intelletto habbi venga almeno mentre favellarete per mio beneficio quella dea Pitho à sedervi in su le labra, acciò rimanghi [58-r] persuaso che in modo alcuno colpevole non sono, ne altro amore, che il suo, il petto mi riscaldò giamai. ò Dio, tu che sempre amasti, & favoristi la innocentia, aiuta & favorisce me meschina, perche rihabbia la gratia del mio caro consorte, della cui memoria più dolcemente mi pasco, & mi nodrico, che non farei se del continuo mi cibassi di Nettare, & Ambrosia. Iddio vi doni forza, & faccia che la lingua vostra sia tale, qual il mio bisogno richiede. Di villa alli .X. di Aprile.

LIVIA BELTRAMA A' M. ADRIA DALLA ROVERE.

Voi dovete per cosa ferma tenere, che tutto il male alli di passati avenutovi nacque dal non haver voi potuto tener segreto quanto vi fu segretamente detto, l'è veramente la parola, simile all'unità, laquale, finche la non esce fuori de suoi confini, sempre rimane una, ma come l'esce, & entra nella dualità, incontanente moltiplicasi in infinito: finche ciò che detto vi fu rimase presso di voi, fu segretissimo, ne mai da veruno s'è risaputo, ma come incominciaste à conferirlo con quella vostra loquacissima creatura: s'è diffuso per ogni luogo, ne d'altro si ragiona hormai per le Barberie, e per le taverne, et per le Scuole de fanciulli. vostro adunque sia il danno che non sapeste tacere, saresti veramente scoppiata se non partorivi questo poco di segretuzzo. siete simile ad un vaso pieno di fissure d'onde si stilli et si versi da ogni lato ciò che v'è infuso: se venuto vi fusse nella memoria ciò che già disse un gran Capitano ad un soldato che dimandava [58-v] di sapere non so qual cosa, non havreste (per aventura) si follemente peccato: egli li rispose. Se io sapessi che la mia camiscia cercasse d'intendere il mio segreto, me la trarrei hor hora di dosso et la gitterei nel fuoco. Non so veramente in qual cosa si possi mostrare maggior vanità di cervello, & minor prudentia: che in non potere contenere senza scoprirlo ciò che sotto il sigillo del silentio n'è dalli amici nostri commesso: se non potevate voi tenerlo celato, à cui tanto si apparteneva, come potevi indur l'animo à credere che altri lo tenesse? Voi havete fatto un'atto da fanciulla & da fanciulla siete stata trattata: ho voluto far la riprensione che voi meritavate, un'altra volta vi racconsolerò indolcirò l'amaricato cuore, imitando l'Apostolo: ilquale essendo turbato contra i Galati di una santa & giusta perturbatione, prima li sgridò acerbamente, & li disse con un tuono di voce tutto iracondo. O INSENSATI GALATE QUIS VOS FASCINAVIT? ne stette poi molto, che lor disse FILIOLI MEI QUOS ITERUM PARTURIO, pigliate (vi prego) ogni cosa in buona parte, & interpretate come si conviene al candore dell'animo vostro; ne dubitate gia che al mal occorso non se li trovi per noi opportuno rimedio: di Vinegia alli V. di Agosto.

ALLESSANDRA ROSSETA À M. GISMONDA PORTIA.

Hò inteso quanto mi havete scritto del novo parto, et insieme hò chiaramente inteso la sospittione che voi havete [59-r] che il parto non sia stato generato da suo marito, per esser egli molto vecchio, mi maraviglio di voi che vi lasciate entrar nel capo cotai sospittioni. ricordatevi che la carità Christiana non sospetta mai di alcuno male: OMNIA CREDIT ET OMNIA SUFFERT si come l'Apostolo ne afferma: ditemi un poco voi, che siete prattica della scrittura vecchia, non generò Adam il figliuolo Seth sendo di cento trenta anni? non generò Abraam di cent'anni? non generò Iared il buon Enoch di cento sessantadui, & Mattusalemme Lamec, sendo di cento ottantasette? ma lascio star le cose sacre, perche potreste dire, che non senza divino misterio ciò fusse accaduto: over che gli anni delli Ebrei fussero dalli altri differenti: non si legge presso di Plinio che Massinissa generò Metimatmo di ottantasei anni? Catone incensorio ingravidò la figliuola di Salonio sendo di ottanta, & Volusio Saturnio generò havendone trapassato sessantadui. perche vi pare adunque impossibile che messer Antonio sia vero padre, havendone appena sessanta? state in buona fede, & lasciate le mormorationi da canto: certo se altro non imparaste, mentre habitaste con le suore, che mormorare, & pensar male, havete fatto poco frutto nella spiritualità. state sana di Ferrara alli XII. di Genaro.

IPPOLITA CATTA À M. CLARA BRESSILLA.

Odo che non volete accettare nelle vostre case Gismondo per esser bastardo, tanto è l'odio, che naturalmente [59-v] portate à chi di legittimo matrimonio non nasce: veramente che in questo troppo leggiermente vi portate, et mostrate di non sapere essersi ritrovati molti bastardi, liquali furono vasi di bontà et di dottrina. Quanta virtù militare fusse in Antiphate bastardo di Sarpedone, lo dimostra Virgilio nel nono della sua divina Eneida; cosi dicendo. Et primum Antiphatem. is enim se primus agebat, Thebana de matre nothum Sarpedonis alti. scrive Plutarco che bastardo fosse Omero figliuolo di Criteida. Furono bastardi Enea, Aristonico rè di Pergamo, Aristeo, Ercole, Democoone, Doriclo, Lithierse, Theseo, Romulo, Iugurta, il Rè Manfredo & altri molti virtuosi si che non l'habbiate tanto à schifo, ma ricevetelo amorevolmente, perche ne farete singolar piacere à vostro marito. Di Ferrara alli .X.

CATHERINA PANZARASA À M. ROSA RICCIA.

Hieri alle due hore di notte giunse il vostro messo à farci sapere che di novo havevate partorito una bella figlia: dissi io all'hora fra me stessa, costei mi pare simile à Serapione Pittor molto famoso, ilquale non sapeva pigner altro, che Sciene ne mai li dette cuore di pignere pur un sol huomo & cosi rasimigliai vostra sorella à Dionisio, Pittore, di non minor fama, ilquale non pigneva altro che huomini, la onde ne fu detto dalli altri pittori Antropophago. vorrei pur che imparaste hormai à far de maschi: vi è vergogna grande che siate si da poco; ma di questo sia per hora detto à bastanza, io scherzo con esso voi per lettere, & voi dal fresco parto [60-r] stanca, et indebolita gemete forse, & altro vorreste, che burle & ciancie: attendete (vi prego) a governarvi bene, ne fate alcun disordine, et se vostro marito stassi turbato per non haver voi partorito un figlio maschio, come egli desiderava, stiasi quanto li piace, state voi allegra credendo fermamente, ch'elle vi debbano un giorno recar maggior consolatione, che non farebbe quanti maschi hebbe mai Deiotaro: Se questi huomini, alli quali tanto rincresce d'haver femine, et non maschi, si riducessero à memoria qualmente infiniti figliuoli hanno già ammazzato chi il padre et chi la madre, non so se ne sentissero tanto rincrescimento quanto ne sentono. Tutte le volte che io leggo che Eraclio Imperadore ammazzò Phoca suo padre per cupidigia di regnare, rimango tutta istordita; tutte le volte che io leggo come Nicomede ammazzasse Prusia Rè de Bitinia, per occupare il reame impallidisco, cosi aviene, quando mi trovo presso delli storici che .L. Ostio, Federico, Fabriciano, Oedipo, Ozia, Albano Martire, et tanti altri fussero patricide, ma non piu per hora. state lieta. dalla Mirandola. alli XX di Febraio.

BARBARA VALENTINI À M. LUCIA FERRERIA.

Mi dimandate consiglio à qual professione debbiate por vostro figliuolo: io non vi saprei mai circa questo dar altro consiglio di quello che scrisse Pindaro. Il bue all'aratro, il cavallo al corso, il cane alla caccia, & l'huomo si ponga à quella ragione di vita, alla quale si [60-v] conosce esser piu da la natura disposto & inchinato: a voi tocca adunque di havere questa consideratione, poiche a tutte l'hore l'havete dananti à gli occhi: se voi lo porrete ad alcuno esercitio dove la natura, & la volontà sua non lo inchini, non riuscendo poi felicemente (come vorreste) non piu ve ne dovete maravigliare che fareste gia se col bue andaste a caccia, & non pigliaste lepri, & con l'aratro saettaste, & non coglieste uccello. state sana. di Modona. alli XX. d'Aprile.

ISABELLA FEDERICI MARTINENGA A M. CHIARA L.

Per l'ultime vostre che mi portò Gregorio vi dolete stremamente che à tutte l'hore siate alla sproveduta sovragiunta da qualche aversità, et di quella sorte qual meno dall'altre vorreste, & per quanto comprendo dal vostro scrivere, vorreste vi fusse lecito di far la scelta de gli affanni, et di sceglier quelli che men noiosi et spiacevoli vi paressero: ma troppo di gran lunga voi v'ingannate; imperoche si come ne giuochi Olimpici non si suol far elettione dell'aversario, ma quel si toglie, che la sorte vuole, cosi nella vita nostra bisogna contrastare à quella fortuna che ne occorre, et non à quella, qual noi vorremo. studiamo pur sorella mia di contentarci de lo stato nostro, & di sofferir patientemente quanto vuole Iddio: maggiori affanni che voi non sostenete, sostengono molti men avezzi à patir di voi, ne si lasciano cosi sbigottire come voi fate: nella vita nostra non ci è cosa pura, ma vari mescolamenti se à voler che l'oratione del gramatico [61-r] sia di grato accento bisogna ci concorrino mute vocali, consonanti, liquide & altre cose cosi nella vita bisogna che diversi accidenti accagiano, laqual varietà la fa parere piu bella et piu riguardevole di quel ch'essa parrebbe se ella fusse d'un perpetuo tenore. dalli Orzi.

MARGARITA BERNARDINI À M. CASSANDRA.

Vi Lodo sommamente della sollicitudine, che voi ponete in udir ogni giorno la predica di Maestro Giuliano da Colle ma ben vi avertisco che l'andar alla predica non è come l'andar à publichi spettacoli, dove solamente si prende diletto et non si fa miglioramento alcuno nella vita: andategli adunque per doventar ogni di migliore, et non per dilettar solamente gli orecchi et quando siete poi à casa narrate à quei che non vi furono, quanto raccolto havete dalla viva voce del predicatore et insieme con esso loro, ponete in prattica quanto imparato havete al viver Christiano appartenente: altrimenti niuna utilità ne sentirete; fate nell'udir la predica, il contrario à punto di quel che fanno coloro, che de vari fiori vanno tessendo le ghirlande, cercano essi li piu belli & lasciano adietro li più utili: attendete voi piu tosto al peso & all'utilità delle sententie, che alli fioriti, & alle vaghezze, del suo politissimo dire, lequai cose non credo però sieno da sprezzare poi che furono cagione che le divine institutioni di Lattantio Firmiano accompagnate da risplendenti lumi fussero già in Bithinia dove publicamente insegnava con maggior avidità raccolte [61-v] di quel che forse sarebbono state se rozzamente & senza veruna politezza sporte le havesse alli uditori suoi: vi ricordo Madonna che l'utilità della parola d'Iddio si è à punto come il lume acceso, ilquale, non giova salvo à chi lo vuol ricevere: andate adunque alla predica con la mente quieta et tranquilla à quella guisa che voi andareste alla sacratissima cena: cosi ne trarete voi maraviglioso profitto, et me forse, che v'habbi di ciò avisata, amerete per l'avenire piu di quel che amato mi havete. Di Luca. alli X. di Marzo.

APOLLONIA ROVELLA À M. N. N. F.

Piu volte et per lettere et presentialmente vi siete meco doluta che vostro marito non vi vezzeggia punto, ne vi compiace di quelle cose, che voi desiderareste havere. la colpa (per quanto intendo) è vostra perche non l'ubidite, ne mai v'ingegnate di far cosa che gli aggradisca. Chi vol pigliar delli uccelli imita per quanto si pò la voce di quelli: cosi chi vuol guadagnarsi l'amore del suo consorte, bisogna che à quel si accommodi, & à quello studi sempre di compiacere: & quantunque una volta & due in vano proviate di guadagnarvelo con la vostra piacevolezza, non è per questo da diffidarsi, et da porsi subitamente in desperatione. Si come il Musico non gitta ne taglia subitamente le corde dissonanti, ma à poco à poco con pacientia le riduce alla debita armonia: cosi deve piacevolmente la buona moglie sofferir l'intemperanza del marito, finche le venga fatto di ridurlo pian piano [62-r] à quella domestica consonantia che ne troppo spesso si ritrova à nostri tempi: se avviene, ch'egli vi dica qualche villania & faccia alcuna atroce ingiuria, non vi si sgomentate per questo, ma fate vostro pensiero che si come il dardo scagliato in cosa solida & ferma ritorna spesse fiate in colui che lo scagliò: Cosi le villanie fatte à quelli c'hanno l'animo forte & costante, ritornino il piu delle volte in colui che villaneggia & offende: usate voi all'incontro sempre parole dolci & nell'animo vostro pensate che si come i Musici con toccar leggiermente et non con violenza le corde dell'instrumento indolciscono i cuori delli uditori, cosi il favellar sommesso & molle mitiga gli aspri cuori de feroci mariti; ne altro di questo vi ragiono. state lieta. Di Vinegia.

COSTANZA DELLI OBIZI SCOTTA A M. F. R.

Mi dimandaste l'altro giorno per qual causa gli Antichi ponessero vicino la statua di Mercurio, la statua delle Gratie: al che brievemente rispondendo vi dico essersi ciò fatto acciò che benignamente si comportassero i falli delli Oratori, essendo Mercurio l'Iddio dell'eloquentia: hor di questo pregovi à ricordarvene del continuo, perche intendo che voi siete molto pronta à calumniare hor questo, hor quell'altro, & non pò (sel vero m'è però riferito) comparire predicatore alcuno in questa città che sodisfar vi possa s'egli non è eloquente al par di Giovanni Bocaccio: vorrei vi sovenisse che si come lungo le vie aspre, et spinose, spesso si ritrovano delle [62-v] viole & delli odoriferi fioretti, cosi anche spesso ritrovarsi nel dir poco facondo, delle sententie, et delle figure, degne d'esser lodate et dalli dotti ammirate. Si come li amanti interpretano candidamente alcuni difetti nelle cose amate, cosi dovemo far noi in colui, che per amaestrarci publicamente favella. Le cose della santa Theologia non vogliono, ne se gli convengono quei ornamenti che nell'altre scientie forse si desiderano, anzi vi dico di piu, che chi l'adorna di sophistiche lodi, & de Rhetorici ornamenti non altrimenti fa che s'egli incoronasse un Athleta di rose & de gigli, & non di alloro, ò di oleastro. Si come degno di riso ci parerebbe quel cantore, che con Lidia Musica cantar volesse di cosa grave: cosi ridicolo ci pare qualunque volendo parlar d'Iddio, ò del ben vivere vada lascivamente vagando con fioretti Rhetorici; ne altro di questo dico. state sana. Di Piacenza alli XIII.

ANTONIA PALA. RANGONA À M. N. N.

Oh che poca riputatione v'acquistate voi col pratticare tutto'l giorno con questa vostra cogina, laquale, ha nome di non attendere altro, che ad incanti, à malie, & à magiche operationi, et vantasi (per quanto m'è da molti detto) di saperne piu di Circe, più di Medea, più di Micale, più di Ericto et piu della scelerata Eriphia. Venne l'altro giorno à visitarmi un'huomo ornato di grandissimo giudicio, et dissemi che costei faceva professione di saper l'arte del compor veleni in maggior [63-r] eccellentia che non seppe Canidia, della quale Oratio in cotal modo favellando scrisse. AN MALAS CANIDIA TRACTAVIT DAPES? ma che dico io di Canidia? egli mi disse ch'ella ne sapeva piu di Sagana piu di Veia piu di Folia & piu di Locusta: & voi siete si dell'honor vostro, poco amica, & poco gelosa che con essa senza rispetto prattichiate? Lasciate, lasciate queste vostre brutte conversationi, et togliete prattica c'habbia più dell'honorevole. volete forse che si dica per la città vostra, che siate una fascinatrice, una maga & una incantatrice? Deh vi venga la contrittione sono questi studi à donna Christiana convenevoli? liquali furno possenti à rendere infami Zoroastre, Democrito, Pitagora, Hermippo, Dardano, Empedocle, Apollonio, Tiridate & Apuleio? Vi prego adunque & con le mani in croce ve ne prego: à lasciar tal compagnia, & abbracciare le persone virtuose & non infami, si come è costei, & con laquale, à tutte l'hore vi ritrovate: state sana. di Modona alli .XX. d'Aprile.

LA CONTESSA DI MONTE L'ABBATE À SUOR. A. B.

La professione della vita monastica qual faceste già molti anni sono, richiederebbe che voi menaste altra vita di quella che menate; imperoche si come nella faccia piu offendono i Nevi & le Verrucole; che nelle altre parti del corpo le gran macchie & le horribili cicatrici: cosi piccioli peccati paiono sempre più grandi nelle persone religiose; la vita de quali fu già proposta [63-v] à noi altri per un chiaro essempio & norma di ben vivere. Considerate (vi prego) che vogliano dir que veli che portate in capo: certo non altro solevano significare che castigo et mortificatione delle membra. considerate quella parte delle vostre vestimenta che volgarmente si chiama la patientia; & vedrete quel ch'ella vuole dimostrare si come ad Ercole cavatosi di dosso la pelle del leone, non si conveniva punto quella veste milesia, con laquale serviva ad Omphale: cosi mal si conviene à voi di haver lasciato la vita monacale & vivere hora in tante delitie che non ne gustò mai la metà la delitiosa Messalina. non dico già che sempre io approvi il monastico rigore: ma ben vi dico che si come l'arco troppo tirato si rompe, cosi l'animo troppo rimesso & ocioso si spezza & perde ogni suo vigore. Deh ritornate al monistero, dove ad un tratto meno offenderete Iddio, & l'honor della casa vostra & qual reputatione credete voi che recar vi possi l'assidua prattica de dissoluti scolari qual voi havete? mutate, mutate vita, & non aspettate che la divina sferza ve la faccia mutare. Iddio da mal vi guardi. Di Vinegia.

LUCRETIA DI ALICROTTA ALLA S. D. CORNELIA PICCOL'HUOMINI CONTESSA DI ALIFFE S.

Non hò ne lingua, ne parole atte ad isprimere (valorosa donna) il dolore, che hò sentito nella morte del vostro honoratissimo consorte; la cui vita era à molti vita, & la cui salute ad infiniti porgeva salute: & [64-r] chi è colui si di rigido diaspro composto che non pianga et non si doglia veggendo colui dal mondo partirsi che di humanità & di religione tutti gli altri pari suoi avanzava: et haveva sempre le ricchezze sue esposte alli servigi de suoi amici & cari benvoglienti? Quanto havrebbe meritamente da pianger non sol voi, che li foste cara consorte, ma tutto'l regno di Napoli veggendosi privato di si honorato cavagliere: concedo liberamente che tal perdita sia stata troppo grande, nondimeno, tolerar si deve, percioche cosi suol avvenir alla debolezza nostra; cosi accade alla conditione della vita comune, & di questi frutti dacci spesso la iniquità della fortuna. Confortative però signora poi che fragile, caduca, & mortale è l'humana generatione: & con tal patto & legge nasciamo, che morir ci bisogna ogni & qualunque volta che à Iddio piaccia: scrisse Pindaro che altro non eravamo che un'ombra & un sogno, & non meno elegantemente di lui il medesimo ci espresse Theocrito, di due pastori favellando. Dalli fati siamo noi guidati & inevitabili sono li fati: la morte non perdona à veruno, tocca i fenili, batte i tuguri, et percuote l'alte Torri de Potenti Rè: se muoiano le città, quanto piu facilmente pò morir l'huomo di cui scrisse Omero non potersi cosa piu fragile ritrovare. veggiamo estinta Babilonia superba di grossa muraglia, di bellissimo tempio, & de sospesi orti; Veggiamo estinti Tiro per l'ostro & per la porpora altiero; veggiamo estinto Corinto dalla finezza del metallo nobilissimo reputato: et pareracci strano che un'huomo muoia? Certamente Signora mia tutte quelle cose che secondo la natura [64-v] ci accadeno, sono da reputar buone, & qual cosa pò esser piu naturale che chi è mortale una volta, muoia? temperate adunque le lagrime, perdonate al dolore, et per darvi un'utile consiglio (benche forse vi parerà alquanto acerbo) preparatevi anchora voi al morire, con ferma speranza di rivederlo in cielo, & in eternamente goderlo, senza temere, che piu rubato, ò dalla podagra danneggiato vi sia: ne piu oltre mi stendo, perche so che savia siete, & saviamente in cotal caso vi portarete; Iddio padre delle consolationi sia quel che vi consoli (quando le mie lettere per se bastevoli non sieno). Di Cremona alli VII. d'Aprile.

PILESTRINA DA CASTELLO A M. CATHERINA ET A M. TARSIA DA CASTELLO S.

Non mi direte già piu care sorelle che io non sia amica di Christo poi che m'ho dimostrata amica della pace qual hoggi hò fatto con la mia adversaria et nel vero, ne sono molto contenta d'haverla fatta, perche mi stava piena di amaritudine, tutta via pensando alla vendetta, et al risentirmene non feminilmente, ma con valore maschile & martiale hora conosco esser vero ciò che M. Tullio ne scrisse che non sol essa era dolce, ma che anchora piacevole, soave, & amichevole era il suo nome; & che per lei si conservavano in buono stato non sol le cose publiche, ma ancho le private, hora potrò dir di buon cuore & non simulatamente, DIMITTE NOBIS DEBITA NOSTRA, SICUT ET NOS [65-r] DIMITTIMUS DEBITORIBUS NOSTRIS: questo vi ho voluto far intender con questa mia polizza; acciò vi rallegriate, & facciate il medesimo. Di casa nostra.

ISABELLA VILLAMARINI PRINCIPESSA DI SALERNO ALLE NOBILISSIME SIGNORE RIGHETTA VIOLANTE, ET PORTIA SANSEVERINE S.

Domani nell'aurora, vi aspetto, perche n'andiamo insieme a communicarci; cioè a ricevere quel santissimo sacramento instituito dal Salvatore nostro volendo egli abbandonare questo mondo et salir al cielo, & questo fece perche fusse segno perpetuo et perpetua ricordanza dell'amaro supplicio per noi miseri peccatori in croce sostenuto, resta hora che ci andiamo con pura fede, & crediamo che per noi indubitatamente sia morto Giesù, & ch'egli ci habbi con la morte sua aperto il Paradiso, chiuso l'Inferno, rotto la fronte a Sathan & vinto la rapace morte: bisognerà di più conservare per l'avenire i suoi santi precetti, quai egli dette pria che questa santissima cena instituisse: state (vi prego) tutta notte in oratione, pregando l'eterno padre ci mandi lo spirito suo ne cuori nostri, perche abbruggi col suo fuoco tutte le immunditie et tutte le lordure de comessi peccati: io vi ricordo che si come li ottimi rimedi sogliono recar morte se con debito modo non si riceveno, cosi li sacramenti di Giesu Christo sogliono essere salutevoli alli [65-v] degni & mortali a chi indegnamente li riceve: scordative ogni vanità; scacciate da voi ogni altro pensiero, ogni altro amore, fuor che di unirvi per fede con Giesu Christo, & mai da lui per alcuno momento di tempo non separarvi: voglio signore facciamo per l'avenire una nova vita: voglio che abbandoniamo questo cieco mondo, cioè le sue concupiscentie & gli suoi inganni, & che doventiamo christiane de fatti & non di nome solo. Voglio, che i nostri ragionamenti sieno sempre dell'honor d'Iddio, della gloria de beati, & delli eterni supplitij che sono a reprobi apparecchiati: & questi faremo sempre quando saremo tra noi: ma quando ci accaderà però essere in conversatione di qualche signora, a cui più piaccia l'honor del mondo, che quello d'Iddio, parlaremo di Lucretia (quel raro lume della Romana castità) di Sophronia similmente Romana, di Sabina imperatrice, di Monima, di Milesia, & di Veronica Chia, ambedue sagge & mogli del gran Mitridate: parleremo di Theoxena, di Neera Salentina, di Evadne, di Iocasta, di Erigone, & di altre molte che valorose furono, non ci faremo a cotesto modo, tener chiettine & pur di cose honorate saranno i ragionamenti nostri: non altro. Di casa nostra alli X. d'Aprile.

LEONORA VERTEMA A F. N.

Mi rallegro che senza niuno amichevol consilio habbiate preso marito (mi rallegro dico) perche vi vederò far la penitentia della vostra prosuntione; poi che vi pare di saperne piu della Sibilla Cumana & ne sapete [66-r] meno di qualunque rozza contadinuccia: hor su vi faccio sapere che voi havete preso per marito huomo si loquace, che per una parola che voi li direte, ve ne responderà sempre dieci. per il che molti lo rassimigliano a qual Portico ch'era già in Olimpia, il quale rendeva sette voci per una. L'è anchora goloso più di quel Aristoxeno che desiderava che dato li fusse dalli dei il collo di Grue. sarà veramente pericolo grande, che un giorno egli non vi mangi come fece Camble Re de Lidi, il qual per istrema voracità mangiò una notte la moglie (sel vero però ci narra Musonio auttor Greco nel libro ch'egli scrisse della Poliphigia & della Poliposia). L'è oltre questo, mettidore de malvagi dadi. giocherebbesi il generò; si che poveretta & mal consigliata come vi siete voi stranamente affogata? & poi volete esser tenuta savia al par di Solomone? hor godetevelo nella buon'hora; & imparate a vivere nell'altre cose più consigliatamente che non havete fatto in questa. Iddio vel perdoni, voi ci havete posto con questo vostro temerario ardire in tanto travaglio, che se campaste mille anni, non ce ne trarreste mai. state sana. Di Piuri: alli XX. di Settembre.

CATHERINA VISCONTE CONTESSA DI COMPIANO ALLA S.

Vi si da, quasi da tutti, gran colpa che tanto affatichiate le vostre damigelle nel lavorare che divengono oppilate, & visibilmente si veggono infracidire. Dovereste pur sapere che si come le piante mediocremente [66-v] inaffiate, crescono, & se sopra modo sono adaquate si suffuocano: cosi gli animi & i corpi nostri per moderate fatiche aiutarsi & per le smoderate del tutto opprimersi. Se la vigilia è sostentata dal sonno, la tempesta s'indolcisse dalla sopravegnente serenità, le tenebre sono confortate dalla diurna luce, cosi doverebbonsi anchora sollevare le fatiche per i temperati giuochi, & per i dolci canti. Se si rallentano a posta fatta le corde del liuto, & della lira perche al bisogno rimanghino poi ben tese, perche non si deve similmente ricrear l'animo di qualche honesto trastullo per farlo poi piu robusto alle importanti fatiche? certo, certo voi l'intendete male, & pessimamente sapete come governare si debbano le tenere fanciulle: havete sinhora fatto di maniera che non ne trovareste piu alcuna a vostri servigi se lor deste in dote quanto havete, & se non mel credete, fatene l'isperienza, et vedrete chiaramente come la cosa vi riuscirà: voi mi potreste per aventura dire, io le faccio travagliare, perche le mi paiono ben sane, & io vi dico che non ci basta per tolerar l'assidue fatiche, l'haver i corpi sani, che fa anchora bisogno che sieno di buona habitudine & ben robusti: si come anchora non basta l'haver la ragione pura, & da vitij sequestrata, s'ella non sia forte & gagliarda in far resistenza alle cose esterne, ne altro dico à questo appartenente. state sana. Di Piacenza alli X. d'Aprile. [67-r]

CATHERINA SPADA BONVISI A M. N. F.

Mi scrivete nelle prime, & nelle seconde vostre, che io debba essortar Cirillo vostro nipote, a voler attendere ad altro che a lettere, parendovi troppo brutta cosa che un'huomo di si chiara fama come egli nel vero è, non sia buono salvo che ad una cosa sola. Io li ho piu volte detto che ciò non meno dispiaceva a me, che a voi dispiaccia; ma però rimuoverlo non posso: si che sforzata sono di portarlo in pace, & confortarmi col vedere che anche quella terra che genera il sale, non genera mai altra cosa, & cosi credere che il medesimo avenga a quelli ingegni che nelle dottrine sono fecondi, poiche di rado si veggono buoni nelle altre civili attioni. Questa tal sorte d'huomini, mio padre li soleva già rasimigliare ad un fonte posto non so in qual luogo, dove il nitro solo & non altra cosa vi ci nasce quanto poi a quel che mi scrivete che richiamar lo debba da alcuni vitij, ne quali naturalmente è inchinato. Certo non ne perdo mai alcuna occasione quando ella mi si offerisce, ma dovete sapere che si come è cosa facile al pesce, l'entrar nella nassa & difficil poi uscirne, cosi agevol cosa essere il scorrere ne vitij, ma molto malagevole il sapersene ritrarre, benche in lui non mi paia d'haverci scorto mai altro difetto che di darsi troppo in preda ad una sfortunata meretrice, & sonomi lungamente maravigliata come si felice ingegno si lasciasse ritardare del salire alle grandezze del mondo per si vil oggetto (sono mi dico) di cio molto piu maravigliata che di vedere [67-v] che un picciol pesce, sia bastante a ritenere una gran nave: (quantunque sospinta sia da impetuosi venti) Io non so però che altro fargli, salvo che pregar Iddio che lo converti a se, & faccialo tosto ritornare nella buona strada. Di S. Quirici alli X. d'Agosto.

LA CONTESSA MADDALENA AFFAITÀ BIA ALLA REVEREN. ET ILLUS. SUOR DIANA DE CONTRARI.

Hò inteso per piu d'un messo che vi siete fatta monaca & che havete incominciato a vivere una vita angelica, anzi che humana, di che, hò ricevuto tanta allegrezza che di più non ne poteva esser capace; perseverate vi prego come incominciato havete, & se al primo tratto non potete conseguir quella perfettione che voi vorreste, non per ciò vi diffiderete delle vostre forze (aiutandole Iddio) ma persevererete, con stabil perseveranza per ferma cosa tenendo, che si come la Pittura cominciò prima dalle ombre & dalle linee, dopoi trappassò al Monocroma, d'indi, si venne al lume & all'ombra, insieme con la varietà di colori, fin che ella pervenne finalmente alla somma ammiratione del stupendo artificio, cosi in noi non nasce la virtù perfetta, ma a poco a poco con cottidiani atti virtuosi ella si conduce alla desiderata sommità. Voi (per la Iddio gratia) ridotta vi siete in un monistero dove havrete ottimi essempij: hor qui vi essorto io a fare come già fece Zeusi, il quale dovendo pingere alli Agrigentini [68-r] l'imagine di Giunone, veduto ch'egli hebbe tutte le vergini della città, cinque poi ne elesse per imitar in quelle, ciò che havessero di bello & di perfetto; cosi voi di molte savie donne che in questo monistero di S. Antonio sono, eleggerete le piu savie, & quel che in esse ottimo giudicherete, lo pigliarete per una gloriosa imitatione. Intraviene a chiunque fa professione di essere virtuoso come a Pittori accade. Si come non ogni pittore vale in qualunque parte dell'arte, ma altri in tirar linee, altri in isprimer volti, altri nella proportione & altri nella mescolanza de colori eccellentia dimostra: cosi nell'abbracciar la virtù, alcuni si veggono piu constanti, alcuni piu giusti, & alcuni di maggior temperanza ornati: queste poche parole v'hò scritte per l'amor grande che vi porto, attendete a conservarvi sana di mente & di corpo.

OLINDA SCOTTA ALLA S. AURELIA CONTESSA ET MADRE HONORANDA.

Gran dispiacere è il mio S. madre che per si lungo tempo stiate da noi absente, & ispetialmente per piatire alla civile, et che è peggio, in luogo dove l'ingordigia delli avocati è incredibile: certa cosa è che si come la bilancia piega hor in questa parte, hor in quella secondo il peso ch'ella riceve, che cosi fanno anchora gli avocati de nostri miseri tempi; piegansi & favoriscono sempre quelli che piu largamente lor porgono, & a dietro lasciano quelli la causa de quali è spesse volte di gran lunga [68-v] migliore: voi vi siete poveretta voi, condotta in una città dove fa mestieri de danari in maggior copia che non hebbe Cleopatra, la somma de quali facilmente comprender si puote dalle sue mura poste fra i sette miracoli del mondo, dalla sua coppa il cui peso era di quindici talenti, dal convito col quale ricevette M. Antonio, & da quelle bellissime perle & altre spese quai fece ne suoi tempi: farebbevi anchora mestieri d'una grandissima prosuntione, la onde voi siete la istessa modestia. farebbevi di mestieri d'una patientia che avanzasse quella di Socrate: Io veramente (parlo per la parte mia) anzi che sofferire che stiate da noi si lungamente absente, patirei piu volentieri di perdere quanto posso possedere al mondo, & rimanermi in camiscia & scalza. tornate adunque tosto cara S. Madre, fate ogni sforzo che almeno alle feste di Natale siate a casa. oh che maninconiche feste sarebbono le nostre se si facessero senza l'amata vostra presentia. Di casa alli XIII. di Novembre.

RIGHETTA SANSEVERINA ALLA S. LEONORA CALANDRINA.

Piacemi infinitamente d'haver inteso che tutta data vi siete alla virtù: pregovi per tanto a perseverare ricordandovi che si come i grandi obelischi con molta fatica si rizzano per il grave peso che in se contengono, ma collocati che sono in determinato luogo, durano poi per infiniti secoli: cosi difficil cosa esser l'acquistar fama di savia & di virtuosa donna, ma acquistata, non morir [69-r] mai: benche a me paia che gia lungo tempo fa intrata voi siate nella via della virtù, ne mai hò in voi ripreso cosa veruna, anzi v'hò sempre sommamente lodata: & detto che siete la piu liberale & cortese Signora ch'io m'habbi veduta al mio vivente, cosa che non posso già dire di quella vostra amica, la quale con si amaro viso riceve chiunque l'entra in casa, che sono stata sforzata piu volte di rassimigliarla a quella faccia di Diana che nell'Isola di Scio già si vedeva in elevato luogo posta, la quale trista & lagrimosa si dimostrava a chiunque entrava, dolce & lieta a chi n'usciva. non farete già voi cosi, anzi desiderando vera & eterna fama apparechiate con la cortesia altri fermi & stabili fondamenti: guardative a non esser simile a quella gemma detta Iris, la quale non rende i colori dell'arco celeste, salvo che in luogo opaco & al Sole li perde affatto, ne quelli rende perche in se stessa li habbi: ma li rappresenta sol nelle pareti, fanno veramente a cotesto modo molti liquali mostrano molti simulacri di virtù, ma all'oscuro li dimostrano. ne altro vi dico, state in Christo. Di Napoli alli XIII. del presente.

DEMETRIA GALLERITTA A M. BRUNELLA SOTIRA.

Mi havete fatto singular piacere, a non dar a nostro figliuolo per moglie, la figliuola di M. Sestilia: a me nel vero non piacquero mai quei suoi capelli crespi & corti: quelle mamelle grandi, ne quella voce si sottile & alta, per esser gli espressi di donna incontinente [69-v] et lussuriosa: ne vi paia maraviglia che tal giudicio faccia dalla forma & dall'habitudine del corpo suo poi che Socrate approvò tal cognitione in Zopiro, & Hippocrate, in Philomene Phisionomista molto eccellente: non dico già per ciò che la potentia loro, sia si grande, che tiranneggiar ci possa, & di questo sia per hora detto a bastanza, ragionerò hora famigliarmente con esso voi per lettere poi che con la presentia non posso d'alcune altre cose che sono doppo la partenza vostra repentinamente occorse, ringratiovi della lettera consolatoria scritta a M. Philippo nostro: dogliomi delli suoi dispiaceri & meno me ne doglio, perche la radice del suo male, è nata dalla sua ambitione, non volendosi contentare dell'humile stato nel quale Iddio lo pose. Quelli che habitano nelle spelonche non sono mai percossi dalla saetta, cosi mai sono da Prencipi & gran Signori oltraggiati quelli che dell'humile & bassa fortuna si contentano, non li sarebbe avenuta questa sciagura se havessimo piu savi & pietosi magistrati di quel che noi habbiamo: certa cosa è che si come quella medicina merita piu loda che sana con la dieta le parti vitiose, che non fa quella che li risana col fuoco: cosi miglior magistrato giudico io quel che corregge i delinquenti che quello che dal mondo li lieva: ma ben mi doglio che insieme con li altri danni ci sia stato quel delle facultà vostre, & rincrescemi che siate stata sforzata di perder i vostri piu cari ornamenti che presso di voi havessi, conviene però haver patientia d'ogni cosa & ricordarsi che quelle donne furono sempre da savi giudicate esser meglio ornate che sprezzatrici furono delli ornamenti: si come anchora [70-r] di piu soave odore son giudicate quelle, dalle quali niuno odore spira: fidatevi pur che saranno molto ben sofficienti gli ornamenti dell'animo vostro, a farvi riverire & amare dal mondo: anchora che ignuda rimaneste. state sana. Di Trahona alli X. d'Aprile.

LUCRETIA DA ESTE S. DI CORREGGIO ALLA S. L. R.

Se vostro figliuolo è da voi fuggito, datene la colpa alla vostra rigidezza, & a quelle acerbe riprensioni che siete solita di fare a chi fallisce, non dovereste al mio giudicio riprender gli altrui falli cosi aspramente come fate, ma dovreste imitare i Medici, li quali sogliono mescolar non so che di dolce alle medicine amare: si come il carrattiero non tiene sempre la briglia a se ritirata, ma spesse volte con dolcezza la rilassa, cosi anchora si deveria verso de figliuoli esser alle volte indulgente, & non sempre star su quel vostro rigore, qual appena comportar potrebbe tutta la scuola Stoica: quei che non sanno sofferire le fragilità per imperfettioni puerili fanno veramente, come quelli che offesi dalle lambrusche lasciano altrui godere l'uve mature; anzi per darvi una similitudine forse piu accommodata dirò che fanno come quelli, che traffitti dalle Api lasciano alli altri il dolce mele: imparate imparate hormai ad esser piu piacente che non siete. Se la potentia irascibile troppo tosto si accende in voi, fate che anchora tosto si spegna; altrimenti io temo, che doppo che saranno fuggiti i maschi, non fuggeno anchora le femine, ilche a [70-v] gran dishonore vi risultarebbe: ne so se gli poteste poi riparare con le vostre furie & istreme bizzarie. Io procacciarò per amore vostro per tutte le vie, che mi saranno possibili, ch'egli ritorni. & se aviene (come spero avenir debba) ch'egli ritorni, pregovi a mutar stile, & tenere miglior modo in governarlo, di quel che tenuto havete fin'hora. Di Correggio alli XX. d'Aprile.

ANGELA CASTRUCCI A .M.

Mi sono spesse volte maravigliata come comporti l'Episcopo vostro, che quel romito vestito di bigio publicamente predichi la parola d'Iddio essendo pieno d'impietà, tutto avaro, tutto hippocrita, & seduttore. Certamente si come Alessandro il Magno vietò per publico editto, che niuno havesse ardire di pinger la sua imagine fuor che Appelle, rappresentarlo in metallo, fuor che Lisippo, et intagliarlo in gemma eccetto che Pirgotele: cosi al mio giudicio si doverebbe vietare, che niuno predicasse Giesù Christo, eccetto quelli che con buoni fatti, lo isprimeno, intendo però ch'egli è stato molte volte essortato & ammonito ad abbracciar la vera pietà & lasciar la sua mala vita, ma tutte le ammonitioni sono state vane. credo io ch'ei sia simile a quella gemma detta Calazia, la quale anchora che si getti nel fuoco, ritiene però sempre la sua natia freddezza, ma non mi maraviglio già io ch'egli habbi tanto favore, quanto hà dal vostro parente, perche si come l'ambra tira à se la paglia, [71-r] la Calamita il ferro, la Chrisocolla l'oro; cosi tiriamo a noi, & di buon cuore quei soliti siamo di favorire che sono di simiglianti costumi a noi: v'ho fatto volentieri questo discorso, accioche vi guardiate dalla sua pestifera dottrina, & dalla maculata vita; ne vi lasciate contaminare la candida vostra mente (si come fatto hanno molte sciocche) & qui fo fine al scriver mio, pregandovi non mi teniate perciò di mala lingua, ma piu tosto di amorevole natura. Da Lucca alli XX. d'Agosto.

BARBARA TRIVULZA A M.

Vi dolete meco per lettere, che i vostri figliuoli sieno ritornati a casa senza dottrina et senza alcuno bel costume, di che anch'io per l'amor che vi porto, assai, & non poco me ne doglio: l'è vero che non me ne maraviglio imperoche non vidi mai (al mio vivente) alcuno albero che facilmente non divenisse sterile, & si facesse tortuoso, mancandogli la debita cultura, non v'è alcuno si felice, & si sollevato ingegno che facile non sia al degenerare; mancandovi la buona & santa educatione. Niuno generoso cavallo obedisce volentieri al cavalcatore, s'egli prima non è con perfetta arte domato, noi habbiamo tutti naturalmente l'ingegno assai feroce se con saggi precetti & con virtuosa creanza non sia adomestichito & fatto mansueto: quanto la terra è di sua natura migliore, tanto più agevolmente si corrompe & guastasi, se nel coltivarla vi si usi alcuna negligentia; i buoni & felici ingegni se non sono ben [71-v] disciplinati, scorrono ne vitij con maggior prestezza che non fanno gli altri. & che volevate voi ch'essi apprendessero di buono, ò di bello, stando alla villa del continuo sotto l'imperio del lor zio, di cui non nacque, ne nascerà mai il piu rozzo, piu ignorante, & il piu inhospital villano, sono i fanciulli come anche sono le materie molli, dove tosto s'imprime il sigillo. se qualche buona dottrina, & se qualche bel costume lor fusse stato insegnato, l'havrebbono appresso, ma non essendogli mostrato salvo che cattivi essempij come potevate voi sperar che riuscissero altri di quel che riusciti sono. Di Prolezza alli XIII. d'Aprile.

LUCRETIA MARTINENGA CONTESSA BECCARIA ALLA S.

Quando intesi che la virtuosissima vostra figlia era da questa vita alla celeste trappassata, subito pensai che tal partenza in cosi giovenil età vi fusse stata cagione d'insoportabil noia, & ad un medesimo tempo conobbi ch'era mio debito il consolarvi di si gran perdita, senza haver altro risguardo alla singolar vostra prudentia. ma non fece cosi subitamente, quel che dovea fare, perche piacquemi d'imitar i medici, li quali non porgono i lor rimedij quando l'infermità incrudisce & è in aumento, ma sol quando l'incomincia a declinare. io non volli porgervi alcuna consolatione a quelli primi movimenti pieni d'ira & di dolore, ma ho voluto aspettare che si fussero alquanto rimessi: hor finalmente pregovi dolcissima .S. à temperar il duolo, che [72-r] tanto vi cuoce, & si v'afflige: anzi a prepararvi di gir dove ella dimora contemplando a tutte l'hore la faccia del nostro padre eterno: ella è veramente nel Paradiso, & voi piangete? ella giubila con gli Agnoli & festeggia insieme con le sante anime: & voi per lei vi tribolate? quasi che vi rincresca che lasciato qua giù il corporal velame, salita se ne sia à superni chiostri? quasi che vi dispiaccia, ch'ella si sia vestita di immortalità? Deh consolative signora, & non vogliate sminuire con le vostre amare lagrime, la sua eterna gioia: ma pregatela piu tosto che preghi per le nostre miserie, & supplichi il grande Iddio, che ne faccia hoggimai cittadini della celeste Gierusalemme. Di Pavia alli XV. d'Aprile.

SESTILIA A PERONELLA.

Non viene alcuno de vostri vicini in queste nostre parti che non vi dia colpa di crudele, poi che vi è si poco grato l'amore che M. Pamphilo vi porta: & perche lo ricusate voi per amante? non hà egli sempre servito a voi sola con somma fede conoscendo esser l'amore cosa indivisibile; non hà egli lungamente perseverato? non sprezza egli ogni cosa per voi? Il poverino, calamitoso sopra tutti li huomini si reputa quando accade che ò dal caso, ò dalla fortuna egli sia costretto di pensar ad altro che a voi. Quante volte m'hà sopra della sua fede giurato sol allhora felicissimo reputarsi quando lieta vi vede ò che almeno l'estreme parti delle vesti vi tocca brama d'havere tutte quelle cose che a voi appartengono, [72-v] desidera l'honor vostro, non pò sofferir con pace di sentire parola alcuna che ad infamia resultar vi possa: sempre vi loda, & hà il suo volere al vostro conforme. Hor se questi espressi & evidenti segni non vi moveno a credere che di perfetto cuore vi ami; movavi almeno il vederlo per soverchio amore nel letto miserabilmente languire: ma mi potreste forse dire se egli è amalato n'è colpa l'intemperanza del mangiare ò le molte fatiche ch'egli sostiene nel cacciare, ò nell'uccellare: & io del certo vi affermo, che sol amore n'è potissima cagione, poi che tutta la scuola de medici Arabeschi confessa che chiunque per troppo amare inferma, ha gli occhi secchi & profondi, move frequentemente le palpebre & hà l'anelito interrotto: havete pur veduto tutti questi segni nella passata & nella presente infirmità, et anchora non lo credete? Ah crudel fera & per quanto tempo credete che amore potrà comportare questa vostra tanta arroganza? certo non passerà guari che vi pentirete, resterete un giorno dolente di questa vostra crudel natura, & farà che voi amarete quando altri vi haverà in odio, accenderansi in voi tutte le volte che lo vedrete, fiamme maggiori che non uscirno mai ne di Etna, ne di Mongibello: la faccia vostra diverrà rubiconda, terrete in lui gli occhi fissi, ne pareravi di veder faccia humana, ma divina: arderete per lui d'amore, abbruggiarete d'un calore che non fa strepito: & da gli occhi parerà che vi esca il fuoco. o come mi riderò io di voi, quando per amore vi sentirò trapassare tutte le notti & tutti i giorni che vi restano in acerbe querele: non poter patir voi medesima, ne prender alcun [73-r] pensiero della vostra salute. oh come mi smascellarò io per le risa quando vedro che per amare non sia in voi piu alcun vigore, non esservi piu quel color di sangue che vi tingeva la bella faccia: que begli occhi che si rassimigliavano al Sole, non esser piu si chiari come solevano, & vederò bagnarvi del continuo le guancie non altrimenti che quando la neve si distrugge: l'ardore che si sentì al cuore Medea per Iasone ò Dido per Enea, fu nulla rispetto a quello che per lui sentirete (se lo spirito profetico d'Amor confortato in me non vaneggia) cosi sono trattate dall'Amore le ingrate & arroganti come voi siete, & di questo siavi detto a bastanza. considerate voi quel che vi si convenga fare, per non sentir d'Amore si crudeli stratij che v'hò dipinti. Fra tanto state sana, & me, che sempre vi fui fedelissima consigliera, & piu che me stessa v'hò amata, se potete riamatime. Di Palermo alli XXV. d'Aprile.

LUCRETIA GIGLI A M. F. R.

Letto che io hebbi le vostre dolcissime lettere, incontanente chiamai ambidui li nipoti vostri, & si lor dissi quanto faceva di mestieri, per dargli miglior creanza & per rimuoverli da quelli brutti studi, ne quali del continuo occupati si stanno: ma certamente a quel che io mi aveggo, hò gittato tutta l'opra come quelli far sogliono, che predicano al deserto: m'è venuto per tanto voglia di rassimigliarli a quella gemma detta Antrace, della stirpe de carbonchi, a cui è cosa peculiare l'estinguersi nel fuoco & ardere nell'acqua. Oh quanti ne veggio [73-v] di tal natura che se li essorto divengono languidi et nell'opra rimessi, se da qualche cosa li sconforto tutti si accendono: se lor faccio grato servigio mi doventano nemici & se li tratto male, molto piu mi apprezzano & fannomi vezzi. Ricordomi d'haver letto in Plutarco ritrovarsi alcuni ingegni, simili a quella Pietra che si chiama Draconite; la quale polir non si pò, ne artificio alcuno suole mai admettere: a questa pietra rassimiglio io alcuni ingegni e ispetialmente quelli de vostri nipoti, poscia che ridur non si possono ad alcun civil costume & honorato esercitio. Io vorrei (si come piu fiate lor hò detto) imitassero quelli che seco portano alcune gemme, altri contro l'imbriachezza & altri contra la celeste saetta: cosi anch'essi havessero sempre con esso loro alcuni precetti della christiana philosophia: per rimediare con prestissimo antidoto alle infirmità dell'animo. ne altro intorno a questo vi dico. Iddio li aiuti. Di Lucca alli X. di Febraio.

CAMILLA N. A M. SEPTINIA ALBIZI.

Havendomi per vostre lettere significato il desiderio che havereste, di maritare vostra figliuola in qualche honorato gentilhuomo della citta di Brescia, dove mi ritrovo havere de molti amici & benivoglienti, vi faccio sapere ch'io n'hò uno alle mani, nel quale, appariscono tutte le virtù a quella sembianza che non veggiamo apparire nella gemma detta Oppalo tutte le doti dell'altre pretiose gemme: egli è per la prima cosa, un'armario di civile & de canonici statuti, l'è un largo [74-r] fonte di cortesia, l'è un essempio di fedeltà. L'è finalmente l'Idea della giustitia & della modestia: & se per aventura non mi havessi quella fede che merita l'amore qual io vi porto, dirovi & il nome & il cognome, acciò che pienamente da altri informare ve ne possiate: chiamasi M. Lodovico Barbisono, la cui eccellentia è tale che non si pò conoscere da chi non se gli avicina a quella foggia a punto che dell'altezza de monti intraviene: non prattica veruno con esso lui, che miglior & piu discreto non doventi, anchora che con tal pensiero non ci si pratticasse: aviene a punto come avenir suole a quelli che nelle profumerie entrano, che seco poi ne traggono l'odore anchora che per tal rispetto non vi entrassero ò vero come quelli che dal Sole son fatti coloriti pensando per aventura a qualunque altra qualità solare: avisatemi d'ogni vostro pensiero che intorno a ciò farete, perche sappia come governar mi debba. Di Brescia alli XII. d'Aprile.

D. CORNELIA PICCOL'HUOMINI CONTESSA DI ALIFFE ALLA S. ISABELLA SFORZA.

Delle male fortune che occorse vi sono, ne hò sentito tanto dolore che al mio vivente non hò mai sentito il maggiore: & credo fermamente ch'egli mi havrebbe del tutto sbattuta, se confidata non mi fussi nell'alta prudentia della .S.V. della quale hò sempre sperato che in qualunque fortuna vi ritrovassi, mostrareste che piegare non si pò per alcuno maligno soffiare d'impetuoso [74-v] vento la grandezza dell'animo vostro. il nano anchora che sopra di altissimo monte posto sia, egli non rimane perciò di esser nano, et cosi sel si pone un colosso nel pozzo non resta per questo di scuoprire quanto egli sia grande: cosi anche la donna savia è sempre grande, ben che da colpi di fortuna trafitta sia et la pazzarella è sempre picciola, anchor che in somma & splendida fortuna si ritrovi essere; sopportate .S. mia quanto vi accade di sinistro con viril animo, ne vi lasciate in modo alcuno sbigottire dall'altrui malitia, la quale è a peggior conditione condotta che non sono i serpenti, poi che quelli senza veruno suo danno in se contengono la qualità velenosa, & la malitia per se stessa se la bee & ingiottisce. vi conforto di piu a perdonare a chi vi ingiuria & a torto travaglia, ne permettere che la lor detestabil ingratitudine vi ritardi mai ò vi rimova dal far di novo beneficio, si come non restate di seminare doppo la mala ricolta, ne restate di navigare, benche piu volte habbiate fatto naufragio. cosi facendo ne riportarete somma loda, & viverete quando sarete sotto terra. state sana & confortative in Christo. Di Napoli alli X. di Settembre.

ISABELLA SFORZA A M. FLAVIA LAMPUGNANA.

Nelle vostre lettere mi richiedete che io vi mandi almeno venti belle sententie Latine per farle scrivere nella sala che novamente havete fatto dipignere, nella qual cosa mi sono adoperata quanto piu hò potuto diligentemente [75-r] & hò fatto la scelta di queste c'hora vi mando: perche le facciate non sol dipignere, ma perche ve le scolpiate nel cuore.

Crebra ira animum exulcerat:

Iracundiam iracundia ne pellas,

Ratione firmandus est animus:

Linguæ durities, maximorum malorum est causa.

Iracundia sibi sæpe nocet, dum alijs nocere studet.

Nihil tam cito prætervolat, quàm iuventa:

Virtutis fama nec marcescit, nec senescit.

Salutaria magis, quam blanda sunt expetenda,

Quod stultis in pernitiem vertitur, sapiens in suum convertit commodum:

Nihil pollicitans benefacito:

Incommoda assuetos parum ledunt.

Explorandus Amicus, antequam arcanum illi commitas.

Plura loquuntur iuvenes, sed utiliora senes.

Optima sæpe sunt, quæ fugacissima videntur.

Fortuna præter morem blanda imminens, exitium sæpe significat:

Auri pulvis, mortalium oculos maxime excæcat:

Adulatio fugit severa, & captat mollia.

Fortuna prospera, dum blanditur, strangulat, ac perdit.

Nulla res est tam nihili, quæ non aliquando prosit (si recte utaris).

Nocet Fortuna, si vel secunda nimis, vel sit maligna nimis.

Queste sono le sententie che per amor vostro hò estratto da Seneca, da Plutarco, & da altri savij scrittori: [75-v] Se per voi posso altro, comandatime senza havermi alcuno risparmio. Di Firenzuola alli XX. d'Agosto.

EMILIA DA ARCO ALLA S. CONSTANTIA BORELLA.

L'altro giorno vi pregai che mi volessi mandar la solutione delli infrascritti dubbi, cioè per qual causa gli Romani, salutavano li Dei col capo scoperto & li huomini col capo coperto; & cosi qual cosa li moveva à sacrificare à Saturno & all'Honore, senza havere alcuna cosa in capo: vi pregai anchora che per lettere mi significaste da qual ragione mossi i figliuoli portavano il padre alla sepoltura col capo velato, & le figliuole con il capo ignudo: aspetto di questi dubbi vostra dichiaratione, ne mi mancate di questo per quanto amore v'hò sempre portato. oltre di questo, poi che mi sono posta à scrivervi, (cosa che di rado faccio) voglio pregarvi che vogliate perdonare di buon cuore tutte le ingiurie che fatte vi hà (immeritamente) vostra cognata, & à fatto à fatto scordarvele come se mai niuna cosa ci fusse intravenuta: imitate (vi prego) dolcissima .S. in questo la mansuetudine d'Iddio, ne vogliate si repentinamente scorrere alla vendetta certa rendendovi ch'egli solo & non altri, sappi con giusta misura punire le sceleratezze nostre. Tarde non furono mai le sue celesti gratie, tarde non son ben sempre le punitioni ch'egli ci fa; et se stesso à noi s'è constituito per verace essempio di clementia: ne per altro rispetto sospende egli la vendetta che per [76-r] aspettare che da noi stessi ci emendiamo non adoperando mai volentieri la sferza. Se abondevolmente nota non mi fusse la vostra natural dolcezza, consumerei piu parole che non faccio di ciò pregandovi. ma come mi posso io persuadere che havendovi natura dato si gentile & si gratioso spirito vogliate comportare ch'odio si lungamente nel petto v'habiti, et soggiorni? Deh quanto male vi si disdice il star adirata con chi hà peccato verso di voi, più tosto per fragilità che per malitia. e qual maggior altezza d'animo potete voi mostrare che perdonando le ingiurie che vi sono fatte? non è questo un'imitare Iddio? non è egli un farsi simile à lui & di humana doventar divina? fatemi questo piacere, perdonategli, non ne fate piu parola, rimettete questa colpa à me, (che ve ne prego quanto piu caldamente posso) & ve ne scongiuro per quelle tante & tante doti, delle quali Iddio v'ha ornata: non posso io con voi favellando usurparmi quel gentil verseto à Giunone detto, TANTAE NE ANIMIS COELESTIBUS IRAE? gli animi celesti vogliono esser piacevoli, affabili, pieni di dolcezza & di verace clementia, & non si fattamente sdegnosi che paiano alberghi d'ira & di vendetta: ma piu non mi stenderò gia io in pregarvi che vogliate fare, astretta dalle mie humili preghiere, quel che dovereste spontaneamente proccaciare. state sana & amatime, perche nel vero io amo et adoro voi, come cosa che paruta mi sia dal primo di che io la conobbi piu celeste che terrena. Dalla Cavriana. [76-v]

GIULIA FEDERICI GA. A M. LIVIA CARAFFA.

Io vi hò sempre tenuta per donna di giudicio, & hora più che mai vi ci tengo: poi che havete ricusato di ripigliar marito: & questo per amore di castità. veramente giudico io ottima esser quella sententia NON EST CASTA MATRONA, QUA BIS NUPSIT. & tanto piu savia vi reputo, havendo per marito rifiutato quell'huomaccio che si importunamente vi voleva per moglie. Deh come havete voi fatto bene: à me non piacque mai quella sua phisionomia: quei Cigli molto inarcati me'l fecero sempre reputar superbo & vanaglorioso: quei occhi grossi & molto aperti mi dettero sempre gran sospetto ch'egli non fusse invidioso & piu del dover tenace. Il suo naso lungo & alquanto sottile, me l'hà sempre fatto giudicare per huomo troppo credulo & iracondo: Si che a tutte l'hore ve ne lodo, & con qualunque persona che io parli, dico senza temere alcuna riprensione, che nell'esser prudente & giudiciosa havete poche che vi pareggino. Vi essorto & conforto a rimaner vedova & menar vita conveniente all'ordine & stato vedovile fuggendo balli, comedie, & altri vani spettacoli & resecando da voi ogni soverchio lusso, fatta sempre ricordevole del savio detto dell'Apostolo. VIDUA IN DELITIIS VIVENS, MORTUA EST. schivate quanto piu potete la prattica de frati; perche l'è di gran sospetto, & la maggior parte hoggidi s'ha persuaso che i frati habbino giurato la croce addosso alle vedove: & che ad altro bersaglio non [77-r] habbino posto la mira che ad inescarci & farci lor tributarie: guardative con non minor avertenza che l'andar molto in volta non sia cagione di acquistarvi mala fama. molte n'ho io conosciuto, le quali savie & honeste erano, & sol per esser vagabonde si posero un brutto cappello in capo. l'è veramente maggior difficultà ad una vedova il sapersi ben reggere senza dar di se sospetto, che non è a una fanciulla da marito. Vi hò scritto queste poche parole: perche vi amo, et desiderarei che tutte le persone lequali amo fussero del mio parere. state lieta et sana. Di Brescia alli XX. d'Agosto. Mia madre & mio figliuolo vi salutano & vi desiderano ogni bene.

ISABELLA SFORZA A M. CASSANDRA FERRERA.

Mi dispiace d'haver inteso che habbiate determinato nell'animo vostro di spender quanto havete in comprar annella, ne vi potete ratemperare che come ne vedete alcun ben pretioso che non lo vogliate havere non avertendo non potersi far al mondo piu inutil & sciocca spesa variandosi di tempo in tempo la lor reputatione, & consistendo il pregio di quelli nella bugia de fraudolenti mercatanti. Li antichi nostri furono piu savij di noi, & non ne fecero mai tanta stima come noi facciamo. Giove fece a Prometteo un'annello di ferro, et la gemma era di un pezzo di pietra tolta dal scoglio al quale era legato & fu presente d'un Giove la dove se hora non si donano diamanti di molti carratti par che [77-v] non si doni nulla: che li anelli fussero di ferro (se forsi vi paresse favola) ve ne pò chiarire Appiano nella terza guerra Punica: ne memoria alcuna di anelli si trova presso di Homero huomo nel scrivere si curioso & si diligente. Ricordomi d'haver letto ne VII de Saturnali che sol si adoperavano le anella per sigillar le lettere & non per alcuno altro ornamento: non vi ponete adunque tanta cura quanta vi ponete, perche l'è una mera pazzia, l'è una espressa sciochezza a chiudere in si picciola cosa, un'ampio patrimonio: lasciate adunque questa vanità & fate a mio modo, perche vi consiglio fedelissimamente, & in altri studi ponete il pensier vostro.

ANTONIA BORELLA A M. SILVIA BAGLIONA.

Vorreste (per quanto dal vostro messo hò compreso) che io vi provedessi di una donzella, che fusse verso di voi amorevole, fusse amica d'honore, & sapesse ottimamente lavorare. Io mi ci sono affaticata quanto hò potuto, vi prometto la mia fe, che non mi abatto salvo che a certe pastrocelle che non hanno il capo fitto ad altro che a far l'amor, ma non è però da maravigliarsene molto; imperoche delle cose vili fu sempre maggior la copia che delle rare & perfette: & questo senza piu philosopharci sopra lo veggiamo per isperienza. Le Asine partoriscono per tutto'l tempo della vita loro parto si sprezzato & abietto, la dove le donne si per tempo cessano di partorire: non resterò per questo di affaticarmi, & far affaticar altri, acciò siate compiacciuta di quanto desiderate, ne mi fidarò di particolare relatione, [78-r] ma vorrò prima che io ve la mandi havere un commune consentimento di tutta la vicinanza ch'ella sia tale, quale la ricercate: state pur sicura nelle mie promesse, & vi faccio sapere, che io sono da chi famigliarmente meco conversa rassimigliata al fico, ilquale fa frutti & non fa fiori cosi a punto io faccio fatti, et non parole. Tutte le volte, che vi occorra prevalervi dell'opra mia, tal quale ella sarà, bastivi l'accennarmi & lasciate fare a me. Di Bergomo alli X. d'Aprile.

LA MARCHESA DI MEREGNANO ALLA S. OLIMPIA SANSEVERINI.

L'è vero che vostro marito morendo di subita & sproveduta morte vi è cagione di farvi piangere piu dirottamente di quello che per aventura fareste se in altro modo havesse restituito lo spirito al cielo & io vi dico che niuna sorte di morte si doverebbe da noi con piu ardente affetto desiderare, essa almeno non ci fa marcire ne letti, non vota le spiciarie, ne ci fa divenire odiosi a parenti et amici. Fu da molti invidiata la morte di Trophonio & di Agamede, di Andragora, di Nicanore & di G. Carbone per esser avenute all'improviso. Io non vi niego già che la morte repentina non sia un certissimo argomento dell'humana fragilità & che seco non rechi infinito stupore a chi non è bene instrutto della miseria humana: dico però all'incontro, che tutte le volte che n'habbiamo buona opinione della salute del defunto ch'ella si dovrebbe piu di qualunque altra morte [78-v] da noi bramare. Sarebbe indubitatamente da pensar male di chi vivendo pieno di sceleratezze & tutto colmo di iniquità & repentinamente morisse. Il vostro consorte ha sempre vissuto da vero, et da perfetto Christiano, non è da dubitare che questo non li sia stato conceduto da Iddio per un singolar privilegio: sarebbe in vero stato cosa pur troppo pietosa il veder per molti & molti giorni affannatamente languire si virtuosa et santa anima, qual fu la sua. Deh consolative adunque di una solida & ferma consolatione: siate pur certa, che s'egli fu tale nell'intrinseco, qual estrinsecamente sempre si dimostrò ch'egli sia nel cielo empireo, & in perpetuo goda quelle celestiali bellezze quai sempre desiderò mentre qua giu con esso noi angelicamente portandosi conversò: & qui faccio al mio scrivere fine. state lieta & piacciavi per l'avenire se vi pare di sapere mal sofferire simili accidenti, pigliare Christo per vostro marito, ilquale non muore mai, anzi da vita perpetua alle cose caduche transitorie & mortali. Dalle tre Pievi, alli XX. d'Aprile.

FREGOSA MAGGI A M. N. F.

Non ho mai potuto risaper c'habbi mosso M. Antonio Ruffino a rifiutar sua moglie parendo essa a ciascuno donna di gran valore, et di gran bontà ornata, anzi dimandandonegli io famigliarmente e sol per farvi piacere, mi disse, che si come niuno sapeva mai da qual parte la scarpa li strignesse il piede, eccetto colui che se la [79-r] calzava cosi niuno saper meglio i difetti della moglie che il marito. Certamente in questo parmi ch'el habbi ragione da vendere: molte cose nel vero occorrono fra marito & moglie che altri che essi non le ponno sapere. sarebbe per tanto da sospendere i nostri precipitosi giudicij, & similmente sarebbe d'avertire & di pigliar cura sin delle minime cose, perche le hanno possanza di perturbar spesse volte le matrimonial dolcezze. Soleva dir Chrisippo antichissimo Philosopho: che si come erano piu da temere quelle febri, che nascevano a poco a poco, & da cause occulte, che non erano quelle che si generano da manifeste & gravi cagioni, cosi le celate & cottidiane offese, quantunque picciole essere piu atte a separare & a disunire la benivoglienza de maritati. Tocca veramente a noi (per divino volere) ad esser soggette a mariti, & cosi facendo maggior loda ne meritiamo, che non facciamo sforzandoci di signoreggiar loro con inganni & con sottili & diabolici artificij: la piu sicura via che ritrovar si possi per impatronirsi & delli animi, & delle facultà, si è la vita pudica, & gli honesti costumi. parlo dell'impatronirsi di quelli che veramente sono huomini, & non bestie: perche alcuni se ne trovano di tanta arroganza & di tanta bestialità che trattano le mogli come se lor fussero uscite dalle scarpette, non degnandosi ne di mangiare, ne di scherzare, ne di dormir con esse. & che altro fanno hora questi tali salvo, che insegnarli a proveder d'altronde di quel che fa lor bisogno? & di questo piu non favello. state sana. Di Brescia alli XII. di Gennaio. [79-v]

LA CONTESSA AVOGADRA A M. F. N.

Molte cose ho io sovente volte in voi biasmato circa il ministerio della casa vostra, ma niuna però mi pare di maggior odio degna che di sempre, per ogni minima spesa che vi occorra da fare, togliere ad usura con ingordo interesse. Vieta Platone che non si dimandi acqua da vicini, fin che non s'habbi scavato tanto in casa, che non ci sia piu speranza di potere ritrovare alcuna vena: cosi dovereste voi fare, essaminar prima diligentemente se con la parsimonia ò con altra honesta via potete soccorrere & riparare a vostri bisogni, prima che ricorriate all'usurai, laquale è simile al fuoco, che una cosa doppo l'altra consuma & distrugge. Se il Tempio di Diana Ephesia haveva auttorità di salvare senza veruna lesione, quelli ch'erano de debiti aggravati, molto maggiore credo l'habbi la frugalità & la moderanza del ben vivere. Paionmi veramente li usurai simiglianti alla lepre, laquale quasi in un medesimo tempo partorisce, nodrisce & soprafeta, che è di novo partorire: cosi fanno li usurai danno, & subitamente chieggono, & ponendo togliono, dando tuttavia ad usura quel che per l'usura ricevettero. Considerate (vi prego) meglio i casi vostri, acciò non si dica che voi habbiate rovinato questi poveri figliuoli, quai vi lasciò vostro marito, partendosi da voi, per andare al cielo, & ve li lasciò con fidanza grande, che li havessi a governare insieme con le lasciate facultà con quella prudentia & discrettione; che a tanto vostro ingegno si conviene [80-r] ne altro di questo vi ragiono. nostro .S. vi consoli et sempre vi consigli nelle vostre attioni. Da Brescia.

LUCRETIA AGNELLA A M. F. N.

Per quanto m'è rifferito, voi vi siete turbata con esso meco, & di me n'andate dicendo tutto il male, che voi potete, perche l'altro giorno de vostri falli vi ripresi: di tutto questo, non mi sono punto commossa, ne ve n'hò portato pur un tantino d'odio ò di malevoglienza sperando che le mie salutevoli ammonitioni dovessero far un giorno verso di voi, come far sogliono i rimedi medicinali liquali, da principio, mordeno, & poi finalmente conferiscono & salute, & piacere grande: se tutte le amiche vostre facessero a cotesto modo, voi siete incorsa in molti dishonori che non ci sareste incorsa, ma vostro sia il danno poi che vi fidate di ogn'uno, & senza giudicio alcuno, vi pigliate qualunque si voglia, per amica & per segretaria: ei non si fa cosi, ma si fa prima isperienza se l'amica è di buona & di leal natura; se l'è fedele, se l'è di buona fama & di buoni costumi. Si come fassi prova hor con le bilancie, hor con la pietra se il danaio è buono prima ch'egli si riceva, perche non facciamo noi similmente l'isperienza se l'amico è degno della nostra amistà prima ch'ei si ricevi nell'amicitia? ma a voi non piaceno (per quel che mi aveggo) quei che vi dicono la verità sul viso ma piaccionvi solamente li Adulatori & le adulatrici li quali, vi vezzeggiaranno sin che haverete da donargli, [80-v] come vi haveranno spogliata & fatta rimaner ignuda non vi conosceranno più ne per amica, ne per parente, fanno li adulatori a punto come fanno i pedocchi, li quali abbandonano i corpi de defunti non essendovi piu sangue del quale si solevano nodrire: ma di questo sia detto a bastanza; spero che mi conoscerete un giorno meglio che hora non fate; & per ottima amica mi terrete. Di Vinegia.

LUCIA GUINIGI À M. LELIA SO.

Il vostro andare alla predica, mi pare di molto poco profitto, poi che non ci andate salvo che per giudicare il predicatore s'egli favella Thoscanamente ò non, se l'ha buona voce, & se l'ha gesti commodi & belli da vedere. Vorrei piu tosto faceste come faccio io quando beo, mi traggo prima la sete, & poi a bell'agio contemplo l'intaglio della copa, ò il lavoro del bicchiero. considerate anchora voi prima quanto sia giovevole ciò ch'egli vi dice, & poi considerate (se'l vi pare) l'elegantia del dire & la proprietà della lingua. Quelli che sol ricercano gli ornamenti dell'oratione, paionmi simili a quelli che non vogliono ber l'antidoto se il vaso dove l'hanno a bere non è recato da famoso luogo; & cosi la vernata non si vogliono por in dosso veste alcuna, se tutta la lana della quale è tessuta, non viene d'Athene. intendo di piu che non fate mai altro in chiesa che cicalare hor con questa & hor con quella vicina. non fanno già cosi quelli che hanno voglia di far profitto nella via d'Iddio, ma odono tacitamente, & con riverentia. & come volete voi [81-r] far frutto se non ci attendete? voi vi fate tenere una cicala & altro non ci guadagnate: bisogna star attentamente dal principio a fin al fine si come far si suole nell'udir le Tragedie; altrimenti non se ne po trar alcuna utilità: di questo v'hò voluto avisare, acciò che ve ne asteniate per l'avenire: pigliate vi prego in buona parte quanto v'ho detto: l'ho fatto per l'amore che vi porto, & non per altro rispetto. state sana. Da Saltocchio. Di Lucca alli XIII. di Marzo.

D. CORNELIA PICCOL'HUOMINI CONTESSA DI ALIFFE ALLA S. CLARA PESTA.

Le querele che voi fate dell'humil vostro stato, mi danno sospittione che voi non habbiate quel fior d'intelletto che m'ho sempre creduto da che prima vi conobbi, ma perche vi querelate voi della bassa conditione nella qual siete, essendo piu sicura di qualunque alto grado? Si come li edificij posti in luogo palustre, ne temono esser da Voragine assorbiti, ne a terremoto, alcuno soggiacciono; cosi l'humil fortuna non è sottoposta ad alcun male. Ricordomi altre fiate havervi detto di simili ragioni: ma voi troppo sorda a miei santi ricordi, oprate tutto'l contrario di quel che dovereste, & quanto piu vi essorto, & a mio potere vi accendo il cuore a dispregiar lo splendore della fortuna (essendo questo reputato cosa virtuosissima) tanto piu vi raffreddate nelle virtuose attioni a quelle poi disponendovi se con pessimo essempio disviare alcuno vi volesse mi fate veramente [81-v] sovenire di quella pietra detta Gagate laquale, per l'acqua si accende, & con l'oglio si spegne si di contraria natura paretemi composta, & tanto renitente vi veggo a quello che di spontanea volonta dovereste procacciare. L'è veramente mostruosa cosa l'inconstantia de nostri cervelli l'è in effetto degna di maggior stupore che non è veggendo noi che la pietra detta per proprio nome Siniphio, di sua natura molle, con l'olio caldo, non si mollifichi & inteneriscasi: ma tempo per hora congruo non giudico io di disputar con esso voi, a me basta d'ammonirvi con quella dolcezza che a voi & a me si conviene, se l'accetterete con quell'animo che le mie ammonittioni vi porgo, ne voi riporterete danno, ne io perdero il frutto delle mie fatiche. Vivete lieta quanto piu potete, & amatime.

CATHERINA VIGERA A M. VERONICA PULCI.

Non viene alcuno de vostri compatrioti in queste nostre parti, che non ci racconti cose maravigliose della gentilezza del spirito, et della singolar bellezza del corpo vostro, affermandoci che traete a voi qualunque vi vede, ò pur una sola volta vi parla, con quella prestezza che fa la calamita il ferro, ma non con occulta virtù come quella far suole, ma con chiara & aperta poi che a tutte l'hore la bontà vostra, vi riluce & nel sereno de gli occhi, & nell'ampio & giusto spacio della bella fronte: vorrei pur una volta da voi imparare che artificio usate per far che le persone tanto vi [82-r] amino, che di lor stessi si dimentichino: ho io da questo, con molti divisato & da loro inteso esser di ciò cagione l'affabilità incredibile che in voi a tutte l'hore si gusta: ma certa sono però io che non sol questa virtù alberga nel vostro nobil animo, ma insieme con questa molte altre vi ci albergano imperoche delle virtù & morali & Theologali avienne a punto come suol ancho avenir de metalli: rade volte accade ritrovar alcuna vena d'oro ò d'ariento che un'altra vicina non ve ne sia, dal che n'hebbero da Greci il nome: niuna virtù si puo trovar soletaria, ma l'una tira sempre a se l'altra: sia come si voglia io vi faccio sapere che vi amo di perfetto cuore. Di Montalbotto alli XII. d'Aprile.

MARIA PERULA ALLA S. PORTIA FIESCA.

Non attenderò piu con quella diligentia che già soleva per sterpare dall'animo vostro quell'abhbominevol vitio qual in voi ogn'uno biasma & vitupera: & pur niuno lo sa correggere & emendare, conosco veramente che sì come alle percosse dell'aspide, non ci è altro rimedio che di resecar le parti, che dall'aspro morso tocche furono: cosi esserci alcuni vitij liquali sol con la morte risanare & toglier si possono: ne credo io d'altronde contratto habbiate questo vostro insanabil morbo che dall'assidua conversatione di vostro cognato, alla cui malvagità se vi si accompagnasse forza d'ingegno, ò peso di qualche auttorità operarebbe tanto male che le furie infernali si crederebbono essere men dannose: sarebbe l'aspide un inevitabil male se la natura non gli [82-v] havesse dato gli occhi deboli & infermi: cosi sarebbe vostro cognato piu di qualunque fera nocivo & pestilente se le forze unite fussero al scelerato animo in molti homicidij & maleficij esercitato. & di questo altro non dico: sol prego Iddio vi converta a se & facciavi partecipe di quella infinita bontà per la quale tutte le cose rie doventano buone. Vengo hora a rispondere a quanto m'ha detto da parte vostra M. Lucillo, ilquale alli di passati pregomi mi volessi consigliare se giudicava ben fatto che ponessi vostro figliuolo alli servigi di qualche gran Prencipe. non vi ho risposto piu per tempo per non haver havuto commodità di fedel messo: hora vi rispondo, & dicovi che si come è pericoloso l'invocar i Demoni, percioche in tal cosa se punto si abbaglia l'è con gran pericolo dell'invocatore, si come avenne a Tullo Hostilio che fu dalla saetta percosso per haver errato dall'ordine scritto ne libri di Numa nell'invocar Giove: cosi vi dico esser cosa piena di pericolo l'haver comercio con i Prencipi co' quali conversando difficilmente schivar si puote che in qualche cosa non si erri. ecco il mio consiglio. beato lui se lo saperà porre in essecutione. state sana & lieta. Da Urbino alli XXV. di Marzo.

LAURA MELIA PICCINARDA ALLA S. SILVIA LOTERINGA.

L'è pur grande il dispiacere ch'io sento d'intendere che viviate in tanta maninconia & habbiate cambiato quel vostro benigno Giove nel maligno Saturno: non ridendo [83-r] mai, non mai pigliando alcun solazzo ne divisando con gli amici delle cose che cottidianamente accascano, ma se pur vi piace d'imitar Pithagora nel serbar del silentio, perche non vi piace similmente di serbar quel suo divin precetto COR NE EDITO. Ilche altro dir non voleva salvo che macerar non si dovevamo, ne affligerci cotanto il spirito, dalla cui afflittione ne nasce la consuntione delle ossa, si come la sacra scrittura canta: desiderarei pur da voi sapere, qual profitto trar possiate dal starvene si dolente come a tutte l'hore fate. non sogliono gia star cosi quelle anime che sperano nell'immortalità, quelle anime (dico c'hanno Christo con esso loro) lequali anchora che col corpo sieno in terra, l'animo però loro sempre alberga et stassi in cielo d'onde ancho ne trasse l'origine sua: state, state, lieta, & lasciateci godere della vostra dolce conversatione, la quale apre il Paradiso a chi n'è fatto da voi degno. Di Cremona alli XX. d'Aprile.

PAULA CASTIGLIONA A M. LEONORA FORTEGUERRA.

Se vostro marito vi da alle volte delle busse, non è che voi non lo meritate, poscia che non havete alcuna consideratione di provocarlo a sdegno, & di conturbarli l'animo. Vorrei vi fusse nel cuor scolpito, quel simbolo di Pitagora. IGNEM GLADIO NE FODIAS. ch'altro non è che di non provocare li provocati a nova ira, & a novo sdegno, & alterar li animi già alterati. Se non havete rispetto a vostro marito [83-v] capo & signor vostro, al quale, per la divina sententia siete fatta soggetta a chi l'havrete voi? sono stata piu volte per avvertirvi di ciò con mie lettere, ma il timore, di non dispiacervi, me n'ha fatto rimanere: mutate mutate hormai stile, che tempo n'è: voi non siete piu una fanciulla: hormai siete madre di due figliuole da marito, & volete tuttavia fanciullescamente operare? quale essempio piglieranno esse da voi? che odore darete del vostro governo alle vicine che con esso voi pratticano? So ben'io quel che odo dir de vostri mali portamenti, & quanta infamia vi si da della disubidienza che usate al vostro consorte: ma dove sono io entrata in questo pelago? non era gia di mia intentione di farvi hora questa riprensione, ben sapeva io che ascoltar non volete alcun mio consiglio per buono, fedele, & amorevole ch'egli si sia: questo ho io piu di una fiata con mia gran molestia isperimentato, & haveva giurato su l'agnus dei, di non farvene mai piu motto; ma l'ardente affettione che v'ho sempre portato; mi fa spergiurare & imprudentemente trapassare tutti que' termini che dall'ira persuasa circunscritti m'havea: consigliatamente fareste, se alle volte dessi udienza alle mie parole piene d'amore & di caldo zelo, hor qui faccio fine, & mi vi raccomando senza fine. Da Milano alli XX. d'Agosto.

MARIA PERGOLA ALLA S. LUCRETIA RAMBERTA.

Madonna Agnola mi venne l'altro giorno a visitare & infinite cose di voi mi disse, & fra molte, che io [84-r] ne notai, & quasi che nell'animo scrissi & stampai: era d'haver voi mutato vita & essere alla sproveduta fatta chietina (come hoggidi s'usa di dire) & che v'erano cascate dall'animo incontanente tutte quelle rare attilature delle quali già tanto vi delettavate. Io non biasmo certamente la mutatione, migliorando voi conditione di vita, ma la biasmo solamente quando l'è si repentina che muova ogn'uno a maravigliarsene. Vorrei si facesse a quella guisa che fanno li Alberi l'Autunno liquali per la maggior parte a poco a poco si lasciano cadere le frondi, ne se ne spogliano ad un tratto & non come fa il sorbo che subitamente tutte le lascia andare a terra: ma poi che questa mutatione è fatta & vi siete posta in animo di voler imitar la Contessa di Guastalla prego Iddio ve la faccia imitare felicemente, come sarebbe imitando piu tosto le sue tante operationi, anzi che le faconde parole, che dalla sua santa bocca a tutte l'hore le escono, schivate quanto piu potete di non esser simile al Camaleonte, ilquale di sua natura ha grandissimo pulmone ne dentro v'è cosa veruna: molti ne trovo io, che a moderni tempi sono venuti sotto pretesto di religione, in grandissima reputatione, & pur in se altro non hanno, che una mera ostentatione, giattantia & vana fiducia di sue frivole opere di carità mal informate, & peggio animate: Di questa scuola non vorrei già io che voi foste per alcun modo essendo ciò congiunto con poca consolatione, & con istremo pericolo dell'anima vostra, fate pur vostro pensiero che la dottrina Christiana sia una certa santissima et purissima cosa nemica di ogni ostentatione & amicissima della simplicità & [84-v] della schiettezza, & chiunque non si veste di queste rarissime qualità, dir si puo liberamente, ch'egli non sia Christiano, ma un scelerato hippocrito & un abhominevole Phariseo. & di questo sia detto a bastanza. Di Milano alli X. d'Aprile.

MINERVA CONTESSA BRAMBATA ALLA S. FELICE DA PRATO.

Hò inteso che senza niuna giusta cagione vi siete molto ristretta nello spendere & havete posto da canto quella vostra splendida liberalità; la qual sola ne separa et ne distingue dalli plebei & populari huomini: ne altro ci è veramente che meglio faccia conoscere l'animo gentile & nobile della vera liberalità: dico della vera per rispetto di alcune persone le quali non donerebbono un paio de cintolini se non ci fusse mescolato ò ambitione ò speranza di riccogliere piu che non seminò. Deh ritornate per mio consiglio alla liberalità: & rendetevi certa che si come la fava et il lupino non smagrisse mai il terreno dove l'è seminata ma piu tosto l'ingrassa, cosi l'huomo grato & del beneficio riconoscente, render sempre migliore la fortuna di colui da cui riceve: ma voi per aventura mi potreste dir esser gran difficultà l'abattersi alle persone de ricevuti beneficij ricordevoli. confesso che l'è difficulta alle persone sciocche et stordite, ma non a quelli che sono di perfetto giudicio si come intendo che voi siete. ma che dico io intendo? non l'hò forse piu di una fiata isperimentato? & chi vi conosce meglio di me? niuno certamente ne anche chi vi partori: [85-r] schivate schivate questa infamia, fuggite cotal macchia perche troppo la si disdice a donna di si alto legnaggio nata come voi siete. Io vi hò scritto forse troppo prosuntuosamente. se cosi giudicate per mia sorte date la colpa al sviscerato amore che io v'hò sempre portato et porterò sin che vivo. Da Bergomo alli XX. di Agosto.

LEONORA GAMBERA DA GALERA ALLA S. FAUSTINA CALDORA.

Mi scrivete alli giorni passati che voi desideravate di accrescer famiglia et caldamente mi pregavate che io volessi fare ogni mio sforzo perche haver potessi quanto v'era in animo di havere: io in questo per confessarvelo liberamente non mi ci sono affaticata come forse espettavate, accorgendomi che il vostro peggio procuravi & non ve ne avedevate. non havete voi mai letto quell'antico detto, QUOT SERVI, TOT HOSTES, quanti servidori ci sono tanti nemici habbiamo? M. Francesco Petrarca che fu uno delli piu perfetti giudicij, & delli piu purgati intelletti c'havesse mai quell'età, era Solito di chiamare i servidori, Cani: & nel vero altro non sono che cani; poi che sempre ci rodono, & ci consumano. questi sono veramente quelli che rivelano fuor di casa i segreti nostri: questi son quelli per opra de quali, sono spesse volte i padroni avelenati: questi sono quelli, che contaminano l'honore & la fama delle nostre damigelle: questi sono quelli che rubandoci di continuo, a povertà molte fiate ne riducono; & voi [85-v] tutta via andate cercando di empirvene la casa, & stanca non vi dimostrate mai se a tutte l'hore de novi servidori nelle vostre case non intromettete: fate .S. a mio modo, adoperatene quanto men potete: servitevi piu tosto con le vostre braccia anzi che soverchiamente aumentare il numero de perfidi & disleali servidori: direte forsi haver letto infiniti essempij dell'amor grande et della singular fedeltà ne servidori molte volte ritrovata: il che non vi niego, poi che anch'io hò letto de molti che si elessero di spontaneamente morire per conservare la vita de lor signori, ma hò anche piu d'una volta letto bruttissimi maleficij da servidori commessi: se alcun buono & leale si ritrova lo potete notare per cosa prodigiosa. Se l'età antica n'hebbe fu piu tosto per benignità de cieli che per lor buona natura: certa cosa è che a nostri tempi paionmi piu rari che i Corbi bianchi & di questo piu non vi scrivo attendete a conservarvi sana accio habbiate men bisogno dell'altrui servigio et il mio consiglio per utile & per buono approviate. Di Cremona alli XII. di Marzo.

LA CONTESSA MADDALENA AFFAITA BIA ALLA S. FAUSTINA N.

In tutte le cose dolcissima signora che v'hò a miei giorni veduto fare hò sempre compreso in voi perfettissimo giudicio & incredibile prudentia & hora piu che mai saggia et prudente vi reputo poi che volendo rimaritarvi havete ricusato di ciò fare il mese di Maggio osservatione antica (per quanto leggo ne problemi di Plutarco) [86-r] resta hora che voi operiate anchora come operar solevano le donne antiche, poi che vi è piaciuto d'imitarle fuggendo quel mese alli antichi tanto abbominevole, & l'operare all'anticha reputo io l'ubidire al marito in qualunque cosa che per voi possibile vi sia, preferendo i parenti di quello, a quei che vi sono di sangue congiunti, non provocandolo mai ad ira, mostrandovi sempre lieta nel suo cospetto, non havendo particolari amici, ma col marito communi, tacendo di più mentre egli parla & parlando mentre egli tace acciò si ragioisca (se per aventura fusse da maninconico humore oppresso) altro non essendo i dolci ragionamenti dell'amata consorte, che veri medici dell'animo perturbato: questo non dubito già io che voi non facciate sapendo la virtù del vostro gentilissimo spirito, qual tutti ammirano & lodano, & della natura si stupiscono, havendoci dato si rara & si leggiadra donna come voi siete: ne attorno a questo, altro vi dico, perseverate a far che tosto veggiamo i frutti di questo vostro felice congiungimento: & qui fo fine al scriver mio, ma non al raccomandarmi alla vostra buona gratia. Da Milano alli XXX. d'Aprile.

LA CONTESSA MADDALENA AFFAITA BIA A M. LUCIANA CARAFFA.

Quando a voi dolcissima sorella piacesse di pigliare marito si come desiderano tutti quelli che vi amano datecene aviso perche vi si provederà di consorte in cui saranno tutte le piu rare virtù che desiderar si possono [86-v] vedretici il generoso spirito di Ciro, la temperanza del frugalissimo Agesilao, l'industria & diligentia di Temistocle, l'isperientia di Philippo Macedone, la saggia confidenza di Brasida & l'eloquentia di Pericle: ne in vero huomo d'altra conditione, à voi spirito gentil si richiede, poi che hormai havete conseguito in ogni luogo grido & fama della piu virtuosa fanciulla che a nostri giorni si conosca. Datime adunque di ciò aviso, & questo quanto piu tosto per voi si possa: non desidero io cosa alcuna con maggior vehementia che di havervi habitatrice di questa nostra città di Milano; se non per altro, almeno acciò che siate a noi un'essempio di vera et singular creanza, a questi tempi ispetialmente che tanta carestia ce n'è che di niuna cosa più. Deh risolvetive tostamente, & nella forma che io piu vorrei se desiderate fare, & me, che cordialissimamente vi amo, & altri, che con bramoso affetto vi desiderano, beati, & sopra tutti i mortali felicissimi reputarsi. Dalla Gerola alli XX. di Maggio.

CLARITIA BONELLA A M. CLITIA FORNARA.

Della maledicentia di Clara, vostra vicina, poco hormai me ne curo sapendo ch'ella si pasce di mal dire a quella maniera che si pascono le coturnici di seme velenoso: ne per lei sono io rimasta di venire ad alloggiare dove soleva, sendo mia usanza d'imitare le Cicogne le quali (quantunque in luoghi remoti vadino) ritornano però sempre alli medesimi nidi: & perche io le [87-r] sia alcuna fiata stata absente, non crediate per ciò, che io molto bene non la conoscessi. sempre hebbi io sospetta l'amicitia sua, ne mai di lei mi fidai. non vi soviene forse d'havervi io piu volte detto che la rassimigliava alli Serpenti della Siria li quali, sol alli forestieri sono dannosi & a paesani benigni: ma sia come si voglia. questo vi dirò ben'io, ne lo tacerei se credessi di scoppiare che di voi molto mi maraviglio che li diate si attenta udienza tutte le volte ch'essa hà voglia di lacerare l'altrui fama con la sua pestilentissima lingua non siamo quelli che nutriamo i maledici col prestar loro si grata udienza. à Dio siate. Di Vicenza.

LODOVICA ZILIOLA A M. LUCIA PERGOLANA.

Brutta fama (se nol sapete) si sparge per ogni luogo de vostri figliuoli, ma che state voi a fare con la vostra lingua piena di rara facondia che non li instigate alla virtù & alla immortalità proponendoli quelli che per ben operare meritarno le statue? narrategli cotai volte, quando siete da soli à soli, della virtù di Sesostre Re dell'Egitto, del magnanimo ardire di Armidio & di Aristogitone, di Tito Corruncano, di Conone Atheniese & di Horatio Coclite: raccontategli quanto si legge della dottrina di quelli le quali meritarno d'havere statua del publico, à cotesto modo forse li risvegliarete da si profondo sonno, & se la debol lor complessione non comporta che si dieno alli esercitij militari, diensi almeno alle lettere pel mezo delle quali, tanti sono divenuti [87-v] famosi & in gran pregio tenuti; riducetegli à memoria quanto stimasser già li huomini litterati Gordiano Imperadore, Alessandro Magno, Adriano, Tacito Imperadore, Augusto, Giulio Cesare, Vespasiano, Alessandro, Severo, Antonino pio, Sigismondo, Carlo septimo Re de Galli, Nicolao pontefice V. & il Re Ferdinando. Non mancate del debito vostro per quanto potete acciò non intravenga a voi come intravenne ad Herode Attico, il quale essendo huomo nelle lettere & nel giudicio senza paragone, hebbe poi un figliuolo si stupido & alli studi inetto, che mai per opra di alcun perfetto maestro non puote apprender pur l'Alphabetto: Iddio vi consoli. Di Ferrara alli III. di Gennaio.

CATHERINA CONTESSA NUGAROLA A M. ANTONIA N.

Non hebbi mai a mei di la maggior allegrezza che di haver inteso che per vostro mezo si sia fatta la pace tra vostro marito & li nemici suoi: ogn'uno per questo ammira il vostro gran valore, & degna vi reputa di qualunque corona: Plinio ne annovera ventidue che solite erano di darsi da nostri antichi, per ricompensa della virtù & per scacciar dal petto nostro la pigritia. voi veramente ne meritereste due volte tanto: à me certo parerà sempre fin che il lume dell'intelletto non mi venga abbarbagliato, che voi per questo generoso fatto siate piu degna di triumpho che non fu Attilio, Calatino; Gn. Domitio: Livio Salinatore, Paulo Emilio & Marco [88-r] Aquilio, li quali triumpharno delli Sardi, delli Arvergnacchi, delli Illirij, delli liguri, & di Aristonico Re: l'è stata veramente una impresa molto gloriosa & altri che voi, non la poteva fare perche paragone non havete di giudicio, di destrezza & di prudentia: Iddio da mal vi guardi & vi prosperi in tutti li successi vostri. Da Verona.

FLAVIA LAMPUGNANA A M. DOROTHEA APPIANA.

La bellezza di vostra figlia & non altro, è stata cagione della nimistà novellamente nata fra M. Piero & M. Andrea vostri vicini, a quella guisa veramente che Lavinia con i suoi dorati crini, et con le rosate guancie, suscitò la gran rissa che nacque fra Turno & Enea: & credo fermamente ch'ella ne susciterà delle altre, se celata non la terrete da gli occhi de lascivi risguardatori al che vi esorto, & quanto posso vi conforto: hò voluto avisarvi di questo, acciò vi guardiate da scandali & da dishonori: state sana che Dio sempre vi feliciti & in lunga prosperità vi mantenga. Da Casal pusterlengo alli XX. d'Aprile.

HONORATA PECCHI A M. GIULIA MANFREDI.

Io hò procacciato per vostra figlia un marito di tanta bellezza quanta fu già Ganimede scudier di Giove et credo che s'egli fusse stato in que tempi, quando la Luna [88-v] si innamorò del pastore Endimione molto piu spesso ch'ella non faceva, havrebbe abbandonato il cielo per descendere nel monte Lathmio à bacciarli le colorite labra: egli è vero che non è molto ricco, ma questo non so io se molto vi importerà poi che si dice per comune proverbio chi nacque bello, non nacque mai povero. avisatemi se volete che la prattica vada avanti. Di Roma alli VI. d'Aprile.

HIPPOLITA BORROMEA A M. VERONICA BIANCARDA.

Mi par strano, che tutto'l di non facciate altro che disordinar la vita vostra, & poi vi maravigliate se hor v'infesta la stranguria, hor la pneumonia, & vi maravigliate se piena siete di furunculi, di lepra & di chiragra. duro vi pare se la tossa sempre vi annoia se il calcolo vi crucia, se la cephalea vi tiene oppressa & se la lienteria vi ha per assediata; credetelo a me, che l'intemperanza è stata sempre cagione che ne corpi nostri si sieno suscitati tanti et tanti diversi et monstruosi morbi, quale è vi prego quella parte del corpo nostro per minuta ch'ella sia; che da qualche infirmità occupata non si vegga? non patono gli occhi la lippitudine la lagophtalmia & le leucomate? non pate la faccia, le lichene, non pate il naso il polipo? non sono infestate le palpebre dalla psorotalmia? & tutto questo ne aviene pur per l'ingordigia del mangiare & per non haver alcuna continenza: non senza causa scrisse Seneca. PLURES INTERFICIT GULA, QUAM GLADIUS. [89-r] Quanti n'ho io conosciuti liquali erano Apoplettici, Auriginosi, Asmatici, Alsiosi, Letargici, Tetanici, Verternosi, Verrucosi, Ptisici, Idrocephali, Opistonici, Icterici, Frenetichi, Epiphoretichi, & Ischiadici, liquali sol per la temperanza del vivere, si sono talmente risanati come se mai non havessero havuto ver'un male. Siavi adunque questa la via, non sol di risanarvi, ma anchora di preservarvi: lasciate star gli appetiti, anzi soggiogateli alla ragione: non mangiate salvo che cibi generativi di buon sangue, & di ottimo succo. Lasciate tanti frutti, tanti intingoli & tante salse; lequali vi creano nel corpo mille oppilationi. io vi prometto che se farete a mio senno, non ve ne pentirete mai. Iddio da mal vi guardi. Di Piacenza alli III. d'Aprile.

LA CONTESSA DI GUASTALLA A M. CHIARA ET A M. LAURA MASIPPE.

Dolcissime figliuole, hora si che io conosco esser vero che per fama innamorar si possa; poi che la modestia vostra congiunta con infinita pudicitia fanno che di voi per tutto si sparga un soavissimo odore; & che ogn'uno vi ami, & di voi parli honoratamente, & faccia giudicio che le anime vostre sieno veramente del picciol numero delli eletti di Dio sendo quelle ornate di tanta religione & di tanta pietà quanta esser odo. Non viene mai alcuno di Vinegia, in queste nostre parti, a cui non dimandi incontanente che fanno le fanciulle Masippe? [89-v] egli vero che sieno si affabili & si pudiche? si belle & si honeste? si giovanette & si colme di senil prudentia? egli vero che sieno si ben create, & piene di gratissime maniere con una dolcissima favella? & ogn'uno mi afferma esser molto piu di quel che la fama risuona et di quel che il grido per ogni contrada con vostra eterna gloria se ne porta. Allhora io benedico il celeste padre che de suoi doni v'habbi si grandimenti arrichite, & lodo voi, del non haver fatto resistenza a lo spirito santo, d'haver aperto i seni vostri a ricevere le divine gratie, lodo etiandio la virtuosissima vostra madre, che v'habbi nodrite & allevate in tanta purità di cuore senza escluderne punto la leggiadria & la vaghezza che in voi a tutte l'hore riluce & fa di santa invidia avampare tutte le fanciulle della città vostra. O ben aventurate anime, per la molta intelligentia che Dio vi dette & risguardevoli corpi, per la molta proportione; misura, & ordine che in essi (per quanto intendo) chiaramente si vede, ma quanto sareste voi però piu felici se nella santa compagnia nostra a Dio vi piacesse voler servire & a lui del tutto dedicarvi. oh come vi si accenderebbe il cuore del divino zelo: oh quanto fervore vi nascerebbe nel gentil animo veggendo la mortificatione delle vostre membra, & l'innocentia de vostri casti petti: ma perche penso in brieve di vedervi col corpo, si come a tutte l'hore col spirito vi veggo, non dirò piu oltre. Iddio da peccati vi guardi insieme con la S. V. madre. Di Milano. [90-r]

LUCRETIA MASIPPA ALLA S. CAMILLA PALAVICINA S. DI CORTE MAGGIORE.

L'e' si grande S. la consolatione c'ho sentito nel vedere Piacenza, Cremona & altre terre, che lungo l'altiero vostro & famoso Re de fiumi giacciono; che m'è venuto voglia di gir sempre vedendo il mondo; & certo lo farei se l'amore che porto alle mie figliuole, & il timore di non esser tenuta instabile, & vagabonda, non me ne spaventasse. & chi sa che la peregrinatione non facesse forse in me, quell'effetto, che gia fece in Ulisse? cioè non mi facesse divenir assai piu prudente di quel che sono veggendo tanti vari costumi de popoli: hora si che io vorrei esser huomo & non femina, per potere ispeditamente gir ovunque mi piacesse. molte per certo anzi infinite sono le cose, lequali desidero vedere pur che lecito mi fusse senza riceverne biasmo alcuno. Vorrei primieramente vedere la bellezza delle donne Inglese, & udir la dottrina delle dotte figliuole del gran Thomaso Moro. Vorrei vedere la politezza delle femine di Olandia, & intendere per lor bocca, come faccino per haver si belle tele come hanno. Vorrei imparare que sottili lavori delle Fiamenghe. Vorrei vedere se le Alemanne sono anchora si ardite come già erano quando fecero con vergogna de lor huomini resistenza alle nemiche squadre. Vorrei vedere se elle sono dell'honore si amiche, come già furono quando doppo la vettoria di Mario, per non ricevere dishonore, s'impicarono per la gola. bramo vedere [90-v] il grato trattenimento delle donne Francese & di far riverenza a quella virtuosa & cortese Reina di Navara, che m'ha si fattamente il cuore innamorato che ad altro piu non penso che ad imitare le sue sante pedate. Se lecito mi fusse di gir dove la voglia mi sforza & mi sperona, farei concorrenza al padre Libero, che peragrò gia tutto'l mondo. Vorrei vedere se l'è vero che presso di Sijene si adori per Iddio il pesce, & in Ambraccia una Leonessa per havergli già ammazzato il Tiranno, & restituito lor, l'amata libertà. Vorrei sapere se vero fusse, che li Delphini adorassero un Lupo, & se presso li Lacedemonij sieno rizzati nobilissimi Tempij al timore, al riso, et alla morte. Vorrei saper se l'è vero che li Trogloditi adorino le Testugini, & molte altre cose, vorrei vedere quai desidero sovra modo & di questo desiderio ne siete voi stata la potissima cagione, poi che sviatami l'anno passato di Vinegia, con quelle vostre dolcissime parole & belli modi, foste cagione che io vedessi tanti ameni luoghi & tanti ben culti giardini a mio grande agio contemplassi. Vi hò voluto notificare per lettere questo mio novo desiderio, accio che voi col vostro sollevato ingegno, & grave giudicio, m'insegnaste la via, & il modo, di sodisfare a quanto desidero, senza dar macchia ò fregio alla donnesca reputatione, laquale sempre mi fu et essermi deve cara piu che la luce de gl'occhi miei, & quando pur per voi sporto non mi sia quello consiglio che si avidamente ne aspetto, hò deliberato nell'animo mio, provedermi d'un Tolomeo, d'un Strabone, di un Po: d'un Mella, d'un Solino, d'un Dionisio, d'un Plinio, & di [91-r] quel Stephano che gia si dottamente scrisse del sito della Grecia & chiudermi con le mie figliuole nel mio studio, & quivi dolcemente trastullarmi: & chi sa che forse non mi venga fatto di poter un giorno in tal materia recar qualche luce a studiosi; come già è avenuto a quella gentil Signora Sforzesca, laquale per leggere studiosamente quanto della quiete dell'animo, fu da Plutarco & da Seneca scritto, ne ha poi dato quel bel libro della vera tranquillità c'hoggi non senza gran profitto & contentezza si legge da ogn'uno. & qui fo termine al ragionar mio, pregandovi a scrivermi con quella humanità, che solita siete di fare. Certamente quando veggo le vostre lettere piene di spirito, di maestà & di singolar elegantia, parmi leggere il libro della vita, ove descritti sono tutti i nomi delli eletti a gloria eterna. State sana che Dio vi consoli, & sempre essalti la vostra molto illustre persona. Di Vinegia alli XXIII. di Settembre.

Le mie obedientissime figliuole, con la dovuta riverentia, vi salutano & come Idolo beato insieme con esso meco vi adorano.

LA DUCHESSA D'AMALPHI A M. CLARITIA B.

Infinito piacere ho ricevuto intendendo che vi siete data alli studi, di che lungo tempo ho dubitato non faceste mai, per esser voi delle lettere assai piu nemica di Licinio Imperadore, di Philonida Melitense, di Eraclide Licio, [91-v] & di Britanione: ma lodato Iddio poi che raveduta vi siete del vostro fallo. Oh qual dolcezza sentirete volgendo sossopra per l'avenir hor questo hor quell'altro bell'auttore; nella qual cosa imitarete le Api lequali, da varij fiori varij succhi raccogliono et col loro spirito gli mutano & digeriscono, altrimenti non farebbono il mele: trasformarete anchora voi in vostro uso ciò che presso di quelli leggerete, & talmente imitarete i buoni auttori che doventiate simili a quelli non come imagine dipinta, ma a quella guisa, che noi veggiamo i figliuoli rassimigliarsi a padri, sappiate che si come di diverse voci consiste il choro, cosi dalla mescolanza di varie discipline, consiste la vera eruditione: ma non vi si scordi già per alcun tempo se ben dotta pensate di voler doventare, che si come il cibo che nuota nel stomaco, non è cibo, ma un grave peso, tramutato poi trapassa in sangue & ne porge vigore, cosi accadere a punto nelle Dottrine. bisognar ben quelle masticar, ben digerirle, & non lasciarle cosi solide nella fantasia: ma pazza sono ben'io a volervi di ciò piu diffusamente ammonire conoscendovi tutta ingegnosa, & tutta piena di spirito: taccio poi della felice compagnia nella qual siete, atta a disciplinare et far erudita la rozza Batavia con l'inculta Beotia. state sana & lieta & attendete a l'incominciata impresa, nella quale (se lo spirito prophetico, in me non vaneggia) havete da riuscire maggiore assai di Damisella Trivulza, di Cassandra Fedele & di Isotta Nugarola: d'Amalphi alli XIII. di Agosto. [92-r]

LUCRETIA RELOGGIA A M. ANDROMACA.

Mando a V. S. il presente lattore per intendere se l'è vero che il cielo alli di passati apparito sia sanguinolento si come apparve già quando il Re Filippo assalì la Grecia. Se l'è vero che sieno appariti tre Soli si come apparvero essendo Consoli Sp. Posthumio & Q. Minutio: s'è detto di piu qua da noi, che si sono uditi sensibilmente alcuni strepiti di arme a quella guisa che si udirno nella guerra Cimbrica: avisatime (vi prego) di quanto vi richieggo sapere, perche ne sto molto ansiosa & temo che qualche gran calamità non venga a la sproveduta sopra de capi nostri. temo (per dirvi il vero) che li peccati nostri non habbino passato il segno di remissione, & che Iddio de vostri falli (come meritiamo) non ci punisca: preghiamo Iddio che habbia pietà de nostri errori, & con esso noi usi la sua clementia & lasci da canto la giustitia. Fate che il messo mio non ci ritorni senza vostre lettere, le quali pienamente del tutto me informino. Di Padova alli XXV. d'Aprile.

ALVIGIA ASINELLA A M. LEONORA BOLLA.

Io non so quel che mi debba dir del vostro cervello, il quale regger non puo ne alla buona, ne alla rea fortuna. paretemi veramente simile a un corpo infermo, ilquale non puo tolerar ne caldo ne gelo. doverreste pur [92-v] sapere che si come l'Api dell'amarissimo Timo, raccogliono soavissimo mele, così le persone savie sogliono dalli affanni, & dalle tribulationi sempre trar qualche utilità: è da pigliar sempre in buona parte ciò che fuor dell'aspettatione ne aviene. ma voi fate appunto come fanno i fanciulli, liquali se di un minimo solazzo privi sono subitamente risolti in amare lagrime sprezzano ogni altro piacere & commodo. Voi certamente per un poco di dispendio vi convertite in dispiacere quanti bei commodi v'habbi & natura & fortuna dati. Deh ratemperative hormai & mostrare il valor del cuore, poi che v'è ne data si bella occasione; non ammirate tanto l'altrui fortuna c'habbiate in odio la vostra: non fate come fanno gli adulteri, liquali invaghiti delle altrui mogli sprezzano le loro; contentative della vostra sorte. Di Piacenza alli X. di Gennaio.

LEONORA FIASCA A M.

Molti lodano la bontà vostra, & molti all'incontro biasmano l'ostentatione che voi usate, perche si creda da tutti che buona & virtuosa siate: questo non è ben fatto, perche la vera virtu fu sempre di se stessa contenta, ne premio veruno ricerca: ella non dimanda loda, non chiede premio: ne vuol alcuna ricompensa: bastali sol di virtuosamente operare, senza che l'habbi testimonio che predichi i suoi gloriosi fatti. si come la terra dove si cela alcuna vena d'acqua, suol mandar sempre fuori avanti il nascimento del Sole, alcune esalationi in forma di nuvole, cosi quelli che sono veramente [93-r] buoni sempre soliti sono di dar alcuni indicij di lor stessi; per iquali chiunque ha punto di discorso, puo chiaramente comprendere che in te sia la lor bontà: astenetevi adunque da queste brutte affettationi, lequali possenti sono a scemarvi la reputatione, anzi che di accrescerla pur tantino: Io ve n'ho piu volte ammonita, ma per quel che mi aveggo, gitto via il tempo & l'opra insieme poscia che voi non ci attendete. Paretemi voi fatta simile al terreno di Narni, ilquale per la pioggia si fa arido, & per il caldo s'inhumidisce, la dove M. Tullio si puose a giuocarci sopra & dire, EX IMBRE PULVEREM, EX SICCITATE FIERI LUTUM. Cosi credo io facciano le ammonitioni mie verso di voi, se vi predico l'humiltà, insuperbite fuor di modo, & se all'ambitione per aventura vi conforto, vi abbassate piu di qualunque vilissima creatura. Hor su fate pur a vostro modo & vedrete quel che ci guadagnerete: non altro intorno a questo fatto vi ragiono. Scrivetime spesso, perche farò il medesimo verso di voi. Di Mantova alli IIII. di Novembre.

GIULIA GELMINI A M. CAMILLA P.

Hò favellato con quella buona femina che m'havete inviato per i miei servigi: certamente non vi siete punto ingannata dell'ingegno & della prudentia sua: di che aveduta me ne sono in una sol risposta ch'ella mi [93-v] dette. Protogene Pittore conobbe l'eccellentia di Apelle per una sola linea non havendo mai piu veduto la faccia sua, & io scopersi subitamente l'altezza del suo ingegno per una accorta parola ch'ella mi disse. Ve ne ringratio quanto so & posso, ne per me mancherò di trattarla amorevolmente, come se sorella mi fusse & non serva. hormai ho imparato con mio danno a governare altrui. So che ad alcuni si richieggono dolci ammonitioni, & ad alcune acerbe riprensioni, a quella guisa appunto che veggiamo alcune gemme non risplendere se non sono macerate nell'aceto & altre bollite col mele farsi piu belle & piu lucenti: ho similmente avertito che si come piu facilmente s'insculpisce nelle gemme ciò che l'huomo vuole se l'instrumento è caldo & fervente che se freddo fusse, cosi puo efficacemente comandare qualunque padrona ama ciò che loda, & di cuore odia quel che essa con la lingua vitupera. Io fui sempre di questo pensiero & animo, di far piu tosto con arte & con ragione che per viva forza, ma per non mi diffondere nel scriver piu di quello che fa di bisogno, vi conchiudo che me n'havete fatto singolar piacere. Domani manderò per essa et darolli quella impresa, che m'hò disegnato nell'animo di volergli dare, & di quello che ho promesso alla S. V. di donargli per sua mercede non mancherò per quanto cara mi è la vita, & l'honore. Di Napoli alli X. d'Aprile. [94-r]

LUCRETIA MASIPPA A M. CANGENUA F. N.

Io mi trovai l'altro giorno in un drappello di savie donne, dove molto si ragionò della schiettezza et della lealtà che alle persone d'honore come voi siete si conviene, & anche ragionossi della duplicità de cuori, & biasmossi con acerbissime parole quella simulatione & hippocrisia (per dirla con voce Greca) che in molte femine dell'età nostra non senza gran giattura a tutte l'hore si scorge & di voi diffusamente si parlò & gran colpa di ciò vi si dette da ciascuna. Iddio sa quanto mi dispiacque che si leggiadra donna qual sempre foste, si credesse macchiata di si lorda & di si brutta pece: ma perche vi siete voi cara sorella cosi lasciata ammorbare & avelenare? non vi pare assai che nel corpo celato si stia l'animo, senza che nell'animo si celi anchora & coprasi la verità? ò quanto è lodato Pomponio Attico del non haver mai (al suo vivente) favellato simulatamente, quanto dall'altro canto è biasmato presso di Aristophane quel Phrimonda per esser stato sempre natural nemico di quella schietezza laquale io come qualità veramente divina et celeste amo & adoro: & per qual altra cosa biasmasi presso di Homero Sisipho salvo che per non esser stato leale, & nella sua lingua verace? Io per me, non so come conversar si possa mai con tal sorte di persone, che altro ha nel cuore & altro nella bocca gli risuona sono pur questi tali dalla santa scrittura giustamente condennati: sono pur divinamente rassimigliati alli astuti Draconi. O Dio perche non ve la scacciate voi tosto dall'animo? [94-v] non vi accorgete forse quanto ella si disdica alle altre vostre buone & illustri qualità? sufficiente giudico io questo difetto per mandarvi in bocca di Lucifero (se la divina misericordia non vi aiuta & non vi difende) l'è sufficiente questa mala parte a farvi odiosa & abhominevole alla miglior parte del mondo, imperoche qualunque non è schietto è di necessità ch'egli sia nella vita sua tutto vario & inequale, hor bugiardo, hor verace, hor aspero & hor dolce & piacevole; la onde non senza giusta causa Plutarco li rassimiglia a quel lago che si trova presso delli Trogloditi c'hora è salso, hor è dolce, & sovente volte si trova amaro, ma sapete voi madonna mia quel che ci inganna & l'intelletto nostro abbarbaglia? ingannaci il credere che questa sia una vera & lodevole virtu & quelli mali difficilmente sempre si schivano, liquali sotto protesto di bene familiarmente ci lusingano; quante n'ho io vedute che per saper ben simulare, & alloro arbitrio dissimulare, et rade volte dir il vero, uccellando & schernendo quelle persone, lequali forsi erano tenute di cuore amare, & riverire, credevano d'esser ben ingegnose & di alto intelletto, grossolane tenendo quelle che portano il cuor in bocca, & quelle medesime voci li risonano nel cuore che nella voce si sentono. Voi vi potreste forsi dolere & con esso meco iscusare, con dir che se siete simulatrice, ciò vi aviene per esser sin da fanciulla avezza con persone di tal professione instrutte: accetto io in ogni modo questa vostra poco probabil scusa; perche ottimamente conosco di qual pelo sieno state per il passato sempre le conversationi vostre: ma quanto però maggior loda [95-r] ne riportereste voi facendo come fa il pesce che nasce in mare & pur non ritiene pur una dramma del sale marino: di quanto maggior pregio sareste voi tenuta, se faceste come hò veduto far molti & nati & nodriti fra Barbari che pur da ogni Barbarie remotissimi sono. & qui faccio al mio scriver fine. Di Vinegia alli X. d'Agosto.

LA CONTESSA CATHERINA VISCONTE LANDESSA ALLA S. CINTHIA PICCOL'HUOMINI.

Alli di passati io hebbi quel Dialogo che voi per cosa nova mi mandaste composto da un certo lava ceci ch'esser non pò già altrimenti, poi che vi si biasmano per dentro le donne come cosa di poco ingegno, di niuna prudentia, di niuno giudicio & di minor intentione (salvo che all'oprar male). Io haveva fra me stessa pensato di volerlo confutare con vive ragioni, & con fortissimi essempij: ma sopragiungendomi diverse occupationi; sono rimasta à mezo corso dell'incominciata impresa. et perche l'auttore del Dialogo, molto si ferma in raccogliere l'utilità grande che recato hanno al mondo gli huomini con l'inventione di molte cose: cosi io all'incontro con assai diffuso sermone, dimostrava nella mia confutatione come Minerva ritrovasse l'olivo, Cerere le biade & la coltura della terra: Phemone il verso Esametro: Anagallida il giuoco della Palla: Glicera le corone: Carmenta madre di Evandro le lettere: Semirami la nave longa; Città Luchese l'oro nella pelle tessuto: Sapho [95-v] il verso Saphico: Combe figliuola di Asopo l'armatura di Enea: Pantasilea la scure: Clio le historie: Melpomene le Tragedie: Thalia le comedie: Euterpe le Tibie o Flauti che li vogliamo dire. Erato la Geometria, Terpsicora il Salterio; instrumento presso li antichi molto usitato: Urania l'Astrologia: Polimmia la Rhetorica: Calliope le lettere greche: Thimele il Saltar Scenico: Gulphila le lettere Getiche: Nicostrata i Caratteri latini: & cosi di mano in mano scorreva io sempre di lungo, aggiungendo sempre alle inventrici i testimoni delli antichi & Greci & Latini: ma per dirvi il vero, m'è paruto poi di far meglio collocando il tempo in speculatione di maggior momento. questi nel vero sono pur i bei Capricci che vengono in capo ad alcune bestie, poi che per parere galanti & ingeniosi cavaglieri si pongono a dire & scriver male delle donne, quasi che dalle donne & nati & nodriti non sieno: sciocchi nel vero ch'essi sono, & degni di esser con l'Eleboro purgati, sel accaderà che noi ci vediamo prima che me ne vada al Sen: vi farò copia di quanto mi ritrovo havere in tal materia scritto. fra tanto, state sana & per difendere le donne se non bastano le parole, poneteci & l'unghie & i denti. Di Piacenza alli XIII. di Gennaio.

LUCRETIA M. CONTESSA BECCARIA ALLA S. R. N.

Non ci puo illustre S. mia esser il peggior segno delle nostre future rovine, che di vedere i tristi & disleali hoggidi triomphare & governare per il lor arbitrio [96-r] il mondo; l'è questo segno molto piu certo che non è di ventura tempesta, il vedere con gran lascivia scherzare i Delphini sendo il mar tranquillo & bonacciato. Questo vi dico io acciò stiate ben avertita & proveggiate a casi vostri. Si come spesse volte aviene, che sendo il cielo ben sereno, alla sproveduta crudel tempesta si lievi: cosi anchora sendo le cose prospere & liete, n'accade spesso di vedere con nostra mala contentezza grandisimi bisbigli & atrocissime perturbationi. che sarebbe adunque da fare? io vi consigliarei sorella honoranda a levarvi quindi dove al presente vi ritrovate con si mala compagnia. non siate per Dio si mal accorta che non prevediate la tempesta che vi sta sopra del capo, avanti ch'ella faccia il suo colpo: imitando la buona disciplina de diligenti Agricoltori. & questo bastivi, quanto al caso occorso (dico dell'insolentia de vostri nemici) & di quanto potete ragionevolmente temere. Verrò hora pian piano, a toccare dell'altre corde per vostro beneficio non meno necessarie. Parerebbemi .S. ottimamente fatto che voi riponeste que danari che tratti havete per conto della dote vostra in piu sicuro luogo & meno esposto alle insidie de rubbatori. Natura puose l'anima della Murena nella coda & non nel capo, per insegnarci a riporre le cose che carissime havemo ne luoghi che soggetti non sieno alli pericoli dell'altrui rapacità. cosi facendo non havrete forsi cagione di star sempre su le nimicitie, & sul far del continuo liti: non dico già che voi diate licentia per hora al fattore vostro, sperando per questo di rimediare a vostri affanni: perche nel vero io temo che questo non sia sofficiente rimedio al morbo, che [96-v] penetrato veggo nelle viscere delle facultà vostre: temo che non fusse il rimedio che si procurasse simile à punto al rimedio che ne porge l'Erba detta Climenos; laquale talmente giova, ch'ella spesso induce sterilità et alle donne & a gli huomini: & qual giovamento sarebbe questo scacciare un male, per admetterne un peggiore? ponete adunque mente a fatti vostri, se non ci volete rammaricare come sin qui havete fatto. Io me n'anderò fra pochi giorni in Villa, dove intendo che tutto il mio studio sia nell'Agricoltura; hò di già incominciato a fare un giardino non inferiore a quello di Cirro, dove penso disporre tutti gli alberi nella figura quincunce: se vi verrà voglia di villeggiar con esso noi, fatecelo sapere che per voi verrò battendo l'ali. Fra tanto state sana & il piu che potete lieta: il mio consorte vi si raccomanda & li figliuoli miei vi basciano riverentemente le belle mani. Di Pavia alli XX. d'Aprile.

CLAUDIA GLIZERIA A TULLIA CASTRICCIA.

Io intendo sfacciata meretrice, che tu hai ardimento di violar con la tua maledica & fracida lingua, l'honore che m'ho acquistato, stando tanto tempo rinchiusa fra i termini d'una picciola cameretta; menando vita dura & parca, con l'ago & col fuso provedendo a miei bisogni, & non dandomi in preda mai ad alcun vano amadore come tu sempre facesti, da che uscisti dalle fascie. Era Messalina moglie di Claudio men di te impudica. Fu men sfacciata di te Galvia Crispilina, & hai ardire [97-r] di morder l'honestà mia. Credimi pur che se per l'avenire non te ne astieni ti farò un mal scherzo, di pur di te, & lascia star gli altri. Di Milano.

LA CONTESSA TASSONA PETRATTA ALLA S. ISABELLA TASSONA BELTRAMA.

Il dolore che sentito havete & del continuo sentite per la morte del S. Giannoto vostro amorevolissimo Padre, & mio honorato parente, mi fa star si mal contenta che ne di giorno, ne di notte, posso pel gran cordoglio liberamente respirare; & fra me stessa sovente dico quanto mal si puo dir della morte, la maledico, la biastemmio, & me la imagino per la piu horrida cosa che imaginar si possa: hor mentre in questo contrasto sono, & fra me stesso con i miei duri pensieri combatto: ecco che io sento una celeste voce che al cuor mi parla con tacita favella, & si mi dice, che piangi? che ti duole? di qual cosa t'attristi tu? forsi perche il S. Giannotto hà cambiato vita mortale per haverne una immortale? hà mutato un'albergo terreno, per possederne un celeste? Ah sciocca che sei & invidiosa delle sue perpetue consolationi: non ti avedi che con queste lagrime & con questi vani lamenti perturbi le dolcezze ch'egli nel cielo gusta? con questo pensiero presi io la penna in mano, & deliberai di volervi con mie lettere supplicare a darvi anchora voi pace, a rasciugarvi il delicato viso, et al tutto consolarvi, & cosi ve ne prego quanto piu pregar ve ne posso: mala cosa potrete voi reputar signora [97-v] Isabella la morte sendo dalli antichi nostri detta esser ministra di giustitia, porta di salir al Cielo, scala di doventar immortale, & unico riposo delle nostre miserie? non dice l'Apostolo che beati sono i morti? & rendendo di ciò la ragione, dice perche riposano dalle fatiche loro: il S. Giannotto. adunque riposa & voi vi inquietate i spiriti, & voi di si mala maniera vi tribolate? Deh non piangete più. à che proposito versar tante lagrime & mandar fuori del petto tanti dolorosi sospiri: se vostro Padre il quale prima di voi nacque, prima di voi è anchora morto: s'è servato in questo la legge della natura: volevate forsi morir prima di lui. havendo Iddio nella sua imperscrutabil mente determinato di trarlo a se prima che trahesse voi? quando egli vi fu da Iddio dato per padre, vi fu dato con tal conditione, ch'egli era mortale & che padre non vi sarebbe salvo che per tanto spatio di tempo, quanto egli v'è stato: solo Iddio ci è padre perpetuo & eterno: i padri carnali ci sono dati a tempo. se insin'hora hà fatto verso di voi ufficio di padre pensate che hora essendosi partito da questo mondo avanti a voi, come anchora era cosa lecita, & honesta farà ufficio di foriere, & vi apparecchiarà nelle celesti stanze commodo & honorato albergo & come credete voi ch'egli morisse contento, ramentandosi d'haver sempre vissuto honoratamente & da huomo che Iddio ami, tema, & di perfetto cuore riverisca: con quanta consolatione credete voi che trapassato sia, ricordandosi d'haver voi prima, (qual amò sempre tenerissimamente) a si nobilissimo cavagliere collocata. Sono anchora piu che certa che di gran contentezza gli è stato, il morire [98-r] fuor della patria per non veder le lagrime de suoi cari parenti, & per non udir i singhiozzi de suoi fedelissimi vasalli, i quali amava & consigliava non da padrone, ma da vero padre, non da Tiranno, ma da vero & legittimo possessore. Forse che a voi rincresce perche l'è morto in Ancona, & non a lo stato suo ò vero nella delitiosa Napoli: & io vi dico ch'egli non poteva morire in piu accommodato luogo, accioche facilmente in ogni luogo si risapesse il suo felice trappasso: qui voglio far fine al mio scrivere acciò non paia che io mi diffida della vostra prudentia, ne voglio piu piangere, accio non si creda che io dubiti di non vederlo al novissimo giorno risuscitato. Di Ferrara nelle nostre case alli XXV. di Ottobre.

GIULIA GONZAGA CONTESSA D'ARCO.

State fanciulla mia quanto piu potete dalli huomini nascosta: celatevi a tutte l'hore dalli occhi de belli et impudichi amanti, li quali, à guisa de Basilischi & Catoblepi sol con l'aspetto uccidono le semplici & mal accorte fanciulle: non vi curate che si spargi fama della vostra corporal bellezza; curatevi sol che di voi si dica che savia & pudica siate, & che proposito vi habbiate l'honestà davanti alli occhi per unico segno di tutte le vostre attioni. Io non vi saprei mai darvi il miglior rimedio, ne porgervi la piu singolar cautela, che di star lontana dal fuoco non volendo abbrucciare: attenetevi a questo medicamento, che fedelmente vi dimostro poi [98-v] che d'altro migliore non vi so provedere, colpa veramente della miseria humana c'ha si scarsi i rimedij a suoi mali: i Cervi col mangiar del Dittamo si fanno uscire le saette dal corpo, & se dal Phalangio son percossi si medicano mangiando de Gambari, le lucertole offese da serpenti, ricorrono ad una certa herba lor molto amica, et tosto rimediano alle ricevute offese: le Rondinelle soccorrono alla cecità de lor pulcini con la Chelidonia: le testugini col mangiar della Cunila fortificano le forze contro de Serpenti: le mustelle con la ruta si confortano, pria che dieno la caccia a topi: le cicogne pigliano vigore dall'origano: li porci selvatici dall'ellera: i serpenti dal succo del fenocchio: i dragoni dalla latuca selvaggia: le Pantere si aiutano con le feci humane; l'Elephanto con l'herba detta camaleonte: li orsi lecando le formiche: la palumbe, i Merli le perdici, & le cornacchie con le frondi dell'alloro si medicinano: & noi soli nel riparare alli danni che n'arrecano le facelle d'amore, siamo prive di ogni consiglio & di ogni argomento contro qualunque vitio si puo virilmente a viso aperto contrastare: ma con la lussuria non con altre arme, conviensi combattere, che con prestissima fuga: qui bisogna volgere le spalle se vincer si vuole: ne crediate già che dishonorevole sia cotal fuga. se aviene carissima figliuola che pungere vi sentiate il cuore da stimoli amorosi, recatevi subitamente per la memoria quelle pungenti spine che trafissero il cervello al Redentor del mondo: recative per la memoria quei acuti chiodi co' quali fu confitto sul legno della Croce il fattor del cielo, & della terra: forse che con simili contemplationi raffreddarete [99-r] i riscaldamenti della carne: miglior consiglio non vi saprei io dare (se del mio corpo uscita foste) accettatelo adunque con quello affetto che io vel porgo; & ponetelo in essecutione senza farvi sopra alcuno indugio, & me amate. Di Piacenza alli XX. di Agosto.

FRANCESCA VIDASCA ALLA ILL. S. POTENTIANA CONTESSA D'ARCO.

Io mi sono infinitamente rallegrata, udendo che partorito habbiate un bello & dolce figlio: raguagliata poi che io fui dell'hora ch'egli nacque incontanente mandai per dui miei famigliari, nelle Astrologiche divinationi piu periti & instrutti di Apollonio Tianeo & di quel Conone da Virgilio ne suoi versi pastorali mentovato & feci lor fare la natività del ben nato fanciullo: & senza alcuna controversia ritrovorno ch'egli sarebbe & piu bello & piu casto di quel Cesto, la cui bellezza & castità descrisse già Martiale dicendo QUANTA TUA EST PROBITAS, QUANTA EST PRAESTANTIA FORMAE CESTE PUER, PUERO CASTIOR HIPPOLYTO? ritrovarno di più che egli non sarebbe men bellicoso & martiale di Pirro ò di Leonida: non hò io adunque ragione di rallegrarmene? Attendete pur voi S. Contessa a far il debito vostro, procurandoli balia honesta che non s'imbriachi, & che non sia nella lingua dissoluta & licentiosa: quando sarà poi tempo ch'egli si ponga sotto la disciplina et de [99-v] litterati precettori & alli essercitij cavallereschi tutto si applichi; non dubito che l'Illustre C. Sigismondo non faccia quanto se li converrà di fare perche sostenga l'honor della casa d'Arco: ne altro dico. Iddio vi conservi tutti in lieta sanità & faccia sempre si felicemente prosperar i casi vostri, come io di perfetto cuore il bramo, & a tutte l'hore il desidero. Di Trento alli XX. del presente.

CATHERINA LANDESA TRIVULZA ALLA S. PAULA SCOTTA CONFALONIERA.

Alla venuta del Prencipe di Spagna (se altro non occorre che ci impedisca) farassi recitare una bellissima Comedia, nella quale (se il mio giudicio non m'inganna) vi saranno Istrioni & recitatori non men faceti & piacevoli di quel Stephanio chiamato da Svetonio togatario, percioche fu il primo che recitasse Comedie con la toga: ma che dico io di Stephanio? vi saranno recitatori da far vergognare Rubrio, Cilisco, Theocrine & quel Castore di cui favella Horatio nelle sue Pistole dicendo AMBIGITUR QUID ENIM CASTOR SCIAT AN DOCILIS PLUS. Il soggetto della comedia è bellissimo, pieno di varia instruttione, à tal che io giudico che non s'ingannasse punto colui che disse che la comedia era maestra della vita nostra, anzi uno specchio, nel quale rappresentavansi non sol le astutie & furti servili, ma dipingevansi anchora li inganni delle meretrici, i brutti vantamenti de soldati, la [100-r] falsa religione de mali preti, & mille altre cose, atte all'humana instruttione piu di qualunque altra sorte di Philosophia: di che disponetevi di venirci a trovare, che niuna piu grata cosa ci potreste al presente fare. state lieta. Da S. Fiorano alli XII. di Novembre.

GENEVRA VILLA FUORA A M. PETRONIA VERERA.

Vostra Cia parlò alli di passati con esso meco lungamente di voi, & fra molte cose ch'ella mi disse, si fu che eravate tutta oppilata: habbiate (vi prego) miglior cura de fatti vostri di quel che havete havuto fin'hora & schivate di mangiar cibi generativi di ostruttioni, come sarebbe cacio, pesce & vini carchi di colore ispetialmente dolci, delli quali siete sovra modo vaga: non mi dispiacerebbe che quando vi levate la mattina per tempo & vi sentite d'haver ben digesto il cibo, vi faceste far pianamente le fregagioni. loderei anchora che voi faceste piu esercitio di quel che fate, non dico già che n'andiate alla caccia, ne in su la guerra come Diana & come Arpalice era solita di fare: ma vi dirò bene che non biasmerei giamai che alle volte anzi, che ogni giorno giuocaste alla palla: qui forse voi vi riderete di me essortandovi io ad uno essercitio usitato da gli huomini & non dalle donne: & io dimanderei volentieri a voi perche non si appartiene egli cosi alle donne come alli huomini essendo la palla inventione di Anagalli fanciulla di gran valore? nel quale giuoco tanta utilità consiste che non mi par punto maraviglia se Galeno ne scrisse [100-v] si gentil trattatello come egli ne scrisse. l'è vero che alle volte piu mi piacerebbono quelli esercitij, nelli quali sono egualmente esercitati lo spirito col corpo, che sarebbe il passeggiare per le colline pian piano, ragionando dell'infinito valore c'hebber le donne antiche, et cosi formar l'animo alla imitatione di quelle: ne altro per hora vi dico. state lieta & amatemi. Di Napoli alli XXX. del presente.

SULPITIA BIRAGA ALLA S. ZENOBIA VISCONTE.

Hò presentito che vorreste pigliar marito & desiderareste haver il capitano Nicolò Franciotto: mi maraviglio del giudicio vostro che tal persona desiderate, non dico ch'egli non sia nella sua patria nobile, non niego ch'egli non sia nell'arme valoroso, & tanto amico d'honore quant'altro sia a servigi del Christianissimo Re: ma ben vi affermo che se lo togliete, non saprete il piu delle volte se voi siete pesce ò carne. quando pensarete d'haverlo presso di voi, eccoti che ito sarà in Constantinopoli ò che si apparecchiarà per gir alla corte: quando pensarete d'essergli fitta nel cuore, li sarete caduta dalla cintola. credendo poi ch'egli n'habbi a noia, vi terrà sopra del capo ne si vedrà satollo di vezzeggiarvi, si che a voi lascio considerare se questo è un cervello da sceglier per marito. non gli darebbono nel capo quanti arcieri ha l'Isola d'Inghilterra. misera voi se li capitate alle mani: io vi consiglierei piu tosto di gire alla Contessa di Guastalla & supplicarla ch'ella vi ricevesse [101-r] nella sua santa compagnia et ivi esercitaste lo spirito nelle devote meditationi, & il corpo con le atroce discipline castigaste: vi parerà d'esser in paradiso, tanti angelici spiriti in questa devotissima casa ritrovarete. oh come sarebbe questa molto meglior elettione che di farvi moglie d'un soldato, pensate voi forse ch'altro sia il soldato che una vitima la quale d'hora in hora stia per sacrificarsi al Dio Marte? niuna conditione d'huomini è di natura piu iraconda et rapace del soldato, et voi cercate di porvegli nelle mani non vi confidate nella vostra bellezza per cioche egli non mirò mai ne mai fu d'altra bellezza contemplatore che di quella de lo spirito non vi confidate nella nobiltà del sangue Viscontesco, perche vi so io dire che sol quella la nobiltà è da lui stimata che ha per suo fondamento la virtù: ma di questo siami per hora detto a bastanza. io vi hò voluto dir il parer mio: perche cosi ricerca l'amore che v'ho lungamente portato, cosi ricerca la fede che in me dimostraste sempre d'havere: se'l mio consiglio non vi parrà buono, lasciatelo da canto, ma non vi sia molesto di comunicarlo prima con la Signora vostra Cia donna di pellegrino ingegno & di acuto giudicio dotata, & qui facendo fine alla vostra buona gratia di continuo mi offero, & di perfettissimo cuore mi raccomando. Da Milano alli XX. d'Aprile. [101-v]

GIOANNA PAVERA A M. LUCIA NUGAROLA.

Io non vorrei che si tosto vi fuste posta a comporre & lasciar si facilmente veder da ogn'uno i componimenti vostri: ma vorrei che pensato haveste che nell'imparar lettere diversamente avienne di quel che avenir suole nel giuocar alla palla, dove in un medesimo tempo s'impara & ricevere & mandare: ma nelli studi ricercasi di ricevere prima avanti che altrui si mandi non senza misterio voleva Pithagora che i suoi discepoli per spatio di cinque anni tacessero: ne senza ottima ragione volle Horatio che per nove anni celati si tenessero li scritti nostri: Non vi lasciate guidar dall'Ambitione: ma habbiate & ne lo scrivere & in tutte le altre vostre attioni la modestia avanti alli occhi. Di Piacenza alli XIIII. di Maggio.

HELENA BENTIVOGLIA RANGONA A M. ISABETTA OLDRA.

Sono stata pregata di essortarvi alla virtu tutte le volte che mi occorra d'haver fidato messo che a voi se ne venga, io lo farei volentieri se ciò facesse di mestieri non sol per obedire chi mel commanda: ma per far cosa che alla professione di donna amica, & honesta non si disdica: ma certa sono io che si come il cavallo di buona razza & di generoso spirito non hà bisogno de sproni perche facilmente corre, cosi anche chiunque arde dell'amore della virtù non ha bisogno di chi l'avisi & instighi. [102-r] io vi hò sempre conosciuta non sol amar la virtù: ma tutta ardere di santa emulatione tutte le volte che v'è accaduto d'udire raccontar le valorose opere di qualche gentil madonna: non mi accade adunque essortarvi ne speronarvi alla virtù essendoci di vostra spontanea volontà tanto inclinata che piu esser non si puote: ma sol attenderò a pregarvi che vogliate perseverare come incominciato havete. state sana & lieta. Di Ferrara alli XX. d'Aprile.

D. LEONORA GONZAGA DUCHESSA D'URBINO ALLA S. VIOLANTE CARLONA.

Io veggo chiaramente si grande essere in voi l'amore della verità che di niuna altra cosa hormai piu vi curate, et per questo havete lasciato gli studi de la vana Poesia & data vi siete alle piu sante & piu segrete dottrine: felice voi di si bella & di si santa elettione. ma perche non acconsente il S. Iddio che piu vicina vi sia di quel che sono: accioche trastullar mi potessi alcuna fiata in quel vago giardino della scrittura santa & imparar a formare & riformare la vita mia con la contemplatione della obedienza di Sarra, con l'assiduo orare della bella Iudit, & con la castità di Susanna. aventurata voi se saprete perseverare come incominciato havete: guardative S. dalle insidie di Sathanasso, il quale a guisa di Leone va circondando per divorarci; si come ne campi da diligente capitano governati mai si tralasciano, ne si ralentano le guardie: ne le sentinelle si scordano: cosi [102-v] mai dormir deve chiunque una volta entra nella militia christiana: ma deve sempre star attento & vigilante sapendo d'haver a fare con nemici piu di lui possenti, più di lui astuti & frodolenti: Iddio sia quello che vi consoli et porgavi consiglio in tutte le vostre attioni. non cessarò io mai di pregar per voi: cosi vi prego a far per me non meno bisognosa di quel che voi siete. state lieta in Giesù Christo unico nostro conservatore. Da Fossambrone alli XX. d'Aprile.

LUCRETIA DA ESTE ALLA S. EMILIA MORTELLA.

Della mala compagnia che vostro marito vi fa, n'hò sentito tanto dolore quanto sentir si possa: hò poi da l'altro canto sentito non mediocre piacere intendendo che delle sue minaccie, & sciocche bravate hormai vi sbigottite poco; & havete incominciato à farne quella poca stima che meritevolmente far se ne deve: & pare che ottimamente l'intendiate, imperoche molti mariti si ritrovano simili alli Cocodrilli, seguaci verso chi li fugge, & fugaci verso chi li segue: cosi a punto sono alcuni se si mostra haver di lor timore insuperbiscono & ferocissimi divengono; ma se virilmente li sprezzi & lor fai resistenza si mollifica incontanente la lor ferocità. fate pur a cotesto modo, ne vi sgomentate, perseverate in esser animosa & ardita; perche ve ne risulterà piu commodo che incommodo. Dal nostro Casino di Correggio. [103-r]

SERPENTINA POLLITA A CHRISTINA FORUZZA.

Io vi ho sempre sconfortata dal far l'amore & vi ho piu volte narrato li gravi incommodi che dall'amor nascono: ne mai m'havete voluto prestar grata udienza, di che ne sono lungamente vissuta in grandissima malinconia & m'era nell'animo mio rissoluta di non farvene piu motto: ma intendendo hieri da persona di somma fede in quanto pericolo & di vita & di honore eravate per cadere. ho voluto dar luogo alla pertinacia mia & di novo vi rescrivo che lasciate la pratica che si strettamente vi havete con quel tristo & scelerato presa: non sapete almeno che l'è si carico di mal francioso ch'egli a gran fatica si puo porre le mani in capo egli s'ha giuocato hormai infin'alle brache, & non ha di che regger & sostentarsi. Ò infelice voi se mai voglia vi viene di prendere per marito questo bricone, questo furfantaccio inutil peso della terra: Deh se sapeste quel che ad ogni lato sento per le case buccinare di questa vostra novella pratica vi nascondereste per vergogna; ma a quel che mi aveggo l'havete perduta et havete fatto una fronte di pietra & un viso di vetro tante volte v'ho sgridato, ne mai vi siete rimossa da questa infame pratica. posso ben dir di voi quel che disse il propheta FRONS MERETRICIS FACTA EST TIBI, NESCIVISTI ERVBESCERE. Scriverei piu oltre ma lo sdegno & la collera m'indebolisce la mano. Di Roma alli XX. d'Agosto. [103-v]

NOSTRA CONTESSA CAVRIOLA A MADAMA DI TAMPE S.

Intendo Madama, che doppo la morte del Christianissimo Re Francesco, vi si è di mala maniera mutata la sorte: & dove prima la fortuna vi mostrava un viso si lieto, & si giocondo, mostravel hora tutto torbido & dispettoso; & havervi da si alto luogo, posta, quasi al fondo dell'abisso: me ne è duolto & incresciuto assai, ma che s'ha però da fare? conviene sofferire in pace, ciò che vuol la fortuna, la quale signoreggia in ogni cosa; ne senza causa disse quel gentil Poeta. TE FACIMUS FORTUNA DEAM COELOQUE LOCAMUS. Consolative Madama con l'essempio di Dionigi Tiranno, il quale fu costretto andar in bando, & insegnar l'Alfabetto a fanciulli nella città di Corintho. consolative con l'essempio di Valeriano Imperadore; & di Pazaite Re de Turchi, li quali furono astretti far ufficio de scabelli, l'uno quando Sapore Re de Persiani, & l'altro quando il Tamberlano voleva montar a cavallo. Indolcisca questa vostra tanta amaritudine la calamità di Suadocupo Re di Moravia & de Bohemi, il quale con una veste tolta in prestanza, s'invecchiò fuggitivo fra le selve, & le spelonche. Conforti i vostri duri casi, l'acerba fortuna di Leggittimo, figliuol di Perseo Re di Macedonia, il quale per sostentarsi, & per non morir di fame, fu costretto doventar fabro: non vi disperate punto, ma sperate di ritornare tosto alla prima fortuna: sel fu cosa facile ad Helena madre di Costantino di humilissima gente nata doventar moglie di Costanzo [104-r] imperadore, perche non sarà piu facile a voi, di ritornar nel primo grado? fu facile a Rodope vilissima meretrice doventar Reina dell'Egitto et non sarà facile a voi, il ritornare, dove prima eravate? Deh state di buona voglia, et di cuor rallegratevi, che tosto tosto vedremo la fortuna raserenata. Da Pudiano alli XX. d'Agosto.

VIOLANTE MAURITIA CONTESSA DI GAMBARA A M. GIULIA ROSA.

Quella povera vedova carica de figliuoli, qual raccomandai l'altro giorno alla cortesia vostra, m'ha rifferito con mirabil gratitudine di animo, quanto siete stata verso di lei amorevole, & liberale. Io ve ne ringratio non sol da parte sua, ma anchora da parte dell'ordine donnesco, poi che non sol per questo effetto novamente fatto, ma anche per molti altri lungo tempo usati, voi certamente fate le donne per liberalità al mondo riguardevoli. Hebbe l'età passata Lucina Romana. Paula Busa, Theolinda Reina, Pudentiana & Praxeda, che nell'esser liberali fronteggiavano con gli huomini, et l'età nostra si puo a ragione gloriar d'haver M. Giulia Rosa piena di bontà & di virtù. Perseverate sorella in questi buoni ufficij, se volete eternamente vivere, ne giamai esser alla morte sottoposta. Per la virtù della liberalità Cipriano acquistò il cielo dando ciò che haveva à poveri di Christo. Abdia nudrì cento propheti nascosti nelle spelonche, dal furore di Iezabel: Othone [104-v] terzo Imperador adornò l'Alemagna d'infiniti monasteri: per la liberalità famosi al mondo son divenuti, Theodorico, Titto Vespasiano, Traiano Imperadore, M. Scauro, M. Aurelio, et altri molti. Si che ritenete questa virtù acciò che l'altre Madonne Bresciane, pigliando da voi l'essempio, imparino ad esser liberali, & facciasi cessare & andare in domenticanza quel bugiardo detto, che si sovente contra di noi usurpano le maligne lingue de gli huomini. AVARUM MULIEBRE GENUS. ne altro per hora vi scrivo, piacciavi salutar in nome mio, & del conte Giovan Francesco mio consorte la nostra Contessa Avogadra, qual non veggendo parmi esser divenuta del tutto cieca. Di Prato Alboino alli X. d'Aprile.

MADDALENA CALZAVELA ALLA S. CONTESSA AVOGADRA.

Mi è paruto amorevole ufficio & a ben affettionata appartenente il pregarvi che vogliate pacientemente sofferire la deliberatione che ha fatto vostro figlio di andar in Levante: certamente non sol la non si deve riprendere, ma dico di piu che ella merita loda oltre che l'è senza pericolo alcuno, imperoche governati sono da un nocchiero piu del navigare esperto & delle stelle instrutto, che non fu mai quel Telone di Marsiglia, di cui favellando Lucano cosi scrisse. Dirigit huc Puppim miseri, quoque dextra Telonis, Qua nullam melius pelago turbante Carine Audivere manum, nec lux est notior ulli crastina, seu Phoebum videat, seu cornua [105-r] Lunæ: semper venturis componere garbasa ventis, il nocchiero adunque è si esperto come voi udite, la nave è forte & si ben compacta quanto fusse mai quella nave Atheniese chiamata paralo destinata a condurre i Peregrini in Delpheo, & voi non vi assicurarete che debbano andar sicuri dovunque vogliono, et sani et salvi donde si partirno ritornare? Volesse Iddio che fusse venuto tal desiderio a Traiano mio figliuolo, che ne sarei ben lieta & ben contenta. Quanta contentezza credete voi Signora ch'egli sentirà veggendo Damasco dove fu creato il primo huomo? vedrà sottilissimi artificij, & i piu bei giardini, che mai natura producesse ò diligente giardiniero coltivasse. Contemplarà dove l'Apostolo fece la prestissima fuga, quando a petitione de Giudei pensò il governatore di Damasco d'incarcerarlo; vedrà la casa dove da fratelli sostentato, celatamente stavasi insegnando il Vangelo; scorrerà gran parte della Grecia, saliranno il monte Libano, dove l'aria è si benigna, che quando gli huomini ci muoiono di cent'anni, si dice che sieno morti giovani. Vedrà parte di Giudea, di Siria & di Phenicia: vedrà il Sepolcro del Redentore del mondo, & adorerà dove stettero i piedi suoi, tutto di santa dolcezza s'intenerirà contemplando que santi misteri di Gierusalemme: & quando mai altro non ne riportasse, non è assai quel che scrive S. Girolamo che meglio de gli altri intenderanno Demostene quelli che havranno peragrato la Grecia? & meglio intenderanno le scritture sante quelli, che havranno veduto la Giudea? qual utilità non speraremo adunque da questa sua peregrinatione l'una & l'altra parte veggendo? [105-v] state sopra di me, ch'egli ritornerà molto piu devoto che non vi andò, & gran solazzo sentirete udendolo raccontar quelle stupende memorie ch'egli vedrà: parerà un nuovo Ulisse, che dipinga il sito di Troia & l'accampato essercito de Greci. piu oltre non mi stendo ma qui fo il fine: Iddio da mal vi guardi, & lungamente in sanità vi conservi: di casa nostra alli XIIII. d'Agosto. havrei fatto piu volentieri questo poco ufficio a bocca, se impedita non mi havessero alcuni novi accidenti.

CAMILLA SUARDA MARTINENGA A M. DOROTHEA CAP. AVEROLDA.

Hò risaputo da piu persone, molto attristarvi & esser maninconica sopra modo per esser rimasta dalla infirmità che l'altro anno vi sopragiunse, alquanto zoppa: certamente io non vi veggo cagione alcuna perche ne rimagnate si dolente. De molti leggo che zoppi furono, ne perciò sono di fama men chiara & honorata. Fu zoppo l'Epiteto philosopho Gieropolitano, ne perciò rimase d'esser gratissimo a gli huomini & alli Dei. Cocle & Philippo Re de Macedoni, non sol non si dolsero dell'esser fatti zoppi, ma sell'arrecarono a gloria. Zoppa fu Lambda di Corinto & pur eternamente vive nelle dotte carte di Erodoto si che consolatevi & datevi pace, Iddio ringratiando che non vi ha fatto ne ballarina, ne corriera, ne lottatrice dove l'esser zoppo disconviene: state lieta, & amatemi, perche io [106-r] amo singolarmente voi. Da Farfengo alli XII. d'Agosto.

LA CONTESSA AURELIA VERDELLA ALLA S. SULPITIA BIRAGA.

Non vi turbate piu che il fattor vostro, si sia partito da voi, che per questo il cielo non vi caderà su le spalle. L'è pur gran cosa la pusilanimità delle donne moderne; perche non possiamo far nulla, senza l'aiuto de gli huomini, & pur si puo far senza essi in molte cose; cosi si potesse senza la lor opra mantener l'humana schiatta; io per me ne sarei molto ben contenta tanto m'hò recato in odio questo sesso diabolico, prodotto da Dio per nostra eterna peste, per nostro continuo danno & per nostra perpetua rovina. Io m'hò deliberato di far mia vita con esso voi; quanto piu tosto havrò maritato le mie figliuole, con patto però, che mai salvo quanto la necessità ci astringerà ci lasciamo pratticar huomini per casa. Vi prometto la mia nuda fe, che vorrei piu tosto veder la faccia di Sathanasso che veder un'huomo. Siano benedette le Amazoni, sian benedetti Ceneo, Iphi, & Tiresia, che mutar il sesso mascolino in feminino, & gran bestia credo fusse quella Arestusa che di femina in maschio si rivolse, et questo fece quello istesso giorno che sposa haveva da essere. Non dubitate punto che se faremo la vita nostra insieme, che poco di mestieri non ci habbi da esser l'opra de gli huomini: governaremo noi i nostri poderi, & [106-v] con maggior diligentia ch'essi non farebbono: lasciate pur andare me su per i mercati, & su per le fiere a far la fattoressa, che non hò paura che alcun m'inganni, sel fusse ben piu astuto di quel Pirrandro di cui fa Aristophane memoria; non ho paura che alcuno mi uccelli sel fusse ben piu versuto di Eucrate, di Cantharo Atheniese, di Phrinonda, di Hiperbolo, & di qualunque altro per astutia famoso. non temo che alcuno contra mia voglia mi ci faccia stare s'egli mutasse ben piu forme di Metra figliuola di Erisitone, piu di Acheloo, & piu di Periclimeno: sel ci sarà bisogno comprar de boi per arare le pianure nostre, non saperò io forse che debbano esser di membra pilosi, d'occhi negri & grandi, di corna similmente negri, d'orecchie compresse, di fronte larga, di narigi aperte, di grossa cervice & dal collo remota: di corpo grande & ben costolato, di larghe spalle & di buone natiche. non so io forse come s'habbino da governare le vacche? che i luoghi freddi le fanno smagrire, che bisogni pascerle mentre gravide sono, in luoghi verzuti & acquosi, due volte abbeverarle l'estate, & una sol volta l'inverno. far di mistieri per esser buone c'habbino i ventri grandi, le orecchie pilose, le guancie compresse, poca gamba, poca unghia, molta coda, & gli occhi ben aperti; se farà bisogno comprar de porci, non so io chel non bisogna che sieno ne lunghi, ne brievi, ma quadrati con l'orecchie longhe, & con le gambette curte. non so io che l'andar col capo obliquo è segno d'infirmità, & il mangiare ingordamente esser ottimo inditio? non so io che di sei mesi [107-r] sono possenti a generare? Sel farà mestieri di comprar delle pecore, io le comprarò di lana molle et spessa, di corpo grande, & di humil gamba: non saperò io raffrenar la ferocità de montoni col perforargli le corna vicine a gli orecchi? sel bisognerà comprar delle capre, & governarle; si che non so forse i precetti di Columella, si che non so quel, che Varrone ne dica, & di qual forma esser debbano. Lasciate pur far a me, disponetevi voi di non ripigliar marito, & di sgombrar la casa d'huomini: lasciate Monsignor vostro figlio nella sua badia, & del resto non vi curate. Io farò venir dodici femine di Schiavonia grandi & grosse, che pareranno a vederle dodici Colossi, araranno, zapperanno, cucinaranno, vi prometto, che una di loro, & la piu debole, farà fattione per quattro huomini, m'havete inteso pensate a quanto v'ho scritto; & datemi risposta (il piu tosto) che possibil vi sia. Artemisia & Olinda mie obedientissime figliuole vi salutano. Di Rivoltela alli VII. di Luglio.

ISABETTA GONFALIERA ALLA S. CONTESSA COGNATA CARISSIMA.

Vostro marito, mio fratello (per quanto intendo) è ito a Roma per dar hormai qualche termine alla già incominciata lite; & voi di cuor troppo tenerella, non ve ne potete dar pace, & ve ne state sempre temendo, che gli uccelli dell'aria non vel rubbino come già pel passato ne rubbarno Ganimede. temete del continuo non vi [107-v] sia inghiottito, ne mai per un momento d'hora, havete l'animo di timor voto & casso & che sarebbe poi quando piu non ci ritornasse et che li convenisse lasciar l'ossa fuor di Piacenza? sarebbe si gran cosa? non è forsi mai piu accaduto che uno naschi in un luogho & muoia nell'altro? Pithagora nacque in Samo, & morì in Metaponto. Marco Tullio nacque in Arpino, crebbe in Roma & spirò nel seno Gaietano. Sulmona generò Ovidio & Ponto il suffocò. Carthagine partorì Terentio, Roma l'instrusse, & Arcadia l'ha sepellito. Nacque Cirro in Persia & è poi morto in Scythia. A Catone dette Roma il principio, & Uttica il fine. Roma generò gli Scipioni & Spagna gli estinse. Havendo noi tutti a morire, non è meglio di morire ne piu famosi luoghi et dove maggior conto si tenga delle anime de trappassati? Io per me sel fusse in mia elettione non vorrei morir altrove che in Roma. Crederei incontanente per la santità de Romani Prelati et per l'innocentia & purità del sangue Romanesco di volarmene ratto, ratto in Paradiso. Crederei anchora di far piu gloriosa morte, morendo dove sepolti giacciono tanti virtuosi poeti. Quivi (se nol sapete) giaccion sepolti Horatio Pugliese, Ennio Calavrese: Statio di Narbona: Ausonio di Burdegallo. Duo Senechi con un Lucano Cordubesi. Qui giaccion l'ossa di Plauto d'Arpino, di Lucillo, di Arunco, di Pacuvio Brundusino, di Giuvenale d'Aquino, di Propertio d'Umbria, di Valerio d'Antio, di Catullo da Verona, di Varo di Cremona, di Gallo da Forli, di Actio da Pesaro, di Cassio da Parma, di Claudio da Firenze & di Persio da Volterra. Hor fra tante nobilissime [108-r] ossa, non vi potrebbono anchora star l'ossa del Conte Oldrico, se cosi a Dio piacesse? deh state lieta, consolatevi: perche cosi facendo, consolarete me & siate certa che tosto tosto, con la vettoria in mano fara ritorno. Da Gazino.

ARMELINA PAVERA A M. LIVIA COCAIA.

Mi credo che voi vogliate che i figliuoli vostri imparino senza haver mai precettore: & dove vedeste voi per alcun tempo farsi mai tal cosa? Protagora huomo di si veloce ingegno hebbe per suo precettore Evablo. Seneca si docile fu discepolo di Socione M. Tullio di Molone. Talete fu discepolo di Anasimandro. Anasimene di Anasagora, Socrate di Antistene: & voi volete che i vostri figliuoli imparino senza haver chi lor insegni le buone lettere? Voi siete solita di dire, che i vostri figliuoli sono troppo belli, & che temete che da qualche mala conversatione corrotti non sieno. Certamente belli son essi: pur non credo che le vostre figlie avanzino ne Licori, ne Lesbia, ne Lavinia. similmente non credo che i vostri figli superino ne Leandro, la cui bellezza celebra Museo, ne Hippolito, ne Marato da Tibullo tanto lodato: hor questi pur indifferentemente con ogn'uno conversarono, ne mai biasmo alcuno ne riportarono: si che S. mia, uscite di questo sospetto & lasciate andare i maschi alle publiche scuole, & alle femmine procacciate di dotto & honesto precettore, non li lasciate consumare il tempo in otio, perche l'è troppo [108-v] mal nemico de buoni ingegni: state sana. Di Piacenza alli XX. d'Aprile.

LAURA B. AVEROLDA ALLA S. DIANA BELASA NIPOTE CARISSIMA.

Io vi invio una fante, sufficiente in acconciarvi il capo più di Cipasi, fante di Corinna; della quale Ovidio in una sua Elegia cosi scrive. COMENDIS IN MILLE MODIS PERFECTA CAPILLIS COMERE, SED SOLAS DIGNA CYPASSI DEAS. Io ve la do per molto piu amorevole che non furono mai Carmione et Neera donzelle di Cleopatra. L'è piu sufficiente di Cibale fante di quel Similo lacui povertà descrive Virgilio nel Moreto. trattatela (vi prego) bene al vostro solito, & non facendo per voi, rimandatemela: perche ho mia sorella che me ne fa instanza grande per haverla: non altro, ve le bacio et me offero a vostri servigi prestissima come un baleno. Di casa alli VII. d'Aprile.

VIOLANTE CALASSINA À M. E. F.

Intendo che giorno & notte vi lagnate, & fate gran querele contra di Amore, perche l'amante vostro, v'ha si repente abbandonata & ha collocato l'amor suo in piu nobil luogo di voi: sopportate patientemente questa maschile inconstantia, non fu mai che gli huomini non fussero pieni d'instabilità & di leggierezza, ma che fareste voi se lasciandovi, si havesse preso qualche rognosa [109-r] furfantella, al che fare non fu forse molto lontano? egli s'ha preso una giovinetta per amante; la quale, non vide mai camiscia d'huomo, l'è piena di modestia, ha un'animo regale, una persona svelta, non credo che Diana l'havesse piu disciolta: l'è di sangue illustre, si che datevene pace, & consolate il cuor vostro, con l'essempio della simplice Ariadna, dell'infelice Dido, & della mal'aventurata Philide, & perche figliuola mia siete anchora tanto giovane, che facilmente potreste un'altra fiata incaparci, guardatevi da questi giovinacci spensierati, io vi so dir che la ci frulla: non dico piu per non esacerbare il dolor vostro. chi vi fece il duro colpo quel anchora vi risani.

Dalla Mirandola alli XXV. d'Aprile.

CATHERINA SUSIA A M. GENEVRA SORANA.

Mi è sommamente ricresciuto del travaglio di M. Lelia; ma suo sia il danno, non le dissi io sempre, che quella sua creata le farebbe poco honore? duolmi del caso occorso, & della infamia, nella quale è publicamente caduta. ma cosi se le potesse rimediare all'honore come facilmente si rimedierà che non perda la dote. L'è vero che le leggi ordinarono che qualunque donna sia convinta d'haver dato ad alcun huomo, che marito non le dia pur un bacio non che altro, perda la dote: ma l'è similmente vero, che sel si puo provare, che'l marito sia stato consentiente per alcun tempo alle dishoneste voglie della moglie, non la puo in modo alcuno perdere. hor [109-v] questo proverassi agevolmente, si che consolate M. Lelia da parte mia, & a voi mi raccomando. Dalla Mirandola alli X. d'Agosto.

MARGHERITA DELLI UBERTI STANGA A M. B. R.

Non mi piacque mai che lungamente habitaste in queste contrade, dove tante meretrici sogliono, non senza contagione delle honeste femine habitare, se l'uva frauda guasta l'uva sana, che le sta al dirimpetto; quanto peggio averrà a quella giovinetta che vedrà a tutte l'hore gli dishonesti & lascivi abbracciamenti delle vicine? se una pecorella rognosa, è atta a contaminar tutto 'l gregge, che speraremo noi di si morbosa conversatione? & forse che a queste vostre vicine, basta tener la vita da triste, & lussuriose, se anche ne nomi le antiche triste non imitano, rebattezandosi & in luogo di Maria, Francesca, Orsola, Helena, & Antonia. Chiamarsi Glicerio, Phrine, Taida, Flora, Lida, Philena, & Callidena. per mio consiglio adunque levatevi di cotesta vicinanza, imperoche non mancano a nostri tempi, chi sappia far l'ufficio di Dipsa: che fuggiva da Ovidio per i suoi ruffianesimi nelle sue Elegie flagellata; non ci mancano delle Hilarie, de Crobili, de Cinnari, & de Siloni, nel ruffianeggiare sommamente esperti et dotti, si che levatevene quanto piu tosto potete, schivate i pericoli che vi soprastanno, se non volete essere sprovedutamente [110-r] pressa state sana che Iddio da mal vi guardi. Da Cremona alli X. d'Agosto.

MADAMA LA GRANDE A M. GALERANA DA FAENZA.

Per le vostre lettere ho inteso quanto mi scrivete della vostra indispositione: dogliomi che nell'arte della medicina non habbia fatto maggior profitto: che tutto lo dispensarei in beneficio vostro: pur io vi darò quel consiglio che meglio saperò darvi, volesse Iddio che haveste fatto a mio modo, quando vi gridava che non voleste starvi pigliando il fresco scoperta a tutte l'hore come voi facevate: che non vi pigliaste tanto piacere di seder su le pietre, che vi guardaste da bagni d'acqua fredda, & non mi deste mai udienza. hora sia vostro il danno, & mia la fatica di soccorrervi: sappiate che d'altra cagione non procede questa relassatione di matrice, che dalla molta abondanza d'humori freddi, & da nervi mollificati: dicovi pero che se l'è solamente scesa al basso, ne fuori esce, potersegli agevolmente rimediare con l'odorare ambra, balsamo, muschio, spico storace, & altri simili cose; & per di sotto profumarsi con cose fetenti, come sarebbe con panni lini riarsi: fomentarvi il belico con lana di vino et d'oglio bagnata, ma se per mala sorte l'esce fuori, distemprinsi le sopradette cose arromatiche con succo di assenzo & con una penna s'unga il ventre, & dopoi piglisi questa bevanda R. rutæ, castorei, Artemisiæ, partes æqualeis; decoquantur in vino usque ad consumptionem duarum partium [110-v] ponete poi un sacchetto di formento cotto hor sopra il ventre, & hor sopra il belico, & con dolce mano pongasi dentro la matrice, poi fatevi far un bagno dove habbino bollito balaustie, rose, cortecchie di mel granato, galle, sumach, mirtilli, follie & cortecchie di quercia, giande, noci, cipresso, & lenticola. Usatevi a mangiar cotogni, nespole, sorbe, poma agre, et simili frutti. Il vostro vino sia temperato & habbi in se alquanto del stitico: quando cotesto non vi giovasse serbatevi quest'altra ricetta R. pulveris de corde cervi folliorum lauri, anna, dracmam .i. mirrhæ scrupulum .i. distemperentur trita cum vino, & perpotanda exhibeantur. Se sentirete la matrice poi che sarà al suo debito luogo riposta esser troppo calda: pigliarete oppij scrupulum .i. adipis anseris, Scr .i. Ceræ, melis, anna, Scrup .iiii. olei unciam i. Albumina duorum ovorum, & lac mulieris: commisceantur, & per pessarium inijciantur. Se vi nascesse qualche infiatura, ò vero apostema piglierete la ricetta qual vi mandai l'estate passata, essendo in zena: se altro occorre in che vi possa far beneficio fate ricorso a me, che per la carità Christiana non vi verrò mai meno, & se le forze del mio sapere intorno a tal professione, non saranno bastevoli per soccorrervi, non ci mancheranno delle donne che ne sapranno al par di Galeno, di Aetio, di Sorano Ephesio, di Theophilo, d'Antonio Musa, & dell'eloquente Celso. Vi farò toccar con mano esser nella mia picciola giuridittione contadinelle da star al paragone con i piu dotti Phisici c'hoggidi sieno in Padova, ò nella dotta Bologna. Di Zena in Parmegiana alli X. d'Aprile. [111-r]

CLARA DE NOBILI A M. ALESSANDRA NOSSONA.

Per vostre lettere, mi richiedete che voglia scriver il parer mio circa la Fecondità & sterilità vostra: non so se vi date ad intender che per esser io moglie di medico, dotta sia nelle cose a medici appartenenti. Siete veramente errata, se ciò vi pensate: non voglio però negare di non haver letto la parte mia, & di non essermi alcuna volta sforzata di far parer al mondo, che noi femine siamo si capaci di dottrina, quanto sieno gli huomini pur che ci vogliamo attendere si che non mi voglio ritrar di non manifestarvi liberamente quanto mi soviene già d'haver presso de scrittori & Greci, & Latini, piu d'una fiata diligentemente osservato. Dico adunque trovarsi alcune femine, le quali sono al concepir inette ò per esser troppo magre, ò troppo grasse: ne so in qual grado vi debba per anchora riporre non havendovi già molto, veduta. sonoci anchora alcune donne, le quali hanno la mattrice tanto lubrica, che ritenere non vi si puo il seme ricevuto, la qual cosa potrebbe però accadere per difetto di vostro marito, il cui seme, fusse tanto liquido, che fuori, subitamente come dentro è entrato ne sdrucciolasse, o vero potrebbe ciò avenire, perche havesse vostro marito i testicoli grandimente freddi, ò secchi, non ve ne tribolate adunque poi che l'esser sterile, puo cosi accadere per mancamento de gli huomini, come per mancamento delle donne: scrivetemi voi tutti gli accidenti che vi avengono, acciò possa comprendere se sterile siete per la molta calidità che abbruggia il [111-v] seme, ò per la humidità soverchia, che lo suffochi: se dal canto vostro procederà vi soccorrerò con pochissima fatica, & quando dal marito vostro procedesse, io vi darò un'unguento generativo de molti spiriti & con cibi producitori di seme, cioè con cipolle, pastinache domestici, & simili cose lo farò divenir fecondo piu che Priamo: ma se verrete a bagni di Villa col vostro consorte, provederò che sappiate da cui di voi dua proceda: se mi accorgerò che in niuno di voi sia il difetto, desiderando d'haver un figlio maschio, pigliarò la mattrice, & la natura della lepre qual farò seccare, & spolverizata la bereta, con un poco di vino & senza dubbio gravida rimarrete; non altro per hora vi scrivo; amatemi, & di me, servitevi, perche vi servirò viè piu che volentieri: prego che Iddio vi consoli, & faciavi tosto divenir madre della piu bella figliuolanza c'habbi la città vostra.

Di Lucca alli XX. di Settembre.

MAMMA RIMINALDA A M. FLAMINIA VISCONTE.

Non mi poteva dolcissima sorella venir la piu grata nova che d'intendere che siate gravida, per laqual cosa, io vi prego, & vi scongiuro, a volervi di sorte governare, che il desiderato parto senza alcuna offesa venga a luce fatevi spesso de bagni & ungetive il ventre con oglio di oliva, ò vero di viole, mangiate cibi leggieri & digestibili. Se i piedi (per aventura) vi enfiassero, ungeteli con oglio rosato & aceto: & perche [112-r] siete solita di abortire, faretevi far dal vostro speciale, la presente polvere Seme d'apio, ameos, menta: parte uguali dracme .iij. mastiche, garophili, cardomomo, radici di rubea maggiori parti uguali dracme .iij. Castorio Zedoaria, ireos parte uguali dracme .ij. zuccaro dracme .y. pigliarete questa polvere col mele, & nel vino ne infunderete tre scruopoli per volta & sarete sicura non sol di non sconciarvi mai: ma ne scacciarete di più ogni ventosità che nel corpo vi habbiate: ponete cura (vi supplico) a casi vostri, se desiderate che viviamo per voi contente. Se potrò, non mancherò di ritrovarmi presente quando partorirete gioveravi molto per partorir senza difficultà, il portar corallo sospeso al collo, & avanti l'hora del parto, ber un poco di rasura d'avorio: fra tanto vivete lieta & non vi date maninconia di cosa che vi accaggia. Di Ferrara alli XV. d'Aprile.

NICOLA TROTTA A M. LUVIGIA BIRAGA.

Per l'ultime vostre mi avisate vi faccia haver una balia per nodrire un vostro nipotino, a cui è mancata la balia: hò usato ogni diligentia per ritrovarne che fusse à vostro proposito: & doppo lungo cercare una finalmente me n'è venuta alle mani la quale è giovinetta, di un colore che par temprato di rose, & de ligustri: non è ne molto, ne poco ch'ella hà partorito: non è pettiginosa & hà le mamelle ne troppo grosse, ne troppo piccine: il petto ha largo, & è mediocremente grassa [112-v] di sua natura nemica di mangiar cose acute, salse, acetose & stitiche; ha l'aglio, il pepe, & la ruccola a schifo, l'è di natura lieta & gioiosa, il latte suo si ritiene su l'unghia. il che suol esser buon segno: ha de l'altre buone conditioni che non scrivo per non esservi prolissa nel mio scrivere: avisatemi se volete che ve la mandi che non indugiarò, & in qualunque cosa servir vi possa commandatemi senza alcun risparmio. Di Ferrara alli XIII. di Dicembre.

VIRGINIA TROTTA A M. MELIBEA DA PESARO.

Hò inteso che pensate di maritar vostra figliuola a M. Alphonso Toderino, & perche intendo che l'è giovane molto attilato & di leggiadria non inferiore a qualunque Napolitano cavagliero, hò pensato che sarebbe ottimamente fatto di provedere ad alcuni suoi difetti (al mio giudicio) insopportabili; ispetialmente a quel puzzolente sudore che dal corpo le n'esce, al fetore della bocca, a quella rognazza che sempre le tiene le mani assediate & al mal puzzar che da piedi le eshala. hò similmente fra me stessa pensato se con qualche bella ricetta si potesse far alquanto piu bianca, la miro alcuna fiata et parmi ch'io vegga una saracina. hor per la prima provederete al fetore del corpo con il lavarla alcuna fiata con un drappo molle nel vino, in cui siano bollite le frondi di mortella; & per togliere il fetor del fiato, daretegli le sommità della sopradetta mortella, faretele tritare & cuocerle tanto nel vino, che la metà [113-r] sia consunta, et con lo stomaco ben mondato daretegli tal vino a bere: non sarà ne anche fuor di proposito se spesse volte bevesse un cucchiaro di aceto scilino: per il fetor de piedi, voglio pigliate del litargirio spolverizato & ne li spropicciate i piedi poscia che li havrete diligentemente lavati. Sanarete la rogna con far un unguento composto di lapatio acuto, di fumoterre, con sungia di porco & botiro che sia fatto il mese di Maggio. Hor per rabellirgli la faccia fatele far l'infrascritto unguento R. di cerussa ottima uncie .ij. tritisi, poi si crivelli per un panno, quel che nel panno rimarrà gittisi via, & acqua piovana vi si mescoli, et cuocasi fin che si consumi l'acqua, raffreddasi poi, & aggiungavisi dell'acqua rosa, & un'altra fiata ribolli, sin che duro si faccia. formatene poscia delle pillole, quai disolverete con acqua pura & l'ungerete la faccia. Vi hò scritto la presente ricetta: perche so che la farete, & ne vedrete bellissima prova, ne altro per hora di questo vi dirò: state lieta, & pregate Iddio le tenga la mano in capo, acciò si prosperi, ne suoi successi. Di Ferrara alli X. d'Agosto.

ARGENTINA CONTESSA RANGONA A M. LUCRETIA N.

Io voglio ricompensare il segreto, che alli di passati mi mandaste, con un'altro, di non minor virtù per conservare i corpi humani da molte infirmità: siavi caro, stimatelo assai, fatene conto, & isperimentatelo, che lo troverete [113-v] maraviglioso. Voglio pigliate quattro lire di acqua di vita. del miglior vino destillata, che trovar si possa: due lire Sale abbruggiato: due di Zolpho morto: quattro oncie di Tartaro bianco: quattro oncie di Carboni di legno di Avellane: quattro oncie di salpietra; & le prefate cose tritinsi, crivelinsi, mescolinsi insieme, & sopramettetili della sudetta acqua di vita: & pongasi tutta questa massa à distillare: la prima distillatione tira a se la virtù de tutti i spiriti, ne alcun velenoso animale vi si potra avicinare. Conservansi dentro le carni, & i pesci, come in un balsamo: lieva tutte le macchie & le lentigini dalla faccia, & rendela chiara: toglie la rogna, risana i lagrimosi occhi: la seconda distillatione, sana gli Apostemi, & rimove l'enfiagioni del Fegato: la terza medica la lepra, & provede che la lena non ci puti: & taglia il phlegma del stomaco: la quarta distillatione manda fuori il sangue preso nel corpo: la quinta risana il mal caduco: la sesta è buona per chi teme non li caschi la goccia: la settima sana la podagra: l'ottava fa gli effetti che suol far il balsamo & di gran lunga lo avanza: la nona è tutta appropriata al Fegato: La decima fa questo maraviglioso effetto: se ne porrete una goccia in un bicchier di vino, & chel bicchiero sia indorato, vi si vedrà una schiuma che di sopravia anderà nuotando; & sarà detta schiuma puro oro, & ciò che voi con quella tingerete, doventerà bellissimo oro: parvi che questo segreto possi star al paragon del vostro? vi prego a non lo communicare altrui, grand'amore, & gran gratitudine m'ha spinta a communicarvelo: vi prometto a fe di gentildonna, che non lo [114-r] havrei dato a mio figliuolo. State sana & amatime: da Longiano nostra giuridittione alli IX. di Luglio.

ISABELLA SFORZA A M. FLAVIA LAMPUGNANA.

Piu volte havete riso di me, perche faccia tutto 'l giorno distillare acque da mastro Christophoro: io hò parimente riso della simplicità vostra et del vostro consorte che non sappiate quanta virtù spesso ci si trovi: ecco che io vi mando per la mancia di questo Natale, la piu miracolosa acqua che mai ne da huomo, ne da donna sia stata fatta: sana i leprosi, toglie ogni et qualunque macchia, rende la vista chiara, & ci conserva in perpetova & eterna gioventu, & accioche non ve ne manchi mai per vostro uso, vi mando insieme la ricetta. Pigliate limatura d'argento, ferro, ramo, piombo, acciaio, oro, schiuma d'argento & schiuma d'oro & di storace. Porrete dette cose per il primo giorno nell'urina d'un fanciullo vergine: il secondo giorno in vino bianco caldo: il terzo nel succhio di fenocchio, il quarto giorno nel bianco dell'uova, il quinto giorno nel latte di femina che allati un fanciullo: il sesto giorno nel vin rosso: il settimo in sette albumi d'uova, & tutto poi pongasi nella capella del Lambicco a lento fuoco, & quel che n'uscirà conservatelo in un vaso d'oro: overo d'ariento, & quando n'havrete chiaramente veduto l'isperienza, imparate a credere a chi sa & per età & per isperienza piu di voi, & far riverentia a fornelli, & a lambicchi, & a mastro Christophoro per [114-v] il cui mezo si veggono apertamente i gran segreti della piu segreta parte di Philosophia. state sana. & raccomandatime alla S. Isabella & alla S. Hippolita vostre cognate: habbiate cura d'Isabella vostra figlia & di Clementia, ne mancate di sollicitar Sforza che attendi alle lettere. Da Pesaro, in casa Giordani alli X. d'Agosto. Vostra madre vi saluta & tosto sarà di ritorno con esso meco, se a Dio piace.

SUOR LUCRETIA BORGIA A M. LUCRETIA AMANIO.

Due vostre lettere mi sono capitate alle mani, nelle le quali con instantia mi pregate a farvi havere la ricetta di quella polvere tanto alla luce giovevole; et io, che sono sempre stata desiderosa di servire doppo Christo, le persone d'honore, come voi siete, per una che mi richiedete due ve ne mando, acciò che se l'una fusse men efficace, supplischi l'altra: la prima si è questa betonica, ruta, chelidonia, sassifragia, levistico, polezzuolo, aniso, cinamomo, euphrasia, parte uguali manipolo .i. Cordamomo, zenzaro, fenocchio, petrosello, hisopo, origano, sillero montano, parti uguali, dracma .i. galanga, oncia .i. zucchero oncia .i. facciasene polvere per porre sopra delle vivande & indubitatamente ricuperarete & conservarete la vista lungo tempo: quando non vi fusse commodo di fare la sopradetta descrittione: fate quest'altra qual troverete forse di miglior effetto: di Tutia preparata dracma .i. di mastiche, drac. V. scrip. V. di camphora: scupolo .i. di carabe: dui scrupoli [115-r] di vitriuolo bianco: facciasene polvere molto sottile & pongasi nella quarta parte di acqua rosa ben distillata al Sole: riponetela poi in un vaso di vetro ben turato, & ponetene ogni mattina una giocciola ò due ne canti de gli occhi. Sono tutte due queste ricette di gran momento tolte dalli piu antichi medici che mai cotal arte essercitassero. prego Iddio le accresca & aumenti la virtù per vostro beneficio. Da S. Bernardino di Ferrara alli XVIII. di Luglio.

LUCRETIA CUOCA A M. FULVIA BELINCINA.

Voi mi scrivete d'haver inteso che io hò un'unguento buono per le rappe che vengono alle vecchie, io non adoperai mai al mio vivente cotal cose, non tanto per non haverne havuto bisogno, quanto che sempre mi spiacquero le cose sophistiche & apparenti. sappiate pur M. mia che per levar le rappe non si levano gli anni se le ci sono, non si doverebbono ne anche togliere, acciò ne fussero un salutevole ricordo d'haver tosto a mutar albergo. Siamo pur nel vero insatiabili, non vogliamo morir giovani, & non vogliamo doventar vecchie. vedete che bestialità è la nostra: sapete quel che mi credo di queste madonne, che vorrebbono al dispetto del tempo parer fanciulle? credo io (& perdonatemi se vi offendo) credo che habbino voglia di vivere da giovanette & scapestratamente. Cosi dico d'alcuni galant'huomini che si tingono le barbe, pensate pur da voi stessa che se non sono fedeli nel pelo, cosa di si poco momento, [115-v] quel che saranno nel resto, & quanto sia da fidarsi di loro? ma non voglio per hora predicar ne a voi, ne ad altri, io non sono la Contessa di Guastalla, ne la stigmatica Camilla, ma pur poi che tanto importunamente chiedete v'insegnarò quel ch'io hò ritrovato scritto ne libri di un eccellente Phisico. Pigliarete adunque quell'herba detta gladiolo, overo spada, & ne trarete succo, col quale ungeretevi la sera il viso: trovarete la mattina la cote elevata & alquanto rumpersi: hor questa rottura curarete voi con l'infrascritto unguento Dragontea munda, radice iari; parti uguali, tritatile nel mortaio, con la songia: distemperatele con acqua calda, & colatele per un panno, & cosi stia per ispatio d'una notte; rimovete poi quell'acqua la mattina, & ponetive l'acqua de fiori di Caprifollio: facendo questo che vi dico io, parerete una fanciulla di sedici anni, ne saracci alcuno che creda che habbiate passati li sessantasei: se altro per voi posso comandatime che pronta all'honore & servitio vostro mi troverete. Di Ferrara alli XIII.

LEONARDA DA ESTE A M. N. D.

Vi mando honorata madonna, la ricetta del far la faccia rubicunda, tante volte con instantia da voi richiesta; ma prima che ve la descrivi, io vi ricordo che non ci è il piu bel colore di quel che la vergogna nel volto d'honesta donna imprimere suole: & di tal colore dissero alcuni savi esser la virtù. Se di questo, le donne di nostra età, si tingessero alcuna volta la faccia, parerebbono [116-r] assai piu belle che non paiono, tingendosela con la pezzuola di levante, con le bambagine di Ferrara, ò con i scodelini di Spagna: ma di questo soverchio mi pare in ragionarne diffusamente con esso voi, sendo come siete amica d'honore, & di virtù: alla ricetta dunque me ne vengo. Pigliate radice di viticella scorticatela diligentemente, & tagliatela minuto minuto, & desicatela, spolverizatela poi, & distemperatela con acqua rosa, & col bambagio, overo con un panno lino, bagnatevi la faccia & parerete un Cherubino del paradiso state sana: & accadendovi veder alcune della nostra santa compagnia, mentre sto in villa, bacciateli la fronte da parte mia (ispetialmente) alla bella Mamma Riminaldi. Da Stuffione alli XX. d'Agosto. La Signora Lena vi saluta con tutto'l cuore: & io col cuore, con l'anima, & con tutti i sensi vi bascio la serena fronte.

GENEVRA MALATESTA A M. GIULIA MONTINA.

Hò fatto chiamare in casa mia, quanti medici sono in Ferrara (parlo de dotti) & non de certi che ne sanno meno delle lor mule: & ho favellato dell'indispositione di vostra sorella, ispetialmente del largo flusso delle purgagioni, & sonosi risoluti tutti di non potergli dar il piu prestante rimedio dell'infrascritto. Piglierete sole di scarpe ò di pianelle vecchie, & spolverizatele, pigliate poi delle frondi di alloro, & cotte che le sieno, fatene una suffumigatione per le parti di sotto fatto che haverete questo: pigliarete seme di ortica, & [116-v] corno di cervo ridotto in polvere & daretegliene bere: il mangiar suo sia di galline cotte, mangi del pane d'orgio, peschi freschi & cotti nell'aceto: beva de la ptisana fatta con perfetto orgio, nella quale, sia primieramente cotta radice di piantagine: fareteli porle ventose fra le mamelle: dategli ber del suco del semprevivo col vino; questi sono i rimedij d'importanza, et vi faccio saper che Ferrara non ha d'haver invidia a que dotti tempi che videro Ascelpiade, Nicomaco, Erasistrato, Oribasio, Nicerote, Podalirio, Themisone, Theombrotto, & il Massiliense Crina. ci habbiamo dui Antonij, l'un pare, anzi superiore, a quell'antico Antonio Musa: & l'altro dalla luce, che alli oscuri & duri morbi recar suole Luceio fu da Lusitani prima detto: se il primo Antonio fu medico di Augusto, questo moderno, di cui favello, è medico di Hercole, & è tanto maggior dell'antico in espugnar le crude infirmità, quanto fu piu forte Hercole di Augusto: ne altro di questo vi scrivo, attendete a conservarvi in sanità & procaciare che altri pel vostro mezo si risani. Di Ferrara alli XX. di Luglio.

CATHERINA G. FORESTA A M. CLAUDIA LANDRINI.

Intendo che vi havete scacciato di casa vostra nipote, per haverla voi ritrovata carnalmente congiunta con un suo fratel cugino: l'error in vero è grande & abbominevole: non è pero nuovo & inusitato molti se ne sono ritrovati, & huomini & donne, che d'Incesto colpevoli [117-r] furono, a quali, perciò si perdonò, ne fu riputato il peccato loro indelebile, si come voi volete sia questo. Achemolo figliuolo di Rheto, giacque con la matregna. Menephrone con la madre: Mirrha usò col padre, Machareo con la sorella Canace, Cleopatra col fratello, ne perciò furono tenuti si colpevoli che di loro sia stata esclusa ogni speranza di perdono. siate (vi prego) alquanto piu mansueta, et piu al perdonar inchinata di quel che siete stata fin'hora. rammentatevi che per la clementia verso de rei usata, divennero immortali Promochere Re de Geti, Ladislao Re de Pannoni: Cesare, Probo Imperadore, Antonino Pio: Fl. Vespasiano: Giuliano Imperadore & altri molti: ne altro intorno a ciò vi dico state lieta & perdonate a chi v'ha offeso. Di Brescia, alli X. di Gennaio.

SUOR LIONELLA MARTINENGA A M. BARBARA ET A M. CLAUDIA BARBISONE: PACE IN CHRISTO GIESU.

Non è mai giorno carissime figliuole, che per voi non preghi Iddio perche v'infonda ne cuori lo spirito santo, & facciavi divenire sprezzatrici del mondo, come già divenne Placidia figliuola di Valentiniano Imperadore; la quale, lasciatosi tutti gli honori a dietro, sol attese alla salute dell'anima. così fece Agnesa moglie di Henrico terzo Imperadore, così fece Batilda moglie del Re Clodoveo: sprezzò gli honori di questo fallacissimo mondo, & si rinchiuse in un monisterio, simile [117-v] essempio imitarno Eugenia & Eburga figliuola di Eduardo Re d'Inghilterra, imitate anchora voi queste sante persone, quai v'ho preposte, & al monister di S. Marcelino venite, venite dico, a lodar con esso meco Iddio, & a favellar co gli Agnoli: beate voi se farete come vi consiglio, felici voi, se v'innamorarete di colui di cui favellando la divina scrittura, disse. Spetiosus forma pre filijs hominum. Faro opera che i vostri fratelli se ne contentaranno, & da vostra madre ne haverete la beneditione. State liete. Da S. Marcelino. Di Brescia alli X. d'Agosto.

FRANCESCA CARRETTONA A M. GIULIA BELTRADA.

Parmi che siate molto mal consigliata, andando con si poca compagnia pel contado come fate, ispetialmente havendo due fanciulle con esso voi, da marito, & di si maravigliosa bellezza qual elle sono: a gran rischio certo vi ponete: vi doverebbe, pur da cio spaventare, la rapina che fece Plutone di Proserpina figliuola di Cerere, & che gia fece Telamone di Esione, vi dovereste sbigottire dell'andar si mal accompagnata leggendo alle volte, come Eurito habbi rapito Hippodama, Theseo Ariadna. Apollo Marpissa, & Nesso Dianira. Non erano si belle, si leggiadre come sono le vostre Perhibbia, Europa, Auga, & Lanassa, & pur rubate furono da Axo, da Giove, da Hercole, & da Pirro, si che ponete cura a casi vostri: habbiate mente che un giorno non ne ricevete scorno, & quella dolcezza qual [118-r] sentite hora in vedervi andar davanti que dui soli non si converta in amaritudine, & ne rimagnate poi & confusa & in dense tenebre avolta: ve n'ho voluto avisare, per far ufficio di buona & di fedel amica; lasciarò il rimanente sopra delle vostre spalle a cui piu tocca tal peso, & facendo fine al scrivere, senza fine, mi vi raccomando. Dal Palazzo di Riva di Trento alli XX. di Febraio.

CATHERINA BARBISONA A M. LORENZINA FERRERA.

Mi è stato rifferito da molte persone degne di fede, che vostra figliuola è intrata su una mala strada: et stassi tutto'l giorno alla finestra, lisciata, & spettorata, piena de modi lascivi, & di maniere libidinose, & fa professione d'haver maggior numero d'amanti di Agarista figliuola di Tisandro, di Hippodamia, & di Atalanta: se farete per il mio consiglio, la levarete di mano a vostra sorella, & ve la rimenarete a casa, altrimenti temo di qualche scorno: vi ricordo che l'havete generata di carne, & non di metallo, per il che, non so come potra resister alli riscaldamenti della carne, non essendovi alcuna vigilante guardia, & importunandola gli amanti tutto'l giorno con ornate lettere, con ricchi doni, & gratiose imbasciate: ve ne voglio haver avisata, per non ricever colpa di persona poco amorevole. Di Offiaga alli III. di Febraio. [118-v]

PAULA TRECCA A M. LIVIA PORTIA.

Con mio grandissimo piacere, ho inteso che tutta vi siete data alli studi delle buone lettere, & che tanto profitto fin'hora havete fatto, che niuno vi giudicherebbe inferiore a Lastemia Mantina overo ad Axiothea Phliasia; lequali spinte da istremo ardore d'imparare, vestironsi lungo tempo d'habito maschile, per udir philosophar il divino Platone. Sia lodato Iddio, che mostreremo pur noi donne a gli huomini d'haver tanta capacità di lettere, quanta essi habbino. Deh perche non viene a tutte le donne dell'età nostra la voglia di studiare che n'è hora venuta a voi, acciò non fussino si da loro suppeditate come siamo: perseverate (vi supplico) come havete incominciato perche si comprenda un giorno non esser le donne men atte all'honorate imprese de gli huomini. Di Cremona alli V. d'Agosto.

CAMILLA CAP. STANGA A M. LEONELLA MUSCOLA.

Tutto'l mondo loda & ammira la virtu vostra nel cucire, & nel ricamare, & pensasi che sia si cosa impossibile lo potervi in tal arte superare, come impossibil stimossi già toglier le saette di mano a Giove, la mazza di mano ad Hercole, & il versificar dall'ingegno di Homero: hor per questo, tanto vi desidero io haver presso di me, che di piu non si puo cosa veruna desiderare offerendomi trattarvi da sorella: trovare in casa nostra [119-r] una famiglia ben accostumata: vi parerà che non habbiamo d'haver invidia ne a Socrate del servo Phedone, ne à Theophrasto del suo Pompilio, ne ad Ulisse, perche havesse Melanthio per suo servidore, ne finalmente ad alcuno, a cui fortuna habbi mai conceduto servo fedele, & amorevole. Troverete maritti & mogli, si ben d'accordo, quanto fusser mai, Artemisia & Mausolo, Ersilia & Romulo. Vedretici figliuoli obedienti & cari a lor padri quanto si fusser mai Cassandra, Andromeda & Hipsiphile: quivi parerà di vederci habitar le nove Muse con tutte tre le Gratie: & considerato che havrete la prudentia & profunda sapientia di mia cognata, crederete che in essa sia lo spirito delle dieci Sibille. Habitarete un palazzo (almeno di vista) non inferiore a qual si voglia famosa casa; direte che architteti ne furono Democrate, Philone & Meleagene: habbiamo un'horto che non cederebbe all'horto di Alcinoo, di Adonide, & di Mecenate. Si che risolvetevi: perche certo sono, che non ne rimarrete pentita. Di Soresina alli X. d'Agosto.

LUCRETIA DA ESTE S. DI CORGIO A M. PAULA MARCELLINA.

Mia figliuola è per partorire di giorno in giorno, pregovi a farmi havere una comare, che lievi la creatura dal parto, ma guardatevi, ch'ella non sia una qualche imbriaca, et indegna di comettergli una tal primaruola (per favellare alla nostrana) se possibil è, vorrei che mi faceste haver quella Marietta che stava già nel [119-v] vostro vicinato, qual intendo non esser men esperta di Sotira & di Salpe: che furono in tal esercitio si eccellenti che Plinio non sol fa di loro, nella sua natural storia, degna memoria, ma i lor decreti piu di una fiata cita, ne rimedij de molti morbi. affaticatevene (per amor mio) che di si grato beneficio, non vi saro mai ingrata & sconoscente. Da Favrego alli XI. d'Agosto.

VERONICA CORADELLA CONTESSA DELLE GABIZZE A M. ALESSANDRA DALLA ROVERE.

Non mi essendo mai stato grata alcuna consolatione, senza voi, caro il mio bene, pensate che ne anche goder possa (che me ne faccia prò) le delitie della villa dove mi ritrovo se da voi, giorno & notte non sono accompagnata. venite adunque a ritrovarmi acciò che il piacer mio sia tutto intiero & dalla amara vostra absentia non venga in parte alcuna scemato. Vedrete presso di noi, di ogni sorte alberi, addutti di Persia, di Soria, di Giudea di Phenicia, d'Africa, & d'Asia, sonvi Pobbie dedicate a Hercole: gli Mirti consagrati a Venere qua ci è l'Alloro di Apollo, la Quercia di Giove: l'Olivo di Minerva, il Pino di Cibele, & il Cipresso di Plutone. Qua vedrete selve piu fronzute dell'Hercinia, piu fresche della Nemea: piu verdegianti di Ida: piu folte di Caledonia, d'onde i Britani ne trassero il lor nome: piu amabili di Dodona: piu grandi dell'Hircania, men ventose di Marathonia: piu religiose di Tegea [120-r] selva d'Arcadia. Habbiamo in questi nostri contorni infinite sorti de legumi & de formenti: fiori, Viole, & mille odorati frutici: tante famose & salutevoli herbe, quante annoverar si possono: sonci in questi nostri paesi; luoghi, non inferiori, di bellezza & di fecundità, di chiarezza, & di profundità, all'averno, al Benaco, al Fucino, al Cocanico, all'Acronio, & al Thrasimeno. Habbiamo non molto lontano da noi monti di grandezza, d'habitari, & di amenità, non inferior ad Abila, ad Acantio, all'Acatone di Etolia, all'Actio dell'Epiro, al Dardamo di Puglia, al Caucaso di Scithia, al Caphareo dell'Euboia, & al Phalerno della campania. Gran trastullo prenderete (se ci venite) dal veder fiumi, che che non cederebbono di magnifico splendore a qual si voglia nobil fiume s'egli fusse ben Acis, Albis, Anieno, Anauro, Apidano, Arexe, Athesi, Aufido, Caico de fiumi. Certamente non habbiamo d'havervi invidia al Tago, all'Hermo, al Pactolo, al Hidaspo dell'India, ò all'Arimaspo della Scythia. Se volete venire, fatemelo sapere almeno di tre giorni avanti, perche vi mandero di quante sorti de carri havere ò desiderar si possino per farvi portare agiatamente. Vi manderò gli Essedi de Britani, le Rhede Francese di due Rote & le Tribule contadinesche. Vi manderò l'Octofaro di Caligola, vi manderò Curdoni: Staticoli, Pilenti, Combe, Conuini, Bighe, Trighe, Quadrighe, Basterne & de molti Biroti. Volete voi altro salvo che vi faccia goder meglio di quanto mai godeste da che nata siete? non voglio far piu offerte se volete venir venite, se non, statevene. Dalle Gabizze alli VIII. d'Agosto. [120-v]

ORSOLA MAGGI A M. LUCILLA BENZONA.

Mi dispiace d'haver inteso che vostro marito sia stato accusato di lutranismo, et per dieci anni fuor dell'amata & cara patria confinato: et molto piu mi dispiacerebbe se con ragione ciò gli fusse avenuto, ma poi che n'è stato cagione sol l'ignoranza de Giudici troppo creduli alle false relationi, me la sopporterò alquanto piu patientemente che io non faccio. cosi essorto voi a fare. Non fu mai per alcun secolo, che gli huomini ingegnosi et d'alto spirito non patissero de simili calumnie. Specchiatevi in Demonace philosopho a tempi di Adriano, come fu egli mal trattato per esser stato accusato sprezzatore delli misteri Eleusini? specchiatevi in Anasagora Clazomenio che similmente fu posto in prigione dalli Atheniesi per esser accusato falsamente d'haver detto che il Sole contra l'opinione loro non fusse il vero Iddio, ma fusse una pietra infocata: vi potrei addur de gli altri essempij in si fatto proposito, ma so che li sapete meglio di me, et chi vi si puo di molta et di varia lettione a questi nostri tempi agguagliare? niuno certamente, se egli fusse ben Varrone che fu detto per il molto & per l'assiduo studio Porco di lettere: quivi adunque farò fine ricordandovi esser la pacienza rimedio molto efficace a tutti i mali. Di Cignano alli XX. di Settembre. [121-r]

CAMILLA CARACCIOLA VILLA A M. ADRIANA RASPONA.

Che è quel ch'io odo M. Adriana che havete figliuoli di si malamente, & di si mal'animo dotati? ne quali niuna maggior vaghezza si vede, che disprezzar Iddio contaminar i sacri tempij, prophanar le sante cerimonie & conculcare le venerande reliquie, & tutto questo fassi alla presentia vostra: le vostre orecchie odono le biastemme, & i vostri occhi veggono i stratij, & li comportate, & non li riprendete, & non ardete tutti di santo furore? non havete voi letto che avenne a Glauco per disprezzare i sacrifici di Venere? che avvenne ad Aiace per violar Cassandra nel Tempio di Minerva leggete come fu mal trattato Licurgo Re de Thraci, per far poca stima dell'Iddio Bacco. ne meglio avvenne a Penteo figliuolo di Echione: le cose sante si vogliono riverire di perfetto cuore, & chi altrimenti fa, gli ne sopraviene male, come leggiamo esser accaduto a Capaneo da Giove fulminato, ad Atalanta, ad Hippomene & alle figliuole di Preto, le quali furono tramutate in vacche per poco rispetto portato alla Dea Giunone. Quando i Poeti antichi narrano i strani accidenti a quelli avvenuti c'hebben poco rispetto alli Dei, non ad altro pensorno che ad insegnarci il vero culto & a sbigottirci dalle malvagie opere. Il poco rispetto c'hebbe Licaone Re di Arcadia a Giove fu cagione di farlo convertir in lupo; il poco rispetto c'hebbe Erisictone a Cerere lo fece ridur a tanta fame che se stesso mangiò per brama di pane. La poca riverentia [121-v] c'hebbe Phlegia Re de Lapiti & padre d'Ixione al tempio di Apollo fu cagione della sua strema miseria; vorrei che li figliuoli vostri spesso ripetessero nell'animo loro ciò che ne scrisse Virg. PHLEGIASQUE miserrimus omnes admonet, & magna testatur voce per umbras discite iustitiam moniti, & non temnere divos. La poca riverentia c'hebbe Salmoneo figliuolo di Eolo, li fu cagione di perpetua rovina: il poco riguardo di Theopolemo, di Ciampo, & di Therone, che non partorì lor di affanno & di Angoscia? Deh provedete Madonna mia a tanta impietà, accio non ne siate anchora voi insieme con esso loro duramente punita: se nelle sacre lettere leggiamo esser stato punito il sacerdote Heli per non haver castigato la malvagità de figliuoli che n'averrà a voi che si lungamente sofferti li havete et non li castigaste, mentre potevate, & sopra di loro havevi maggior imperio? non eravate voi da Salomone sofficientemente avvisata di non perdonar alla sferza, d'incurvare i giovani nella loro adolescentia, di erudirli nel timor d'Iddio, & nella via dell'honor mondano? perche non l'havete fatto? Ah quanto mi doglio del giuditio, che veggo sovrastar al capo vostro, avisateli almeno, ammoniteli, scongiurateli per il latte, che lor deste et per l'albergo del ventre che lor faceste ad astenersi da tanta impietà & a non imitare il sprezzator d'Iddio Mezentio: ne altro per hora dico. di Ferrara alli III. di Luglio. [122-r]

LIVIA D'ARCO, CONTESSA A M. LAURA PESTALOSSA.

Non so, se sia vero, io ne dubito molto, (quantunque detto mi sia da persona che non sa mentire) che voi vi dolete stranamente d'esser nata femina & non piu tosto maschio; ò poveretta voi, è possibile che vi sia scappata tal parola di bocca? non sapete che l'è di maggior eccellentia l'huomo della donna? non l'hanno confessato gli huomini istessi dalla verità astretti? non provarno questo ne lor dotti scritti Bernardo Spina, Galeazzo Capra, Cornelio Agrippa, & Ortensio Lando? & quale è quella eccellente professione, dove le donne non sieno eguali a gli huomini? forse che di dottrina alcun'huomo avanzò mai Eudossa, Polla, Mirte, Cornelia, Aspasia, Telesilla, Hiparchia, Manto, Nicostrata, Amalthea, Delbora, Damophila, Claudia, Aglache, Myto, Axiothea, Musca, Istrina, & altre che non racconto. Forse che alcun bellicoso huomo fu mai ò della Tavola vecchia ò della nova che nel mestier dell'arme superasse Pantesilea, Camilla, Elerna, Candace, Hippolita, Semirami, Zenobia, Hisicratea, Valasca, Artemisia, Thomiri, Asbita, Tiburna; Teuca, Lesbia, Amalasunta & altre che non dico? in esse è anchora piu fede, piu speranza, piu carità & maggior religione. Leggete il Cathalogo delli heretici, certamente ne troverete un migliaio & una sol donna chiamata Barbara moglie di Sigismondo Imperadore: non hanno havuto le donne cosi come gli huomini spirito prophetico. non ci è Cassandra, Athirtia, Carmenta, Manto, Labissa, Phemonoa, Sofipatra, Amalthea, Simmacchia & Marta, di cui Plutarco [122-v] fa mentione nella vita di Mario. Sono ancho state le Donne inventrici di belle & utili cose, & voi vi pentirete d'esser nata donna? chi fu mai piu forte & costante nelle fortune avverse di Simphorosa, di Sophia, di Felicita, & di Agata? Chi fu piu tolerante ne tormenti di Liga, della quale fa si honorata memoria Cor. Tacito? qual huomo diremmo noi nelli affanni piu coraggioso di Emilia moglie di Scipione, di Femella amatriciana, & di Lucia Siracosana? Chi vidde mai le lagrime di Cornelia et di Rutilia? Ho letto anch'io la mia parte delli Istorici, non vidi magnanimità simile a quella di Clelia, di Tomiri, & di Thelesi? non vidi mai tanto amore de matrimoni, ne tanta fede, quanta leggo esser stata in Alceste, in Penelope, in Evadne, in Tisbe, in Portia, in Hipsicratea, in Gunilmonda, in Giulia, in Artemisia & in Panthea, in qual corpo d'huomo fu mai tanta bellezza, tanta proportione, tanta disinvoltura, tanta vivacità d'occhio, si gentil'aria & si gran politezza, quanta fu gia in Rhossana, in Laodomia, in Helena, in Cenis, in Baryna, in Egina, in Deiopeia & in Dianira? di maniera che infiammarno sin'alli Dei del lor amore, si come leggiamo di Tyro, di Diana, di Siringa, di Clori, & di molte altre. Qual huomo ritroverete voi piu di castità amico che gia si fusser Sulpitia, Marcia, Eugenia, Sophronia, Etelfrida, Drias, Rodoguna, Daphne, Biblia, Zenobia, & Beltracca, la quale quantunque ignobile & stremamente povera fusse, ricuso, di far di se stessa copia a Othone Imperadore anchor che monti d'oro promettesse: non mi diffunderò per hora piu di quel c'ho fatto; considerate (vi [123-r] prego) quanto vi ho scritto, ne vi lasciate mai piu uscir di bocca si folle voce, o dal cuor vostro si stran concetto persuadetevi per cosa certa, & per una di quelle massime de Aristotele, che negar non si possono, esser le donne di maggior dignità che gli huomini: ne vi inganni il valore del S. Bartholomeo vostro honorato consorte, si come io non mi muto d'opinione per quanta eccellentia trovo nel Conte Fortunato mio Signore. Di Rocca Franca alli X. d'Aprile.

IUSTINA ORS. MARTINENGA A M. LAURETTA MINELLA.

Madonna Fiore fu l'altro giorno da me, & si mi disse, come eravate divenuta la piu gelosa femina, che mai nascesse da che è formato il mondo, Deh (vi prego) scacciatevi dal petto questa vana passione, che si fortemente v'ha ingombrato l'animo: imperoche fu gia cagione (se forsi nol sapete) questo morbo di gelosia, di far che Circe infettasse di mortifero veleno le acque dove si lavava Scilla da Glauco Dio marino focosamente amata, fu cagione che Prochis ammazzasse Cephalo suo marito: fece il medesimo la moglie di Cianippo, et di Emilio giovinetto (se il vero ci narra Plutarco nelle sue Paralelle) per gelosia, fu legata anchora Antiopala alle corna d'un Thoro da Dirce: per gelosia fu sospesa Helena ad un'albergo dalla moglie di Thepolemo. Per gelosia molte strane cose ne di passati avvennero. scacciatevela adunque dal petto quanto piu tosto potete, perche non vi conduca a qualche atroce fine, et lacrimoso caso; ne [123-v] altro di questo non vi ragiono per hora: Iddio da mal vi guardi, & da gelosia vi risani. Da Cobià alli X. d'Aprile.

LEONORA FORESTA CONTESSA A M. HIPPOLITA LANDUCCIA.

Se piu accade honoranda madonna, che udiate dir che le donne nelle cose amorose habbino peggior giudicio & facciano sempre piu cattiva elettione de gli huomini, & piu vanamente s'innamorino, ditegli, che vaneggiano, & di gran lunga s'ingannano. fate che vi mostrino un poco se mai alcuna donna fu di si gran follia, che amasse un'Asino, come fece Aristone Ephesio, che vi dicano di piu, se alcuna donna si lasciò guidar dalla cecità d'amore, a rimescolarsi con una capra come fece Cratis pastor Sibaritano, overo con una cerva come fece Ciparisso. Se vorranno gli huomini con diritto occhio giudicare, troveranno ch'essi furono sempre infettati di sporca & abbominevol lussuria, la dove le donne amarono sempre cose lecite et con ragione amabili: chiudeteli adunque a questi tali la bocca, non sol con li proposti essempij. ma anchora con molti altri, come sarebbe che Ermia amasse & fusse amato da un Delphino, Argis Oleto amasse un'occha, il medesimo facesse Lacida philosopho, altri habbi amato un Cane, altri un Granchio, altri un gallo, & altri vari simolacri & diverse statove; ne piu altro ci dico. Iddio vi guardi da male opinioni. Da Rocca Franca alli XX. di Maggio. [124-r]

COLALTINA TRECCA A M. CLEOPATRA COTTA.

Parmi intendere che vogliate accompagnar vostro figliuolo di ligittimo matrimonio, con la figliuola di M. Alessandra Torella: mi maraviglio certamente della vostra sapienza & che voi facciate tal congiuntione; non è ella un'espresso mostro di natura? non è ella la piu sozza figura che mai formasse natura? non la veggio io mai, che non mi paia di vedere quella Philena di Martiale, che d'un'occhio era guercia, et dell'altro lippa; non la veggio io mai, che non mi paia di vedere quella Vetustina dal medesimo autor descritta, di haver tre, denti, tre capelli, un petto di Cicala, una gamba di formica, la bocca di Cocodrillo: la fronte simile a gli arati solchi; un canto & una voce di Rana ò di zenzara: la vista di civetta, il fetore di becco & le poppe simili alle tele di ragna. & parerà a voi (donna di giudicio) che con si laida figura unir si debba un figlio bello piu che la istessa beltà: ditegli apertamente, che si procaccino d'altro sposo, che piu si confaccia alle sue belle fatezze, provegansi d'un Zoilo di capel rosso, di negra faccia, di corto piede, & di occhio stranamente offeso; provegansi d'un Socrate, che habbi il naso schiacciato, la fronte calva & le spalle pelose, fategli saper senza alcun rispetto, che vostro figliuolo non è a proposito per lei, & che se le vogliono dar marito, vadano cercando un Poliphemo, un Vulcano, un Coriteo, un Tersite, un Damone, un Esopo di Phrigia, un Galba, un Ermippo Poeta, overo uno Colomano Re de [124-v] Pannoni successore di Ladislao, ilquale era zoppo, era gobbo, era losco, era scilinguato, & haveva la bocca storta. per lei farebbe piu tosto un huomo, simile a Broteo figliuolo di Vulcano & di Minerva, ilquale per gran dolore della sua bruttezza si gittò nelle fiamme ardenti: a lei si converrebbe godere un huomo di bellezza tale, quale fu quella di Hipponatto, ma non mi voglio tanto distendere in biasimar l'altrui bruttezza acciò che maldicente non mi tegnate, pigliate in buona parte quanto v'ho sin qui detto, ne mi date colpa di mala lingua; state sana & amatime.

MARGHERITA UBERTA STANGA A M. BIANCA FELISSIMA.

Sonosi partiti da casa nostra per gir alla guerra alcuni, servidori, & ne siamo rimasti quasi che senza, pregovi per tanto se costi alcun ce ne fusse a nostro proposito, ce lo facciate sapere. non lo vorrei men amorevole che gia si fusse Erote servo di Antonio; ne men fedele & casto nelle feminili conversationi, che si fusse Carello servidor di Gondibarga Reina de Longobardi: promettegli honesto salario et grasse spese, non si sentirà rimprocchi, ne in iscambio del salario haverà da mio marito ò da miei cognati pugnalate, ò mazzate, si come in alcune case si usa di fare. sarei ben contenta fusse tali che havesse a dire quell'usitato proverbio Quot servi tot hostes, non vorrei sopra ogni cosa fusser brigaiuoli, ne che riportassero hor fuori, hor dentro ciancie da suscitar brighe: affaticative in questo [125-r] (per amor mio) che ve ne prego caldamente. Il S. Christophoro mio amantissimo consorte assai anch'esso ve ne prega di Cremona: alli .IIII. d'Aprile.

ISABETTA CASTIGLIONA GONFALONIERA ALLA S. ISABELLA SFORZA.

Quando sara mai vita mia cara et dolce anima mia, quando sarà dico, che ritorniate a Piacenza, laqual senza voi si poco mi piace, che niente meno. Quando fu mai che lasciaste quel Pesaro dificato per mio danno & a noi, che piu ardentemente vi desideriamo, che non fa il cieco la perduta luce facciate subito ritorno? Siami lecito di usar le sante parole della divina scrittura favellando con persona piena di santità, & dirvi REVERTERE, revertere sunamitis ut intueantur te. Deh che paiono le vicine vostre, non vi veggendo paiono smarrite, et stanosi maninconiche, non potendo piu contemplare il vostro reale aspetto, non potendo piu vedere le gentili maniere, ne udir quei soavi accenti, ò quelle sante parole che vi escono di bocca, atte ad infiammar un cuor di ghiaccio: non altro. Di Piacenza alli III. d'Aprile.

AURELIA MAGIA A M. LAURA CERUTA.

Mi dimandaste l'altro giorno, che ci ritrovamo in casa di M. Giulia mia carissima cognata; che vuol dire, [125-v] che essendo moglie disi gentil litterato, qual è il S. Onofrio non vi dessi alle lettere come fanno alla età nostra tante nobili Madonne; & tante illustre Signore non vi potei all'hora rispondere, per la venuta di quelle Signore, che sprovedutamente ne sopragiunsero, hor che mi ritrovo nel mio studiolo tutta sola & sfacendata, vi rispondo, si non in tutto come vorrei, & voi per aventura desiderate, almeno come dalla debolezza del mio intelletto m'è conceduto, & vi dico che non sò da qual parte mi rivolga per studiare; se mi do alla Theologia temo non cader in qualche mala sospitione et che di me, si dica, che io sia Pelagiana, ò Manichea, ò Anabatista ò Arriana. Se mi volto a Grammatici, essi poverelli non sanno ne ragionare, ne giudicar d'altro che de nomi & de verbi, di sillabe & di accenti, debbo volgermi alli spinosi Loici, alli Severi Philosophi, alli odiosi Sophisti, a litigosi legisti, ò a lascivi poeti? ne a questi credo mi consiglierete già voi? L'è adunque meglio che io li lasci star in pace, & che mi trattenga nelli esercitij dalle donne sin'hora usitati; io non voglio doventar poetessa perche veggo che quelle che si danno alle lettere non si sanno (fuor di que) rassettar un paio di calze ò lavarsi un moccichino. Io non so la piu bella via di farmi stimare & honorare al mondo, che con l'esser casta, modesta, taciturna, & humile, senza tante lettere & senza tante philosophie: vi ho detto quanto m'è occorso per hora, intorno a tal fatto. Se ci vedremo con la corporal presentia, forse vi renderò dell'altre ragioni che vi pareranno assai piu probabili. Di casa nostra. [126-r]

LA CONTESSA LEONORA TODESCA A M. SILVIA FENARUOLA.

Intendo che vi siete maritata a M. Antonio Aliprando: piacemi, per esser egli persona di valore, & spiacemi dall'altro canto, che in si giovenil età habbiate da esser Matregna di tanti figliuoli. Ricordomi d'haver letto esserci ritrovati ne tempi antichi alcune matregne indiavolate, seminatrici d'ire, d'odij, & di mille discordie: & altre anchora che trattarno i lor figliastri come se del lor corpo usciti fussero: guardaretevi adunque di non esser mala matregna, ne tale qual fu Phedra verso Hippolito ò Martina verso Costantio Eraclio, da cui fu velenato. non siate matregna tale, qual fu Nuceria che uccise fermo il Figliastro (se'l vero narra Plutarco nelle sue paralelle) Poi che la fortuna vostra v'ha condotto ad esser Matregna, sofferitelo patientemente ramentandovi che à tal stato fu similmente condotta Hippodomia: Ino, Casperia, Stratonica; Giulia, Gidica, Giunone, Opea, Eribea, & Alfrida: attendete voi a portarvi bene, & fate pensiero di esser vera madre, essendo voi per virtu del matrimonio, fatta una medesima carne, con vostro marito che li generò: & a Dio siate. il Conte Daniello mio consorte vi saluta & si congratula: Di Piacenza alli .X. d'Ottobre.

SUOR BARBARA DA CORREGIO A S. CAMILLA N.

Fu l'altro giorno a visitarci un padre dell'ordine vostro, & mi disse ch'eravate si mal contenta d'esservi fatta monaca, che pensavate uscirne, & pigliar marito [126-v] desiderosa d'haver figliuoli. deh non voglia Iddio che senta mai si strana nova che la mia Camillina pentita di esser sposa di Christo si sia fatta soggetta a un'huomo fragile, caduco, & mortale, et a quel render (come schiava) ragione d'ogni sua attione: è possibile che si nobil animo & si generoso spirito si voglia far vasallo, delle maschili intemperanze. sorda piu tosto possa io divenire, anzi che mai intender cotai novelle: ma che desiderio è questo d'haver figliuoli? havete voi paura, che'l mondo venga meno? anchora non havete provato gli affanni che vi si sentono. Oime quando veggo venir qualche donna gravida a visitarci, mi viene pur gran pietà di loro veggendole andar si stentatamente, sempre ansiando, con que volti stampati di color di morte, con quelle labra si pallide, & senza sangue, con quelle perpetue nausee, con que strani appetiti ch'odo che le hanno di mangiar carboni, terra, gesso, & simili cose. Ma quando leggo nella sacra scrittura quella comparatione, sentirai dolori, da donna di parto, & quella gran maledittione data nel Genesi PARIES IN DOLORE FILIOS: tutta in lor servigio mi racapricio, & benedico quella santa intentione che venne al S. mio padre; percioche monaca facendomi ho campato quella terribil sententia. d'Iddio; fate a mio modo dolcissima sorella, pensateci bene, non correte a furia, consigliatevi con la ragione & non con l'appetito. Frenate i sensi con l'assidua cogitatione della triomphante croce di Giesu Christo, alquale vi raccomando di continuo con le mie fredde orationi. Il Spirito Santo le riscaldi col suo virtuosissimo fuoco. Da S. Antonio alli III. d'Aprile. [127-r]

LAVINIA SFORZA CONTESSA DI BORGO NOVO A M. LAURA DA MELARA.

Il nostro fattore, parlerà con il Conte sforza mio cognato, ne dubito per esser egli di nobilissimo animo ch'ei non faccia in vostro beneficio quanto voi desiderate: quanto poi a quel che mi scrivete circa le dishoneste prattiche di quelle Suore non me ne maraviglio punto, ne mi par d'udire cosa nova, havendo gia letto, che Oppia vergine Vestale, fusse per stupro commesso sepelita viva. Fu dannata Martia d'incesto, cosi Sextilia, cosi Tutia (se'l vero ci narra Livio) ne aliena fu da carnali congiungimenti Floronia Vestale, laquale per paura di piu grave supplicio, se stessa uccise: fu di piu accusata di stupro Posthumia: benche poi da Pontefici absoluta fusse: si che nova cosa non mi pare, che le monache de nostri tempi, facciano anch'esse l'amore, & diansi furtivamente nelle braccia de lor amatori poi che le antiche per gravissimi supplicij non se ne potevano rimovere. Non vi scandalizate adunque di cotai cose, se non volete esser tenuta una sciocca anzi ricordatevi che elle non sono piu di bronzo, ne di macigno che siamo noi altre. Troppo nel vero gran forza havrebbe il velo s'egli potesse rafreddare, & spegnere i riscaldamenti della carne: ne altro intorno a questo fatto vi dico, salvo che vi invito a borgo novo; a godere di quella gentilissima Signora Bresciana qual s'ha novamente per sua sposa eletto il Conte Alessandro mio suocero. Credo veramente ch'egli si habbi eletto il fiore di quella città, et se io credessi che sol due [127-v] paia come fussero simili a lei rimasti non vorrei far mia vita altrove. Di Borgo novo, alli X. d'Aprile.

LUCRETIA PICCA RANGONA A M. VIOLANTE GALASSIMA.

Ho letto non senza gran sdegno et ira, quella littera si prolissa, che mi mandaste l'altro giorno, nellaquale si ramemoravano infiniti mali dalle donne usciti: certamente io non conosco l'autore d'essa, ma ben vi dico, che se fusse richiesta a far giudicio di lui: io direi ch'egli fusse un perdi giornata, un barbagianni, & finalmente, un qualche bestionaccio: s'egli havesse letto le storie piu attentamente, & senza alcuna passione egli havrebbe ritrovato esser state le donne cagione d'infiniti beni: haverebbe trovato che Dominica moglie di Valente Imperadore, pacificasse già i Gotti che se n'andavano a briglia sciolta per distruggere sin da fondamenti Costantinopoli. Havrebbe letto che Placidia moglie di Attaulpho Gotto, & sorella di Honorio fu potissima cagione non si ispugnasse & non si saccheggiasse Roma, qual havea deliberato si chiamasse poi Gottia & non piu Roma. Havrebbe letto qualmente Iugulta fu cagione di convertir a Christo Hermogillo figliuolo; di Lemildo Re de Gotti. Havrebbe letto le santissime opere di Clodoveo: s'egli cosi havesse atteso alla verità, come s'è lasciato traportar dall'odio che alle donne iniquamente porta, havrebbe chiaramente compreso nella lettione di sesto Aurelio, di quanti beni fusse già cagione Pompeia Plautina moglie di Giuliano Imperadore operando ch'egli si [128-r] astenersi dalle populari estorsioni: egli dovea pur ricordarsi di Elena madre di Costantino, di Monica madre di Agostino, et di molte altre valorose donne, che ad altro non attesero, & sin' al presente attendono che a giovare il prossimo, & quando mai altro essempio non mi occorresse perciò confermare & stabilire crederei, mi dovesse bastar l'essempio di M. Maria Bracala, di M. Francesca, & di Suor Osanna; & qui faccio fine al mio scrivere. Fulvio & Claudia Olimpia vi salutano. Da Modona alli III. d'Aprile.

MARIA BRACHALE ALLA S. POLISENNA RANGONA CONTESSA DI CARPENEDOLE.

Qua è capitato dalle montagne di Pistoia, una donna la quale cerca d'haver qualche buon recapito, & perche so che vi dilettate di donne sofficienti et valorose ve n'ho voluto avisare, et vi faccio sapere, che di tessere, et di filar non cederebbe a quella Pholoe di Creta della quale parlando Virg. cosi nel suo divino poema disse. Olli serva datur operam haud ignara minervae cressa genus pholoe, geminique sub ubere nati: non cederebbe a Pamphila, non a Minerva, non ad Aracne, non a Clostro inventor del fuso; non a Penelope figliuola di Icaro, che fu ne suoi tempi ottima tessitrice: si che avvisatemi se la volete, che la porrò nel cochio della S. vostra zia, & manderolla honestamente accompagnata: M. Cechino gridando & biastemiando [128-v] per le gotte che lo tormentano, anzi lo crucificano vi saluta & di cuore vi si raccomanda. Di Modona alli III. di Maggio.

LUCRETIA DA LANDO CONTESSA A M. CLARA CIMISELLA.

Mi rallegro con esso meco, & mi congratulo con esso voi, che habbiate un figliuolo, si amico d'honore, che condur non si possa a far cosa dishonorata, se dato gli fusse piu territoro che non hebbe Sicheo, il quale da Virgilio è chiamato DITISSIMUS AGRI, & conceduto li fusse la gratia c'hebbe Mida da Bacco di poter convertir in oro ciò ch'ei toccasse: certamente ne potete ben voi star consolata che tal fama di lui per tutto si sparga, piu che se lui vedesse portar corona in capo del piu florido regno che habbi Europa: i Regni veramente si perdono, & per l'ingiustitia di chi li possiede sovente volte si trasferiscono di gente in gente per usar l'istessa locutione della sacra scrittura; ma la buona fama, pretiosa piu di qualunque pretioso unguento, dura sempre et in perpetuo si mantiene mantenetelo adunque con le vostre saggie persuasioni in questo sano consiglio, se bramate che tutta via si aumenti & a vuoi, et a noi l'allegrezza che n'habbiamo sin'hora per lui nodrito nel cuore, & a Dio siate: Da Caselle nostra giuriditione alli III. di Maggio. [129-r]

CAMILLA MARTINENGA AVEROLDA A M. LUCINA CALANDRINA.

Mala fama si sparge di voi per bocca et de vicini & de servidori liquali di casa vi escono si mal contenti: molti difetti si vi attribuiscono, molte macchie vi si dano, ma sopra'l tutto siete accusata di strema crudeltà; a tal che dicono che se haveste la possanza che haveva Cisenna, figliuola di Diogirida Re di Thracia, segareste anchor voi gli huomini vivi per mezzo, & dareste li figliuoli a mangiare a padri loro: & se volete maggior chiarezza della mala opinione, che si ha della vostra crudel natura; pigliatela da questo segno ch'altri vi chiama Athalia, altri Irene, altri Fulvia, altri Tomyri, altri Dirce Thebana, & altri Progne figliuola di Pandione Re di Athene; lequali femine avanzarono di crudeltà Medea. ne altro vi dico, ravedetevi di si mal essempio. Da El. alli III. di questo.

CREUSA FLORIDA CONTESSA DI PRATA ALLA MAGNIFICA M. CORNELIA CONTARINI.

Hebbi alli di passati una vostra che mi fu per infiniti rispetti molto grata; hor in questa parevami di esser molto ripresa per non dir biasimata per istare troppo in solitudine, attribuendo voi il mio star solitaria a soverchia avidità di studiare: io non niego già che li studi delle buone lettere non mi piaccino, & sienomi sempre piacciuti: dico però alla Magnificentia vostra, [129-v] che anchora che le lettere non mi fussero si grate (come elle sono) nondimeno, volentieri solitaria diverrei tanta è la dolcezza che di quella al presente ne sento: tanto è il frutto che di quella à tutte l'hore traggo oltre che non mi mancano molti essempij di valorosissime persone, dalli quali tutta via mi ci confermo in amarla in seguirla, & in essortar ogn'uno ad abracciarla; so che sapete qualmente. Simon Benlocai, che fu compagno di Geremia Propheta col star vent'anni solitario in una stretta spelonca fu cagione ch'egli ci desse quel celeste libro, detto nella hebraica lingua Zoar, & nella nostra luminar maggiore. Mentre il padre Adamo visse nel Paradiso solo, fu colmo di qualunque felicità: come egli fu accompagnato; cadde repentinamente nel fondo delle miserie: & mentre Abraamo stette in solitaria vita, fu degno di favellar con Iddio. Ma ditemi per cortesia, Magnifica Madonna; credete voi che se nel star solo, non ci fusse infinita gioia & molta contentezza? Che Silvia, figlia di Ruffino prefetto di Alessandria, ci havesse Sessant'anni senza mai pentirsene perseverato? Steteci M. Maddalena trenta anni: Basolo quel venerabil padre quaranta: Beniamin ottanta: Amata, donna santissima quaranta: Natanael trentasette: Capitone ottanta: Ugone Ciartosino, Cinquanta, & Pione Abbate trenta. Se vi volessi hora recitare il Catalogo de gli huomini & delle donne che furono piu di me amici della solitudine, non ne verrei a capo in tre giorni. Se vi volessi narrare quanti bei spiriti pel mezzo della santa solitudine. si unirono già con Iddio, & mai non se ne disciolsero deverrebbe questa [130-r] mia risposta alta piu che non sono le Decadi di Livio. Ditemi S. mia (che ve ne supplico) per quell'alto cuore, & per quello chiaro intelletto, che Iddio vi ha dato potete voi hoggidi star in alcuna conversatione, & non udire mormorare, mentire, spergiurare, giudicar, mordere, tassare, straparlare, & in mille modi offendere il prossimo? qual animo pio, forte & costante, se ne può hoggidi astenere? tanto è posto in uso, questa mala creanza: mi sono alle volte sentita scoppiare di dolore, trovandomi per mala sorte in simili conversationi; havrei certamente piu tosto voluto esser confinata nella piu aspra solitudine c'habbi la Capadocia ò l'Egitto: imperoche tutte non hanno i modi vostri, ne la modestia, di che Dio vi dotò, tutte non possono, ne sanno essere simili a voi, (a voi dico) rara Phenice di virtu & di bontà. Io non leggo mai quell'oracolo della santa scrittura. SEDEBIT SOLITARIUS ET TACEBIT, ET ELEVABIT SE SUPRA SE; che tutta non m'infiammi d'amore di vita solitaria, & non mi venga voglia di abbandonare sin'a me stessa, & andarne ne deserti della Siria a ritrovare il picciolo Tugurio di Ilarione; o vero presso il Torrente di Carith, ove solito era di riposarsi il Zelote Elia. Solevamo già (come sò che meglio di me sapete) pur che ramentar ve ne vogliate solevamo dico, habitare non unitamente, come hora facciamo, ma chi quà, chi là: ci unimo poi (non sò chi ne fusse l'auttore) sperando di riportarne maggior consolatione, & forse che cio avvenutoci sarebbe; se Sathanasso nemico di ogni pace, & di ogni santa concordia [130-v] non fusse venuto a turbar le dolcezze nostre, soffiandone nel cuore, il veleno dell'ambitione, della malevoglienza, & della maladicentia. Ma se qui non raffreno il scrivere mio & non pongo giu la penna sento abbondarmi di tanta copia in lode della solitudine, & in biasimo delle moderne conversationi, che io non so quando mi saperò uscir da si profondo Pelago rimanetevi adunque in pace, & amatemi da Prata alli VI. di Settembre.

LUCIA QUADRIA A M. GIULIA DE FEDERICI PARENTE CARISSIMA.

Per mie lettere vi ho piu volte invitate a venire a goder il giardino, qual nuovamente ha fatto il mio amatissimo consorte, nel quale molte cose ha piantato non senza gran misterio vi ha per la prima posto di molta enola perche l'antica Giulia volentieri ogni dì ne mangiava; de fichi assai per amore di Platone che ne era si vago, che ne fu detto da molti philosica. de pomi pheaci & falischi per rispetto di Philippo, & di Alessandro, che furono chiamati Philomeli, dal molto amore che portaronno a cotai frutti: delli porri di Aritia per Nerone che tanti ne mangiava, del sisare si caro à Cesare, che ogni anno ne faceva venire di Germania buona somma. Delli Lupini per amor di Protogene, delle pere amerine per li Argei: delle pera salvatiche per li Tirinthij (se per aventura alcuno ce ne capitasse a casa) delle Palme, per memoria delli Carmani: del miglio per i Meotici, & per li Sauromati: ci ha posto del [131-r] Cardamo per i Persiani: delle Pruna damascene per li popoli di Damasco; ci havemo delle noci pontiche: delle Latuche di Circello, de Navoni per li Amiterni: Noci avellane per li Tarentini: Meloni d'Ostia: Olivi di Venafro: Castagne Petragorice. Peponi di Capua, Rape di Norsia, Raphani di Alemagna, & Giande di Arcadia, ci è del ditamo per il cuore dell'Eupatorio per il fegato: del Scolopendrio per la milza, del Petrosello per l'orificio del ventre: dell'Hisopo per il pulmone, & per il septotransverso: del Seseli per la vesica, dell'Elenio per le reni, della Ruta per il dolore colico, alquale molti in casa nostra sono suggetti: della Gentiana per il capo: delli altri utili semplici quai potrete vedere, se ci verrete: non altro. Da Tirano alli XXV. d'Agosto.

ISABELLA SFORZA À M. ZENOBIA FOSSA.

Sempre, da che il mondo è mondo, gli huomini litterati o furono superbi, arroganti, & ambitiosi, et per mostrarvelo incomincio da quel dotto Menecrete medico, il quale voleva della sua opera sol questa mercede, che li risanati per lui, si confessassero suoi servi, & lo chiamassero Giove: Nestorio heretico et fonte di varia dottrina, quell'istesso giorno, ch'egli fu creato Vescovo di Costantinopoli, promise liberamente a ciascuno il cielo: Nevio Poeta Comico: lasciò che si scrivesse nel suo sepolcro questo Pitaphio. Immortales, mortales si foret fas flere, flerent divæ Camœnæ, nevium Poetam. [131-v] Itaque postquam orci traditus est thesauro, obliti sunt Romæ latina loquier lingua. Palemone Grammatico, si gloriava che seco nate fussero le buone lettere, & che seco havessero anchora da morire. Mostruosa anchora fu l'arroganza di Paulo Samosateno; ma piu assai quella di Tamira poeta di Thracia, ilquale hebbe ardire di contrastar con le Muse, & per la smoderata sua arroganza, li trassero gli occhi dal capo. Timeo historico Siciliano si gloriò piu d'una fiata di superare Tuccide & Philisto, liquai furono nobilissimi storici. Accio Poeta hebbe ardire di por la statua sua nel tempio delle Camene, & ve la puose grandissima, essendo egli di picciolissima statura. Suffeno poeta inettissimo, fu sopra tutti si glorioso che n'ha fatto luogo al proverbio presso di Catullo: Manes (quel grande & dottissimo heretico) vendicavasi gl'honori della divinità & diceva che l'era nato di Vergine. Empedocle Poeta di Agrigento si gittò in Ethna, per dar ad intendere al volgo ch'egli fosse volato ne celesti chiostri per la sua eccellentia. Arrogantissimo fu Calliphane Poeta: non fu anche assai ambitioso Virgilio dicendo. Primus idumæas referam tibi Mantua palmas? non fu ambitioso Ovidio scrivendo Peligne gentis gloria dicar ego? & quell'altro ò furtunatam natam me Consule Romam. Non debbo dirvi di Appione grammatico Alessandrino, che fu di tanta arroganza che prometteva immortalità a cui le sue opere dedicasse: benche di questi arrogantacci non ce ne manchino hoggidi promettitori del cielo, essendo essi riposti nell'abisso delle miserie. paiommi cotestoro simili alli Alchimisti, li quali privi d'ogni bene essendo [132-r] promettono monti d'oro a chi pazzamente lor crede, ma spero in Dio che se noi perseveraremo nelli studi come incominciato habbiamo, non haveremo bisogno delle loro trombe, ma ad essi piu tosto farà mestieri delle nostre. Io vi ho voluto far questo longo discorso per haver inteso che un certo disgratiataccio, ilquale è in odio da che nacque, alli huomini & alli Dei vi minaccia di farvi morire con i suo fecciosi & stomacosi scritti, se piacevole liberale, et affabile non ve li dimostrate. Credetelo a me, che queste furfantesche bravate, sono di peculiar vitio d'alcuni affamati scrittori, che vorrebbono vivere alle spese nostre: se habbiamo pur da far vezzi a scrittori, facciamone a quelli che ne suoi scritti ci insegnano, & dolcemente ci dilettano, & non a questi bestioni. Un'altra cosa vi dirò di piu: attendiamo a caminare di virtu & in virtu che cosi li tagliaremo la via del mal dire; & saranno sforzati a cantar di noi (malgrado loro). Soviemmi una fiata che un moderno istorico, disse alla presenza del gran Marchese di Pescara ch'egli voleva scrivere non so qual valorosa impresa che alli di passati fatta s'era & il Marchese arditamente rispose, adunque volendo dir il vero, di necessità scriverete di me: cosi dico in proposito; se noi diverremmo caste, forti, modeste, giuste, magnanime, discrete, prudenti, grate, dotte, bellicose, liberali, come faranno di meno a non far memoria di noi, volendo di cotal materia favellare? salvo se non vorranno empir le carte loro de sogni, & de fittioni; attendiamo pur ad esser buone, di perfetta & di vera bontà, & non temeremo le penne loro, attendiamo alli studi [132-v] dell'eloquentia, congiunta però con la sapientia; & scriviamo anchora noi in biasimo & vituperio de gli huomini, si come essi longo tempo hanno fatto contra di noi, & tuttavia fanno a nostri giorni: facciamoli vedere per chiari essempij tolti dal centro delle piu veraci historie, che fussero sempre gli huomini da che fu creato Adamo, temerarij, litigosi, fraudolenti, protervi ingrati, loquaci, importuni, perfidi, pergiuri, traditori, ingiusti, vani, bugiardi, volubili, incostanti, paurosi nelle honeste imprese & audaci nelle ingiuste attioni: facciamoli vedere che furono sempre ladri crudeli insidiatori, crapulosi, bevitori, lussuriosi, biastemmiatori, sprezzatori d'Iddio, incestuosi, sacrilegi, inhumani impij, tiranni & scelerati: facciamoli vedere che furono sempre deboli & mal sofferenti delle aversità, violatori dell'altrui reputatione, usurpatori dell'altrui, ambitiosi, fastosi, negligenti, & a maggiori disubidienti: facciamoli vedere quanti maleficij sono da essi nati, quante rovine hanno causate et de quanti danni sono stati cagione al mondo. oh Dio perche non sono tutte le femine del mio animo: direi piu oltre di quel che io dico, cosi il sdegno non me indebolisse la mano: farò adunque per hora fine al scriver mio, pregandovi ad esser d'animo forte, & costante, & a ricuperare la feminil libertà gia molti anni fa perduta. dalla Sforzesca alli XII. d'Aprile. [133-r]

ISABELLA SFORZA À M. FULVIA VISCONTE.

Oh quanto m'è dispiacciuto d'haver inteso che siate tanto indulgente & tanto tenera de figliuoli, che li lasciate far ciò che lor piace, senza risguardare se honesto o dishonesto sia, giusto, o ingiusto: Sempre .S. mia lo smoderato amore a padri & a figli egualmente nocque, & danno fece: & di questo chiarir ve ne potrà la Candida Niobe, laquale per troppo piangere i figliuoli suoi da Apollo uccisi, divenne un duro scoglio: Che non fece di male Hecuba a Polimestore Re di Thracia per cagione del figlio Polidoro? Leggete un poco l'historico Diodoro & vedrete quanti travagli sostenne Tomiri Reina de Scithi, per voler vendicare l'amato figliuolo contro di Ciro. Antistia anchora vegendo la figliuola sua da Pompeio rifiutata per sposar Emilia, si ammazzò da se stessa. Non si deve adunque amar con tanta tenerezza persona veruna, ma sempre con la debita misura: oh se legeste alcuna volta (quando tempo vi avanza) le storie antiche, ispetialmente quelle che trattano delle donne Spartane, direste che meglio di voi l'intendevano. Se i Spartani havessero havuti le madri loro simili a voi, non so se fussero divenuti si valorosi come divennero: elle non stavano tutto'l giorno leccandoli con dirgli che vorreste anima mia? che desideri cuor mio faccia? angelicata, chi t'ha negato cosa che tu chiedevi? maffesi, haverebbono fatto de ben valent'huomini: esse, li armavano di propria mano, & quando lor porgevano il scudo, li diceano fa tu che ritorni [133-v] con questo, ò morto in questo, & non te lo lasciar togliere dalli nemici. Se si lamentavano che la spada fusse corta, li dicevano fa un passo piu avanti, accostati piu vicino allo nemico, & sofficientemente la slongherai: non li volevano ricevere, ne riconoscere per figliuoli, se ricusavano di morire in servigio, & in honore della patria: ne morendo gli altri nella battaglia, volentieri li vedevano sopra vivere; non li losengavano, non li vezzeggiavano, li nodrivano de grossi cibi, li vestivano di vesti, che havevano piu tosto del militare, ò del pastorale, anzi che del cittadinesco: non crediate già che loro fasciassero le reni di veluto, ò di raso, non li allevavano in su le delicatezze, anzi mai altro non li intestavano che di fuggire con ogni studio le morbidezze: proponevangli come persone infami per esser stati troppo delitiosi Stratone Sidonio, Artemone, Ambrone, Clistene Lisicrate, Argirio, Battalo & Andramito Re de Lidi: proponevangli quel Philostrato da Aristophane per la molta delicatura beffato, schernito, & proverbiato: proponevangli Aristagora Milesio, Agatone musico, Diadumeno, & Mirace; & a questo modo nutrendogli, doventarno i piu virtuosi & tremendi popoli di Grecia, la dove temo grandemente in vostro servigio, che alleviate i vostri alla poltroneria, & che per altro non sieno buoni che per far numero, per consumar le vettovaglie, & per esser inutil peso della terra: io vi ho predicato a bastanza & forse piu di quello che la tenerezza vostra pol sostenere se ho ecceduto la giusta misura dell'ammonitione, datene la colpa parte all'amore grande che vi porto, & parte all'odio che io hebbi sempre [134-r] a gli huomini poltroni. state sana che Iddio da mal vi guardi. Da Viruola alli VIII. di Genaio.

SUOR LUCRETIA MALASPINA A M. LELIA CIURLANA.

Io vi vorrei consolare (se pur tanto potessi) del dolore, che vi odo prendere, dell'esser voi sterile, ma temo che questo non sia uno riaprir la piaga, che forsi è già ò ristretta ò saldata: non rimarò però di dirvi quel che gia disse il salvator nostro BEATE steriles quæ non pepererunt. Havete adunque la beatitudine, & non ve n'accorgete: forse che temerete sendo sterile di morir di parto come gia mori Athena madre di S. Cataldo Episcopo, & prima di lei quella gentil Tullietta figliuola dilettissima di M. Tullio; non havrete da nodrir figliuoli, non da farli ammaestrare, non da procacciarli il vitto. Quanti n'ho io conosciuti liberali & Magnifici, che divenendo poi madri, divennero avarissime. Ricordatevi di quel saggio versetto che si spesso soleva dir quel grande Imperadore. CONIUGE non ducta, utinam liberis caruissem. Ricordomi haver letto esser solito S. Bernardo di dire che il non haver figliuoli fusse un bene non conosciuto: si che confortative quanto piu potete. Oh se sapesti quante & quante ne rimangono dolenti, chi per vedere i figliuoli ò nascere storpiati, ò per strano accidente guastarsi & chi per vederli consumar malamente il patrimonio: altri si veggono con istremo dolore uccidere da manigoldi, & da micidiali sgherri. Oh che affanno, oh che passione è questa: [134-v] & da tutti i sopradetti mali con l'esser voi sterile, libera ne siete, & ve ne turbate, & ve ne state si mal contenta? sciocca che voi siete, dovreste ringratiarne Iddio a tutte l'hore: se non havete figliuoli carnali, fatene di spirituali che saranno tanto de carnali migliori quanto lo spirito è della carne piu eccellente: temete voi forse che vi manchino heredi? non ve ne mancheranno nò, & quando ogn'uno vi mancasse, non vi mancherà qualche povero spedale: ma ben veggo io poi che non ve ne potete dar pace, quel che vorreste: vorreste udir di quelle belle nove che si sogliono udire dalle fecunde madri, che vostro figliuolo havesse fatto qualche homicidio, ch'egli fusse prigione, ch'egli giacesse ferito, ch'egli havesse da gir in galea, ò che fusse condennato alle forche: vorreste forse udire per il vicinato, che alcuna vostra figlia havesse fatto un bastardo, che la facesse l'amore, ch'ella fusse pregna, o che la se ne sia fuggita dietro al carnale amadore; ò che il marito le da tutto'l di delle busse, ò che l'è in divortio: queste sono delle nove, che sovente s'odono dalle fecunde, et non mai dalle sterili donne, come voi siete: et pur vi rincresce di essere. Deh fate a mio senno, che consilio da fedel amica, acquetate l'animo vostro, & contentatevi di quel che vuole Iddio: che certo non potete far il meglio. Prego Iddio a cui servo in spirito, & in verità che vi consoli. Di S. Antonio da Ferrara alli III. d'Aprile. [135-r]

BARBARA CALI. ALBERISI A M. FULGENTIA CARCASSONA.

Non mi piace che di voi lasciate uscir fama di Donna altiera & superba si come fate, & che sprezziate ogn'uno come s'egli fosse fango delle vostre pianelle: stimate (vi prego) ogni persona di qual conditione si voglia et anchora ch'egli giunto fusse ad estrema povertà imperò che non sempre sta la fortuna in un medesimo volere, ma spesso si muta: & quelli c'hoggi veggiamo in miseria posti, domani li veggiamo fatti Re & gran Satrapi: il gran Tamburlano (se forse nol sapete) era gia Bifolco, & trovò la fortuna si favorevole ch'egli divenne Imperadore de Scithi: Primislao, di guardiano d'armenti fu fatto Re de Boemi: Gige similmente di pastore doventò Re de Lidi. Sophi, che fu poi fatto Re de Turchi era gia un pecoraio, si che voi intendete come le cose passano, & come gira la fortuna. State adunque raccolta in voi, ne beffate altrui per poveri & mendichi ch'essi sieno, accio che veggendoli poi essaltati non ne habbiate ad arrossire & di lor temere. altro non vi dico state sana; & amatime di Brescia alli III. di Febraio.

COSTANZA CONTESSA DI NUVOLARA A M. FILIPPA BALBANI.

Io vi richiesi l'altro giorno che per i miei danari, mi facessi havere dui cavalli castrati per il mio cocchio & mi havete mandato dui cavalli piu fieri & piu sfrenati [135-v] di Pasace cavallo di Cirro, della cui sfrenataggine fa memoria Plutarco scrivendo di Artaserse: io le voleva corridori al par di Partenia & Eripha che furono cavalle di Marmace (l'innamorato di Athalanta) & non si moveno piu che si farebbono due vacche vecchie & pregne: & poi ardite di scrivermi che avanzano nel correre la cavalla di Ecratide, laquale vittoriosa fu, ne giuochi Olimpici; anchor che vicina fusse molto al partorire: non meritava già io d'esser si mal servita da vostro figliuolo amandovi al par di me stessa, & havendo voi, tanta commodità di farmi bene accommodare. state sana. Di Nuvolara alli .X. d'Aprile.

TADEA MALASPINA ALLA S. L. R.

Deh non vi affligete tanto quanto fate d'haver perduto la luce de gl'occhi, poi che per questo l'intelletto non si perde, & la memoria non si smarrisce, anzi si aumenta & cresce & che ciò sia vero ch'io vi dico, specchiatevi in Appio Claudio, ilquale, non mancò mai per esser cieco di ritrovarsi & alle private, & alle publiche facende della Republica Romana: cieco fu Druso, et pur la casa sua era sempre piena di chi domandava consiglio per le particolari bisogne. Non rimasero di darsi alla Dialettica, & alla Philosophia per la cecità Asclepiade Philosopho, Diodoro Stoico, Democrito, G. Aufidio, Omero Stesicoro Poeta, & altri molti che non dico, ma perche dir mi potreste di non sentirvi (per esser femina) il petto si forte, & si gagliardo, che sofferir possiate si gran tribulationi, quant'è l'esser privata [136-r] dalla luce; dirovvi d'haver anchora letto di molte Donne, lequali & nacquero cieche, & anche per strano accidente si accecarono, & furono perciò piene di alto valore, & hebbero di tal caso infinita pacientia, ricordatevi di quella Hipsea della quale, fa Horatio memoria ne suoi sermoni, ricordatevi di Lucilla figliuola di Nemesio Tribuno, che patì l'ultimo supplicio sotto Valeriano nemico della Christiana persuasione, ricordatevi di Salaberga Nionesa, & di Fara vergine illustre, che gia fiorì ne tempi di Heraclio Imperadore: & con quella grandezza d'animo, ch'esse gia la cecità sofferirno, sofferitela anchora voi: piu non mi stendo in essortarvi a questa nobil toleranza, perche mi confido nella sapienza vostra, laquale sempre maravigliosa da che la conobbi mi parve. State lieta & consolatevi: di Ferrara alli III. d'Agosto.

BEATRICE PIA A M. LUCIA MANFREDI.

Non so quando mai ci risvegliaremo da si profondo sonno; non sò veramente quando mai ricuperaremo l'antico nostro valore: per certo che altro, non ci riputiamo nate, che a servire, & ad ubidire gli huomini: habbiamo pur l'essempio di molte grandi et valorose femine, lequai regnarono et signoreggiarono altri, piu che virilmente. Deh perche non ci commove l'animo, l'essempio della Reina Candace dominatrice delli Etiopi: perche non ci infiamma lo spirito Elerna figliuola di Iano? perche non ci accende il cuore Semiramis? perche non facciamo noi come gia fecero Hippolita, [136-v] Zenobia, Valasca & Cleopatra. Non vorrei che marcisseno stando sempre tra il Fuso & l'ago, vorrei imitassimo alle volte (ispetialmente quando siamo) in villa quella famosa Athlanta Arcadia cacciatrice: à cotesto modo potremo noi sperare di pervenire un giorno à tal grado, che potremo far delle facende, che gia fecero Tomiri Reina di Scithi: Delbora signora delli Israeliti, & Teuca domatrice delli Illirici: se noi essercitassimo i corpi nostri non sarebbono si flecmatici, & per conseguente non cosi gravi & tardi, perche crediamo noi che le Donne Spartane pervenissero a tanta possanza? non per altro veramente, salvo perche si esercitavano ne Gimnasii facendo alla lotta fra di loro, & dando la caccia alle bestie piu selvagie, spesso anchora armeggiando virilmente: Lodansi da scrittori, le Donne Gaditane, perche subitamente doppo'l parto, si lievano dal letto, & fanno gl'uffici loro domestici & non fa mestieri giacersi trenta & quaranta giorni nel letto come noi facciamo, votando le spitiarie delli piu pretiosi confetti che vi sieno, distruggendo i Pollai, & mangiando un tinaccio di ciambaglione. Di qui nasce poi che non sappiamo far di quelle belle prove che gia fecero le Donne Tedesche, quando restituirno in ordinanza l'essercito gia rivolto in fuga: di qui (& non d'altronde) nasce che non sappiamo fare delle prove che gia fecero le donne Bellovace, lequali col proprio valore si gloriosa vittoria riportarno da Carolo Duca di Borgogna. Ho piu di una fiata letto molte belle cose operate da Maria Pozzolana, lequali m'hanno fatto tutto istupire, ma quando ho poi letto ch'ella non beveva [137-r] vino, & che sin dalla prima fanciulezza si avezzò alle fatiche vigilando spesse volte tutte le notti intiere, di poco cibo contenta, cessò di gran parte la maraviglia, ch'io n'havea. Hor questa sarebbe la via di ricuperar i primi nostri honori, & di divenir famose al par di Herpalice, di Antianira, di Lampedo, di Martesia, di Euriale, di Amalasunta, & d'altre che hanno conseguito per il valoroso operare l'immortalità; & qui fo fine pregandovi ad amarmi con tutto'l cuore et hormai destarvi. Dal Catai alli X. d'Aprile.

CATHERINA DATI, ALLA S. APOLONIA ROVELLA.

Io mi ho riso molto di cio, che mi scrivete, ispetialmemte della strana & falsa opinione, che vi è nata, veggendo che il vostro cagnuolo tanto vi ami, che a tutti fuor che voi digrigni i denti, ne dal vostro lato mai si diparta. Se voi havesti atteso alli studi piu di quel che atteso havete, non vi lasciareste entrar nel capo opinione, che li spiriti humani entrino ne cani, ne gran maraviglia vi parerebbe, che un cane vi amasse, essendo per altri tempi ciò avvenuto. Il ragazzo di Xenophonte fu come voi, & forse piu di voi amato da un cane. Un Pavone amò similmente con estremo ardore una Verginella in Leucadia. Ho letto nelle storie di Sassone Grammatico, che un Orso per istremo amore rubò già una fanciulla mentre ne campi con le compagne scherzava, si che non ve ne date maraviglia, ne vi lasciate entrare nel capo si strane fantasie, & si capricciosi ghiribizzi: & attendete a star [137-v] sana & scriverci alcuna fiata. Di Lucca alli XII. d'Agosto.

FRANCESCA DA COREGGIO MAINOLDA ALLA S. CHIARA DA COREGGIO SORELLA HONORANDA.

Voi mi pregaste l'altro giorno che io vi volessi scrivere una essortatione alla castità, perche n'eravate stata pregata d'alcune monache vostre care amiche, nella quale essortatione ramemorassi buona parte di quelli che la castità cordialmente abbracciarono. Io vi mandai (non so se l'havete ricevuto) un brieve Cathalogo d'huomini casti raccolto con gran fatica, accioche voi stessa ve la formassi, & non ne deste briga a me, che sono pur assai occupata: & acciò che meglio vi riesca l'impresa, & piu copiosa & efficace sia, vi faccio sapere che non sarà fuor di proposito il mescolarci Penelope (benche pagana fusse) anchora che vi sieno alcuni che per casta non la tengano. io sono del parere di Ovidio, ilquale, nel terzo de le sue Elegie in cotal modo ne scrisse. PENELOPE MANSIT, quamvis custode careret, inter tam multos intemerata procos: mescolateci Daphne figliuola di Peneo; Biblia moglie di Duvillo Romano, ricordative di Sophronia Romana, di Zenobia Reina de Palmirei: di Etelphrida Reina d'Anglia, di Baldraca, di Dula, di Edeltruda, di Sulpitia figliuola di Patercolo: di Rodogune figliuola di Dario: di Siritha figliuola di Sinaldo: di Vria, della greca Hippo, di Timoclia: di Ciane Vergine Siracusana: di Medullina, di Marcia [138-r] figliuola di Varrone, & di Eugenia figliuola di Philippo proconsole Alessandrino; la quale, temendo che Commodo Imperadore non la violasse, vestitasi d'habito monastico menti lungamente & sesso, & nome: a questo modo voi la farete copiosa & Florida & me haverete da molta molestia liberata; State sana & amatime. Di Mantova alli XX. di Marzo.

BEATRICE PIA A M. GIULIA FERETTA.

Hò letto i versi che mandati m'havete: possa io morire, se creder posso che de migliori ne facesse mai, ne Erinna, ne Corrina, ne Sapho, ne Polla moglie di Lucano. perseverate (vi prego) come incominciato havete, accioche per il vostro mezzo intenda il mondo che ne anchora nella poesia siamo noi donne, alli huomini inferiori. Di Padova alli III. d'Aprile.

CAMILLA MARTI. AVEROLDA A LA S. THIRINTIA SANSEVERINI.

Essortovi quanto so & posso a dar vostra figliuola per moglie al S. Aquilio, acciò che niuna cosa piu vi manchi alla mondana felicità. Se questo facendo, aviene che di lui naschino figliuoli dell'ampia heredità successori, sarà la famiglia vostra tenuta assai piu felice di quella de Curioni, & di quella de Fabij, & voi superarete di buona fortuna et Berenice, et la Spartana Lampedo: non indugiate adunque piu a far da prieghi astretta, quel [138-v] che spontaneamente dovereste fare: rumpete ogni tardanza, togliete via ogni impedimento, perche de simili partiti non se ne trovano in ogni luogo: Iddio vi prosperi. Da El. alli XII. d'Aprile.

MADALENA G. BREMBATA A M. GENEVRA CARITHEA.

Non mi pare a proposito, che essendo morto il vostro consorte facciate piu quella honorata hospitalità che vi si soleva fare; ispetialmente, giuvinetta essendo: sianvi per illustre essempio, Ariadna hospita di Theseo, Phillida di Demophonte, Ipsiphile; & Medea: sbigotiscavi dell'esser hospitale in questa giovenil età. Calipso s'innamorò poi dell'hospite suo. Non vi essorto gia ad esser qual fu Busiride, Polimestore, & l'inhospital Diomede: ma vorrei si tenesse una certa mediocrità, per laquale infamia alcuna non ve ne risultasse, & pur humana & hospitale al mondo vi dimostraste: qui vi prego ad adoperar l'ingegno vostro, & far di modo che di voi non si buccini per la contrada, come alli di passati si fece di quella Baldonzosa (so che m'intendete) senza che piu ve la spiani. State lieta: che Iddio sia la guardia vostra. Da Bergamo: alli X. d'Aprile.

VIOLANTE DA GAMBARA A M. OTTAVIA GARIBOLDA.

Per vostre lettere mi richiedete instantemente, che vi debba consigliare se sarà bene che Clara vostra sorella [139-r] di matrimonio si congiunga con il S. N. Certamente io ci ho fatto sopra consideratione quanto piu matura m'habbi potuto fare, ne posso fra di loro ritrovare alcuna conformità, per la quale vivere possino giamai concordevolmente. tacerò molte cose, che stremamente mi dispiacciono in quel cavagliere, & dirovvi solamente della sua severità; come sarà possibile che si lieta anima possa sofferire quella inessorabil natura? Leggo che M. Crasso fu di tanto rigore di animo, che una sol volta rise, ma costui non credo che ridesse mai: Zaleuco Legislatore de Locri, non era a suoi tempi si aspro come è costui: Lucio Bruto, non fu si crudo come egli è. Aulo Fulvio non fu mai di si dura conversatione; a me par certo quando lo veggo, o che li favello di vedere, o di favellare con Eaco, con Minos & con il rigido Radamanto: si che per il giudicio mio, non gli la darete; altrimenti facendo, voi la sepelite viva. viva voi la ponete in croce, & le sarete cagione d'insupportabil noia, ne di questo altro vi dico. Iddio vi consigli, & v'inspiri a far cosa di che non vi habbiate poscia a pentire. Da Napoli alli X. d'Ottobre.

BENEDETTA CONTESSA MALASPINA A M. TERENTIA TUCCA.

Non viene alcuno de vostri, a vederci, che non ci narri cose maravigliose della collera vostra; dalla quale vi lasciate togliere & l'uso & la possanza della ragione. è possibile che trovar non si possi rimedio a rinconciliarvi con vostra sorella, & far che sempre non siate [139-v] in gara voi mi riducete in memoria l'odio di Etheocle, & di Polinice, liquali, morti essendo per molte ferite, che si havevano date al dispetto della madre Iocasta, et dovendosi secondo il vecchio costume, ardersi i corpi loro, non si potero toccare, ma l'uno in quà, & l'altro in là, visibilmente saltò d'il che fa Ovidio fede dicendo. Scinditur in partes atra favilla duas. Deh riunitivi (se volete) perche non siate favola del volgo. Non dico già che vostra sorella non ci habbi molta colpa, dirò però che l'ira vostra ce n'hà molto maggiore, & temo ch'ella non vi conduchi a quel termine ch'ella condusse già Hercole, Septimio, Severo, Marcio Sabino, Vedio Pollione, Cherephone Atheniese: Stephano Sesto Pontefice, & Sergio terzo, che per ira gittò il corpo di Papa Formoso nel Tevere: guardative adunque da queste vostre furie, altrimenti capitarete male & ne starete perpetuamente dolente: state sana & rattemperative ne desideri vostri. Di Cremona alli XVI. d'Agosto.

ISABELLA SFORZA ALLA S. DUCHESSA DI CASTRO.

Del duro caso occorso nella vita del vostro Signore, Volentieri vi consolarei se io mi sentissi d'haver parole atte a poterlo fare in cosi gran cordoglio: essortero voi adunque solamente a patientia al meglio che saperò & consolerovi con il proporvi davanti alla memoria l'essempio di chi hà tolerato maggior stratio ch'egli non fece. Heliogabalo fu si mal trattato dal populo Romano, che ne fu gittato, stratiato per molte [140-r] ferite in una puzzolente Cloaca; d'indi poi tratto fu gittato insieme con Scenida sua madre nel profondo Tevere. A Michele Paleologo Imperadore, negò il populo Romano la debita sepoltura: furono anchora pessimamente trattate le reliquie di G. Mario da Cornelio Sylla, le quai cose furono da lor congiunti sopportate con grandissima patientia, ne si vendicarono mai: sofferite con altezza d'animo S. mia le ingiurie che hanno fatto alcuni pochi huomini al vostro S. rendendovi certa, che cosi stata sia la volontà d'Iddio, alla quale, non ci si pò forza humana opporre. Iddio col suo Santo Spirito vi consoli, (se io bastevole non sono.) Di Piacenza alli XX. del presente.

FRANCESCA VIDASCA A M. GOTTIFREDA DOLINDA.

Ho inteso de mali portamenti ch'usa tutto'l giorno vostro cognato con esso voi, & delle straniezze che egli vi fa: pregovi a sofferirlo patientemente, & imitare Aristide, alquale essendo sputato nel viso, non si adirò punto, ma bastolli d'ammonirlo, che piu tal cosa non facesse: vi conforto a proporvi per essempio di vera sofferenza Adriano, ilquale non sol non si vendicò di un servo, che armato l'assali, ma dettelo nelle mani de medici, perche di si furioso humore tosto si risanasse. Imitate anchora Licurgo, ilquale, essendogli stato da un imbriaco tratto un'occhio, non sol non hebbe ricorso alla giustitia, perche fusse secondo la colpa sua castigato, ma con sua astutia dalla possanza [140-v] di quella lo salvò; sofferitelo (vi supplico) patientemente, & sperate pur ch'egli si debba un giorno ammendare: cessarà tosto questo giovenil furore, & ve lo troverete finalmente un perfetto amico et un gratioso parente: state sana che Dio da mal vi guardi. Di Trento, alli XX. d'Aprile.

DOROTHEA CAVRIOLA AVEROLDA A M. SOTHERA N. D.

Vorrei mi fusse lecito di potervi esser piu vicina che non sono, che forsi, forsi, troverei al dolor vostro qualche util medicina: certamente vostro figliuolo non poteva far piu gloriosa morte che morire in servigio della sua honorata patria: per questo, Cleomene vive felicissimamente nella memoria de generosi spiriti, per questo è fatto immortale Mida Re de Phrigij, & reputato è divino Ericteo. Consolative anima mia & ringratiate il S. di si bella occasione, & non lo piangete piu; lo dovereste ben piangere s'egli fusse morto in qualche Taverna ò vero in dishonesto luogo: egli, sul fiore de gli anni suoi è morto sotto le mura della sua cara patria combattendo in tal sembianza che fin da nemici era giudicato un'Annibale rendetevi certa, che vostro figliuolo non è morto, ma egli vive perpetuamente in cielo, dove si dette sempre honorato luogo a buoni & fedeli amici della patria: ne piu oltre mi stendo, state sana & confortatevi in Giesu Christo. Da El alli XX. di Maggio. [141-r]

LUCIA DAL FORNO A M. LELIA DI VENAFRO.

Mi è stato rifferito che vostro figliuolo è fatto si amico di M. Priamo che non fu mai tanta amistà fra Diamanta et Oppleo Ercole et Theseo, Mario et Caspro Iddio lo feliciti, et lo faccia sempre imitare li costui santi studi. Veramente è senza paragone & nelle lettere & nelle arme: & Iddio volesse che la città vostra n'havesse di molte paia che lor rassimigliassero so che ella diverebbe in breve tempo piu gloriosa di Roma, d'Athene, di Sparta, di Carthagine, di Capoa, di Corintho, & della forte Numantia, se savia sarete (come sempre v'ho giudicato) disviarete da tutte l'altre prattiche, et operarete che sol a questa con tutto'l cuore attenda, donde gli ne pò risultare et honor et consolatione infinita. Iddio vi conservi da male: Da Balbana alli X d'Ottobre.

LA CONTESSA MADDALENA AFFAITA BIIA A M. IDEA DAL BORGO.

Ho letto le vostre lettere date alli XV. d'Aprile, le quali non erano meno ornate, che prolisse: & n'ho sentito leggendole un'istremo piacere: veramente non mi potevate fare piu grata cosa che di consolar M. Lucia nella morte di sua figliuola. bisogna a tutti i modi haver pacientia di quello, che Iddio vuole. Se suo marito l'ha ammazzata, & senza demerito alcuno, fu anche gia tempo che le mogli ammazzarono di molti mariti, & n'habbiamo di questo piu di mille storie, senza [141-v] che si adduchi in mezo Clitennestra, Albina, Rosimonda, Lucilla, Circe ò Semirami, & per dir il vero, soviemi d'haver osservato piu di venti donne amazzatrici de loro mariti oltre le figliuole di Danao, dette per sopra nome le Belide, le quali furono cinquanta & tutte ecceto Ipermestra amazarono i mariti loro, la dove ritrovo niuno huomo (quantunque fiero & selvaggio) haver amazzato la moglie, eccetto, Ceffalo, Nerone, Chilperico, Constantino, Mithridate, Egnatio, M. Cecilio, Periandro, et il Brutto Deciano. Se noi cercassimo con ogni studio & con ogni diligentia di ricuperare l'antico nostro valore che n'habbiamo perduto, forse non sarebbe lor si agevol cosa l'ucciderci tutte le volte che la colera lor monta, ò vero che habbino il capo pieno di vino. State sana & pregate Iddio che sempre ci conservi nella sua gratia. Da Seronno alli VII. d'Aprile.

VIRGINIA DA GAMBERA A M. GIULIA FERRERA.

Intesi l'altro giorno del gran pericolo, nel qual cadeste, per voler montare sopra di quel sfrenatissimo cavallo, che alli di passati vostro fratello vi donò, & subitamente mi triemò il cuor nel petto. Veramente non leggo mai quel verso d'Ovidio. Quique ab equo præceps alienis decidit arvis, che l'animo non mi caschi (come dice Homero) nelle Ginocchia. Non leggo mai di Nipheo, di Leucago, di Ligeri, di Clonio, di Thymete, di Agenore, di Bellorophonte, & di Seleuco, che tutta non mi sbigotisca per esser morti cadendo da cavallo. [142-r] Fate a mio modo sorella carissima, non vi montate piu, andate piu tosto a piedi, anzi boccone, & se mi amate, overo credete che io ami punto voi, oprate di sorte che non si sentano piu di voi cotai novelle: state sana. Da Roma alli IIII. d'Ottobre.

EMILIA CONTESSA DA GAMBERA A M. CLARA BURLA.

Alli passati di venne nova che andando un gentil'huomo Lombardo alla caccia, un porco l'haveva morto. subitamente mi ricordai di vostro figliuolo, che n'è tanto vago, & incominciai a temere molto in suo servigio. Deh fate (vi prego) che di lui se possibile è non si senta tal nova: bastici d'un Adone, d'un Idmone, d'un Bruthe, & d'un'Anceo, da Porci stratiati et morti: scongiuratelo per il ventre, & per il latte materno, che rivolga l'animo suo a piu honesti studi, dove l'ingegno insieme col corpo si eserciti & lasci altrui si laborioso et pericoloso esercitio. Di Viruola alli III. di Febraio.

MARGHERITA POBBIA A M. MARGHERITA GORA COMADRE CARISSIMA.

Mai piu (se io campassi piu di Mattusalemme) mi lascio condure in simili luoghi dove alli di passati vostra sorella mi condusse senza far provisione di vettovaglie, non già se credessi di doventar Reina di Francia. Credei veramente morir di fame & di sete si come leggo esser morti Pausania, Sisigambi, Cleante, Gabino, [142-v] Silino, Neocle, & Euristene: questo v'ho io voluto scrivere, acciò non vi lasciate imbarcare senza biscotto; so ch'ella non ha altro in pensiero che di condurvici: guardatevene, ne dite poi, che non ve n'habbi avisata; ma non li dite giache io ve l'habbi disuaso, non lo fate per quanto amore mi portate: essa vi è sorella, & per conseguente so che la conoscete, l'è tanto iracunda che non si puo esser piu. Di Como alli VIIII. d'Aprile.

MARGHERITA ZAFFARDA ALLA S. LEONORA VERTEMA.

Quanto mi doglio che essendo si mal disposta, vi siate condotta ad habitare in luogo poco sano, dove non vi possiate prevalere ne di medico, esperto, ne di alcuna giovevole medicina: hor qui penso io per l'amor che vi porto di soccorrervi con utilissimi ricordi; & per la prima cosa di che vi avvertisco si è che pogniate cura che li meati del corpo vostro non sieno ne molto aperti, ne molto chiusi: ne frutti, ne herbe vi sieno in molto uso, ma molto piu parcamente mangiarete & latte & pesce & quando pur vi occorrera mangiarne non vi si scordi mangiarli col mele: condirete i cibi humidi & grassi con le cose acre & aromatiche. Non vi curate punto di mangiar ogni giorno carne, acciò che non vi si generi nel corpo una prestissima putrefattione pensate pur che non senza causa Porphirio, mosso dalla Reverenda autorità de Pithagorici, & d'altri Antichi philosophanti, detestò il mangiare de gli animali certa cosa è che gli huomini avanti al Diluvio, non ne solevano [143-r] mangiare: godete con grande moderanza li cibi di complessione molto secchi, & piaccianvi quelle vivande che sono mezane tra le secche & le humide; benche Avicenna per schivar la canutezza preferisca i cibi di natura secchi alli molli: schivate i cibi eccessivamente freddi & eccessivamente caldi, & abbracciate quelli che sono caldi & insieme humidi, non schiferete di mangiar carne ò sangue di porco come gia solevate fare, ma confortata dall'autorità di Galeno et anche per una certa natural similitudine qual essa suol haver con la nostra carne la lasciarete venir sulla vostra reale & splendida tavola ne vi scorderete che alla vita longa giovi il mangiar di piu vivaci animali (pur che giovanetti sieno). Fugite il sonno di mezzo giorno (se astretta non siete da gran necessità) ricordative del detto Plautino, Heu tu non est bonus homini somnus de prandio. Non voglio dimenticare di avvertirvi che facciate nodrire quei animali che mangiarete de cibi eletti, raccolti in luoghi dove i venti temperati raserenano et dove i raggi del Sole danno dolce fomento. quanta differenza è di luogho a luogo ve lo dimostra il persico ilquale in Persia è veleno, & in Egitto è molto amico al cuore: ve lo puo dimostrar l'Eleboro, che si riceve in Anticira senza nocumento, & altrove è si mortale: procurate che l'habitatione vostra sia riposta in luogo alto & che risguardi mezzo dì et l'oriente, sotto un'aria sottile, ne humida, ne fredda: bastevi quanto v'ho scritto per hora: occorrendo d'haver fidati messi, non mancherò di darvi de gli altri ricordi, non men'utili, delli predetti. State lieta. Di Mantoa alli X. d'Aprile. [143-v]

LAVINIA SFORZA CONTESSA DI BORGO NOVO A M. ISABETTA MOSCARDA.

Acerbissima m'è paruto la trista nova che alli di passati ci venne, che vostro fratello si fusse cosi infelicemente annegato, & sel non fusse stato, che alli di passati avida piu del solito di studiare, mi chiusi nella mia libraria & ritrovai leggendo tanti & tanti dalle acque con gran dolore di suoi congiunti assorbiti; mi sarei a fatto a fatto per amor vostro disperata. Lessi in Propertio, in Giovinale, & in Ausonio qualmente Hila figliuolo di Theodamante, andando per attingere acqua, si annegò con tanto dolore di Hercole che il maggiore non si potrebbe imaginare. Lessi in Virgilio come Oronte, rovinata che fu Troia, venendo in Italia con Enea si annegò insieme con Leucaspi. Lessi in Martiale, che andando Cerelia a Baia, si sommerse per ria fortuna. Lessi in Statio, essersi annegata Sapho: lessi in Ovidio, che Tiberino Re, si affogò nel Tevere & dalla morte sua li dette il nome, chiamandosi prima Albula: lessi in una Tragedia di Seneca, che Icaro cade nelle acque & ivi terminò con grande angoscia del Padre Dedalo i giorni suoi. Lessi in Valerio Flacco che Inno con Melicerta s'erano sommersi. Lessi in Livio, come di Naufragio morisse già C. Marcello, essendo mandato à Masinissa in Africa. Lessi in Sex. Aurelio di simil morte esser mancato Decio Imperadore, essendo prima vinto da Gotti. Lessi in Plutarco di Rosana concubina di Alessandro. Lessi finalmente che il mare Egeo non per altra [144-r] causa fusse cosi chiamato, che per esservi morto dentro Egeo, et cosi fusse detto il mare Eritreo dal Re Eritra, l'Elesponto da Elle sorella di Phriso: il mare Icareo da Icaro: & il Mirtoo da Mirtilo carrettiero di Enomao: il mar Tirreno da Tireno Re de Lidi, l'Esperio dalle fanciulle Esperide, l'Anieno da Anio Re de Thoschi. Queste cose mi consolarno maravigliosamente, & ferommi rasciugar le lagrime, acquetaronsi i sospiri, & i singhiozzi che duramente m'havevano suffocato il cuore: cosi prego Iddio avenga a voi, & quella pace n'abbiate tosto che merita la rara vostra bontà, alla quale & giorno & notte mi raccomando. Di Piacenza alli III. di Febraio.

LA CAVAGLIERA LUZAGA VEDOVA ALLA S. CAPRANIA ROSELLA.

Son astretta di ammonirvi d'un diffetto che'l mondo vi accusa, che è dell'esser sopra tutte le femine della contrada vostra invidiosa: Deh vi prego carissima sorella non macchiate tante buone parti, quante voi havete, con questo pestifero morbo d'invidia: sovengavi che Aiace Thelamonio havendo invidia che le arme di Achille fussero date in premio a Ulisse, fatto perciò furioso se stesso amazzò: infami divenero al mondo per l'invidia, Dedalo amazzatore di Telen Suo caro discepolo, Drance per haver invidia alla gloria di Turno, Hiarbita Mauro, Bauto & Mevio: non è veramente l'invidia qualita degna del vostro gentilissimo petto: non so gia io come l'ardisca di stare fra il coro di tante [144-v] & tante virtu che sono in voi. scacciatenela adunque ne ve la lasciate piu entrar nell'animo: non vi ho voluto diffusamente trattare delli incommodi nati dalla invidia; per conoscervi lungo tempo nelle storie dotta & esperta: vi supplico bene per quell'ardente amore qual v'ho sempre portato, à far di modo che piu non si odano di voi cotai rumori. se le vostre vicine hanno de beni di fortuna piu copiosamente di voi, non ve ne affannate punto, ma piu tosto considerate quanti bei ornamenti v'habbi dati Iddio senza esserne voi pur un tantino meritevole. Iddio vi guardi da male, da Isè alli XII. d'Aprile.

TADEA CENTANA.

Ho letto piu di una fiata la vostra artificiosa & facetissima Comedia. & mi credei certamente morir, delle risa, si come legesi esser morti Chilone Lacedemonio & Diagora, quando io giunsi a quelle astutie servili da Pandaro servo. fatte: hora (vi prego) che io veggia la Tragedia qual havete incominciato, perche spero torrete la palma di mano al dotto Sperone, et al consumato Trissino: non mancate di mandarmela quanto piu tosto vi sie possibile (se mi amate, ò vero se punto vi persuadete esser da me amata) Domani me ne vado alla villa & ne meno con esso meco il choro de le Muse, se vi piacerà di venirci, fatemelo sapere, che vi manderò compagnia tanto faceta che confesserete esser vero il Mimo di Publiano COMES FACUNDUS IN VIA EST PRO VEICULO; appresso vi mando il commento [145-r] che alli di passati mi fu di Francia mandato: credo ch'egli vi debba sommamente aggradire: godetelo fin che ritorno & sel vi verrà voglia di villeggiar con noi, portatelo con esso voi; di Vinegia alli VI. d'Aprile.

CECILIA AGNELLA ALDEGATA A M. LAURA R.

Io v'hò piu volte avisata che schivar volessi la prattica di alcune male persone le quali dal lato vostro mai ò di rado non si partono; ne senza ragione ve n'avisava havendoli conosciuti di tal qualita che a guisa dell'Aconito sol col tatto avellenare & uccider possono: non vi lasciate rimovere dal mio Consiglio per la faceta lor natura ma ricordatevi esser piu tosto da ricercare & da ritenere le cose utili anzi che le gioconde et delettevoli il che ne fu dato ad intendere per la vecchia usanza di quelli che con le quadrige combattevano in campidoglio nelle Ferie latine, dove il vincitore haveva una Coppa piena di absintio: veramente in niun'altra cosa doveremo noi esser piu diligenti che in imparare il modo del viver humano, & come reggere ci dovemo per non inciampare. & per non entrare in qualche inestricabil laberinto quanta difficulta credete voi che sia in saper discernere li veri, dalli falsi amici? oh se noi lasciassimo alcuna volta da canto quelle occupationi che tanto intricate ci tengono et legessimo il dotto libro della natura, troveremo esserci quella una ottima maestra et perche credete voi ch'ella habbi fatto che quelle Sorbe che piu belle sono sieno a qualita velenosa piu soggette di quelle che men [145-v] belle appaiono? non l'hà fatto per altro che per insegnarci esser piu dannosi i lusinghevoli amici che li asperi non sono: ma di questo parmi hormai d'havervene detto piu che à bastanza: Attendete a conservarvi in Sanita et quanto piu potete amatemi perche io amo voi al parangone delli occhi miei: il mio carissimo consorte vi saluta riverentemente & paratissimo all'honore et servitio vostro si offerisce. Di Mantova.

ISABELLA SFORZA ALLA S. ANGELA PICCOL'HUOMINI.

Vi hò molte volte scritto, che volendovi applicar alli studi, facciate elettione di quella sorte di lettere, che rendendo la mente piu sobria & l'animo fanno tuttavia doventar migliore. Se vietano i medici che non s'usi l'halicacabo, ilquale, quantunque giovevole & opportuno sia per fermar i denti, fa però impazzire chiunque lo adopra. perche non debbo anch'io cosi vietarvi a non applicarvi a quelli studi, che la lingua poliscono, & i buoni costumi infettano? non vi sbigottite, perche i precetti della Philosophia austeri & scabrosi vi paiano, ma pensate fra voi stessa, che si come l'aceto è al gusto mordace, giovevole però contra li serpentini morsi: cosi i decreti della Santa Philosophia parerci alle volte poco delettevoli, ma giovar molto, & opportunissimo rimedio recare contro le pestilenti passioni dell'animo: molte altre cose a questo fatto appartenenti vi direi, se non havessi certa fidanza di tosto tosto vedervi, & teneramente come sempre soglio abbracciarvi. [146-r]

LUCRETIA MASIPPA A M. LA DUCHESSA DI VALENTINOYS GRAN SINISCALCA.

Ritornò (Valorosa Signora) alli di passati dalla corte del Christianissimo Enrico M. Francesco Beltramo, ilquale, divenuto novo Trombetta della virtù & singolar bontà di V. Eccel. hà talmente acceso il cuore di ciascuna donna, che insino allhora presente altro per tutta Lombardia non si desidera, che di servirvi, di amarvi (& se far si potesse senza nota d'impietà) di adorarvi. ma che dico io di ciascuna donna? anzi di ciascun valoroso Cavagliere. à tale che chiunque si sente haver nel petto lealtà di fidel servidore, ò valor di forte guerriero, desidera porsi nel servigio del potentissimo Re di Francia: & questo desiderio, non tanto nasce loro dalla liberalità & gratitudine Regale, quanto dalla amorevole protettione quale (per quanto s'intende) hà preso la bonta vostra della natione Italiana: Felice quel gran Re à cui per celeste sorte, è toccato d'haver presso di se donna che li faccia tal servigio che appena fare lo saprebbe un Coleggio de i piu perfetti Senatori c'havesse mai ò Roma ò la dotta Athene: ne men felici saremo noi donne se sapessimo imitar la destrezza del vostro divino ingegno, la perfettione del giudicio, l'integrità dell'animo, la sincerita della vita, la generosita del cuore, & la purità della conscientia laquale, (per quanto m'è riferito & dal sopradetto M. Francesco & da molti altri di non minor fede degni) fu sempre schiva di falsità, di simulationi, & di qualunque cosa indegna di donna che [146-v] Iddio ami & i suoi santi giudicij tema. Hò posta S. Duchessa la penna su questa Carta et vi hò piu familiarmente scritto che non si convenia farsi all'altezza del grado vostro, date la colpa all'intesa et smisurata allegrezza nel cuor mio novellamente conceputa; qual non ho potuto mai raffrenare & sono stata sforzata (mio mal grado) di communicarla alla penna mia, accioche per il mezo suo pervenesse a gli orecchi di V. Ecc. & fra voi stessa tacitamente vi rallegraste; Iddio sempre ringratiando c'habbi piovuto sopra del capo vostro, tante, & tante Illustri gratie che se ne potrebbe arrichire tutto il Regno di Francia. non mi voglio dilattar piu del dovere: So che io scrivo a una grande et occupatissima Duchessa & a donna finalmente degna d'essere Imperatrice di tutta Europa: farò adunque fine al scriver mio, pregandovi ad havermi con le mie figliuole per humilissima vassalla & obedientissima serva. Iddio nostro S. sia sempre la guardia vostra & vi essalti sopra il choro delli Agnoli insieme col Felicissimo Enrico. Di Vinegia alli XXVI. di Decembre nel M.D.XLVIII.

FRANCESCA RUVISSA ALLA S. D. ISABELLA BRESEGNA.

Quanto piu vi verrano a noia le cose temporali: tanto piu vi si accendera il cuore dell'amore eterno: attendette pur tuttavia come incominciato havete a darvi in preda alla sacra philosophia, dellaquale, se vi sentirete ritrar dalla corporal cura, sentirete anchora per il suo mezo accrescervi il vigor del'animo: la soglio [147-r] io per tanto alcuna volta rassimigliar al nasturtio, ilquale, (per il parere de curiosi phisici) aguzza l'ingegno, et rende il corpo al generare inetto & indisposto: questa è: Figliuola mia la vera scala di salir al cielo: insegnaravi questa evangelica philosophia alla quale si di buon cuore vi essorto quel che non potrebbe ne la scuola Socratica, ne la Pithagorica: qui, qui & non altrove, imparerete à sprezzar voi stessa, & ciò che di buono in voi havrete, rifferirlo a Dio auttore & donatore de tutti i beni: se con humiltà trattarete la sacra scrittura, & non ambitiosamente (come hoggidi molti fanno) havrete per vostro maestro lo spirito Santo: non vi pentite dolcissima figliuola d'esser per cotal mezzo intrata nella via d'Iddio: anzi tenete per cosa certa che non ve ne fusse alcuna altra migliore ne piu sicura: affrettative pur di caminar à quella celeste Gierusalemme, per che i giorni son brievi. non vi fermate punto, ma animosamente armata di fede, & di speranza caminate: Soleva dir il beatissimo S. Bernardo che la via d'Iddio era tale; che chi non caminava sempre avanti, ritornava a dietro: ne altro dico: Nostro S. ci aiuti tutti & ne conduchi à vita eterna. Di Vinegia alli XX. di Marzo.

GIULIA TRIVULZA MARCHESANA DI VIGEVANO A M. LUCIANA MALATESTA.

Per questa mia, vi faccio sapere che Alessandro vostro è risanato, & per quanto mi dicono & li medici & li [147-v] servidori insieme, gli è sopravenuta questa infirmità per soverchio mangiare & per ismoderato bere & (se l'è vero quel che m'è rifferito) credo io che la voracita di Archesilao Pritaneo, di Domitio Aphro, di Septimio severo, et di Valentiniano fusse nulla anzi una somma parcità rispetto a quella di costui, che mai non si vede satollo: pare habbia un Lupo nel stomaco, pare habbi una spongia in gola: & che si credono costoro di fare? pensano forsi d'esser nati al mondo sol per consumarci le vettovaglie? avvertitelo adunque amorevolmente à tener vita piu regolata ch'egli non tiene, essortatelo con le vostre savie lettere all'esser piu temperante & moderato ch'egli non è: io dal mio canto non manchero di essortarcelo fin che egli stara in questi vicini luoghi: ben che alle volte, per scuotere il giogo che ci hanno posto gli huomini tirannescamente al collo, vorrei che tutti fussero di cotal natura: ne so piu espediente via à riparare alla servitu nostra. state sana et amatime: da Mallè alli VIII. d'Ottobre.

LUCRETIA MASIPPA ALLA S. TADEA CENTANA.

Hieri venne a me M. Hortensio et dissemi ch'egli credea che foste un capo senza lingua, imperoche essendo nelle vostre case venuto, mai vi udi favellare, & pur havea gran voglia di udir uscir da si bella bocca parole corrispondenti: Io vi ricordo S. Tadea anchora che il silentio sia l'ornamento delle donne, disdirsi pero l'esser totalmente mutola: si deve favellare alla presenza de [148-r] valent'huomini ma con modestia pensando & essaminando prima le parole, avanti che vi eschino di bocca: Fa di mestieri havere la bocca nel cuore, & non il cuore, nella bocca: escanvi le parole vostre con donnesca piacevolezza & non imitate quella buona creatura, laquale quando vol dir mezza parola, tutta si commove, et par che habbi da partorire un Elephanto. v'hò voluto di questo avisare perche mi hà detto ch'egli voleva visitare M. Francesca, non gli date occasione di mormorare per che l'hà una lingua diabolica, porrebbe fuoco nel pozzo; non potreste credere quanto l'è sdegnoso et come tosto si adira, se del continuo non è vezzeggiato à guisa d'un Bambino. state sana.

LUCRETIA MASIPPA ALLA S. MARTA VANNUCCI.

Se siete come mi scrivete risanata da quei colpi che amor vi dette togliendo per istrumento i rilucenti occhi di M. Girolamo .P. attendete a conservarvi in sanità, & ramentative di quel che disse Seneca che niuna Ferita piu facilmente torna a rinverdirsi di quella d'amore. Havete hormai con vostro gran danno provato pur troppo a bastanza quanto sia grande la sua forza & come legati ci tenga con invisibil catena (benche non insensibile) havete veduto come duramente tratti chiunque se li fa vassallo facendolo divenir inconstante, maninconico, iracondo, cieco, pieno di querele, & al creder facile. Non deverieno le persone savie come vi tenete voi, amare si smisuramente le cose che non si veggono, [148-v] ma quelle sol che non appaiono, imperoche il vero amore si è amar Iddio: hor mentre siete stata amante d'huomo carnale & caduco, evi paruto amore altro che un celato fuoco, una grata ferita, una dolce amaritudine, un delettevole veleno, un piacevol morbo, un giocondo supplitio, & una lusinghevol morte? Credetelo à me che amore non procede ne dalla natura, ne dal fatto, ma dalla vostra leggierezza & dal vostro debol giudicio: fuggitelo adunque per l'avenire meglio, che non havete per il passato, mutate luogo (se bisogno vi sia) schivate di vedere il volto del male amato giovane: & occupate la mente, & i sensi vostri in facenda di maggior importanza: pensate alcuna volta al fine, & quanto sia egli brutta cosa: pensate similmente che non senza buona ragione. Commandasse Archiloco Lacedemonio che li libri che d'amor trattavano fussero publicamente arsi: ne piu mi dilato in tal cosa, sovenendomi di quel latino proverbio ICTUS SAPIT state lieta, amandomi di cuore. Di Vinegia alli XX. d'Agosto.

TADEA CENTANA ALLA S. LIVIA CARAFFA.

Hò inteso che sendo ito il vostro maggior fratello alla caccia, era alli di passati con gran dolore & dispiacere di chi lo conosceva stato da uno Orso ucciso: non vi saprei giamai ridire quanto affanno n'hebbi et per amor suo, & per vostro sentito: hor mentre di ciò mi lagno & mi querelo, vennemi chi porse refrigerio al mio dolore, & questo fu il ricordarmi de molti cavaglieri & [149-r] per sangue & per virtù Illustri, liquali da diversi animali uccisi, dolenti per essi lasciati ci havevano: Sovennemi d'haver letto presso di Pausania che Millone fusse da lupi mangiato: Basilio Macedonico Imperadore fusse amazzato da un Cervo mentre li dava la caccia: Ho letto nelle greche storie qualmente Cratis sibaritano fu da un becco per gelosia mentre dormiva presso de la mal amata Capra con le corna svenato: Scrive Antipatro di Tarso che Gatis Reina della Siria la quale, fu poi chiamata Atergate fu data da manicare a pesci: Ho parimenti letto che Hattone Arcivescovo di Maganza fu nel Reno mangiato da Topi non senza gran sospitione di vendetta divina poi che finse di voler dar la limosina ad una gran moltitudine de poveri & poi rinchiusi in un granaio tutti senza haverne alcuna pietà gli fece miserabilmente ardere Euphemia vergine Illustre & figliuola di Philophrone Senatore fu mangiata dalli leoni Revocato & Felicita incliti di Christo martiri furono amazzati da leopardi. La memoria di questi essempij m'hà consolata & cosi piacerebbemi che da voi stessa con simile ricordanza vi consolassi: dovereste pur esser piu che certa che qua giù non si fa cosa veruna senza la volunta di colui che il tutto fece, & che il tutto regge & sempiternamente governa: dative pace hormai dolce signora, poi che per le vostre lagrime et per li vostri cordogli a vita rivocar non si puo & qui faccio di scriver fine, à voi del continuo raccomandandomi & a darvi di ciò che di sinistro vi accade patientia, essortandovi. Di Vinegia alli XX. di Marzo. [149-v]

MARTA STELLA BARBISONA ALLA S. CONTESSA THEODORA B. MARTINENGA.

Hora per isperienza veggo esser vero: niuna cosa potersi ritrovare piu acuta della calunnia, poi che una signora si savia si prudente & che si ottimamente in ogni luogo, in ogni tempo, & in ogni fortuna si è portata s'ha lasciato dare ad intendere & non so da cui che M. Hortensio habbi di lei parlato men che honorevolmente: come vi havete voi lasciato ciò persuadere havendo il testimonio della sua scrittura in contrario nella quale al mondo vi publicò già per un singolar ornamento dell'ordine vedovile? ne si contentò di lodar la vostra molto illustre persona, ch'egli parimenti lodò con la sua dotta penna la vostra villa di Conceso, & in verso Heroico l'haveva incominciata a descrivere: Non mostraste gia voi la solita vostra prudentia (& perdonatime) poi che tanto a noia vel recaste essendovi prima paruto di si dolce conversatione, & de si amabili costumi ne sol dimostrasti di odiarlo piu che non odia la grue il falcone: ma li mancasti anchora d'una picciola promessa che li havevate fatta: hor perche non mostraste voi qua la vostra singolar prudentia & quel maturo giudicio tanto da lui lodato? perche vi provocaste voi contra si facondo Poeta? non vi soveniva forsi haver scritto Horatio VATUM IRRITABILE GENUS? non vi soveniva forsi haver lasciato Platone per unico precetto, che non ci facessimo nemici gli poeti? se per niuno altro rispetto, lo volevate tener nel numero de vostri piu cari [150-r] benvoglienti ce lo dovevate almeno tener per esser egli tanto amico della poesia. Non sapete voi che la poetica è da Plutarco tenuta per il vero fonte di qualunque buona disciplina & chiamolla già in piu d'un luogho per la sua rara vaghezza Pittura parlante: fu pur grande errore il vostro, a farvelo nemico, senza niuna sua colpa & senza niuno suo demerito: foste pur troppo facile a credere a chi mosso d'invidia vi riportò di lui male, & esso mi parve pur troppo humano et troppo cortese, a non isfogar mai ne con satire, ne con iambici l'ira sua, & a non mandar fuori il sdegno contro di voi meritamente conceputo. Voi l'offendete stranamente riportando di lui male alla S. D. Leonora, laquale gli lo fece intendere pel mezzo della S. Violante Mauritia & pur benignamente vi comportò sempre & di tutta questa virtuosa sofferenza ne fu cagione sol l'amore, & la riverenza che al vostro venerabil volto portava: ne furono anchora in buona parte cagione le grate accoglienze che voi gli faceste quando venne a Conceso in compagnia del gentilissimo spirito M. Marco buona: soviemmi che il di seguente mi venne a visitare, ne si vedeva satollo di predicar l'humanità vostra & di essaltar le dolci maniere con lequali il trateneste: questo v'ho io voluto scrivere acciò vi guardiate di commettere cotai errori liquali nel vero troppo si disdicono alle vostre divine qualità. Da Manerbio alli XX. d'Agosto. [150-v]

NICOLAA TROTTA A CLARITIA QUANTO SORELLA.

Mi chiedete con molta instanza che io vi dia qualche util consiglio poi che al tutto siete disposta di volervi innamorare: per mio consiglio adunque eleggerete l'amante vostro virtuoso & modesto, ilqual non sia ne vecchio ne giovanetto molto, imperoche gli vecchi sono del tutto inetti alli amorosi spassi, & li giovani sono quasi tutti mal patienti, troppo frezzolosi, sospettosi, sdegnosi, vantadori: & certamente considerando io tante male qualità giudicherei meglio d'amar il vecchio anzi che il giovane, nelquale, piu tosto si spenge amore che non si accende. Non vi impacciate di huomo ricco imperoche sogliono gli huomini facultosi comprar l'amore, & non corrispondono mai ò di rado nell'amare & potendosi con molte trarsi le voglie, di rado anchora avienne che osservino altrui fede. Oltre che sempre hanno per viva forza del lor segreto amore mille domestici testimoni: schivate gli huomini ociosi, & senza alcuna industria, perche questi sogliono pigliar l'amore, per uno essercitio & per un'arte: non vi sottoporete ne anche a contadini, per esser cosa troppo indegna. Di Ferrara.

SIBILLA SEVA TOLOMEI A M. L. R.

Oh quanto havete voi ben fatto a non ritrovarvi alli di passati nella città nostra poi che fu da cavalli per [151-r] commandamento del Re stratiato un sfortunato gentil'huomo nato Conte di Monte Cuccolo nelle montagne di Modona & nelle nobili conversationi nodrito: n'hebbi per certo gran dolore, & sovvennemi allhora del bello Hippolito, dell'infelice Glauco figliuol di Sisipho. Vennemi allhora in memoria quanto per adietro letto haveva presso di Livio di Metio suffetio: & disse fra me stessa che destino fu mai quello di Diomede Re di Tracia ilquale fu da Hercole dato a sbranare alli istessi cavalli da lui di humana carne si lungamente pasciuti? corsemi alla memoria in quella istessa hora che lo vidi porre nelle mani del Manigoldo, d'haver letto nella vita di Temistocle da Plutarco diligentemente scritta, come Neocle di Temistocle figliuolo morì d'un morso che un cavallo li dette. Ricordami di Comminio falsamente da Gidica matregna di Stupro accusato, & da cavalli crudelmente lacerato: cosi anchora mi ricordai di Limone Farasuella, & di Abdero & di Pirecme Re di Euboia: hò sempre da quell'hora havuto in odio tutti quelli che vanno a vedere si crudeli spettacoli dove altro non s'impara che ad incrudelire: pregate Dio ci guardi da pericoli & del continuo ci tenga la mano in capo sono pur imperscrutabili li giudicij divini: ma non voglio per hora intrar in questo pelago, perche non ne saprei a mia posta uscire: state sana. Di casa nostra. [151-v]

MARTIA PIACENZA BENVENUTI ALLA S. MARGHERITA TRIVULZA.

Non vi doveria già accadere alcuna consolatione per esser stati biasmati gli vostri scritti da chi forse non li intendeva. questo non vi deve dar noia imperoche voi non gli scriveste per guadagnarvi il pane che n'havete (la Iddio mercè) da darne ad altri: non scriveste per acquistarne loda sendo la virtù di se stessa contenta, senza premio cercar di gloria, scriveste sol per fugir l'otio nemico capitale della donnesca pudicitia & scriveste per essercitar l'intelletto accioche ruginoso non divenisse come veggiamo divenir il ferro quando non è dal fabro posto in esercitio. se hora altri si muove à biasimare gli vostri belli componimenti, che ce ne potete voi fare? come li potete voi rimediare? puote forsi riparare Platone che biasmato non fusse di esser nell'ordine poco distinto? puote riparare Aristotele di non esser per la smoderata sua oscurità chiamato Sepia? puotero oviare Empedocle, Anasagora, Democrito, Leucippo & altri tanti che dall'arogante Aristotele tassati non fussero? Puote Virgilio rattenere altri che non lo notassero di poco ingegno & non lo chiamassero apertamente usurpatore dell'altrui fatiche? non pare a M. Tullio che spesso dorma Homero? non rimane M. Tullio alcuna fiata poco sodisfatto di Demostene? non è accusato Tullio dell'essere troppo ridondante, lento nelli principij, ocioso nelle digressioni, tardo nel commoversi & rade volte riscaldarsi? fu reputato Senophonte troppo slombato. ha forsi potuto Livio con la sua candida eloquentia far [152-r] dimeno che le sue divine concioni non sieno state da Trogo Pompeio dannate? che ne puo far il povero Plauto se ad Horatio non piace & a Lucillo pare incomposto? Se l'è stato morduto Plinio (che fu al scriver molto accorto) di non haver ben digerito cio che scrisse, & è rassimigliato ad un torbido fiume, potete ben sofferire con patientia se anchora voi siete stata tassata di soverchia abondantia è condennato Ovidio quel chiaro lume di Sulmona, non puote Salustio tener la lingua ad Asinio Pollione che troppo affettato non lo chiamasse. non puote Terentio con istrema fatica frenar la lingua a suoi maledici ch'egli fu costretto pervertire l'ordine de suoi prologhi: non puote tener la lingua Seneca a molti, liquali dicevano che li suoi componimenti erano come l'arena senza calzina. & voi crederete di andarvene senza acqua calda a questi tempi ispetialmente dove sono tanti giudiciosi? Non si puote contenere S. Gieronimo di non lacerar Ambrogio (è quel irrefragabil dottore) & di chiamare i commentari ch'egli scrisse sopra San Luca pure, ciancie in diversi luoghi dandogli nome hor di Corbo, & hor di Cornacchia. Il medesimo non si rattemperò di affermare haver letto nelle pistole di S. Agostino alcune cose heretiche. Se adunque l'invidia non perdonò a queste si chiare & illustri persone, come perdonera ella a voi che siete di minor fama, & di minor riputatione? Fu infinita l'invidia ch'era tra Platone et Senophonte, & videsi chiaramente poi che scrivendo di simili cose, hanno sempre Socrate in bocca & una sol volta l'un dell'altro fa tepida mentione. Le parole di Eschine dette a Socrate Platone per odio a Critone [152-v] le attribuisce. Considerarete anchora meglio quanto regnasse già per altri tempi (quai migliori riputiamo) l'invidia, poiche M. Tullio facendo memoria d'infiniti oratori sol d'uno ò di dui, al piu, fece mentione: considerate se questo morbo d'invidia puote in Quintiliano; poi che sotto silentio trapassa quasi tutti i scrittori dell'età sua & di uno tace il nome, affermando ch'egli fusse la gloria di quel secolo: ne altro dico per consolarvi: se pur tuttavia vi attristate che i scritti vostri non sieno aggraditi a ciascuno, poi che ciascuno non ha il vero gusto delle perfette cose & l'invidia suole accecare la maggior parte de mortali, quelli ispetialmente che di piu alto spirito & di piu generoso cuore al mondo appaiono. State sana & non vi tribolate. Da Crema alli XV. di Marzo.

DIANA DE CONTRARI ALLA S. VERONICA DELLI ARMELINI.

Ho risaputo da piu d'un messo che essendo vostro marito ito alla sua villa & volendo per suo trastullo salire un pero, della scala era caduto & incontanente morto d'il che fuor di ogni misura vi dolete: per il che mossa da carità christiana & da particolar affettione causatami dalla vostra rara virtu & singolar piacevolezza mi sono posta a consolarvi per lettere, quando presentialmente non m'è lecito di farlo. Pregovi adunque a sofferire patientemente questa sciagura poi che vostro marito non è il primo che per tal accidente habbia terminato i giorni suoi: Elpenore compagno di [153-r] Ulisse sendo fatto ebro de laqual cosa Martiale fede facendo, scrisse. Pene imitatus obit sævis Elpenora fatis, præceps per longos dum ruit usque gradus. Philostrato ancora sendo ito alli bagni di Sessa, cadde da una longa scala & finì i suoi giorni. Scrive Plinio nel VII. della sua naturale historia che Asclepiade medico Prusiense sendo molto vecchio in cotal modo finì la vita sua: habbiate (vi priego) pacientia cosi ha voluto Iddio et alla sua volontà niuno per robusto ch'egli sia pò resistere. Io non mancherò di pregare & di far pregare altri il magno Iddio c'habbi di lui pietà & li doni la sempiterna requie: fra tanto vivete lieta & pensate di rivederlo quando nell'ultimo giorno, saremo dall'angelica tromba risvegliati. Di Mantova nel nostro monistero alli XIIII. di Maggio.

VIOLANTE DA CASTELLO A M. LIONELLA ROSSA.

Non vi dovete dolere, ma ralegrarvi piu tosto che vostro fratello qual unicamente amavate, sia morto dalla saetta, ch'altro nel vero non è, che un morire per la mano di Iddio: cosi morirno Encelado, Tipheo, Phaetonte. Capaneo, Salmoneo, Tullo Ostilio, Esculapio, Adimanto, & Zoroaste: mostrate hora la fortezza del petto vostro, voi, che foste sempre da tutti chiamata non donna, ma virago, per haver sopra ogni fede et valore et ardir virile; chi è colei che non sappia far del bravo quando niuna occasione da dimostrar fortezza ci è proposta? dovereste ringratiar Iddio che sporta vi [153-v] sia si nobil materia di farvi conoscere per donna di forte animo et di robusto spirito: a che preposito versar tante amare lagrime? mandar fuori tanti sospiri, & inghiottir tanti singhiozzi? questa non è cosa che a voi si convenga armata essendo de tanti precetti & philosophici, & evangelici: a qualche debole feminuccia si conviene che ad altro non sia avezza che a tessere, et a filare: state lieta et amatici. Di Ferrara alli X. d'Aprile.

THEODORA FISOGNA CALINI A M. LVCRETIA P.

Se vostro marito è stato avelenato in tempo che voi pensavate di goderlo con maggior dolcezza, bisogna che vel sopportiate pacientemente, peggio certo farebbe che egli fusse stato per mano di crudel manigoldo impicato, almeno per questo (se non per altro) doletive ne meno ch'egli ha sendo huomo di privata conditione scorso fortuna tale, qual scorsero gia molti di suprema dignità dal mondo ornati. Fu avelenato Diocletiano doppo'l Ventesimo anno del suo imperio: Claudio Imperadore Lothario Re de Galli: Lodovico quinto & Antiocho furono avelenati dalle proprie mogli. L'è stato trattato da grande, poi che tutti i grandi, ò almeno la maggior parte, di veleno muore: non voglio dire de moderni per non provocarmi contra l'odio de molti, che gia dettero sospitione di essere ottimi maestri di compor veleni dirò sol delli antichi che per veleno morirno, cominciarò da Clemente terzo, morto per opera di Enrico terzo Imp. poi da Carlo ottavo Re de Galli et dirò di Corrado Imperadore per il mezo de suoi medici corrotti et subbornati [154-r] da Manfredo ilquale all'imperio succedette, Mori di veleno Papa Vittore. Costantino Imperadore: Enrico di Luzzemborgo (quel che successe all'Imperio doppo Alberto) Philopomene: Ladislao re della Puglia Antheri Re de Longobardi: Arato Duca de Sicioni: Alessandro Macedonico: Themistocle: Baudicea Reina de Britani, Cleopatra et altri tanti che non vi dico, per non parere che vi voglia dimostrare la diligentia c'hò usato in volger sossopra de molti historici: consolative con li addutti essempij et non piangete piu si dolorosamente come fate: dimostrate cosi in questo caso, come fate nelli altri, la fortezza del petto vostro: & amatime. Da Brescia alli XX. di Maggio.

ISABELLA DI LUNA AFFAITA ALLA ILLUST. S. LA S. D. M.

Ho ricevuto l'humanissime vostre lettere scritte con si dotta mano che mi parevano tante belle perle orientali: & a quelle rispondendo vi dico, che amandomi come sempre mi amaste, havete ragione di congratularvi con esso meco, et di rallegrarvi fra voi stessa, imperoche abbattuta mi sono in si gentile et gratioso consorte, quanto potesse chieder lingua o desiderar humano cuore: egli spira da ogni lato dolcezza, ne pate che io desideri cosa veruna che incontanente non l'habbia, anzi spesse volte perviene sollicitamente i desideri miei: Sentomi giunta a tal termine che non ho invidia alla piu fortunata donna che mai per alcun secolo fusse & questo, perche oltre il mio consorte, ilquale in ogni [154-v] suo gesto amabilissimo mi si dimostra: ho due cognate la S. Cassandra & la S. Laura di tal qualità & di tal conditione ornate che potreste facilmente credere veggendole & udendole favellare che fussero dui Agnoletti di carne humana vestiti per mia unica consolatione & per farmi sentire in terra essendo qualche parte delle consolationi che nel paradiso da beati spiriti sentir si suole: ne altro in risposta delle vostre, vi dico, prego nostro signor Dio, vi faccia ogni giorno piu lieta & piu gioconda divenire, si come alla rara vostra bonta si converrebbe. Di Cremona alli XX. di Marzo.

PHILENA AUGUSTA A M. TADEA LOSCA.

Certamente voglio dir per l'avvenire, come soleva gia di Socrate che la natura habbi errato a non farci le finestre nel petto: se questa finestra hora ci havesi, voi non sospettereste di me, come sospettate: ma tutto questo disturbo mi nasce dalla nequitia de miei nemici, li quali hanno congiurato nella mia destruttione: & doppo molti mali che m'hanno fatto, non cessano tuttavia di minacciarmi: ma io ho speranza nel S. Iddio giusto giudice delle cose de mortali, che le lor minaccie haverranno in se piu terrore, che nocumento, & saranno simili a quei tuoni che vengono senza folgorare: fanno questi miei avversari verso di me, come fanno quelli li quali veggendo che li alberi tagliati germogliano et repululano, si risolveno di tagliarli le radici: vorrebbono pormi nella disgratia nostra, accio che a fatto a fatto [155-r] io rimanessi estinta, et non mandassi piu fuori, ne ramo, ne fronda: pacientia, di tutto quello che Iddio vuole che io sofferisca. Di Roma alli XX. d'Aprile.

ISABETTA AGNELLA A M. CORNELIA R.

Io mi sono affaticata molto pel passato in dissuadervi amore, ne so veramente in qual cosa ponessi io mai tanto studio, ne tanta solicitudine usassi & cosi torno di nuovo a replicarvi che d'amor vi guardiate percioche egli ci fa sprezzar & le leggi et li giusti decreti: egli indusse gia a strema crudeltà Medea, Attreo, Progne, Clitemnestra & Silla: Divenne Theseo traditor & mancò della sua parola: per amore si puose Ercole (quel forte domator de Mostri) in servitù di Iole: Achille per amore che portava a Briseida ricusò di gir alla guerra: Philli si amazzò. Leandro affogossi in mare: fu dalle gloriose fatiche ritardato Ulisse, & effeminossi Aniballe per amore: Fu l'amore di Tarquino cagione che li Re fussero di Roma scacciati: Morissi Claudio in prigione. Rovinossi M. Antonio & non picciol danno ne sentisse Cesare: per amor Phineo accecò li propri figliuoli et molti savi tenuti, doventarno inconstanti & scelerati: & questa lettione per hora vi basti; studiate questo, & poi procederemo piu oltre se di amare isbigotita & al tutto spaventata non vi vedrò. Di Mantova alli XX. di Luglio. [155-v]

ANGELA B. ALLA SIGNORA DOROTHEA TIENE L.

Perche mi dissuadete voi tanto che non m'innamori, che fugga amore, et che mi guardi d'amore? et chi è colui si fuor dell'intelletto che non confessi eccitarci l'amore alle gloriose imprese, farci civili, faceti, & ben parlanti? Pindaro non fece mai un mezzo verso sin che innamorato non fu: l'amore che portò Anacreonte a Batillo lo fece repentinamente doventar poeta: Non havrebbe ne anche Virgilio poetando poggiato si alto, se l'amor di Galathea non li traffigeva il cuore: non me ne sconfortate adunque tanto, anzi se saggia siete (come vi tengo) innamorative anchora voi, ne altro vi dico state sana. Di casa alli X d'Aprile.

DOROTHEA TIENE L. A M. ANGELA B.

Se v'hò sconfortata da seguir amore l'ho fatto con ottimo consiglio et di novo ve ne sconforto: hor guardate se possibil vi pare che mi persuadiate ad innamorarmi: La Figura istessa nella quale si dipinge amore, me ne spaventa & dell'amare con violenza mi ritira & perche pensate voi ch'egli si pinga fanciullo? non per altro, certamente che per dimostrarci non saper gli amanti quel che lor si convenga & di cose frivole dilettarsi: cieco poi, perche non ha in se ne consiglio, ne discorso, ne raggione: La benda che gli occhi li lega, ostinato appetito ci dimostra; fannogli l'ali per l'instabilità qual [156-r] sempre seco hanno del continuo li infelici innamorati l'arco mi dimostra insidie. Il suo arco ci da ad intendere la perpetua concupiscenza: i quattro cavalli che lo tirano, ci rappresentano dolor, letitia, libidine, & timore: hor queste cose considerando io spesse volte fra me stessa (se nella mia cameretta sola mi ritrovo) viemmi voglia di fuggir amore lontano piu di mille miglia: ricordomi d'haver parlato gli anni passati con una innamorata, laquale, dove pensò di sentir gioia et di gustar infinita consolatione ha sempre sentito affanni, angoscie, et stremi dolori: cercò di cacciarlo con altro nuovo amore ma ingannata sempre si ritrovò, imperoche il vitio non si scaccia col vitio, ma con la virtu: state sana et amatime alli XIIII. d'Aprile.

ISABELLA SFORZA ALLA S. TADEA CENTANI.

Molte volte m'havete ripreso perch'io presti troppo fede alle Astronomiche scientie et io contener non mi posso che similmente non riprenda la durezza vostra poi che niuna credenza prestar li potete havendo di ciò tanti chiari essempi et nelle greche et nelle latine storie: Quando nel principio della guerra Peloponesiaca Pericle fu per far vela con l'armata ben'all'ordine, apparve si grande eclipse che mai la maggiore non si vide: allaqual cosa non volendo risguardare, ne farne stima, ma piu tosto schernire le celesti apparitioni fu cagione ne seguise alla patria prima & poi a tutta la Grecia l'ultimo suo sterminio. Non vi fu mai secolo [156-v] alcuno, dove veduto non si sia che le buone fortune et le Rovine de Regni dalli diffetti de celesti lumi non ci sieno state manifestate. certamente l'è cosa di troppo pertinace animo il ridersi delle dimostrationi nella natura divinamente ordinate: dovete pur sapere che due sono le parti della dottrina al cielo appartenente, dallequali l'una dimostra le certissime leggi dei celesti corsi: l'altra è la divinatrice, laquale, ne fa ottimamente conoscere li miraculosi effetti delle stelle: la prima parte da veruno (che io mi sappia) non si niega, anzi utilissima da tutti si crede poi che in quella si contengono le diterminate misure delli anni, li Equinotij & i solstitij: Noi habbiamo in ciò il testimonio delle sacre scritture dove si legge ET ERUNT LUMINA IN SIGNA, TEMPORA, DIES, ET ANNOS ecco Signora mia che per questo divino oracolo: ci è comandato & l'osservare & il risguardare i movimenti de celesti pianeti: non penso si sia mai veduto alcun Ciclope, o d'altro fero barbaro, che notato non habbia li intervalli de li anni, & i spacij de i Mesi: non abbraccia la dottrina de celesti moti molte altre belle arti & ispetialmente la Geographia? Descendo hora alla divinatoria, da molti felici ingegni accerbamente perseguitata: ne mi moveno punto la Cavillationi che sotto il nome del gran Pico, vanno per le mani de studiosi calunniatori delle astrologiche divinationi: ma confermami nell'opinione mia il perfetto giudicio di Galeno ilquale dice esser cosa Sophistica il resistere alla manifesta isperienza & afferma vedersi molti effetti dalle stelle procedenti nelli elementi, ne corpi misti, nelle piante, & nelli [157-r] animali: si come certi siamo esser caldo il fuoco & humida l'acqua, cosi parimenti sappiamo esser riscaldati i corpi dal Sole, & inhumiditi dalla Luna et sappiamo la cognitione di Saturno & di Marte in leone, causar & siccita & calidità. Io non comprendo come di questo ragionevolmente dubitar si possi (salvo se voi non volessi meco Sophisticamente procedere come faceva Anasagora volendo provare che la neve era negra) non voglio hora tanto philosophare che vi venga a noia: non mi sconfortate adunque piu per l'avenire da cotai studi perche perderete il tempo et state sana spero fra pochi giorni vedervi et farvi toccar con mano quel che per hora impedita da grave occupatione meglio esprimer non vi posso: dalla Sforcesca alli XX d'Aprile.

LA CAVAGLIERA ROVATA ALLA ILLUST. S. LA S. N. R. R.

Ho favellato a di lungo con la Contessa nostra Cavriola, et l'ho scongiurata per quella bontà che Iddio le dette fin nelle fascie et per quella virtu di modestia per laquale a tutte l'hore risplende, mi volesse dir veracemente le qualità del conte Giulio suo cognato, accio io potesti ben conoscere se l'era partito degno di vostra figliuola; laquale, doppo molti scongiuri m'ha detto non potersi ritrovare ne il piu leale, ne il piu cortese gentil'huomo & che beata si potrà tenere quella che per legittimo matrimonio sarà degna riputata de suoi congiungimenti: & cosi in vero pare anchora a me ch'egli sia: non mancate adunque di conchiudere perche [157-v] non penso mai che seguir ve ne possa penitentia alcuna goderà oltre il consorte, la gentilissima conversatione d'una cognata rara al mondo, et in cui (senza punto mentire) dir si pò che le virtù morali, sieno naturali, tanto sono in lei ottimamente habituate: haverà un cognato pieno di tutte le buone qualità & pareralli d'haver in casa un'oracolo, si savie & accorte sono le sue risposte, si dolci & acute sono le proposte ne altro di questo vi raggiono, perche penso in brieve parlarvi a bocca & di questo, & d'altra cosa: non meno importante: state contenta, che Dio vi consoli. Da Rocca franca alli XX d'Aprile.

MARGHERITA CONTESSA CAVRIOLA ALLA S. NOSTRA.

Voi mi riprendete molto acerbamente perche data mi sia all'agricoltura et io di tal riprensione non poco mi maraviglio conciosia che niuna cosa ne vedere, ne imaginare si possa dell'agricoltura piu utile, piu delettevole, & al spirito nobile piu appartenente & se ne a me, ne all'istessa isperienza creder volete, credete almeno a Columella ilquale, nel suo primo libro preferisce la vita contadina alla cittadinesca, dalla quale n'escono fortissimi soldati: stavano li antichi Senatori a lavorar ne campi et arava Cincinnato quando dall'aratro tratto fu alla suprema dittatura Zappava Curio, inestavano li alberi molti de migliori Senatori che la Republica havesse et quel ch'era detto esser buon contadino, era ampiamente lodato: ne crediate S. mia che questo studio fusse [158-r] solamente presso de Romani imperoche egli trappassò ad altre nationi, et fu essercitato con non minor sollicitudine et industria che da Romani si fusse. Non se ne sdegnarono Gerone: Philometro: Attalo: et Archelao: & quando mai non ci fusse nell'essercitarlo la delettatione, che vi è & non se ne trahesse l'utilità che se ne trahe. piacerebbemi ella però, per esser stata ritrovata da Cerere che donna fu come anch'io sono: & se non mel credete, legete cio che dice Virgilio nel primo della Georgica: PRIMA CERES FERRO MORTALES VERTERE TERRAM INSTITUIT & se non a me, ne a Virgilio credete, date almen fede a Ovidio il quale nel V. delle sue trasformationi scrisse PRIMA CERES UNCO GLEBAM DIMOVIT ARATRO PRIMA DEDIT FRUGES ALIMENTA QUE MITIA TERRIS ma quanto credete voi che migliorareste la vita vostra, et piu sana doventereste se in cotale esercitio vi ponessi: considerate un poco la mutatione c'hò fatto io poi che lasciate da canto le Delitie cittadinesche, alla coltura d'amenissimi giardini data mi sono: soleva havere un viso che pareva stampato di color di morte et hora paio un cherubino venuto novamente dal Paradiso: Soleva sputacchiare, tossire, et esser piena di catarro, hora mi sono talmente consumate tutte le superfluità che a fatica sputo & mangio con un appetito da invogliare qualunque svogliato stomaco, caminerei giorno & notte senza mai possarmi & senza stanchezza sentire: simil guadagno fareste anchora voi, sel vi piacesse d'imitare i miei vestigi: state sana & amatime: alli XX d'Agosto. [158-v]

CAMILLA PALAVICINA A M. LUCIA R.

Ho inteso che mi biasimate molto ovunque vi ritrovate, per essermi posta a far la vita Ciartosina & al tutto rifiutare di mangiar carne & a voi pare che senza tal vivanda mantener in vita non mi possa. Io ritrovo S. che nell'età dell'oro al tempo di Saturno non si mangiava da veruno carne, & pur viveasi longamente & con maggior sanità: narra Cheremone stoico scrivendo la vita delli piu antichi sacerdoti dell'Egitto: che quanto piu tosto si dedicavano al culto divino, che mai piu dramma di carne non gustavano, anzi tanto l'abhorrivano et haveano a schifo che rifiutavano parimente di mangiar et latte, et uova, l'uno carne liquida credendo & l'altro sangue di color mutato. Non mangiavano carne li Bragmani dell'india (se 'l vero afferma Eusebio nel VI. dell'evangelica preparatione) Lodò Giosepho nelle Antichità Giudaiche sommamente li Essei perche non ne mangiavano anchessi et voi biasimate me perche ricusi di volerne per l'avvenir mangiare? Narra Euripide che nella Candia li propheti di Giove, non sol s'astenevano dal mangiar carne, ma anchora da qualunque cibo cotto. Ho letto in Erodoto che li Babiloni si pascevano solamente di pesce e la carne schifavano: non scrive Musonio che il mangiar carne è piu tosto cosa ferina che humana et ch'ella impedisse le operationi dell'animo? non mi biasimate adunque perche tal instituto abbracci et contro de calunniatori lo difenda: benche ottimamente fareste a far il medesimo, se non per altro, [159-r] almeno per imitar i savi Padri che se ne guardavano come da cosa (se non dannosa) almeno poco giovevole. Di Ferrara alli XX. d'Aprile.

GIERONIMA LUZAGA ALLA S. SEMPRONIA ROMANA.

Non perdete Signora tempo a far hormai diligentemente ammaestrare i vostri figliuoli, li quali gia grandicelli sono & poscia che la natura li ha fatti si ben atti alle lettere, non si resti per vostra negligentia di farli con la educatione tuttavia piu perfetti: gioverà lor veramente molto l'esser nati dove essi nacquero imperoche se la stella di Giove ottima dalli astrologi si giudica, per esser posta nel mezzo della frigidità di Saturno, et della calidità di Marte, cosi utilissimo giudico io d'esser nati sotto'l Cielo ch'essi nacquero: mostra Galeno evidentemente che et l'animo, et il corpo di quelli c'habitano ne paesi piu temperati, sono anchora & ne fatti & nelle parole piu savi & piu prudenti et nel vero, vedesi da ciascuno apertamente, che dove il Sole fa mediocremente sentir il suo Caldo, conserva sempre egualmente li humori & dove eccessivamente riscalda li consuma & li distruge: queste poche parole v'hò io voluto dire S. mia cara accio siate certa che tutta la speranza del lor profitto da voi sola depende, cioe dalla disciplina & creanza vostra: qual sarà la educatione scrisse Plato (come so che meglio di me lo sapete) tal sarà la futura vita: ne altro di questo dico. Hora vi scrivo come alli di passati detto mi fu che niuno hormai vi poteva [159-v] piu tolerare tanta era la superbia & tanta era l'alterezza che in ogni vostro atto & in ogni vostra parola dimostravate: ma perche fate voi cosi? non è gia questo di vostra usanza & che vi reca la superbia salvo che odio & malevoglienza? non havete voi piu fiate letto che l'humanità si e la vera radice dallaquale, germoglia l'universal benivoglienza? ne per l'humanità intendo io quella litteratura degna di qualunque huomo libero, ma intendo li costumi amabili, la superbia campana fu cagione di fargli odiosi a tutti & qui faccio fine, perche temo di non intrar in troppo cupo pelago et eccedere la misura del mio solito stile: state sana & amatime. Da Manerbio alli X. di Maggio.

PAULA ROVATA CAVRIUOLA ALLA S. L. R.

La modestia di M. Andrea palazzo congiunta con molte altre virtu mi fanno apertamente confessare chegli possa esser degno marito di qualunque nobile et virtuosa donna: l'e veramente una gran carestia di veder giovani nella città nostra li quali non appetiscano, non dicano et non faccino, se non cosa degna della lor conditione: non mancherete adunque di proporlo a quella S. perche credo indubitamente che ne havreste honore se lo proponessi alla piu gran Principessa c'habbi tutta Europa: & se desiderate di conoscere l'interna sua bontà fatene congiettura dal suo parlare qual troverete esser vera imagine della sua vita: non si potrebbe gia dir di lui quel che disse Diogene d'un vezzoso giovinetto [160-r] che soleva dishonestamente parlare: che di fodero d'oro traheva spada di piombo: sono i ragionamenti suoi o di casto amore, o di cortesia, odesi anchora spesse volte con gran fervore raggionare di batter mura, di far bastioni, di caminar in ordinanza et tall'hora di riformar statuti et di por legge a baldanzosi popoli: mai fu udito darsi a se stesso vanto di cosa veruna che per alcun tempo virtuosamente operasse et questo non d'altro nasce che per conoscere quanto piena di splendore sia la virtu della modestia poi che ella puote indure i Salomini a rizzarli la statoua: ne piu oltre trapassa. Di Brescia.

LUCRETIA GAMBERA VISCONTE ALLA S. MELIBEA DALLA ROVERE.

Tutte le volte che voi mi scrivete, sempre con caldo affetto mi essortate ch'io ritorni alli tralasciati studi il che ho piu volte pensato di voler fare, ma a dirvi il vero, natura m'ha dato il gusto si dilicato che non trovo scrittore alcuno o in la greca ò in Latina lingua che pienamente sodisfar mi possa: sempre ritrovo ò che le lor opre sono del tutto vote, come già mi soviene haver detto Socrate d'una certa opera di Anasagora che ne suoi tempi venne in luce: alcuni ve ne sono troppo affettati: altri poi troppo arridi et troppo digiuni: ne vego anchora molti scrivere senza alcuna arte, & senza alcuno giudicio & quanti ne trovo etiandio indegni di esser chiamati scrittori, ma piu tosto ladri, havendo [160-v] da vari luoghi ripiene le lor carte de furti: ne trovo infiniti slombati, senza nervo, & senza sangue, pieni di brutte cicatrici per non voler usare alcuna diligentia nelli lor componimenti di emendare, di mutare o di trasporre o di aggiugnere: basta lor usare de molte iperboli senza mostrar di saper punto, quel che alla poetica dignità si convenga: ho rivolto sossopra l'anno passato mille vollumi, & in veruno non vego alcuna magnificentia di spirito, non vi scorgo severità di sententie ò proprietà de vocaboli non ci trovo finalmente industria alcuna: se l'è Poeta io non ci so vedere alcuna numerosa struttura: se l'è prosatore, non sento che le sue prose sieno da alcuni piedi per farci sentir maggior diletto legate, & dolcemente strete (come gia volle far Isocrate) si che non me ne date piu noia, ne piu mi essortate a studiare; ma lasciatemi piu tosto attender all'aco, alla qual cosa sentomi dalla natura piu inchinata & piu disposta di Milano alli XX di Luglio.

ISABELLA SFORZA ALLA S. FLAVIA LAMPUGNANA.

Havete longo tempo desiderato d'haver figliuoli, & hora che li havete vorrei pensaste di allevarli come si deve, & perche non habbiate iscusa veruna di non dar loro quella perfetta creanza che si conviene: intendo io darvi alcuni savi precetti quali forse havete piu d'una fiata da molti uditi, ma non li havete peraventura veduti mai d'alcuna femina essequire. Vorrei prima che la lor tenerella animetta bevesse per voi [161-r] quei primi semi della pietà christiana & l'instruiste poi nell'arti liberali, fatto questo piacerebbemi si essercitasse nelli Urbani offici, & alla civiltà de costumi non poco attendesse, ma perche questa parte è hoggidi in maggior consideratione delle arti ispetialmente in questa lor si giovinil età, mi ci voglio alquanto piu diffondere di quel che soglio, quando familiarmente a miei amici scrivo, non vorrei mi apparissero mai li vostri figliuoli davanti alli occhi con i mociconi ne permetteste che col farsetto si nettassero il naso, ma col fazzoletto destramente celandosi dal cospetto delli astanti: non acconsentite ch'essi stieno avanti persone honorate, con la bocca aperta (si come leggesi presso di Aristophane del pazzo Mamacuto) insegnategli a fuggire quel dissoluto ridere, pel quale tutto il corpo si scuote: tenere il capo polito, & netto, di sorte che esclusa sempre però ne sia quella diligentia smoderata che le fanciulle per apparir belle usar sogliono: se vorranno sedere alla presentia di alcuno honorato cavalliere tenghino le gambe raccolte: il caminar loro non sia ne rotto, ne precipitoso, imperoche l'uno a molli & dilicati, & l'altro a furiosi & mentecatti s'appartiene: nel vestirli sovvengavi che quanto saranno di maggior fortuna, tanto piu sempre amabile & grata sarà la modestia di quelli: insegnate loro accadendo si ritrovino a conviti di esser ne troppo lieti, ne troppo tristi, non esser i primi che ponghino le mani nel piatto, ne leccarsi le dita, ne alle vesti nettarsele, & perche alle tavole come siamo dal vino & dalle vivande riscaldati, siamo spesse volte soliti di ragionar d'altrui & violar la fama del [161-v] nostro prossimo, il che è molto biasmevol cosa: ramentate loro di non vituperar cio che loro è posto davanti, ma del tutto mostrar gratitudine: ma in questi precetti che fin'hora v'hò detto, non intendo di fermarmi, ma descendere ad altri consigli non men utili & ispedienti, ammoniteli a dar luogo alli piu vecchi, ispetialmente a quelli che della pieta christiana maestri ci sono. Quelli che honorano o li suoi pari o li inferiori non si dimostrano percio men nobili, ma piu civili, d'altri piu minuti precetti vi parlerò a bocca, fra tanto vivete lieta & di me prevaletive in tutti i bisogni vostri. Dalla Sforcesca.

BARTOLOMEUS PESTALOSSA RHETUS LECTORI.

En habes studiose lector Epistolas complures hetrusca lingua conscriptas, gravissimis sententijs, Illustribusque exemplis egregie refertas, quas ex varijs Italiæ locis, multo sudore, multa que impensa Hortensius Lando collegit: suadenteque Octaviano Raverta in volumen redegit (illo inquàm Octaviano) qui ob insignem animi pietatem Terracinæ Pontifex designatus est: ac paulo post acclamantibus his, qui fœminini sexus præ ceteris studiosi esse videntur, in apertum protulit. Vale lector fœmineamque dignitatem (ut par est) amato, colito, suspicito, & tandem adorato. [162-r]

DI M. LODOVICO DOLCE ALLE STUDIOSE ET CHIARE DONNE.

Donne, per c'habbia voi cortese il cielo

Prodotte in questo fosco empio soggiorno,

Per far d'alte bellezze il mondo adorno,

E l'alme accese d'honorato zelo:

Perche sotto a gentil leggiadro velo

Virtù, s'accolga: che puo far d'intorno,

Quand'è turbato piu, sereno il giorno,

E fiorir Maggio nel piu freddo gelo:

A lui, per cui si ricche al mondo sete

Di beltà, di valor, d'ingegno, & d'arte,

Non tanto & cosi vivo obligo havete:

Quanto al buon LANDO; ch'ogni rara parte

Di voi consacra (onde chiare vivrete)

Nel vago stil de le sue dotte carte.

DI M. GIROLAMO PARABOSCO.

Ecco chi mi torrà donne gentili

Quel biasmo, che vi dan le false lingue

Del vulgo sciocco, che mai non destingue:

Ma ugualmente vi fa imperfette & vili.

Lo stile, e i bei concetti alti, e virili

Onde ogni servo a voi si nutre, e impingue,

E d'ogni vostro honor la sete estingue;

Vi faranno a i piu saggi esser simili.

Onde il mondo vedrà, ch'attorto ogn'hora

Vi biasma questo stuol, d'insania pieno

Impotente a mirar vostro splendore.

Et vedrà chiar, donne felici ancora,

Ch'Apollo a voi non è cortese meno

De duoni suoi, che sia Venere, e Amore.

[162-v]

DI M. PIETRO ARETINO.

Donne in le squille de la fama ascritte

Con gratie, & note reverende, & sole

Hortensio lampa a le piu dotte scole,

Et chiaro Heroe de le scienze invitte.

Le carte illustri l'una a l'altra scritte,

Ha posto in luce del lor proprio sole;

A ciò i gran sensi, & le gravi parole

Sieno al scrivere altrui norme deritte.

Ma perche voi non sareste immortali

Se la nobil di lui pietosa cura

Non raccoglieva de i vostri spiriti i sali;

In dishonor de la sua stella dura,

Dateli loda a quel sapere equali:

Con cui hor alza l'arte, hor la natura.

DI M. FRANCESCO SANSOVINO ALLO HONORATO M. ORTENSIO.

Lando io non so, se piu vi deve Amore

O le donne che volser da voi tanto,

Quei che si pasce di dolor, di pianto

Accenderà per quest'a mille il core:

Quell'altre havran per voi perpetuo honore,

Come cagion di si leggiadro e santo

Pegno de la virtù, che hor mostra quanto

Et quale è il feminil alto valore.

So ben io questo, che benigna e cara

Mano, apparecchia la honorata fronde

Per far al degno crin vostro corona;

E tra le dive a le castalide onde

La vostra fama alteramente sona

L'opra gentil, ove ogni ben s'impara.

[163-r]

DEL S. NICOLO DELLI ALBERTI DA BORMO.

Quanto i begliocchi prima

Di voi donne, infiammar potean il core,

Et renderlo soggetto al vostro amore,

Tant'hor gli alti concetti

De vostri animi eterni in queste carte,

Mille amorosi affetti

Destano in si leggiadra, & nobil arte,

Ch'in voi ciascuno apprezza

L'interna piu che la mortal bellezza.

[163-v]

TAVOLA DEL PRIMO LIBRO DELLE LETTERE DELLE DONNE.

A
 
Artemisia Scota, alla
Contessa Aurelia. c. 7.
Apollonia Rovella, a
Isabella Sforza. 25
Leonora da Vertema. 37
M.N.N.F. 61
Aloisia Carolea, a
Livia Bencia. 30
Agnesa di Besta, a
Flavia Rovega. 46
Alessandra Rosetta, a
Gismonda Portia. 58
Antonia Pala. Rangona, a
M.N.N. 62
Angela Castrucci, a
M. 70
Antonia Borella, a
M. Silvia Bagliona. 77
Aluigia Asinella, a
Leonora Bolla. 92
Aurelia Verdella, a
Sulpitia Biraga. 106
Armellina Pavera, a
Livia Coccaia. 108
Argentina Rangona, a
Lucretia N. 113
Aurelia Magia, a
Laura Ceruta. 125
Angela. B., a
Dorothea Tiene. 155
 
B
 
Barbara da Coreggio, a
Lodovica Mandella. 55
Camilla. N. 126
Barbara Valentini, a
Lucia Terreria. 60
Barbara Trivulza, a
M. 71
Barbara Cali, a
Fulgentia Carcassona. 135
Beatrice Pia, a
Lucia Manfredi. 136
Giulia Ferretta. 138
Benedetta Malaspina, a
Terentia Tucca. 139
 
C
 
Cecilia Valeria, a
Orsola Stella. 8
Cecilia da Pesaro, a
Margherita Pobbia. 10
Caterina Ang., a
Livia Franca 15
Livia Mortella. 16
Chiara Federici, a
Lelia Canossa. 21
Camilla Susia, a
Barbara Mosta. 23
[164-r]
Cironina Cavall. a
M. 25
Celestina Seregna, a
Giulia del Borgo. 27
Cornelia Piccolomini, a
Lelia Scarampa. 28
Catherina de gl'Oldra, a
Clorida N. 32
Catherina Buonvisi, a
Lucia da Cassandra. 36
Catherina Visconte, a
Lampridia Beltaia. 39
S. 66
Cinthia Piccol'Huomini. 95
Catherina Malacria, a
Margherita Marliana. 48
Camilla Testa, a
Ottavia Baiarda. 49
Catherina Vigera, a
Lucietta Selvaggia. 56
Veronica Pulci. 81
Catherina Fregosa, a
Lucia Spinella. 57
Catherina Panzarasa, a
Rossa Riccia. 59
Costanza de gl'Obizi, a
M.F.R. 62
Catherina Spada, a
M.N.F. 67
Camilla N., a
Septinia Albizi. 73
Cornelia Piccolomini, a
Isabella Sforza. 74
Clara Pesta. 81
Claritia Bonella, a
Clitia Tornera. 86
Catherina Nugarola, a
M. Antonia M. 87
Claudia Glizeria, a
Tullia Castriccia. 96
Catherina Landesa Trivulzia, a
Paula Scotta Confaloniera. 99
Camilla Suarda Martinenga a
Dorothea Averolda. 105
Catherina Susia, a
Genevra Sorana. 109
Clara de Nobili, a
Alessandra Nassona. 111
Catherina Foresta, a
Claudia Landrini. 116
Catherina Barbisona, a
Lorenzina Ferrera. 118
Camilla Stanga, a
Leonella Muscola. 118
Camilla Caracciola, a
Adriana Raspona. 121
Collaltina Trecca, a
Cleopatra Cotta. 124
Camilla Martinenga, a
Lucina Calandrina. 129
Creusa Florida, a
Cornelia Contarini. 129
Costanza Nuvolara, a
Filippa Balbani. 135
Catherina Dati, a
Apollonia Rovella. 137
Camilla Marti. Averolda, a
Thirintia Sanseverini. 138
Cecilia Agnella, a
Laura R. 145
Camilla Palavicina, a
Lucia. R. 158
 
D
 
Dina d'Arco, a
Clara Valeriana. 40
[164-v]
Demetria Galleritta, a
Brunella Satira. 69
Dorothea Cavriola, a
Sotera N. D. 140
Diana de Contrarij, a
Veronica degl'Armelini. 152
Dorothea Tiene, a
Angela B. 155
 
E
 
Emilia Rangona, a
Hippolita Borromea. 38
Emilia Brembata, a
Fulvia Rossa. 52
Emilia d'Arco, a
Costantia Borella. 75
Emilia Gambara, a
Clara Burla. 142
 
F
 
Franceschina da Dressino, a
Olimpia Tamisona. 8
Francesca Trivultia, a
M. 22
F. N., a
Barbara da Correggio. 57
Fregosa Maggi, a
M. N. F. 78
Flavia Lampugnana, a
Dorothea Appiana. 88
Francesca Vidasca, a
Potentiana D'Arco. 99
Gottifreda Olinda. 140
Francesca Carrettona, a
Giulia Beltrada. 117
Francesca da Correggio, a
Chiara da Correggio. 137
Francesca Ruvissa, a
Isabella Bresegna. 146
 
G
 
Giulia Rosa, a
N. F. 8
Giovanna Cavaliera, a
Clara Gualanda. 18
Girolama Cavalliera, a
Diana Scarampa. 27
Giulia Luzzaga, a
Paola Luzzaga. 35
Giulia Terretta, a
Flaminia Zobola. 39
Giulia Gonzaga, a
Livia Negra. 54
Giulia Federici, a
Livia Caraffa. 76
Giulia Gelmini, a
Camilla. P. 93
Giulia Gonzaga Contessa d'Arco 98
Ginevra Villa Fuora, a
Petronia Verera. 100
[165-r]
Giovanna Pavera, a
Lucia Nugarola. 101
Ginevra Malatesta, a
Giulia Montina. 116
Giulia Trivulza, a
Lucia Malatesta. 147
Gieronima Luzaga, a
Sempronia Romana. 159
 
H
 
Hipolita Crema, a
Fulvia Rulla. 17
Hipolita Calcaterra, a
M. Perla. 17
Hipolita Lampognana, a
M. Philippa Sagrata. 22
Hipolita Sanseverina, a
Calandra Gariboldi. 45
Hipolita Catta, a
Clara Bressilia. 59
Honorata Pecchi, a
M. Giulia Manfredi. 88
Hippolita Borromea, a
Veronica Biancarda. 88
Helena Bentivoglia, a
Isabella Oldra. 101
 
I
 
Isabella Sforza, a
Buona Sforza. 3
Margherita Pobbia. 11
Fulvia Colonna. 26
Isabetta Castiglione. 35
Flavia Lampognana. 74. 114. 160
Cassandra Ferrera. 77
Zenobia Fossa. 131
Fulvia Visconte. 133
Duchessa di Castro. 139
Angela Piccolomini. 145
Taddea Centani. 156
Isabella Gonzaga, a
Pacienza Pontremola. 4
Luciana. N. 9
M. 14
Lucretia Gonzaga. 14
Clara Caraffa. 14
Isabella Cavaliera Gualenga, a
Zenobia Falconi. 10
Isabella Borromea, a
M. F. N. 22
Isabella Lionardi, a
Madalena Peverella. 24
Isabella de Luna, a
Clara Vismara. 26
Isabella Federici, a
Chiara L. 60
Isabella Villamarini, a
Righetta Violante & Portia. 65
[165-v]
Isabetta Gonfalioniera, a
Sua Congnata. 107
Iustina Ors., a
Lauretta Minella. 123
Isabetta Castigliona, a
Isabella Sforza. 125
Isabella di Luna, a
S.D.M. 154
Isabetta Agnella, a
Cornelia. R. 155
 
L
 
Lodovica Guarda, a
M.N.N. 8
Lucretia Masippa, a
Camilla Pallavici. 20. 90
Camilla Cangenua. 94
Valentenoys Siniscal. 146
Taddea Centana. 147
Marta Vannucci. 148
Lucretia Agnella, a
Catherina Oldrada. 23
M.F.N. 80
Laura Falconiera, a
Giulia Rozzona. 28
Lucietta Soranza, a
Lucretia Masippa. 31
Lucretia Gonzaga, a
Livia Posetta. 33
Lucretia Martinenga, a
Laura Gonzaga. 43
Luci stella dal Porco. 44
S. 71
Lucretia Picinarda, a
Cinthia Vannini. 46
Lucretia Corsa, a
Lauretta et Leonora. 50
Leonora Gonzaga, a
Francesca Negra. 53
Violante Carlona. 102
Livia Beltrama, a
Adria della Rovere. 58
Lucretia d'Alicrotta, a
Cornelia Piccolhuomini. 63
Leonora Vertema, a
F.N. 65
Lucretia da Este, a
S.L.R. 70
Lucretia Gigli, a
M.F.R. 73
Lucia Guinigi, a
Lella. So. 80
Laura Melia Piccinarda, a
Silvia Loteringa. 82
Leonora Gambara, a
Faustina Caldora. 85
Lodovica Ziliola, a
Lucia Pergolana. 87
Lucretia Reloggia, a
Andromaca. 92
Leonora Fiasca, a
M. 92
Lucretia Beccaria, a
S.R.N. 95
Lucretia da Heste, a
Emilia Mortella. 102
Paula Marcellina. 119
Laura Averolda, a
Diana Belasa. 108
Lucretia Borgia, a
Lucretia Amanio. 114
Lucretia Cuoca, a
Fulvia Belincina. 115
Leonarda da Este, a
M.N.D. 115
Lionella Martinenga, a
Barbara e Claudia Barbisone. 117
Lucia Quadria, a
Giulia de Federici. 130
[166-r]
Livia d'Arco, a
Laura Pestalossa. 122
Leonora Foresta, a
Hippolita Landuccia. 123
Leonora Todesca, a
Silvia Fenaruola. 126
Lavinia Sforza, a
Laura da Melara. 127
Isabetta Moscarda. 143
Lucretia Picca, a
Violante Galassona. 127
Lucretia da Lando, a
Clara Cimisella. 128
Lucretia Malaspina, a
Lelia Ciurlana. 134
Lucia dal Forno, a
Lelia di Venafro. 141
Lucretia Gambara, a
Melibea Rovere. 160
 
M
 
Margherita Maria, a
Lucia Trivultia. 7
Maddalena Barattiera, a
Lodovica Cornarisa. 21
Marta Vidasca, a
Agata Ferrera. 29
Margherita Pellegrini, a
Camena Landriana. 47
Maddalena de gl'Alberi, a
Cassandra Lanfreducci. 48
Martia Benzona, a
Artemisia Scotta. 51
Maria de Benedetti, a
M.N.R. 53
Maria Cardona, a
M.N. 55
Margherita Bernardini, a
Cassandra. 61
Maddalena Affaita Bia, a
Diana de Contrari. 67
Idea dal Borgo. 141
Maria Perula, a
Portia Fiesca. 82
Maria Pergola, a
Lucretia Ramberta. 83
Minerva Brambata, a
Felice da Prato. 84
Maddalena Calzavela, alla
Contessa Avogadra. 104
Margherita de gl'Uberti Stanga, a
B.R. 110
Bianca Felissima. 124
Maria Bracale, a
Polisena Rangona. 128
Maddalena Brembata, a
Ginevra Caritea. 138
Margherita Pobbia, a
Margherita Gora. 142
Margherita Zaffarda, a
Leonora Vertema. 142
Marta Stella, a
Theodora. B. 149
Martia Piacenza, a
Margherita Trivulza. 151
Margherita Cavriola, a
S. 157
 
N
 
Niccola Trotta, a
Luigia Biraga. 112
Claritia. 150
[166-v]
 
O
 
Ottavia Baiarda, a
Camilla Testa. 49
Olinda Scotta, a
Aurelia. 68
Orsola Maggi, a
Lucilla Benzona. 120
 
P
 
Pacienza Pontremola, a
Isabella Gonzaga. 5
Pantasilea Lunarda, a
Philena Visconta. 6
Alla Illustr. N.N. 6
Faustina Benozza. 7
Polisena Rangona, a
Lelia Vismara. 34
Portia Melita, a
Ginevra Zia. 37
Pace Tassa, a
Antonia Pellizzona. 51
Petronia Franca, a
Sulpitia da Venosa. 52
Pilestrina da Castello, a
Tarsia. 64
Paola Castigliona, a
Leonora Forte. 83
Paola Trecca, a
Livia Partia. 118
Philena Augusta, a
Taddea Losca. 154
Paola Rovata, a
L. R. 159
 
R
 
Righetta Sanseverina, a
Leonora Calandrina. 68
Riminalda, a
Flaminia Visconte. 111
 
S
 
Susanna Valente, 15
a .M.N.D. 16
Sestilia, a
Peronella. 72
Sulpitia Biraga, a
Zenobia Visconte. 100
Serpentina Polita, a
Cristina Foruzza. 103
Sibilla Seva. T., a
M.L.R. 150
 
T
 
Taddea Malaspina, a
S.L.R. 135
Taddea Centana, 144
a Livia Caraffa. 148
Theodora Fisogna, a
Lucretia P. 153
[167-r]
 
V
 
Violante Mauritia, a
Giulia Rosa. 104
Violante Calassina, a
M.E.F. 108
Virginia Trotta, a
Milibea. 112
Veronica Coradella, a
Alessandra Dalla Rovere. 119
Violante da Gambara, a
Ottavia Garibolda. 138
Virginia Gambara, a
Giulia Ferrera. 141
Violante da Castello, a
Lionella Rossa. 153
 
La Marchesa Malaspina 30
La Contessa di Nola 32
La Contessa di Scandiano 34
La Contessa di Monte l'Abbate 63
La Marchesa di Meregnano 78
La Contessa Avogadra 80
La Contessa Maddalena 85. 86
La Contessa Guastalla 89
La duchessa di Malphi 91
La Contessa Tassona 97
La Contessa Cavriola 103
Madonna la Grande 110
La Cavaliera Luzaga 144
La Cavaliera Rovata 157

IL FINE DELLA TAVOLA.


REGISTRO.

ABCDEFGHIKLMNOPQRSTVX.

Tutti sono quaderni.

IN VINEGIA APPRESSO GABRIEL
GIOLITO DE FERRARI.

MDXLIX.

Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.

Copertina elaborata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.